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Autore: Pepita57    08/06/2009    0 recensioni
Lei. Solo lei, perfetta e semplice. A vederla, agli occhi d'altra gente sembrerebbe una ragazza qualunque, una ragazza con la sua vita incasinata, più o meno come quella di tutti noi adolescenti. Ma forse non è questa "ragazza qualunque" che tutti vedono. Io sento che lei ha qualcosa in più. Quel qualcosa mi ha rapito.
Genere: Romantico, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Racconto per il concorso “Scrivere al Marconi” – A.S. 2008-2009

*Questo racconto è stato da me scritto per il concorso "Scrivere al Marconi" tenuto appunto nella mia scuola. Commentate *___*

LEI


Lei. Solo lei, perfetta e semplice. A vederla, agli occhi d'altra gente sembrerebbe una ragazza qualunque, una ragazza con la sua vita incasinata, più o meno come quella di tutti noi adolescenti. Ma forse non è questa "ragazza qualunque" che tutti vedono. Io sento che lei ha qualcosa in più.
Quel qualcosa mi ha rapito.
La vedo, la incrocio, abbasso lo sguardo e cammino, proprio come facevo da bambino, stesso comportamento: mia madre mi sgridava, abbassavo lo sguardo e andavo avanti a camminare, facendomi sempre più piccolino. E così faccio con lei. Vorrei non farmi vedere, ammirarla sì, ma senza che lei se ne possa accorgere.


La prima volta che l'ho incrociata nel labirinto del Marconi non è andata proprio così. Lì allora ero rimasto proprio imbambolato. La fissavo mentre a mezzo metro da me si faceva spazio tra la folla, andando verso Carlo, il gestore del bar della mia scuola. La sua voce, leggera. Il suo sorriso, semplice. A distanza di tre settimane ricordo ancora la scena esatta, mi capita spesso di fare un rewind e un play della pellicola. Sempre quelle immagini, tutte nella mia testa. Si volta, sempre con il suo sorriso, mi guarda e sembra quasi fare una piccola smorfia come per deridermi. Io sempre imbambolato, sguardo fisso su di lei. Incrociare i suoi occhi con i miei è stato quasi devastante, quella smorfia, evidentemente non apprezzava che la stessi fissando, Dio quanto l'ho odiata. Mi sono sentito subito uno sciocco. Ed il mio sguardo non ne ha nemmeno voluto sapere di schiodarsi da lei. Bella, bellezza pura, davvero troppo affascinante. Diversa dalle altre. Come una rosa candida che si discerne tra le erbacce e le rovine di una vecchia casa. Semplice.
Così passano le tre settimane, tutte uguali: la incrocio, abbasso lo sguardo e via, va avanti sempre così.


Un giorno dei tanti, finito l'allenamento di basket, prendo la mia bici e mi avvio verso casa. Purtroppo oggi è venerdì, questo vuol dire che dovrò dare una mano al mio fratellino nei compiti. Ogni Venerdì maledico il giorno che ho promesso a mia madre di aiutarlo. Oramai è un dovere e sono costretto ad affrettarmi se non voglio sentirmi lagne a casa. Ma tempo due minuti e mi ritrovo il Dan affiancato a me, privo di respiro, senza la forza di pedalare ma con quel sorriso stupido stampato sulla faccia.
«Allora?!» inizia la chiacchierata
«Ehi ciao non ti avevo visto arrivare! Come stai? Duro oggi l'allenamento eh..»
«Dai idiota, accosta» il suo sorriso svanisce all'istante. Ora finge d'esser serio, glielo leggo sul volto.
«An si scusa, buonasera comunque» dico con un velo di ironia continuando a pedalare. Forse è inutile perdere tempo dicendogli che mio fratello mi sta aspettando a casa.
«Ehm Ale, su su, accosta dai»
Okay. Va bene, mi toccherà accostare. Sicuramente Daniele o meglio il Dan, come lo chiamo io, dovrà parlarmi.
Vado avanti di qualche metro e accosto per farlo contento.
«Beh, Ale, non mi nascondi nulla vero?»
«Mi sono perso qualcosa? Non è che per caso, ultimamente, mi psicanalizzi un po' trop....»
«Sssh, dai spara» non mi fa finire di parlare. Le sue solite brusche maniere. Lo odio!
«“Dai spara” cosa? Cos’è che vuoi sapere?» sospiro
«Allora? Chi è?»
«Chi è chi?»
«Lei»
«Lei chi?»
«Dai Ale non fare il finto tonto, chi è la ragazza?»
«Nessuna ragazza.» Dico schiettamente.
Dovevo aspettarmelo, prima o poi me l’avrebbe chiesto. Avrà certamente notato qualche mio insolito comportamento in quest’ultimo periodo!
Mi lancia un’occhiata sospettoso. Si sì, rimango dell’idea che sta proprio cercando di psicanalizzarmi! Quegli occhi li conosco troppo bene ormai.
«Come sarebbe a dire?» riprende lui «Dai ti vedo in classe, sei sempre perso nei tuoi pensieri. A volte sembra quasi che gli alieni ti abbiano rapito!!» fermo sul suo sellino inizia ad oscillare le mani, qua e là, scuotendo la testa, qua e là, con gli occhi al cielo, sempre qua e là. Cambia voce tentando di imitarmi, che buffone: «Dan, uh, sapessi, non ti ho ancora detto nulla! Ho conosciuto una ragazza eccezionale!! Sono troppo perso di lei!» e, scandendo bene le lettere, continua: «è B-E-L-L-I-S-S-I-M-A».
Non posso far altro che ridere ora, finita la scenetta, mi fissa, quiete, torna serio e sorride, braccia conserte «Allora amico mio, nulla da dirmi?» Sì, vorrei dirti che ti odio solo perché il tuo difetto è conoscermi troppo bene!
«Ehm, veramente... ecco....io..... non l'ho conosciuta! Solo incrociata! Però è bella, molto bella.....»
Ho lanciato il sasso. Un istinto mi dice di scappare. Riprendo il manubrio e fuggo. Pedalo più che posso,ridendo come un matto assieme al Dan che nel frattempo inseguendomi inizia a bombardarmi di domande, una dietro l’altra. Sembra una mitragliatrice che non smette di parlare.
Dopo qualche minuto, esausto, mi fermo al parchetto vicino casa.
«Dai basta Ale, sei in trappola, confessa!» Si ferma butta la bici davanti a sé e la scavalca per andare a sedersi sulla panchina, esausto anche lui. E qui capisco che dopo tre settimane è arrivato il momento di confessarmi col mio migliore amico. Ma in realtà non c'è nulla da dire. Cosa posso dirgli? E' una ragazza che ho incrociato nel groviglio del Marconi, dove ci si incontra e ci si smarrisce e, tra tutti quei ragazzi, ogni tanto si scova anche la presenza femminile. Eccola: affascinante e leggera. Già, quando penso a lei la rivedo in una nuvola, la sua leggiadria e semplicità è paragonabile a nessun altra. È l'unica cosa che riesco a dire di lei. Neanche la conosco, ma indubbiamente deve essere una primina. Immagino che adesso Daniele indagherà, conoscendolo. Lo odio! Lo odio! Lo odio! Anzi, no, cosa dico, non lo odio. Lui è il mio fenomenale amico, non posso odiarlo! Non li sfugge mai nulla, mi conosce più di me stesso. Il Dan è un grande.


Questa mattina mi sono svegliato che ero allegro, fin troppo, con il cane che cercava di farmi ruzzolare giù per le scale mentre mi recavo in cucina a fare colazione. Sarà allegro anche lui, e fuori c’è addirittura il sole, lo vedo passare dalle finestre, incurante delle bianche e sottili tende della cucina. Arriva la primavera. Adoro questo cambio di stagione. Si sente odore di fresco, pulito. Il sole è lassù, nessuna nuvola, finalmente si fa vedere pure lui e, debolmente tra il freddo, cerca anche di scaldarmi. Forse è meglio mettere da parte il motorino e andare a scuola in bicicletta, tanto non abito molto distante. Voglio godermi il piacevole freddo del mattino accompagnato dal sole, mai successo prima d’ora.
In classe mi perdo un attimo a pensare ai fatti miei. Decido che conoscerla sarebbe l’idea migliore. Non posso di certo rimanere così fermo con le mani in mano, come faccio abitualmente. Vorrei dare uno strappo alla regola. Già, ma da dove iniziare? Non so nemmeno come si chiama!
Idea. Una lettera? Sembrerei troppo sfacciato? Allora decido di fare così: scritta la lettera gliela consegnerò io stesso dicendo che è da parte di “un mio amico”, chiamiamolo Luca. In conclusione sarei io. Essenzialmente questo non ha senso, lo faccio solo per timore.


Tornato poi a casa da scuola, nella sera ci provo, le scrivo due parole:

“Ciao cara (ammetto di non sapere il tuo nome), Anch’io frequento il Marconi. Sembri una ragazza in gamba e riservata, ma forse l’aspetto inganna, per questo preferirei conoscerti :P . Mi affascina da matti il tuo modo di fare. Ti vedo spesso parlare con i tuoi compagni, hai sempre uno splendido sorriso sulle labbra. E che dire del tuo aspetto? Sei bellissima sai.. Acqua e sapone, o forse solo con un velo di trucco. Ho sentito perfino il tuo profumo quando mi sei passata di fianco.. dolce, buono! Sei una ragazza semplice giusto? Spero di non essermi sbagliato. Ma sai dall’esterno chi non ti conosce ti vede così, e non è poi così male come primo impatto. Non capisco nemmeno io perché mi hai colpito in questa maniera sproporzionata. Sembrerò troppo spudorato, probabile. Io ci provo! Non posso restare sempre fermo ad ammirarti con la faccia da ebete, è ora che mi muova un attimo. E al limite se non va bene avrò preso un granchio, non importa. Ho bisogno di conoscerti, di sapere chi sei, sempre se anche tu ne hai voglia. Intanto di me posso dirti che mi chiamo Luca e sono di terza, ma se vuoi sapere altro chiedi pure. Con questa lettera ti lascio anche il mio numero di cellulare (che troverai infondo), poi se vuoi più avanti possiamo anche trovarci.. Intanto la lettera te la faccio avere tramite un mio amico. Io mi vergogno troppo, e non perché non mi sento un bel ragazzo o chissà che. Ho soltanto paura di fare brutta figura, e poi cosa dovrei fare? Venire da te e presentarmi? No no, una lettera va benissimo.
Ti mando un bacione, bella sconosciuta..
Luca”


Giorno seguente a scuola, durante la ricreazione, cerco di farmi avanti. Cosa ci vuole? Non dev’essere poi così difficile consegnare una lettera, no?
Come ogni giorno la trovo davanti alla sua classe. Quant’è graziosa. Per fortuna che non c’è il Dan qui con me. Fatto sta che non posso perdere tempo a guardarla. Così mi avvicino in maniera più disinvolta e spigliata che posso, con la lettera in mano, sperando di non fare brutta figura.
«Ehi… ciao… scusami, ti disturbo?»
«No, assolutamente! Dimmi pure!!» riesco solo vedere il suo fantastico sorriso
«Mi chiamo Alessandro. Questa è per te» le porgo subito la lettera, vorrei scappare «è da parte di un mio amico, Luca.»
Rimane un po’ perplessa guardando la lettera e rileggendo più volte il fronte dell’A4 ripiegato: “Per Lei”
«Uhm, si okay. Grazie mille, ma cos’è?»
«Basta leggere. Dai scusami ancora, io ora vado, torno in classe. Adesso suona.»
E difatti la campanella suona proprio nel preciso momento in cui lo dico. Che fortuna.
«Ciao…ehm… nome?»
«Alessandro»
«Oh, sì scusami. Ciao Alessandro e grazie»
«Ciao, ciao» E così mi allontano. Soddisfatto e un po’ pentito.


L’indomani, il pomeriggio lo passo a studiacchiare una delle solite materie noiose, quelle che quando apri il libro e ti metti sul divano subito ti coglie la voglia di dormire. Sai che potrai anche rileggere cento volte lo stesso paragrafo senza capirne il senso. L’unica cosa interessante sul momento è lo squillo del cellulare. Messaggio ricevuto. Apro pacificamente e la prima cosa che noto è il mittente sconosciuto:

“Ciao Luca, grazie per la lettera… dammi un po’ di tempo per rifletterci, non so cosa fare. Emily”

Da stato “pacifico” passo in stato “teso”. Beh, mi ha scritto, è già un bel passo avanti, questo significa che non mi ha preso come uno scocciatore e che nemmeno le sono sembrato troppo aggressivo, o almeno me lo auguro. Adesso so addirittura il suo nome! Rispondo, devo cercare almeno di apparire rilassato:

“Non preoccuparti Emily, fammi sapere appena chiarisci le tue idee, nessun problema.. Ciao bella. Luca”

Mi chiedo anche cosa significhi quel “non so cosa fare”. Che le ragazze siano strane è risaputo ma riflettendoci meglio probabilmente è uscita a fatica da una storia intensa da poco e non se la sente, oppure ha avuto qualche recente delusione. Non ho in mente altro, però tutto sommato sono contento che mi abbia scritto.

Passa una settimana ed Emily non si fa sentire. È meglio che io me ne stia buono aspettando, non vorrei sembrarle troppo invasivo.

Passa un’altra settimana e decido, un po’ rassegnato, di scriverle…

“Ehi, ciao Emily, sono il ragazzo che voleva conoscerti, Luca. Allora? Cosa ne pensi? Si può fare? Aspetto impaziente una tua risposta, questo silenzio non mi piace. Bacio”

Invio e dopo qualche minuto ricevo la risposta che tanto attendevo impaziente:

“Ci vediamo all’una e dieci davanti al cancello principale della scuola”

Rimango senza parole. Improvvisamente vuole vedermi. Posso capire l’imbarazzo dato che non ci conosciamo ma il suo messaggio è certamente freddo. Troppo freddo. Nemmeno un saluto, nulla.
Così domani la vedo. Sono dubbioso, contento, perplesso, irrequieto, vorrei sia scappare che presentarmi. Alla peggio non potrebbe succedermi nulla, giusto? Meglio presentarsi.


È l’una, mancano dieci minuti e poi la vedrò. In conclusione dovrò presentarmi, dirle il mio nome reale. Mi domando se se ne farà un problema ma poi istintivamente lo escludo, è stata una bugia detta a fin di bene del resto, capirà. Adesso sono soltanto contento e agitato, i minuti passano lentamente finchè non suona la campanella.
Come sempre faccio tutto con calma, sistemo la cartella serenamente. Un po’ per abitudine e un po’ per aspettare che non ci sia la folla davanti al cancello. Esco. Mi riprometto che dovrò semplicemente essere me stesso. Non avere paura di nulla.
Eccola. Mi sta aspettando.
«Ciao Emily, ehm, sono Luca. Cioè no, io sarei Alessandro in realtà… Lascia perdere poi ti spiego, comunque la lettera l’ho scritta io…» ammetto d’esser tutto d’un tratto troppo agitato
«Ehi calma, stai tranquillo… Seguimi»
Mi porta su di un Golf grigio. Mi siedo nei sedili posteriori. Al volante c’è un ragazzo che si sforza di sorridere ma sembra alquanto irritato della mia presenza…
«Ciao» dice lui senza nemmeno voltarsi. Probabilmente è solo il fratello maleducato.
«Senti, andiamo a fare un giro…» dice lei girandosi per qualche secondo verso di me, solo che questa volta non ha il sorriso, poi si rimette a guardare la strada. L’auto parte. Mi sento fuori posto. In disagio. Resto in silenzio.
Dieci minuti più tardi il ragazzo parcheggia in un vicolo cieco.
«Emily, vai a prendermi le sigarette? I tabacchi sono qui dietro… grazie» lei annuisce ed esce dall’auto.
Rimaniamo io e lui, sono sempre più a disagio.
«Come ti chiami?»
«Alessandro»
«Ecco Alessandro, esci dall’auto, grazie» parla senza nè voltare il viso verso di me né guardarmi nello specchietto retrovisore. Esco. Esce anche lui. Fa qualche metro più avanti e io lo seguo.
Si volta. Mi fissa. Duro. Mi tira un pugno sul naso. Forte. Mi tira un calcio. Mi accascio. Mi lascio andare. Cado, senza capire. Un altro calcio, in faccia questa volta. Mi porto le mani sul volto. Sangue. Lo vedo sulle dita, lo sento scendere adagio sul collo. Ho paura. E continua così. È successo tutto eccessivamente d’improvviso. Non capisco ancora, sento solo sofferenza fisica.
«Che cazzo vuoi dalla sua vita? Lascia stare la mia ragazza» urla «Chi sei? Cosa vuoi da lei? LASCIALA IN PACE IDIOTA!» idiota, già. Come dice il Dan. Vorrei urlare, non so se per il dolore o per la paura. Non mi verrebbe in aiuto nessuno tanto, siamo in un vicolo cieco, sarebbe uno sforzo inutile. Non ho neppure la forza per alzarmi, né per dare risposta. Resto inerte a subire chiedendomi dov’è Emily. Lei.
«LEI E’ LA MIA RAGAZZA! MIA!LASCIALA STARE» e poi prosegue con una serie di insulti che non si fanno altro che una confusione di parole. Mi lascio andare. Lentamente. Chiudo gli occhi nel frastuono della sua voce che mi rimbomba nella testa, sempre più forte, sempre più tenue. Non capisco. Voglio fuggire. Ho paura. Troppo sangue.


Mi sveglia il bianco. Mi sveglia il pulito. L’odore di ospedale. Chissà quanto ho dormito.
Nella camera c’è solo Daniele con un’altra nuova lettera. Inizio ad odiare le lettere. Anzi, le odio e basta, mi procurano solo casini.
«Ale, questa me l’ha data lei…» dice tendendo la lettera verso me senza nessuna fretta.

“Tutto questo non è giusto e io sono una stolta, dovevo lasciarlo prima. Cieca del mio stesso amore non mi sono mai accorta di che persona era, ho voluto non pensare più al suo passato, quando andava per le strade con la sua compagnia a fare danni e a menare la gente. Mi sono fidata di lui sperando che con me il suo passato potesse lasciarlo e finalmente dimenticarlo. Invece no,mi sono sbagliata, il suo istinto è rimasto, menare chiunque per qualsiasi pretesto. Amavo una persona che non ho mai conosciuto realmente, lo amavo per le sue parole che hanno cercato di convincermi. Ecco a cosa porta la gelosia di un amore. Ma una cosa così non la concepisco, una gelosia così grande non è possibile. La sua voglia di picchiare l’ha oltrepassato senza pensare prima a me. Perdonami e se me lo concedi domani verrò a trovarti in ospedale.
Emily”


Lei non sapeva nulla e l’unico suo sbaglio è stato amarlo troppo, lei non centra nulla con questo casino, non devo perdonarle niente. E’ stato sicuramente il suo ragazzo a costringerla chiedendole di incontrarmi, contro la sua volontà. È anche lei una vittima. Un’altra vittima. Lei l’ha fatto perché non poteva certamente andare contro la sua metà. Quella metà di cui tanto era innamorata.
«Ale…» ci pensa Daniele a farmi tornare al presente «c’è tua madre qui fuori, io esco. Non sa nulla di Emily…» mi stringe la mano, mi lancia uno sguardo intenso e si dirige verso la porta. Lo riesco a sentire mentre dice a mia mamma di entrare.
Eccola, entra subito dopo. Mi guarda sconvolta con le lacrime agli occhi. Perché piangi mamma? Perché? Non posso muovermi, vorrei abbracciarti mamma, ma posso solo stare dolente sul letto ad osservarti.
«E’ tutto ok, mamma» placidamente sorrido per calmarla.
Quando lei mi prende la mano una lacrima scende sul mio volto. Senza permesso, scivola. Volevo solo conoscere una ragazza. Una ragazza bellissima. Gli occhi mi pesano. Li chiudo. Troppo bianco, troppe bende. C’era troppo sangue sul mio viso. Volevo solo conoscere una ragazza, scusami mamma.
  
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