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Autore: Emily27    30/04/2017    6 recensioni
Posato sul comodino, c'era un vaso di fiori che stavano incominciando ad appassire.
Rick era confuso, aveva il corpo intorpidito e non riusciva a pensare lucidamente, l'unica cosa di cui aveva la certezza era di aver già vissuto quel momento, con la differenza che i fiori nel vaso erano completamente appassiti.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carl Grimes, Carol Peletier, Lori Grimes, Rick Grimes, Shane Walsh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risveglio





 
Aprì gli occhi. La prima cosa che vide fu il soffitto ricoperto da pannelli di forma quadrata, poi il suo sguardo vagò per la stanza posandosi su una finestra, dalle cui tende filtrava la luce del sole, e, alla sua destra, su una flebo fissata al supporto con il liquido che finiva dentro di lui attraverso l'ago inserito nel suo braccio. Posato sul comodino, c'era un vaso di fiori che stavano incominciando ad appassire.
Rick era confuso, aveva il corpo intorpidito e non riusciva a pensare lucidamente, l'unica cosa di cui aveva la certezza era di aver già vissuto quel momento, con la differenza che i fiori nel vaso erano completamente appassiti. Glieli aveva portati Shane, lo ricordava in un'immagine sfocata, l'unica cosa che rammentava di aver visto dopo che l'avevano caricato sull'ambulanza e aveva perso i sensi, e prima... prima di svegliarsi in un'apocalisse.  
Stava rivivendo i medesimi istanti, che cosa stava accadendo? Si sentì smarrito, senza saper ragionare. Sulla parete alla sua sinistra l'orologio segnava le quattro meno venti e, a differenza dell'altra volta, le lancette giravano.
Aveva dei tubicini inseriti nel naso e alcuni fili attaccati al torace, collegati a un apparecchio che monitorava le sue funzioni vitali. Cercò di alzarsi, avvertendo un dolore al torace dove aveva la fasciatura, ma in quel momento qualcuno entrò nella stanza. E non era uno zombie.
Si trattava di una donna con la divisa da infermiera, i capelli grigi molto corti e gli occhi azzurri, la quale, realizzato ciò che stava succedendo, accorse da lui.
«Ti sei svegliato! Sia ringraziato il Signore» disse visibilmente commossa.
Era lei, era proprio lei.
«Carol...» mormorò Rick.
«Sì, sono Carol, mi riconosci? Ti parlavo e ogni tanto socchiudevi gli occhi, allora mi sentivi e il tuo inconscio deve aver anche registrato le immagini.» La donna lanciò un'occhiata all'apparecchio che registrava il suo battito cardiaco, poi lo scrutò. «Come ti senti?» gli domandò con dolcezza.
Non lo sapeva come si sentiva. «Sei tu...»
«Starai bene, vedrai. Vado subito a chiamare il dottor Negan e ad avvisare la tua famiglia.»
Rick la trattenne per un braccio. «Negan?» disse agitandosi e sollevando la testa dal cuscino.
«È il medico che ti ha operato salvandoti la vita.»
Appoggiò di nuovo la testa sul cuscino, era tutto così assurdo.
Carol si mosse ma lui la fermò ancora. «Aspetta. Hai detto... La mia famiglia?»
«Tua moglie e tuo figlio. Immagino la loro felicità quando sapranno che hai ripreso conoscenza.» Con queste parole e la gioia sul volto, Carol uscì dalla stanza.
Tutto iniziò a farsi chiaro per Rick, più nitido e comprensibile.
Sua moglie e suo figlio. Lori e Carl. Lori...
La nebbia nella sua mente in modo graduale si diradò e lui prese coscienza di quello che era la realtà, anche se ciò che non lo era gli sembrava ancora tremendamente vero. Non se ne capacitava.
Mentre era assorto nelle sue riflessioni, una persona fece il suo ingresso nella camera. Con una sensazione di surreale, Rick si ritrovò a osservare un uomo identico a Negan, da un accenno di barba sul viso e vestito con un camice bianco. Doveva essere il medico del quale Carol gli aveva parlato.
«Il vice sceriffo è tornato fra noi» disse avvicinandosi al letto. «Perché mi guardi così? Ti faccio paura?»
«No, non mi fai paura.» Non aveva timore del Negan con la mazza, tanto meno di quello con il camice.
L'uomo controllò i valori sul monitor dell'apparecchio a lui collegato, poi gli domandò: «Come ti chiami?»
«Rick, Rick Grimes.»
«Ricordi che cosa ti è successo?»
Immaginò che non si riferisse al suo incontro con i Salvatori. «Mi hanno sparato mentre ero in servizio, c'era un terzo uomo... Il mio collega era con me.»
Shane...
«Bene» fece Negan, il dottor Negan, annuendo.
«Per quanto tempo sono rimasto privo di sensi?» chiese Rick.
«Sei stato in coma esattamente cinque giorni.»
Cinque giorni, un'eternità nell'altra vita.
«Ti ho raccontato della vittoria degli Atlanta Braves sui New York Mets, ero convinto ti avrebbe fatto svegliare, invece niente, non ne hai voluto sapere. Non dirmi che tieni per i Mets!»
«No, il baseball non mi piace.»
Il medico lo guardò sbalordito. «Oh no, Rick, così mi deludi! Il baseball è la mia passione, dopo la medicina.» Verificò l'andamento delle sue funzioni vitali sul monitor dell'apparecchio, poi lo visitò controllandogli i riflessi e la vista, appurando che tutto rientrava nella norma. «Domani sarai sottoposto a una serie di esami, ma per essere uno che si è appena svegliato dal coma stai alla grande, anche la ferita sta guarendo. Presto ti spediremo fuori da qui. Sei contento?»
«Sì...»
Se quella era la realtà, là fuori esisteva un mondo senza zombie, e c'era ad aspettarlo la sua vita con Carl e Lori.
In quel momento comparve Carol spingendo un carrellino dei medicinali.
«Ti lascio alle sue cure, è la migliore.»
«Potrei dire la stessa cosa di te» affermò Carol sorridendo al medico.
«Più tardi ti porteranno qualcosa da mangiare» continuò quest'ultimo. «Magari vorresti degli spaghetti, ma ti dovrai accontentare di un brodino. Lo sai che gli spaghetti sono il mio piatto preferito? Dovresti, ti ho detto anche quello.»
Il dottor Negan si avviò alla porta, ma prima che si congedasse Rick gli disse: «Grazie per avermi salvato la vita.»
L'uomo fece un gesto come per schermirsi. «Vorrà dire che annullerai tutte le mie multe per divieto di sosta.»
Una volta che lui fu uscito, Carol si apprestò al suo compito, mentre gli diceva: «Tua moglie e tuo figlio saranno qui tra poco, non vedono l'ora.»
Al pensiero Rick provò un'emozione che non fu in grado descrivere, era come se gli stessero restituendo la vita che gli era stata rubata.
Carol gli levò i tubicini dal naso e i fili dal torace, poi sfilò l'ago della flebo dal suo braccio.
«Hai una figlia?» le domandò.
«Sì, Sophia, ti parlavo di lei. È tutta la mia vita» rispose Carol mentre il suo sguardo s'illuminava.
Rick rivide la creatura in cui si era trasformata mettere piede fuori dal fienile, ma scacciò subito quell'immagine: Sophia era viva.
Nello svitare il tappo di una bottiglia d'acqua, a Carol salì il lembo di una manica scoprendo il polso, dove Rick notò un livido.
«Mi hai raccontato anche di tuo marito.»
Dopo aver rialzato un po' la parte superiore del letto, Carol versò l'acqua in un bicchiere e glielo porse evitando il suo sguardo. Rick bevve, accorgendosi solo in quel momento di sentirne il bisogno.
Lei preparò una siringa con del medicinale che gli iniettò nel braccio, in silenzio e senza mai guardarlo negli occhi.
«Non permettere che ti faccia questo. Sei una donna in gamba e coraggiosa, sei molto più forte di quanto tu creda.»
Carol estrasse delicatamente l'ago e ripose la siringa sul carrellino. «Come lo sai?»
«Lo so.»
Con il volto adombrato, gli sistemò la coperta e il cuscino.
Rick volle farle tornare il sorriso. «Mi porti gli spaghetti? Sono un pover'uomo appena uscito dal coma, ho bisogno di rimettermi in forze» la supplicò, riuscendo nel suo intento.
«Hai sentito il dottor Negan, solo brodino. Non mi muovi a compassione» replicò Carol posando la bottiglia con l'acqua e il bicchiere sul comodino accanto al vaso di fiori.
«Li ha portati il mio collega...» fece Rick osservandoli.
«Sì. Allora hai visto anche lui.»
«Questo me lo ricordo.»
Carol gli sistemò il dispositivo di chiamata accanto al cuscino, perché potesse utilizzarlo se avesse avuto bisogno di lei, poi se ne andò lasciandolo ai suoi pensieri.
Chi gli aveva portato i fiori non era colui che aveva cercato di ucciderlo e aveva messo incinta sua moglie, colui che lui stesso aveva ucciso. No, quella persona era solo frutto di un suo delirio.
Rick trasse un respiro profondo e si passò una mano sul viso, percependo sul palmo la ruvidezza della barba. Desiderò vedersi. Si sollevò mettendo le gambe giù dal letto e provando di nuovo dolore alla ferita, poi si alzò, ma un capogiro l'obbligò a sostenersi al comodino. Aspettò che passasse e, dopo aver accertato che le gambe lo reggessero, a piedi nudi e con indosso solo la camicia da notte dell'ospedale raggiunse il bagno, dove si appoggiò con le mani al lavandino. Sollevò lo sguardo sulla specchiera e si studiò: era pallido, aveva la barba lunga e le occhiaie, ma il suo volto non recava i segni di lotte e dolori, di tutto ciò che aveva vissuto nel suo mondo irreale. Di solito chi è in coma vede una luce, lui aveva visto le tenebre.
Uscì dal bagno per poi attraversare la stanza fino alla finestra, scostò le tende e fu baciato dal sole, che splendeva in un cielo azzurro e terso. Doveva trovarsi al terzo o al quarto piano, a giudicare dall'altezza, sotto c'erano un parcheggio e un giardino, popolati da alcune persone: chi andava e chi arrivava con l'auto, un ragazzo con lo zaino, due infermiere in pausa su una panchina, una donna che aveva fretta. La vita si svolgeva nel più normale dei modi, nessuna epidemia l'aveva sconvolta.
La fattoria di Hershel, la prigione e il Governatore, Alexandria, i Salvatori, niente di tutto quello corrispondeva alla realtà, così come le morti che aveva pianto, la tragica fine di Glenn e Abraham, e per questo provò sollievo. Loro non erano mai esistiti, allo stesso modo di Michonne, Daryl, Maggie, Judith e di tutte le persone che avevano significato molto per lui. Gli dispiaceva che non facessero parte della sua vita, li aveva ancora nel cuore dove, lo sapeva, sarebbero rimasti per sempre. Avevano rappresentato qualcosa di bello in mezzo al dolore, insegnandogli che anche nel buio più profondo poteva splendere una luce.
Era stato un viaggio terribile e fantastico al tempo stesso. Magari ci avrebbe scritto un libro o la sceneggiatura di un film, avrebbe ottenuto un discreto successo. Appoggiò la fronte sul vetro e sorrise all'idea.
Udì la porta che si apriva e fece appena in tempo a voltarsi che suo figlio gli volò addosso abbracciandolo forte. «Papà!»
Se non fosse stato appoggiato al davanzale della finestra, Rick probabilmente sarebbe rovinato a terra. Si piegò sulle ginocchia e strinse il suo piccolo Carl, il suo bambino che viveva tra scuola e giochi, con davanti un futuro normale.
«Non ti faranno più dormire così?» domandò Carl tenendo ancora le braccia attorno al suo collo.
«No, mai più» rispose Rick dolcemente, dopo si scostò un po' da lui e lo baciò sulla fronte.
Alzò gli occhi e trovò quelli lucidi di Lori. Si alzò in piedi lentamente, senza distogliere lo sguardo dal suo, poi si unirono in un abbraccio intenso. L'aveva persa, non nel mondo reale, ma l'aveva persa e ora la stava stringendo a sé, le accarezzava i capelli, respirava il suo profumo. «Ti amo...» le disse con la voce rotta dall'emozione. «Ti amo.»
Lori sollevò la testa dalla sua spalla e lo guardò. «Anch'io» mormorò in un sospiro, prima che le loro labbra si sfiorassero.
Era da tanto che non se lo dicevano, che i loro occhi non si parlavano in modo così profondo e cristallino. Negli ultimi tempi si erano allontanati, sembrava non riuscissero più a comunicare, ma ora avrebbero risolto i loro problemi, lo stavano già facendo. Quello che era accaduto li aveva fatti riavvicinare.
«Papà, ti ho portato una cosa!» esclamò Carl correndo verso la porta a raccogliere da terra l'oggetto in questione, che aveva lasciato cadere quando gli era corso incontro. Tutto contento, gli consegnò il suo cappello da vice sceriffo.
Rick lo prese e lo tenne tra le mani osservando la stella che brillava al posto che le apparteneva. Come lui apparteneva a quella vita. «Grazie» disse, poi mise il cappello sulla testa di suo figlio.
«Come mi sta?» domandò Carl a entrambi i genitori, gioendo.
«Sembri un vero uomo» rispose lui.
«Ti sta benissimo» affermò Lori sorridendogli, per poi rivolgersi a Rick. «È meglio che torni a letto, sarai debole.»
In effetti era così. Ritornò a coricarsi, mentre Lori prese posto su una poltroncina accanto a lui e Carl si sedette sulla sponda del letto, dove gli aveva fatto spazio.
«Com'era essere addormentato per tutto questo tempo?» fu la curiosità di suo figlio.
«Beh... Ho fatto un sogno.»
«Io c'ero?»
«Sì.»
«E la mamma?»
«C'era anche lei.»
«Allora è stato un bel sogno» concluse Carl.
Rick sospirò e guardò Lori, poi di nuovo il figlio, dandogli un buffetto su una guancia. Magari un giorno glielo avrebbe raccontato, quando sarebbe diventato un ragazzo del quale era certo sarebbe stato orgoglioso, tanto quanto lo era stato di lui nell'immaginazione.
Lori gli prese una mano fra le sue. «Mentre eri... addormentato, ti ho detto una cosa.» Fece una pausa, si percepiva la sua emozione. «Aspetto un bambino.»
A Rick mancarono le parole, furono la sua mano che s'intrecciava con quella di Lori e i suoi occhi velati di lacrime a esprimersi per lui. Il sogno continuava a incrociarsi con la realtà, ma in quest'ultima tutto sarebbe andato in maniera diversa, niente e nessuno poteva privarli di ciò che avevano. Era felice.
«Vuoi dire che avrò un fratellino!?» esultò Carl.
«O una sorellina» confermò Rick. «È meraviglioso, semplicemente meraviglioso» disse a Lori posandole un bacio sul dorso della mano.
Poi ci furono solo sorrisi e un unico grande abbraccio che li racchiuse tutti e tre.
Fu così che Shane li trovò.
Rick lo vide sulla soglia della camera dove la porta era rimasta aperta, indossava l'uniforme. Si guardarono da lontano.
«Quando dicevi che avevi bisogno di ferie non pensavo intendessi questo.»
«Il letto è comodo, ma avrei preferito quello di una stanza all'Hilton di Miami.»
Shane si avvicinò a loro, salutò affettuosamente Lori e Carl e dopo si chinò ad abbracciarlo.
«Ehi, bentornato» disse in tono caloroso.
«Grazie» rispose Rick allo stesso modo. «E grazie anche per i fiori.»
«Figurati, erano da parte di tutti i ragazzi della centrale. Quando Lori mi ha chiamato per dirmi che ti eri svegliato ero là e ho dato la notizia, dovevi vederli, credo stiano ancora festeggiando.»
«Li ho sentiti» affermò Lori sorridendo.
«Preparati ad avere molta gente intorno nei prossimi giorni» lo avvisò l'amico.
Carl, che non doveva più stare nella pelle, annunciò: «Shane, avrò un fratellino! O una sorellina.»
Per il suo collega fu una sorpresa. «Ma... è fantastico! Oggi è davvero il giorno delle belle notizie. Congratulazioni ragazzi!» Gli strinse la mano come quando vincevano gli Atlanta Hawks – lo avrebbe detto al dottor Negan che gli piaceva il basket – e passò fugacemente un braccio attorno alle spalle di Lori. «Carl, salirai al grado di fratello maggiore, ti senti pronto?»
«Prontissimo, sarò il capo!» rispose il bambino facendoli ridere.
«Hai già il cappello» disse Lori. Carl, infatti, non se l'era tolto.
Rick non era un tipo geloso, almeno non più del normale, ma il gesto di Shane nei confronti di sua moglie, obiettivamente innocente, gli aveva provocato una sensazione di disagio. Si stava, però, soltanto facendo suggestionare dalla sua esperienza onirica, come quando ti svegli al mattino e ciò che hai sognato ti resta poi incollato addosso per l'intera giornata. Lo stesso valeva per Negan: non sapeva quando sarebbe riuscito a guardare il suo medico senza immaginarlo armato della spietata Lucille.
Su Shane poteva contare, fidarsi, era tutto come sempre.
«Sei un amico» gli disse.
«Certo che sono tuo amico. Sbrigati a uscire da qui che mi devi una birra.»
Scherzarono tutti insieme sulle future responsabilità e incombenze di Carl in qualità di fratello maggiore, dopodiché Shane disse che doveva tornare al lavoro, e che comunque voleva lasciare Rick all'intimità della sua famiglia.
Lui si godette la vicinanza di Lori e Carl, finché venne Carol a controllarlo e a misurargli la pressione raccomandandosi che non si stancasse, così sua moglie e suo figlio preferirono andare via. Carl lo abbracciò di nuovo forte e Lori lo baciò delicatamente sulle labbra. Rick li osservò uscire dalla stanza, con il cuore leggero.
Verso l'ora di cena gli portarono il preannunciato brodino. Sarà stato perché iniziava ad avere appetito, ma lo trovò quasi buono, anche se erano meglio gli scoiattoli cacciati da Daryl.
Carol tornò da lui che era l'imbrunire.
«Io ho finito la mia giornata, se ti serve qualcosa ci sono le mie colleghe del turno di notte.»
«Bene, magari loro si faranno corrompere e mi porteranno gli spaghetti.»
Carol rise. «Chissà se saranno più buone di me...»
Lo salutò ed era già sulla porta, quando si voltò verso di lui con l'espressione seria. «Una volta arrivata a casa prenderò Sophia e ce ne andremo. Staremo da mio fratello il tempo di trovare una sistemazione, in qualche modo ce la caveremo.»
Quelle parole lo riempirono di gioia. Anche se l'aveva incontrata da appena un giorno era come se la conoscesse da sempre, e lo rendeva felice sapere che lei aveva reagito e preso in mano la sua vita e quella di sua figlia per renderle migliori. Ce l'avrebbero fatta.
«Ne sono sicuro.»
Carol gli sorrise e annuì. «A domani, Rick.»
«A domani.»
Se ne andò e lui si sistemò comodo sotto la coperta. Anche se nello spirito era pieno di energia, il suo fisico avvertiva la debolezza, stanco dopo quella giornata particolare.
Rick chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.



 
* * *



Aprì gli occhi. La prima cosa che vide fu la tabella con il codice Morse appesa alla parete. Si trovava seduto sul divano del salotto nella sua casa ad Alexandria, con la schiena piegata di lato e la testa reclinata sulla spalla. Si raddrizzò passandosi una mano sugli occhi e fu completamente sveglio. Aveva sognato, era stato un bellissimo sogno, poi la realtà lo aveva richiamato prepotentemente a sé. Non c'era Lori, era morta e aveva dovuto lasciarla andare, e nemmeno il suo innocente bambino di sette anni, ma un uomo coraggioso che portava il suo cappello e una benda dove aveva perso un occhio. Shane era un traditore e Negan non salvava vite, le distruggeva.
Questa era la sua esistenza, non quella che avrebbe avuto se il mondo non fosse cambiato. Una vita dove c'era il buio, ma anche la luce.
Michonne, con il volto ancora segnato dal combattimento, giunse dalla cucina e andò a sedersi accanto a lui. «Ben svegliato. Dovevi solo riposarti cinque minuti, poi sei crollato a dormire come un ghiro, ma ne avevi bisogno.»
«Sì, credo di sì.»
Erano trascorsi alcuni giorni dall'attacco di Negan e il tradimento di Jadis, durante i quali, con la gente di Hilltop e del Regno, avevano elaborato piani e strategie, perché erano ormai entrati in una vera e propria guerra. Aveva dormito e mangiato poco, troppo irrequieto per farlo, ma allo stesso tempo lucido e determinato.
Guardò Michonne, la donna che amava e che lo amava, sempre al suo fianco, sempre loro due. Le prese una mano e la strinse. «Sono felice che tu ci sia.»
«E io che ci sia tu» disse lei ricambiando la stretta.
Si stavano sorridendo, quando Rick vide Carl scendere la scala.
«Judith si è addormentata» comunicò raggiungendo il salotto. «Vado ad aiutare Maggie con le provviste.»
Rick annuì. Era fiero di com'era diventato suo figlio. Non lo aspettava un futuro normale nel senso classico, ma ne avrebbe avuto uno, in cui essere anche felice, era per questo che stavano lottando.
In quel momento la porta d'ingresso si aprì ed entrarono Carol e Daryl.
«C'è Dwight, vuole parlarci» annunciò quest'ultimo.
«Dice che i Salvatori attaccheranno stanotte» aggiunse lei.
Rick si guardò intorno e vide una realtà bella quanto il sogno. Aveva Carl e Judith, aveva Michonne. C'erano Daryl, più di un amico, un fratello, e Carol, che aveva perso e ritrovato se stessa nel nome della loro famiglia. Lì dentro e là fuori c'erano le persone e tutto quello per cui valeva la pena non arrendersi, mai.
«Andiamo» disse alzandosi dal divano.
Se i Salvatori attaccavano loro erano pronti a combattere, per difendere ciò che di bello ancora esisteva nel mondo, perché la luce non smettesse di splendere. A costo della vita.







 
  
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