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Autore: chaorie    30/04/2017    0 recensioni
[Media Res]
Nico di Angelo, figlio del Signore delle Tenebre e di ciò che è più immondo, è scomparso da un anno.
Sta correndo in una foresta poco lontano da Campo Mezzosangue. È notte, c'è foschia. Si imbatte in Will Solace, figlio del sommo Apollo. Diffidente e un po' minaccioso decide di salvargli la vita. Poco dopo Will ricambia il favore, un po' riluttante agli occhi di Percy Jackson, figlio di Poseidone e (quasi) prodigio del Campo.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Percy/Nico, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Battlefield



Il ragazzo dai capelli corvini puntò la sua arma, un xiphos dello Stige, contro il collo del ragazzo che aveva bloccato di peso sotto di sé, buttandolo dapprima a terra per poi sedercisi sopra a cavalcioni, stringendogli le gambe intorno ai fianchi, eliminando qualsiasi possibilità di fuga. Era notte e la foschia aleggiava nella foresta facendole da manto, quindi definire bene la figura di quel giovane risultava un po' difficile. Aguzzò la vista e riuscì a distinguere un ammasso non indifferente di riccioli biondi. 

«Il tuo nome» annaspò il padrone dell'arma, «dimmelo». Erano ore che correva in quella foresta con mostri che si facevano avanti da ogni parte. Più ne uccideva, più ne doveva affrontare. 

«Will» pronunciò il giovane. «Will Solace, figlio di Apollo». Gli piacque la fermezza con cui pronunciò il suo nome, il modo in cui non mostrava la sua paura — se ne aveva — nonostante una spada puntata alla gola.

Quella che fece fu una pazzia, come del resto la sua intera serata, ma ripose la spada nell'apposito fodero prima di pulirsi la guancia dal sangue che molto probabilmente derivava da una ferita non ancora identificata. Non c'è cosa peggiore del non avvertire un dolore immediato quando ci si fa male

«Spero tu possa perdonare le mie brusche maniere» disse. Il tono fermo, come gli era stato insegnato. Un tono perentorio che non avrebbe mai concesso replica in una discussione. 

«Mi chiamo Nico. Nico Di Angelo, figlio di Ade, Signore dei morti e delle ombre, attualmente in fuga da una marmaglia di mostri». Neanche il tempo di pronunciarlo che il sibilo di una dracena si fece sempre più vicino. «Ma questa non muore mai?» affermò piuttosto seccato tirandosi su alla svelta, offrendo una mano a Will intimandolo di muoversi. Non c'era tempo da perdere. Lo prese per mano e iniziò a correre, sperando che non si facesse troppe domande su cosa stesse accadendo. 

«Perché hai tutti questi mostri alle costole?» chiese Will mentre si dimostrava più che agile a disseminare una dracena, a cui si erano aggiunte altre compagne dall'orribile aspetto. «Non dirmi che hai usato un telefono!». 

Beccato. «Puoi giurarlo sullo Stige, Solace» rispose con un sorriso sfacciato non volendo cedere alla stanchezza. Il Campo sarebbe dovuto essere vicino ma forse i suoi calcoli erano sbagliati; infondo non si faceva vivo da un anno. E cosa otteneva quando decideva di fare una capatina? Niente di meno che un arsenale di mostri pronti ad allungare le loro putride mani su di lui. 

Will fu molto gentile a non ricoprirlo di parole disdicevoli ma non altrettanto nel fargli una bella ramanzina mentre correvano mano nella mano in una foresta che forse era ancora più pericolosa di ciò che li inseguiva. Ad un certo punto, forse per l'essere completamente uscito di senno, lasciò andare la mano di Will e si voltò, dandogli le spalle e prendendo fra le mani la sua amata spada. 

«Solace, tu parli troppo». E partì alla carica per affrontare gli ibridi che lo bramavano, uccidendone uno al primo colpo, tagliandogli di netto la testa. Che schifo, disse ad alta voce ed in italiano. Un solo attimo gli bastò per distrarsi e non accorgersi dell'arrivo di una seconda dracena. Sarebbe stato troppo tardi se non fosse stato per Will. Scoccò una freccia (ma l'arco ce l'aveva sempre avuto?) a distanza di cinque metri da dove si trovata Nico che, con incredibile precisione, finì al centro della fronte del mostro, il quale si ridusse immediatamente in polvere dorata. 

«Cos'hai appena detto? Ti ammazzo, Di Angelo». L'idea di essere ucciso da un figlio di Apollo lo divertì a tal punto che incominciò a ridere. Una risata fragorosa che confuse tutti. 

«Non farmi ridere» pronunciò nello sputare del sangue a terra, «nessuno può ammazzarmi». Qualcosa, però, c'era: la stanchezza di quel momento. Un'altra cosa che poteva nuocere alla sua vita? Il viaggio nell'ombra in cui aveva appena trascinato Will che non si rese conto di nulla finché non si ritrovò nel lago del Campo, bagnato fradicio e furioso. Iniziò a battere i pugni sull'acqua e sbuffare nel nuotare fino a riva, dove di Nico non vi era nemmeno l'ombra. Era così nervoso che avrebbe urlato se non fosse stato per il coprifuoco. Il problema non era tanto il coprifuoco bensì le arpie e le loro punizioni. Non ci teneva proprio a lavare i bagni per un mese intero, non un'altra volta. 

Si mise comunque alla ricerca del figlio di Ade che non trovò molto lontano dal punto in cui era caduto. La cosa più scioccante era il fatto che fosse svenuto fra le braccia di Percy Jackson.

✩✩✩

A Nico girava la testa, come quella volta che per nascondersi da un telchino dovette rannicchiarsi in una tazza girevole di un Luna Park che, per sua sfortuna, prese a girare alla massima velocità. Quella sì che fu un'avventura però. Cercò di focalizzare la vista su qualcosa ma era tutto così bianco che gli risultava impossibile. Allora mugolò nella speranza che qualcuno lo sentisse  e venisse ad assisterlo. 

«Ti ripeto che mi ha assalito nella foresta con uno xiphos e poi mi ha trascinato qui con un viaggio nell'ombra! Questo è quanto, Percy» sbottò in conclusione il riccio grattandosi il capo. «Ed ora scusami, ma devo vedere se si è svegliato».

Will aprì la tenda bianca che separava i vari letti e si affacciò per controllare le condizioni del ragazzo. «Ti sei svegliato, per fortuna». E gli sorrise. Fu il primo sorriso che Will Solace rivolse a Nico Di Angelo.

«Allora: non hai riportato alcun danno. La ferita che hai sulla fronte è stata disinfettata e medicata ma dovrai cambiare il cerotto ogni tre giorni per mantenerla pulita. Ciò nonostante, dovrai restare in infermeria per qualche giorno. Abbiamo, anzi, ho bisogno di tenerti sotto controllo e tu di riposare dopo quello che hai fatto». Nico cercava di guardarlo ma ancora non riusciva ad abituare la vista a quella luce tanto naturale. Mi era mancato il Campo, pensò, così tanto

«Ma io sto bene». Se un semplice sguardo avesse potuto uccidere — Medusa a parte — Nico sarebbe già morto. 

«No, non stai bene. Sei sottopeso di quattro chili, hai gli occhi infossati e come se non bastasse devi recuperare tutto il sonno perduto». Stava per andarsene ma aggiunse «prova a lasciare quel letto e giuro che ti vengo a prendere fino negli Inferi» per poi lasciar entrare Percy. 

«Vi lascio da soli».

Altro tasto dolente: Perseus Jackson.

Nonostante avesse inviato un messaggio iride ogniqualvolta per dimostrare di essere vivo non si erano comunque visti per un anno intero. Nico era più alto — almeno cinque centimetri in più — , aveva cambiato taglio di capelli ed a detta del dottor Solace era anche dimagrito. Perseus ringraziò Will, con aria un po' scocciata e chiuse le tende alle sue spalle. 

«Un anno». Eccolo che dava inizio ad uno dei suoi sproloqui da fidanzato geloso. «Un anno che non ti vedo, che aspetto ogni giorno un messaggio per sapere se sei ancora vivo per cosa? Per svenirmi fra le braccia dopo aver viaggiato nell'ombra con Will Solace?» Lo stava guardando intensamente con quelle iridi verdi che sembravano scrutarti anche l'anima e Nico non ci teneva particolarmente.

«Se è per questo, né svenire né il figlio di Apollo erano fra i miei piani». Abbozzò un sorriso ma era esausto anche per uno sforzo minimo di quel calibro. Perseus sospirò, non avendo realmente nulla da rimproverargli in quanto non era suo solito portare rancore in generale. 

«Nemmeno un “bentornato Nico, sono felice di vederti?”» Nico sapeva di non meritarselo ma comunque ci sperava. La speranza era l'unica cosa ad averlo mantenuto in vita durante quell'anno.

Ora riusciva a tenere gli occhi propriamente aperti e si inondò della bellezza dei colori che lo circondavano: il bianco delle tende, il marrone del parquet lucido della stanza, il lilla delle orchidee di fianco al suo letto. Gli venne una repentina voglia di andare a vedere il campo di fragole; forse perché Percy profumava proprio di esse. E nel concentrarsi su quei pensieri non si accorse del suo essersi avvicinato. 

«Bentornato» sussurrò il figlio di Poseidone, chinandosi sul viso di Nico per far combaciare le labbra con le sue in un lungo bacio. Era trascorso un anno da quando aveva potuto sfiorarle, baciarle e morderle. Un bacio susseguì un altro e più aumentavano, più era la foga con cui li scambiavano.  

Sono a casa, finalmente a casa, pensò Nico.

  
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