Film > La Bella e la Bestia
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Autore: VeronicaDauntless    01/05/2017    0 recensioni
Nelle fiabe, a volte, i sogni si avverano. E se sognaste di cadere in un pozzo guardando il vostro riflesso? Fin da bambina la più grande paura di Belle è quella di addormentarsi, quella di sognare. Non immagina che di lì a breve, tentando di salvare suo fratello, si sarebbe ritrovata prigioniera di una bestia.
Dal prologo: "Avrebbe potuto dire di aver perso la sua umanità molti anni addietro, ma la verità era che non l’aveva mai avuta. [..]Questa non è la sua storia. Questa è la storia di come il suo cuore riprese a battere."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adam, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti | Coppie: Adam/Belle
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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25- Neve@  Image and video hosting by TinyPic

Zoppicava ancora. Un medico aveva ricucito la ferita, ma lo aveva avvertito che probabilmente non avrebbe mai più ripreso a camminare normalmente e poi aveva iniziato un lungo monologo sul perché, quali danni la ferita aveva inferto, cosa era stato danneggiato, ma lui aveva già smesso di ascoltare. Non gli importava. Non importava se ancora zoppicava, se avrebbe zoppicato per tutto il resto della sua vita. Avrebbe avuto la testa di quell’animale sulla sua parete dei trofei e questo avrebbe ripagato tutto. Maledetta bestia, l’avrebbe catturata finalmente.
Fece un cenno ai suoi nuovi, decisamente più numerosi, uomini, immobilizzandosi a sua volta. Molti del villaggio si erano offerti di aiutarlo nella sua caccia contro la bestia che minacciava i loro figli e le loro figlie.

La bestia? Si è avvicinato così tanto al villaggio?
Era bastato che gonfiasse un po’ la verità, la storia di come il mostro lo aveva ferito a sangue freddo, di come aveva progettato di andare al villaggio e divorarne gli abitanti, di come i suoi occhi erano iniettati di sangue, le sue zanne armi spaventose.
Aveva sentito qualcosa. E, appena qualche metro avanti a loro, vide due occhi gialli scintillare minacciosi. Ma la bestia, invece di attaccarli, si voltò, dando loro le spalle e si allontanò pacatamente. Pregustando già la gloria che lo avrebbe accolto una volta tornato al villaggio con la testa del mostro che aveva ucciso completamente da solo, si avviò dietro la bestia, distanziandosi dagli altri, il fucile pronto. Alcuni passi dopo, la belva si fermò, fronteggiandolo. Poco oltre svettava il castello che una volta era stata la sua abitazione, ora desolato, distrutto, nient’altro che una rovina. Non sembrava volersi difendere, immobile sulle quattro zampe. Il suo aspetta era peggiore di quanto ricordasse e così quegli occhi gialli iniettati di sangue. Puntò i piedi a terra e, sollevato il fucile, prese la mira.


Rideva. Era una bambina, avanzava tentennando senza pattini sul ghiaccio, tenendosi al bordo per non cadere e rideva. Suo padre doveva essere lì, poco distante da lei, nell’altro sogno lui era lì con lei, ma quando alzò lo sguardo, sul ghiaccio, nella notte, c’era solo una bestia. La guardava, immobile sulle quattro zampe, respirava piano e il sorriso le morì sulle labbra.
A lungo guardò la bestia, ma quella non attaccò.


-Perché nessuno mi ha svegliato?-
Maurice rise, guardando i capelli scompigliati e gli occhi ancora assonnati, il mago, invece, non alzò gli occhi, intento a preparare la cena.
-Ho sognato una bestia-
-Davvero?-
Annuì.  –Era sul ghiaccio, come mio padre-
-Mmm- assaggiò il contenuto della pentola, storcendo appena il naso e aggiungendovi qualcosa.  –Paragone interessante. E.. cosa faceva?-
Esitò, riflettendo.  –Aspettava-
Così, ancora una volta, pensò che quell’uomo vedesse molto più lontano di quanto non facessero i suoi stessi sogni.


Era in un posto buio, ma gli occhi si abituarono subito alla luce della luna e distinse un corridoio vuoto, due porte chiuse sulla sinistra, una ringhiera di legno color mogano sulla destra, più avanti una scalinata. Portò le mani sul vestito, ne strinse il tessuto liscio, sorridendo. Era bellissimo, con il corpetto decorato di perline, l’ampia gonna sopra strati di tulle, frusciava deliziosamente ad ogni suo minimo movimento. Sollevò la veste con una mano, avanzando lentamente.
-Mamma?- sussurrò, aprendo la prima porta. Poi la seconda.
-Christian? Dominic?- si guardò intorno, scrutò oltre la ringhiera, raggiunse la soglia delle scale. Un ringhio alle sue spalle la fece sobbalzare, si voltò di scatto,due occhi gialli brillavano nel buio, lasciò la presa sul legno scuro, inciampò, la terra mancò sotto i suoi piedi. Cadde, ruzzolò per le scale, urlando, ogni gradino le feriva le gambe, la testa, le braccia alzate a proteggere il volto. Finalmente a terra, distesa sulla schiena senza forze, scombussolata, probabilmente ferita, sollevò lo sguardo sulla cima delle scale.
Lì, immobile nel buio, le zampe anteriori posate sul primo gradino, c’era una bestia. Gli occhi gialli lampeggiavano, guardandola. Ma non l’aveva inseguita, non ringhiava. Era lì, immobile.
Chiudeva gli occhi e li riapriva all’aperto, al freddo, il sole pallido che la riscaldava appena attraverso le fronde degli alberi sopra di lei, la neve si stava lentamente sciogliendo sotto il suo peso, in una macchia sempre più scura. Qualcuno la teneva stretta tra le braccia, ma non ne vedeva il volto, vedeva solo le foglie che ondeggiavano, lentamente, mosse da un vento leggero. E lei aveva freddo, molto freddo.  

Aprì gli occhi, vide la luce ancora tenue del mattino fare capolino dalla finestra, riscuotendola dal torpore e si mise in piedi, vestendosi velocemente ed uscendo dalla casa.
Non aveva dato a quell’ultimo sogno molta più importanza di quanto non ne avesse dato ai precedenti; sapeva di aver già sognato qualcosa di simile in effetti, ma non ricordava altro. Ciò che più la assillava negli ultimi giorni, però, non erano i suoi sogni, per quanto bizzarri.

Cosa c’è qui che lì non c’era?
Quando il mago le aveva posto questa domanda, aveva pensato che le stesse semplicemente chiedendo se le mancasse casa sua, ed era così. Le mancava terribilmente. Dominic sarebbe stato sconvolto, Christian avrebbe sospettato qualcosa, probabilmente, e forse si stava chiedendo come tornare in quel mondo per riportarla indietro, di nuovo. E sua madre.. beh, era sparita due volte nell’arco di un anno, sarebbe stata distrutta. Avrebbe voluto essere lì, stringerla forte, rassicurarla e dirle che era tutto a posto, che lei stava bene. Non ne era stata in grado, fino ad allora. Non aveva potuto strapparle via dalla mente il dolore e i ricordi e l’odiosa nostalgia che spesso le oscurava il viso; si era limitata a starle accanto, accettando l’idea che non avrebbe mai potuto comprenderla come invece facevano i suoi fratelli. Ma neanche adesso poteva, no? Era lontana da casa, dalla sua famiglia e..

Cosa c’è qui che lì non c’era?
Aria. Ecco cosa c’era. Fresca e pura e ristoratrice. Respirava. Per la prima volta respirava. I suoi sogni erano dall’una e dall’altra parte, non erano quelli a soffocarla. Non si trattava di cosa ci fosse o meno da una parte o dall’altra, si trattava di cosa ci fosse per lei.
Si fermò, prendendosi il tempo per inspirare a pieni polmoni e sentire l’odore di pino che negli ultimi giorni l’aveva sempre accompagnata nelle lunghe passeggiate con cui cercava di far passare il tempo. Si sedette sulle radici di un albero e il suo sguardo cadde sulla terra secca e scura. Nel suo sogno c’era la neve, ma mancava ancora molto all’inverno. Nel sogno lei stava.. morendo, no? Sarebbe successo d’inverno? No, non era quello, aveva la netta sensazione che la neve non indicasse il momento, ma fosse una specie di similitudine.
E, nonostante non avesse dato particolare peso a quel sogno, si era trovata a raccontarlo a Maurice, senza neanche capirne il motivo. Quella stessa sera, mentre rientrava nella casa del mago, li aveva sentiti parlare, ignari della sua presenza appena oltre la porta.
-Adam mi ha raccontato di quel sogno, ma entrambi pensavamo che fosse ormai un pericolo lontano, visto quanto è accaduto-
Il mago sembrava tranquillo, come sempre d’altronde.  –Ma lei lo ha sognato di nuovo-

Era di nuovo nel corridoio buio, la ringhiera sulla destra e le due porte chiuse alla sua sinistra. Non portava più l’ampio abito dell’altra volta, indossava semplicemente un jeans e una maglia scura a maniche corte. Si guardò intorno, alla ricerca della bestia che l’aveva spaventata, facendola ruzzolare giù per le scale, ma non ce n’era traccia.
Aprì la prima porta, aspettandosi di trovare la stessa stanza vuota dell’ultima volta e, invece, la camera era piena di oggetti, mobili, quadri, tutti distrutti e raccolti lì per essere dimenticati. Avanzò con attenzione, raggiunse uno dei pochi ritratti ancora appesi alla parete e allungò la mano per tenere insieme la tela ferita. Sembrava quasi che fosse stata squarciata da artigli molto affilati, eppure non c’era niente nell’uomo rappresentato che potesse spiegare un tale odio. Guardò a lungo il suo viso, gli occhi azzurri, i capelli bruni, ma poi una luce tenue richiamò la sua attenzione, allontanandola dal quadro e attirandola verso un piccolo tavolino rotondo proprio davanti al balcone chiuso. Su di esso, coperta da una cupola di vetro, brillava una rosa. Sembrava rimanere dritta da sola, poggiata sulla base dello stelo sottile. Sollevò la teca e ne sfiorò i petali lisci con le dita, esitante. Come poteva brillare in quel modo? Sembrava ricoperta di una rugiada simile a piccoli diamanti. Strinse lo stelo per prenderla e sentirne l’odore, ma si punse e la lasciò ricadere subito, con un lamento di dolore. Tornata magicamente al suo posto, Belle la coprì nuovamente e uscì in fretta dalla stanza, con la strana sensazione che non dovesse essere trovata lì.
Si avviò verso la seconda porta e scoprì che anche questa, come la prima, non era più vuota. Al centro della stanza spiccava un piccolo tavolo di legno e, oltre, una donna dagli occhi chiusi  e le labbra orrendamente cucite insieme se ne stava seduta con le mani poggiate sul tavolino, il dorso rivolto verso l’alto. Si avvicinò, sedendosi di fronte a lei. Sembrava interamente ricoperta di polvere, quasi fosse stata abbandonata lì come i mobili della stanza accanto, i suoi capelli erano scuri, lunghi, un rovo non curato da tempo, il suo abito nero era logoro.
Non appena si fu seduta, la donna aprì gli occhi vitrei, inchiodandola al suo posto.
-Tu sei.. – corrugò la fronte, cercando di ricordare.  -.. Rosaline-

Vendo rose. Le sembrò di sentire la voce nella sua testa. Rose rosse. Erano bianche, ma io ho usato il sangue per tingerle di rosso.
-Cosa? Aspetta.. questo me l’hai già detto, giusto? Sai cosa significa la neve, non è vero?-
Erano bianche, ma io ho usato il sangue per tingerle di rosso.
-Erano bianche.. e la neve si è tinta di rosso.. Io non capisco.. quando la neve non sarà più bianca, vuoi dire questo? Un momento.. il manicomio era sempre bianco nei miei sogni.. accadrà quando ricorderò tutto, è così?-
La donna sorrise e le cuciture si tesero orrendamente, gli occhi vacui sempre fissi davanti a sé, tese il braccio sinistro e puntò l’indice verso il pavimento. Gocce di sangue ne macchiavano la superficie impolverata. Si alzò in piedi per guardare meglio.
-Sai di chi sono? È in pericolo-

Allora salvala.
-Ma.. ma il cacciatore non mirava a me, mirava a Leòn-
Una presa dolorosa la fece voltare di scatto, trasalendo. Stretta attorno al suo braccio c’era una mano scheletrica e, oltre, un corpo putrefatto, un volto vivido di carne morta e ossa visibili. Urlò, ma nessun suono uscì dalle sue labbra, il fiato bloccato in gola.
Con gli occhi sbarrati, guardò quelli ancora vitrei della strega e si sentì gelare il sangue.

Il suo nome, la sua voce era più possente e fredda di prima,  non è Leòn.
Strattonò il braccio dalla sua presa e corse via, uscendo dalla stanza e precipitandosi giù per le scale, il cuore che palpitava in gola e il respiro corto.
Si voltò solo un secondo, per assicurarsi che non la stesse seguendo e fu allora che li vide. Due occhi gialli, proprio in cima alle scale. La bestia ringhiò, mostrando le zanne coperte di sangue, ai suoi piedi, un cerbiatto giaceva senza vita, il corpo dilaniato.
Questa volta sentì il proprio urlo acuto, prima di scappare nuovamente via, ancora più lontano, fuori dal castello, il più velocemente possibile, il freddo che riempiva i polmoni già doloranti. Arrivò ad un lago ghiacciato, ma continuò a correre, ignorando il rumore del ghiaccio che si crepava sotto i suoi passi, voltandosi ancora una volta indietro. La bestia la stava inseguendo, era ad un soffio da lei, molto più veloce, i capelli le nascosero la vista, tirati dal vento e lei sentì un rumore sordo, il suolo crollarle sotto i piedi e cadde, sommersa dall’acqua gelida. Presa di sorpresa, spalancò la bocca per urlare e respirare e..


Inspirò di colpo, spalancando gli occhi. Scattò a sedere, portandosi una mano al petto e cercando di regolarizzare il respiro. Era ancora notte fonda, ma non doveva perdere tempo. Balzò in piedi, si vestì rapidamente e uscì di corsa dalla casa, addentrandosi nel bosco, senza avvertire nessuno, senza pensare a cosa stesse facendo, a dove stesse andando, senza badare a come dovesse sembrare stravolto il suo viso. Si allontanò senza voltarsi indietro neanche una volta, sicura che non avrebbe sbagliato strada. Un unico pensiero occupava la sua mente. Adam.

  
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