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Autore: arangirl    28/04/2017    4 recensioni
Fan fiction partecipante al contest History!AU del gruppo CLEXA/ELYCIA/LEXARK Gruppo di SUPPORTO italiano
Pur di ricevere un'istruzione e diventare guaritrice, Clarke ha rinunciato al suo titolo nobiliare ed è entrata in convento, prendendo i voti. Pensava di essere pronta ad iniziare una nuova vita, ma nulla avrebbe potuto prepararla ad essere rapita dai vichinghi, pronti a tutto pur di salvare il loro Jarl, gravemente ferito. Catapultata in una cultura completamente diversa dalla sua, divisa tra curiosità e timore, Clarke si troverà presto affascinata da questo misterioso popolo e dal loro altrettanto misterioso Comandante.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Clarke si asciugò distrattamene la fronte dal sudore mentre raccoglieva le ultime erbe della mattinata, il sole di febbraio alto nel cielo. Era passato più di un mese da Yule, e la vita di Clarke nel villaggio vichingo non era cambiata molto apparentemente, ma lei si sentiva profondamente diversa, come se una cascata d’acqua fredda l’avesse risvegliata dal sonno in cui sembrava essere calata dal giorno del suo arrivo.
 
 


Lexa non le aveva più parlato del loro incontro, ma si era tenuta a distanza, annullando le loro lezioni di vichingo completamente, senza avvicinarsi mai a lei se era da sola. Una parte di Clarke ne era contenta, perché solo l’idea di Lexa sembrava portare il caos nei suoi pensieri, eppure non riusciva a smettere di pensare a lei. Le mancava, le mancava terribilmente e si malediva ogni volta per il modo in cui aveva reagito al bacio.
 
 


Il solo pensiero di quella notte la faceva arrossire ancora, pensando a come aveva assolutamente perso il controllo, a come avrebbe felicemente perso se stessa tra le braccia di Lexa. Raven aveva cercato di iniziare un discorso su quello che era successo, non era sfuggito a nessuno il cambio di dinamiche tra lei e lo Jarl, ma Clarke l’aveva zittita; non riusciva a pensarci, meno che meno a parlarne. Era comunque quasi primavera.
 
 


Il pensiero la colpì come uno schiaffo, realizzando con quanta accuratezza avesse evitato di pensarci fino a quel momento, ignorando l’allungarsi delle giornate, i fiori che iniziavano a sbocciare nei campi, la neve che si faceva più rada nel villaggio. Inevitabilmente pensò a come sarebbe stato tornare a casa, lasciare gli amici che si era fatta, la libertà che aveva assaporato, lasciare Lexa…
 
 


“Clarke!” La voce preoccupata di Anya interruppe i suoi pensieri, e si alzò di scatto nel vedere il volto cupo della guerriera “Anya, cosa succede?”
 
 


“Lexa mi ha mandato a prenderti, gli uomini di Nia si stanno avvicinando al villaggio. Non è prudente per te essere qui.” Clarke prese il cesto con le ultime erbe che aveva raccolto e seguì Anya verso il villaggio, in una corsa che le ricordò quella che avevano fatto insieme mesi prima, quando Anya l’aveva portata via dal suo convento.
 
 


“Che cosa sta succedendo? Ci sta attaccando?” Anya scosse la testa “I miei esploratori hanno detto che Nia in persona si sta avvicinando con un gruppo dei suoi uomini, lasciando indietro il resto dell’esercito. Penso voglia parlare con Lexa, ma solo gli dei sanno cos’ha in mente quella strega.”
 
 


Clarke provò una fitta al cuore al pensiero della battaglia imminente, l’idea che la morte poteva essere così vicina per lei e le persone che era arrivata a considerare quasi una famiglia.
 
 


Quando arrivarono al villaggio, Clarke si rese conto di come la notizia dell’arrivo di Nia avesse messo tutti in agitazione. I paesani stavano radunando i pochi averi che possedevano, pronti alla fuga, i guerrieri imbracciavano le armi e indossavano le corazze, pronti a combattere fino all’ultimo respiro. Anya portò Clarke nel salone della casa di Lexa, gremito di soldati e lo sguardo di Clarke vagò per la stanza, alla ricerca degli occhi verdi che aveva evitato per tutto quel tempo.
 
 


Fu Lexa, però, a trovarla per prima, avvicinandosi a lei e stringendola per un momento tra le braccia, mentre Clarke sentiva ogni fibra del suo essere rilassarsi nel suo abbraccio, come se non avesse aspettato altro per settimane “Quando mi hanno detto che eri nel bosco ho temuto il peggio.” Lo sguardo di Lexa era ancora pieno di preoccupazione quando si staccò da lei e Clarke le sorrise “Sto bene, Anya mi ha portato via prima che arrivassero.”
 
 


“Ti ringrazio Anya…” Lexa guardò sua cugina con gratitudine e l’altra scosse la testa “Clarke mi ha ricucito così tante volte ormai che penso di doverle due vite. Vado a prepararmi, se quella megera vuole la guerra, sarò più che felice di staccarle la testa con la mia ascia.”
 
 


Anya se ne andò, lasciandole sole “Che cosa pensi che stia facendo, venendo qua senza il suo esercito?” A Clarke non sfuggì l’espressione preoccupata di Lexa “Temo di saperlo.” Clarke fece per chiederle di cosa stesse parlando, quando furono interrotte da un rumore di zoccoli nel cortile. “Sono qui” Lexa portò la mano all’impugnatura della spada “Clarke, resta vicina a Octavia. Qualsiasi cosa accada non temere, sei al sicuro.” C’era qualcosa di sottointeso in quella frase, nello sguardo che Lexa le lanciò prima di andare verso il portone che dava nel cortile, qualcosa che le diceva che Lexa avrebbe fatto di tutto pur di proteggerla.
 
 


La grande porta di legno si aprì e, per la prima volta, Clarke fu in grado di vedere la famigerata Nia; era una donna non più giovane, a Clarke ricordò per un attimo la madre, il volto segnato dal tempo, ma quello era forse l’unico dettaglio che lasciava trapelare l’età della donna. Il portamento regale, lo sguardo acceso e attento, la facevano sembrare più temibile di qualsiasi altra guerriera Clarke avesse incontrato, fatta eccezione per Lexa.
 
 


Lo sguardo di Nia saettò nella sala, fino a incontrare gli occhi di Lexa, e un sorriso malevolo le illuminò il volto “Jarl Lexa… Ci rivediamo.” Clarke non riusciva a vedere il volto di Lexa, ma percepì chiaramente la tensione della ragazza dai movimenti delle spalle “Speravo non fosse necessario Nia, sono stata abbastanza chiara durante il nostro ultimo incontro. Ho risparmiato te e tuo figlio a patto che voi spariste da Polis per sempre. E tu hai ricambiato la mia generosità scatenando contro di me e il mio villaggio una guerra.”
 
 


La risata di Nia rimbombò in tutta la sala, aspra e senza alcuna gioia “Generosità? Hai ucciso mio marito di fronte ai miei occhi Lexa, hai usurpato il trono che spettava a me di diritto, rubato il mio villaggio e la metà dei miei uomini…” “E avrei dovuto uccidere anche te.” Lexa sputò le parole addosso alla donna con un tono di disprezzo che Clarke non le aveva mai sentito usare.
 
 


“Sì, avresti dovuto.” Nia le sorrise, e lasciò vagare lo sguardo sulla sala, incrociando per un attimo gli occhi di Clarke “Allora è vero quello che mi hanno riferito… Che la piccola Lexa si è portata a casa un ricordino dall’Inghilterra.” Clarke arrossì violentemente sotto lo sguardo della donna, ma non abbassò gli occhi “Una suora Lexa, che pessimo gusto… Sei diventata debole, ti sei fatta piegare dal Dio cristiano sottoforma di una bella biondina.” Un sussurro percorse la sala a quelle parole, e la sicurezza di Lexa sembrò vacillare.
 
 


“La mia pazienza si sta esaurendo Nia…. Che cosa vuoi?” La donna spostò nuovamente lo sguardo su Lexa “Voglio quello che è mio di diritto Lexa, il tuo titolo. E ho un esercito pronto ad aiutarmi a conquistarlo… Ma speravo che si potesse evitare una battaglia. Come te, non ho alcun interesse nel sacrificare le vite dei miei uomini, o nel distruggere il mio villaggio.”
 
 


“E come pensi che andrà? Che ti lasceremo il villaggio senza combattere? Sei folle Nia!” Anya aveva preso la parola dal suo posto accanto a Lexa, ma Nia non la guardò nemmeno “Dovresti insegnare ai tuoi cani a non abbaiare in presenza di ospiti Lexa.” Anya fece per andare contro di lei, e gli uomini di Nia dietro di lei sguainarono le spade, ma Lexa la trattenne con il braccio “Basta Anya!”  Lexa si girò a guardare la cugina, e lei sembrò calmarsi, facendo un passo indietro.
 
 
 
 

“Forza Nia, fai la tua proposta, sappiamo entrambe quello che vuoi.” Lexa aveva parlato con tono basso, inevitabile, e il sorriso di Nia si fece più trionfante “Sono venuta a portati la sfida di mio figlio Roan. Un duello all’ultimo sangue per decretare chi sarà il nuovo Jarl di Polis, il Comandante dell’alleanza dei clan.”
 
 


Clarke trattenne il fiato a quelle parole, anche se dentro di sé sapeva già cosa stava per succedere; conosceva Lexa troppo bene, più di quanto avrebbe ammesso con se stessa.
 
 


“Accetto.”
 
*
 

“Sei impazzita?” Anya camminava su e giù per la sala del trono, ora libera dai soldati, mentre Lexa le dava le spalle. Gustus e Indra sembravano voler sostenere Anya, ma quando Lexa si girò si zittirono tutti “Sono forse impazzita se desidero preservare la vita della mia gente?”
 
 


Clarke, in disparte rispetto a loro, era immobile, incapace di prendere parte alla discussione, il cuore in preda ad un tumulto inimmaginabile. Lexa stava per combattere, e c’era un’alta probabilità che morisse, e la sola idea faceva tremare Clarke dalla testa ai piedi.
 
 


“Lexa, abbiamo quasi il doppio dei suoi uomini…” Gustus cercò di farla ragionare, ma Lexa scosse la testa “Quanti moriranno se ci attaccherà direttamente? Quante morti potrei evitare?” “Con la tua?” Indra scosse la testa “Non puoi morire Lexa…” La voce della donna suonava spezzata, come se avesse già intuito che le sue parole erano come fumo al vento.
 
 


“Voi non capite…” Lexa scosse la testa “Quella serpe ha messo in giro voci… su di me e Clarke.” Sentendosi nominare Clarke alzò lo sguardo, incrociandolo con quello di Lexa, pensando a come le voci non fossero completamente infondate “Tutti sanno che ti piace Clarke, Lexa!” Anya aveva quasi gridato “L’hai vista? Tre quarti del villaggio darebbe una mano per portarsela a letto. Questo non vuol dire niente!” Clarke arrossì violentemente, ma Lexa rimase impassibile “Non è per quello. Ha detto che mi sto convertendo al cristianesimo, ha minato la mia autorità davanti ai miei uomini… se rifiuto la sua sfida, è probabile che metà dei nostri soldati cambi schieramento durante la battaglia!”
 
 


Clarke comprese in quel momento le preoccupazioni di Lexa, e si sentì terribilmente in colpa “Mandami via.” La sua voce sorprese tutti, persino se stessa “Mandami via, rinnegami, puniscimi davanti al villaggio per il mio credo, qualsiasi cosa facciate voi vichinghi…” Lexa la guardò negli occhi “Non potrei mai rischiare la tua vita Clarke.”
 
 


Anya guardò entrambe con stupore comprendendo in quel momento quanto fosse profondo il legame che si era formato tra di loro “Maledizione Lexa…”
 
 


Lexa chiuse gli occhi per un attimo prima di guardare la cugina “La mia decisione è presa. Non appena Roan sarà qui combatteremo, e gli dei decideranno chi tra noi è il più degno di essere Jarl. Adesso vorrei parlare con Clarke da sola per un momento, se non vi dispiace… Sarò da voi tra poco.”
 
 


Anya lanciò un ultimo sguardo a Lexa prima di andarsene seguita da Gustus e Indra, e Clarke rimase sola con lei per la prima volta da quando si erano baciate, quella che le sembrava un’eternità prima. “Lexa…” Clarke sentì gli occhi riempirsi di lacrime al pensiero di perderla, nonostante fosse stata lei prima di qualsiasi altra cosa ad allontanarla.
 
 


La maschera impassibile che Lexa aveva mantenuto fino a quel momento crollò per un attimo, e si gettò tra le braccia di Clarke, stringendola a sé “Non farlo Lexa, ti prego…” Sussurrò tra i suoi capelli, cercando di stringerla più forte che poteva, come se avesse potuto proteggerla da quello che stava per accadere.
 
 


Lexa sembrò ritornare in sé, e si staccò da lei, per guardarla negli occhi “Se dovessi morire Clarke…” “Non dirlo…” “Se dovessi morire… Anya ti riporterà in Inghilterra, te lo prometto.” Clarke cercò di fermare i singhiozzi, ma le sembrava impossibile trattenere le lacrime “Mi dispiace Lexa… Mi dispiace tanto per quello che ho fatto, per il tempo che ho perso… non mi ero resa conto…”
 
 


Lexa scosse la testa “Non hai colpa di nulla Clarke.” E invece ne aveva, ora se ne rendeva conto. Lexa l’aveva aspettata in silenzio, lasciandola prendere il suo spazio, il suo tempo, e lei aveva rovinato tutto, per le sue insicurezze, per i suoi dubbi, che ora sembravano così stupidi, così inutili di fronte alla possibilità di perderla.
 
 


Clarke prese tra le mani il volto di Lexa e la baciò, mentre le sue lacrime bagnavano il volto della donna, e sentì Lexa ricambiare il bacio con passione disperata, consapevole che poteva essere l’ultimo.
 
 


Si staccò da lei con fiato corto, l’ombra di un sorriso tra le labbra “Devo andare…” Clarke annuì suo malgrado “Non osare morire Lexa… Torna da me.” Lexa annuì, senza sembrare troppo convinta “Prega il tuo Dio per me Clarke. Avrò bisogno di tutto l’aiuto possibile.”
 

*
 

Clarke camminò come in un sogno verso il piccolo recinto che era stato adibito ad arena per l’occasione, e per poco non le mancò il fiato quando vide per la prima volta l’avversario di Lexa. Roan era un uomo possente, dall’aspetto minaccioso e terribilmente forte. Ogni tratto del suo viso emanava sicurezza e calma, come se il pensiero di perdere, e quindi morire, non lo sfiorasse nemmeno.
 
 


Lexa era al lato opposto del recinto, l’espressione indecifrabile mentre osservava il suo avversario. Clarke non aveva mai visto Lexa combattere, e sperò con tutto il cuore che la reputazione che aveva nel villaggio fosse veritiera. Raven si materializzò improvvisamente accanto a lei, e Clarke fu felice di vederla “Clarke… Non hanno ancora iniziato?”
 
 


Clarke scosse la testa, e Raven fissò i due contendenti davanti a loro “Ho visto Roan combattere quando suo padre era ancora vivo… è una furia. Ma anche Lexa… anche Lexa è forte.” Raven sembrò dirlo più per rassicurarla “Nia ha detto che se vincerà Roan lascerà vivere tutti gli abitanti del villaggio… Ma dubito intenda mantenere la promessa. Non con Anya almeno, o Indra, Gustus, Lincoln, Octavia… te… Chiunque sia abbastanza vicino a Lexa è destinato a seguirla nella tomba.”
 
 


Clarke deglutì a fatica, il nodo che sentiva alla gola soffocante più che mai al pensiero di quello che la morte di Lexa poteva causare, a come le loro vite, così diverse e agli antipodi non appena qualche mese prima, ora fossero legate indissolubilmente. Poco prima, al pensiero di vederla per l’ultima volta, non aveva resisto, lasciando che i muri che si era costruita attorno cercando di difendere gli ultimi barlumi della sua vita passata, cadessero ai suoi piedi, schiacciati dai sentimenti che provava per Lexa.
 
 


Non si era resa conto quanto fosse diventata importante per lei la presenza di Lexa nella sua vita, e in quel momento, vedendola così indifesa di fronte ad un nemico tanto potente, ogni dubbio che aveva avuto riguardo al suo giuramento di suora, alla religione, alla differenza tra le loro culture, tutto quello che aveva creduto fino a quel momento, era crollato. Ora voleva solo che Lexa vincesse, che non l’abbandonasse, quella era l’unica cosa che le interessava.
 
 


Gustus alzò le mani e la folla che si era radunata attorno al recinto si zittì di colpo. Nia, dietro al figlio, osservò Clarke con un sorriso malevolo, e Clarke pensò di non aver mai provato tanta repulsione per una persona in tutta la sua vita. Nia incuteva timore, sembrava nata per governare, ma c’era qualcosa in lei di subdolo, viscido, che la sua figura non riusciva a non emanare.
 
 


Un grido squarciò l’aria mentre lo sguardo di Clarke scivolava da Nia ai due contendenti: il duello era iniziato.
 

*
 

Roan iniziò lo scontro gettandosi addosso a lei, facendo leva sulla sua invidiabile forza fisica, e Lexa capì subito che l’unica scelta possibile per lei era quella di sfruttare la sua agilità; doveva solo aspettare che Roan si stancasse, sperando sempre che lo facesse prima di lei. Alzò lo scudo e parò il fendente dell’uomo, cercando di avvicinarlo alla sua lama mentre la spada di lui era ancora conficcata nel suo scudo.  Il suo avversario però non era uno stolto, e liberò l’arma con un movimento fluido, allontanandosi di qualche passo da lei, studiandola con l’occhio di un guerriero esperto. Lexa a sua volta cercò di individuare dei punti deboli nell’avversario, e come aveva già notato prima,  vede che Roan tendeva a lasciare scoperto il fianco sinistro quando attaccava: avrebbe dovuto approfittarne.
 
 


La loro danza continuò per qualche minuto, mentre le loro lame continuavano a incrociarsi, incapaci di ferirsi veramente. La spada e lo scudo cominciarono a pesare tra le braccia di Lexa, e lasciò andare quest’ultimo, più un intralcio che altro. Roan approfittò del suo momento di distrazione per lanciare a sua volta lo scudo addosso a lei, e Lexa non riuscì a evitarlo.
 
 


Il suo gemito di dolore si perse tra i ruggiti della folla quando lo scudo la colpì in pieno petto, scaraventandola a terra. L’aria sembrò abbandonare completamente i polmoni di Lexa, ma non c’era tempo per riprendersi; rotolò di lato appena in tempo per evitare la spada di Roan, che si conficcò a terra poco distante dalla sua testa, e lei ne approfittò per conficcare la lama della sua spada nel polpaccio dell’avversario, che gridò di dolore.
 
 


Roan cadde in ginocchio mentre lei si rialzava, colpendo violentemente Roan in viso con il suo stesso scudo, rompendogli il naso. La folla dalla sua parte dell’arena ruggì entusiasta mentre l’uomo cadeva a terra, lasciando la presa sulla sua spada e Lexa vide finalmente una possibilità di vittoria. Alzò la spada, pronta a finire il suo avversario immobile, ma troppo tardi comprese che lui l’aveva ingannata.
 
 


La mano dell’uomo si alzò da terra e le gettò in volto del terriccio, oscurandole per un attimo la visuale. Lexa perse l’equilibrio e non poté evitare l’elsa della spada di Roan che calò sulla sua testa, colpendola in pieno. Per un attimo il mondo si fece completamente buio, e Lexa riuscì a registrare solo il suolo su cui era malamente caduta. Sentiva una voce in lontananza gridare il suo nome, e per un attimo non capì a chi appartenesse; poi un lampo di chiarezza le attraversò la mente: Clarke.
 
 


Si costrinse ad aprire gli occhi, ritornare alla realtà, cercando di ignorare il dolore che provava alla testa. Roan si avventò nuovamente su di lei, e questa volta l’unico modo in cui Lexa riuscì a parare il suo colpo diretto al cuore fu cercare di fermarlo a mani nude. La spada tagliò la mano sinistra, sacrificata da Lexa per non perdere la sua spada, e per un attimo fu come se l’intero braccio di Lexa andasse a fuoco.
 
 


Roan ritirò la spada con un ruggito pieno di collera e Lexa cercò di rimettersi in piedi, la testa che le girava all’impazzata mentre il mondo si colorava del rosso del suo sangue. Roan l’attaccò di nuovo mentre era in ginocchio, e questa volta Lexa capì che era la sua ultima occasione. Piegò la testa come per sottomettersi all’inevitabile fine che l’attendeva, e fortunatamente, Roan reagì esattamente come aveva previsto. Impugnò la lama con entrambe le mani, preparandosi a colpirla con tutta la forza che gli rimaneva, puntando a decapitarla davanti ad entrambi i loro eserciti. Lexa sapeva che tutto dipendeva dalla sua velocità e da quella di Roan, la linea tra la vita e la morte più sottile che mai mentre si giocava l’ultima chance di uscire viva da quello scontro.
 
 


La spada di Roan si avvicinò al suo collo, pronta a finirla, e in quel momento lei si lanciò in avanti, verso il suo avversario. Sentì la lama tagliare l’aria appena sopra di lei, ma in quel momento non importava. Roan aveva nuovamente esposto il fianco, e Lexa conficcò la sua lama con tutta la forza che le restava nell’addome dell’avversario, trapassandolo da parte a parte.
 
 


L’uomo emise un gemito, guardandola con incredulità prima di accasciarsi al suolo accanto a lei, il sangue che usciva copioso dalla ferita, bagnando il terreno circostante. Quello che successe dopo, Lexa lo vide quasi come in un sogno. La testa le pulsava, un unico, grande centro di dolore, le grida degli uomini di Nia si alzarono verso il cielo mentre estraevano le armi e attaccavano i suoi uomini.
 
 


Lexa cercò di parlare, di muoversi, ma era come se il suo corpo fosse diventato di pietra, incapace di rispondere ai suoi ordini. Inerme, vide Nia avvicinarsi a lei con lo sguardo pieno d’odio, la spada sguainata con il chiaro intento di eliminarla definitivamente. Lexa avrebbe voluto reagire, difendersi, ma sentiva già la sua mente scivolare verso l’oblio; mentre la sua vista si oscurava, vide la spada di Nia calare su di lei, e capì che era finita. L’ultima cosa che vide fu un’altra spada comparire nella sua visuale, fermando quella di Nia appena prima che la colpisse, poi non sentì più niente.
 
 
* 
 

Clarke parò il colpo di Nia pochi attimi prima che colpisse Lexa, e la donna alzò lo sguardo sconcertato su di lei, non si era resa conto che si stava avvicinando. Quando Lexa aveva ucciso Roan si era scatenato il caos attorno a loro, e gli uomini di  Nia, seguendo gli ordini che dovevano essere stati impartiti prima che lo scontro iniziasse, avevano attaccato i soldati di Lexa, bloccando chiunque avrebbe potuto mettersi tra Nia e la sua vendetta.
 
 


Clarke aveva visto Anya impegnata a combattere due uomini nello stesso momento, Gustus mulinare l’ascia da guerra cercando di raggiungere Lexa, Octavia calare la spada su un nemico dopo l’altro, e aveva capito che nessuno avrebbe raggiunto Lexa in tempo per salvarla.
 
 


Aveva scavalcato il recinto davanti a lei senza badare alle grida di Raven, rimasta alle sue spalle, e si era precipitata al fianco di Lexa, raccogliendo la spada di Roan dal terreno, alzandola in difesa dello Jarl giusto in tempo per fermare il colpo di Nia.
 
 


“Che cosa stai cercando di fare, ragazzina?” gli occhi della donna fecero tremare di paura Clarke, ma rimase immobile, sostenendo il suo sguardo “La sfida è finita, hai perso, ferma i tuoi uomini e vattene.” Nia rise, un suono secco e terribile “Adesso ti ucciderò, e poi ucciderò anche Lexa e mi prenderò il suo titolo e la sua casa, come lei ha fatto con me.” Nia spostò la spada, liberandola da quella di Clarke, e si rimise in guardia. Clarke cercò di mantenere la calma, provando a ricordare le lezioni che aveva avuto con Octavia ma, nonostante l’età, Nia si dimostrò un avversario temibile.
 
 
 


Il suo primo fendente le aprì un taglio profondo nel braccio, facendola arretrare verso il corpo immobile di Lexa e il secondo, che riuscì a bloccare per miracolo, per poco non la trapassò da parte a parte. Clarke non si era mai sentita a suo agio con un’arma in mano, e in quel momento si pentì di non aver chiesto a Octavia di addestrarla più a lungo.
 
 


Nia avanzò ancora verso di lei, decisa a finire quel duello più in fretta possibile, e Clarke capì che stava esaurendo il suo tempo; si era lanciata al soccorso di Lexa senza pensare, ma ora se voleva sopravvivere, se voleva che Lexa non morisse, doveva farsi venire in mente un piano. Quando la donna cercò di colpirla ancora Clarke si lanciò su di lei con tutta la forza che aveva, e le due finirono per rotolare nel fango, avvinghiate in una lotta terribile.
 
 


Nia la colpì più volte con l’elsa della spada sulla schiena, facendola gridare di dolore, ma non mollò la presa. Cercò di graffiare il volto della donna con la mano libera, l’altra mano ancora impegnata nel cercare di colpirla con la spada, troppo lunga per esserle utile in un corpo a corpo del genere. Nia abbandonò la spada e portò le mani al collo di Clarke, cercando di strozzarla.
 
 


Clarke cercò di ribellarsi alla presa mortale della donna, ma riusciva a sentire che le forze la stavano abbandonando e la poca aria che riusciva a respirare bruciava come fuoco nei suoi polmoni. La sua vista cominciò a oscurarsi, il ghigno di vittoria di Nia l’unica cosa che riusciva a vedere davanti a lei, quando improvvisamente la pressione sul suo collo svanì, e il corpo di Nia le cadde addosso con tutto il suo peso.
 
 


Clarke tossì violentemente più volte prima di riuscire a sollevarsi, togliendosi il peso della donna di dosso, e vide Raven in piedi davanti a lei, mentre il pugnale che la ragazza era solita usare per le sue decorazioni spuntava tra le scapole della donna, ormai priva di vita.
 
 


“Clarke, stai bene?” Raven l’aiutò a rimettersi in piedi, e insieme guardarono gli uomini di Nia, che ancora stavano combattendo, rendersi conto che la loro signora era morta.
 
 


“Basta!” Anya urlò al di sopra del clangore delle armi “Nia è morta, smettete di combattere!” Lo sguardo di Anya passò da lei a Raven, un’espressione leggermente incredula in volto. “Lexa…” Clarke si avvicinò di corsa al corpo immobile dello Jarl, cercando di capire se era ancora viva.
 
 


Quando sentì il debole ma regolare battito del cuore di Lexa Clarke emise un singhiozzo pieno di sollievo, e la strinse a sé. “Clarke, stai sanguinando…” Raven era accanto a lei, l’espressione preoccupata “Non è niente, devo pensare a Lexa prima… Aiutami a portarla dentro.” Furono raggiunte quasi subito da Gustus che, ora che la battaglia era finita, trasportò senza problemi Lexa fino al suo letto, dove Clarke si mise subito all’opera per bloccare il sangue che usciva ancora copioso dalle sue ferite.
 
 


Decise di rimanere accanto a Lexa tutta la notte e, mentre sentiva Anya e Indra nella sala principale discutere un nuovo impegno di pace con quelli che fino a poche ore prima erano i generali dell’esercito di Nia, si addormentò sulla sedia accanto al letto senza accorgersene.






Note: Ciao a tutti! Eccoci con il penultimo capitolo... Volevo fare una piccola precisazione perché alcuni mi hanno fatto notare che la storia potrebbe essere più sviluppata, e hanno ragione, però devo finirla entro Aprile quindi per problemi di tempo sono stata costretta ad accorciare alcune cose! Altra piccola nota, a me piace molto il personaggio di Roan (sarà che amavo l'attore in Black Sails) e mi è dispiaciuto farlo morire, ma non aveva senso che Lexa lo lasciasse in vita dopo quello che era successo, mancando nella storia i presupposti che ci sono in The 100! Infine spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre fatemi sapere se avete dubbi/consigli/opinioni a riguardo e grazie mille a tutti per leggere la storia! Alla prossima!
  
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