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Autore: DarkYuna    05/05/2017    2 recensioni
È come essere in una di quelle trasmissioni televisive di quiz a premi, quando il conduttore, sulla domanda cruciale, ti chiede se vuoi confermarla e tu resti lì, insicuro di te stesso, indeciso su come rispondere, perché sai che da questo dipende la tua vita e non mi riferisco ai soldi, stavolta, ma al mio cuore.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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*Desideri pericolosi*







 

Apro la porta, deve essere uno dei tanti clienti incontentabili, che si palesano ad ogni ora del giorno e della notte, ultimamente sono alle prese con un povero mentecatto che non riesce a coniugare in modo esaustivo più di due verbi di seguito. Il "se avrei" è lo spegni ormoni che mi devo sorbire ogni volta, pur di sfilargli cento dannatissimi euro.
 
 
Apro la porta, ma non è l'analfabeta patentato, che soffre per giunta di eiaculazione precoce. Apro la porta e quello che si palesa nel mio campo visivo, non è uno dei centinaia di volti insignificanti che hanno varcato la soglia del mio appartamento e violata nel profondo.
 
 
Apro la porta e vedo lui.
 
 
Il professore Lorenzo Adolfi, docente di lettere all'università che frequento. È giunto quest'anno in facoltà e in breve tempo è finito sulle bocche di quelle povere represse sessualmente, che rincorrono più la figura che ricopre, che lui stesso.
Mentire se dicessi che non mi attrae.
Difficilmente un uomo di trentasette anni, occhi di ghiaccio, capelli neri in un taglio moderno, fisico curato e sorriso abbacinante, riesce a passare inosservata, specialmente in un mondo di professori,vecchi, acidi e brutti come la carestia per giunta.
 
 
Chiunque, fuorché lui.
Non è squallido sesso ciò che cerca, ne sono consapevole. Troppo ligio alle regole, rispettoso della donna, azzardo ad aggiungere ingenuo, buono in classe, di più nella vita di tutti i giorni: non pagherebbe per scopare.
 
 
Giungo alla conclusione più ovvia, qualche bocca larga gli ha raccontato ciò che faccio. Ho il dubbio, se voglia farsi una sveltina, oppure voglia salvarmi dallo schifo della mia vita. Opto per la seconda, anche se non ne sono certa, non si conosce mai profondamente una persona per essere certa delle mosse. Si potrebbe sbagliare e molto sul conto di qualcuno.
 
 
Schiocco la lingua al palato scocciata, inarco un sopracciglio. Non salto di gioia, non sono in vena per una ramanzina, devo studiare per l'esame della prossima settimana e il tempo stringe. Con la routine che seguo, c'è poco spazio per le parole inutili e sono certa che ne dovrò ascoltare troppe. 
<< Ah, è lei, professore! >>, sbotto infastidita. Ho una lunga t-shirt extralarge che copre a malapena le cosce, non mi vergogno a presentarmi così, lui ha un momento di insicurezza, dettata dal poco tessuto sulla mia pelle.  Cos'è in fondo la vergogna? Essere a disagio con il proprio corpo, ed io non lo sono affatto. << Cosa vuole? >>.
 
 
Ha lo sguardo severo, di chi non approva... e in fondo, non mi approvo neanche io, mica posso sperare nell'approvazione degli altri e nemmeno me ne frega qualcosa. Non conta ciò che pensa la marmaglia lì fuori.
 
 
<< Posso entrare? >>, chiede cordiale, l'aria spaesata di chi si sta addentrando in un mondo che non è il proprio. Indossa un maglione blu su una camicia bianca, jeans scuro, cappotto nero, scarpe eleganti di una qualche marca che non conosco. L'odore di colonia è forte e penetrante.
Quando non è in facoltà, si lascia crescere un paio di centimetri di barba. Lo so, perché una volta l'ho visto al supermercato. Non ci siamo incontrati, ho cambiato reparto di proposito, non mi piace salutare chi conosco e fingere allegria di vederli in posti del tutto normali, ma impensabili. Non sono socievole. Punto.
L'ho osservato per un paio di minuti, goffo tra gli scaffali, con una lista scritta in precedenza, ma era come un uomo in un negozio di intimo femminile. Non è fidanzato, neppure sposato: le voci corrono in fretta.
 
 
Mi scosto di lato, faccio cenno con la mano che ha libero accesso, richiudo la porta dopo il suo passaggio.
<< A cosa devo la visita? >>.
 
 
Non ha bisogno che lo guidi nel salotto, l'appartamento è piccolo, la strada la trova da sé. Resta in piedi, non si siede.
Detesto queste insulse formalità, il bon-ton, il galateo e cavolate varie.
 
 
<< Sono venuto a parlarti. >>, dice, dandomi del "tu", è un tipo giovanile, l'ha fatto automaticamente con chiunque all'università, ma non mi pare di avergli dato il permesso.
 
 
Mantengo le distanze.
<< Riguardo? >>. Prendo la tazza di Twinings fumante sul tavolino, accanto i volumi aperti e gli appunti. << Credevo che il mio esame con lei fosse andato bene. >>. Sorseggio il liquido bollente, che riscalda fin nelle viscere. Fuori piove.
 
 
Deglutisce appena, non sa come iniziare il discorso, è in evidente difficoltà. Non ho intenzione di tergiversare oltre.
 
 
<< Vuole che indovini, professore? >>. Picchietto l'indice sul mento, come se ci stessi pensando per davvero e perfino la recita fasulla mi infastidisce. << Vediamo... lei deve essere venuto qui, perché qualche troia o qualche stronzo, le ha detto che faccio la puttana, vero? >>. Sono sboccata, indecente, scurrile e parecchio arrabbiata. Poco importa di chi sia lui, poco importa chi sia io. Sono sempre stata diretta, zero peli sulla lingua, quello che penso, dico.
Incontrarsi all’università, dopo oggi, sarà parecchio sgradevole.
 
 
Sta per dire qualcosa, ma si trattiene.
Se ne resta in piedi, dall'altra parte del tavolino, rigido come un baccalà. Ha i capelli umidi di pioggia, il viso stanco, le iridi di ghiaccio fisse nelle mie, non guarda da nessun'altra parte. Non è diverso dagli altri uomini, presto o tardi cederà e lo scoprirò a scrutare di sottecchi le gambe, il seno o il sedere. 
<< Sì. >>, ammette alla fine.
 
 
Prendo un profondo respiro, il desiderio di buttarlo fuori a calci nel sedere è irrefrenabile, ma riesco a bloccarmi.
<< Bene, per una leccata di cazzo sono cinquanta euro, una scopata completa cento e per… >>, inizio a dire volgare, la bocca è scatenata, le parole fluiscono come un fiume in piena.
 
 
Il professore alza le mani, come se intendesse zittirmi ed è quello che faccio.
<< No, no, non sono venuto per questo, Serena. >>.
 
 
Un uomo che rifiuta una richiesta esplicita di sesso… che rarità.
 
 
Strofino le labbra tra di loro.
<< Ah, no? >>. Non sono affatto sorpresa, ho capito al volo la motivazione che l’ha spinto fino a qui, ma deve essere lui a dirlo.
 
 
<< Vorrei che smettessi. >>, confessa, disarmato da tanta sfrontatezza che ha udito. << Sei una ragazza molto intelligente, carina, simpatica, carismatica. Potresti avere molto di più dalla vita. Conosco una pizzeria che cerca una cameriera, è un lavoro pulito, dove non devi svendere te stessa per mantenerti. >>. Ha detto di proposito “carina” perché cerca di non darmi modo di dubitare delle sue onorevole intenzioni. Io già ne dubito, dubito di tutto e tutti, nessuno fa niente per niente, tantomeno lui.
Non esiste il principe azzurro che, in groppa al suo impavido destriero viene a salvarmi, ho smesso di credere a queste cazzate tanto tempo fa.
 
 
 
Prendo il pacchetto delle Marlboro rosse, ne blocco una all’angolo della bocca e l’accendo. Aspiro un paio di boccate, poi parlo.
<< Sa, caro professore, se lei fosse venuto qui per una sana scopata, l’avrei anche capita: siete tutti uguali. Quello che non sopporto è che lei sia venuto qui con l’arroganza di cambiare la mia vita, di darmene una, a suo parere, migliore. >>. Abbandono la sigaretta nel posacenere, pigramente mi alzo dal divano e a piedi nudi mi posiziono a due centimetri dalla sua bocca.
 
 
Ha gli occhi più lancinanti, immensi, di un azzurro accecante, capaci di mille incantesimi oscuri, che abbia mai visto. L’universo intero, le stelle, la luna ed il sole, si muovono lì dentro. Sono smarrita in essi, spaventata a morte.
Perdo un briciolo dell’incrollabile sicurezza ed avverto un morso violento nel basso ventre, qualcosa di diverso dal solito, di tenebroso ed anomalo, che percorre lesto l’intero corpo e racchiude il cuore in una gabbia infuocata. Non è eccitazione, è qualcosa di più.
Mi fissa come nessuno ha mai fatto, al di là della situazione, delle parole superflue, i ruoli che ci calzano stretti, la realtà terribile. Non è il mio corpo che desidera e nel rendermi conto di ciò, intuisco che una piccola parte di me, brama lo stesso da lui.
Che mi piace come uomo, non ne ho mai fatto mistero, specialmente con me stessa. Parecchie delle mie fantasie erotiche sono rivolte a lui e alla sua professione… tipico di un alunna verso un giovane professore belloccio, che attrae.
Solo ora mi rendo conto che mi piace più del dovuto, forse anche troppo. Il tipo di interesse che non sfocia in un letto e un discreto orgasmo, ma con un cuore spezzato.
E non posso permettermelo, non è questo che voglio, sto scappando dall’amore da tutta una vita. Per la prima volta ho paura.
 
 
L’espressione muta al terribile battito del mio cuore, la bocca umida si schiude, le iridi di ghiaccio si incatenano alle mie e il riflesso di ciò che sta per fare si palesa in esse. Poggia delicato le mani sul mio viso febbricitante, la pelle calda sulla mia fredda scatena una reazione impensata: ho voglia di piangere.
Deglutisco e sono come una bambina inesperta, non è come con gli altri, lì c’è solo il corpo, qui avverto la mia anima approcciarsi alla sua.
 
 
<< Fermati! >>, sbotto terrorizzata, fregandomene altamente di dargli del “lei” e qualsiasi altra forma di cortesia. Tremando, mi sottraggo dal suo tocco, ma prima che possa mettermi in salvo, lui mi afferra un polso per impedirmi di ragionare lucidamente.
<< Io voglio solo… >>.
 
 
<< Cosa? >>, strepito, sbagliando a guardarlo di nuovo negli occhi. Sono un’arma che mi perforano come pugnali affilati e destabilizzano. << Cosa vuoi? Salvarmi? Portarmi sulla retta via? Farmi il terzo grado? >>.
 
 
Boccheggia, incapace di comporre una frase di senso compiuto e, benché sia un professore di lettere, adesso le parole non lo stanno aiutando.
<< Io voglio solo amarti. >>, svela disarmato, inabile a dire altro.
 
 
Sbarro le palpebre, paralizzata… non credevo fossimo giunti fino a questo punto. Ci siamo parlati spesso, questo è vero, in fondo è il mio professore, ma non abbastanza, però, da portare ad un simile risultato.
L’intera università gli muore dietro e lui è andato ad innamorarsi dell’unica ragazza che non può avere. Tipico… è un cliché talmente usato e riusato da essersi consumato per la banalità. Provo quasi pena, non per lui, per me.
Ho il cuore così in tumulto, da provare un dolore insopportabile.
 
 
<< Ma non è quello che voglio io! >>.
 
 
<< Perché? >>, domanda, ma suona più come una supplica, come un cane bastonato, che necessita di coccole. << Devo pagarti, è questo che vuoi? Sono solo i soldi ciò che vuoi? >>.
 
 
Con tutta la forza che dispongo, tiro via il polso dalla presa ferrea e lo spingo brutale sul petto. Indietreggia, malfermo sulle gambe e sbatte contro il tavolino, facendo cadere la cornice della foto dei miei genitori.
Sì, è vero, faccio sesso per soldi, ma non mi faccio dare danaro per donare anche il mio cuore.
 
 
<< Sei come tutti gli altri. >>, sputo schifata. << Vi basta mettere una mano al portafoglio e vi sentite Dio sceso in terra. Vieni qui, hai la presunzione di salvarmi e poi fai quello che hanno fatto tutti gli altri. >>.
 
 
Scuote la testa, quegli occhi parlano per lui, anzi gridano parole che non hanno voce, sono solo un mare di emozioni che rischiano di travolgermi. Mi contempla come qualcuno che guarda un tramonto per la prima volta, nella sua vita.
La rabbia vacilla, così come tutto il resto.
Non so cosa voglio da lui, nemmeno da me. Vorrei non aver mai aperto la porta, che non avesse mai saputo cosa faccio, che non mi avesse confessato di amarmi…
Ho desideri malsani che offuscano la ragione ed esaltano le passioni.
 
 
<< Non è per soldi. >>, ci tiene a specificare, con una voce dolce, calda, vellutata. Gesticola incontrollato e si avvicina nuovamente a me, superando i limiti massimi ed arrivando dritto al nucleo pulsante delle emozioni.
 
 
Scoppio in un’amara risata.
<< Ti rendi conto? Ammesso e non concesso, che io possa accettare questa assurdità… resti il mio professore e già circolano abbastanza voci su di me. Ti invischieresti in qualcosa più grande di te. >>. Gli scrupoli di coscienza parlano per me. Io sono ormai compromessa, poco importa della mia reputazione, ma intaccare la stima di un uomo che ha tanto faticato per guadagnarsi la sua posizione, non fa per me.
 
 
Non ha bisogno di pensarci oltremodo, ha già la soluzione pronta, studiata in precedenza.
<< Pochi esami e non sarai più una mia alunna. >>. È agguerrito, preparato ad ogni battaglia, non accetterà un semplice “no”, specialmente perché sa che non mi è del tutto indifferente.
 
 
 
<< Io non ti amo. >>, ammetto crudele e godo della mia spietatezza, quasi ne traggo piacere sessuale.
 
 
<< Non ho detto che sarebbe stato facile. >>.
 
 
<< Ed io dovrei cambiare per te? Perché? Dammi un motivo valido per farlo. >>.
 
 
Socchiude la bocca, il respiro regolare, lo sguardo si fa affilato, da rapace che ha individuato la preda sacrificale. Ha smesso di essere il mio professore di lettere, adesso è un uomo e, senza alcun preavviso, afferra il mio viso e preme le labbra umide sulle mie.
Non è un bacio, è come morire e rinascere al contempo, trovarsi in paradiso, ma al centro esatto dell’inferno, è come volare e precipitare, il caldo e il freddo, l’inverno e l’estate. Avverto il suo sapore invadermi, lo bacio con un trasporto di qualcuno che è stato a digiuno di baci da una vita, potrei prendere fuoco in qualsiasi momento.
Quando il contatto si spezza, capisco che non ne ho abbastanza, che non mi sono saziata, che ne voglio ancora, che ne ho bisogno e non voglio più usare il cervello per risolvere questa faccenda. Mi ha avvelenato il sangue e non ho intenzione di far finire questa giornata, senza che io possa dare sfogo alla cupidigia prorompente che ha soffiato dentro.
 
 
<< Per questo. >>, sbiascica con il fiato corto, gli occhi brillano di adrenalina e un sorriso di speranza gli distende la bocca gonfia di baci.
 
 
Lo schiaccio contro il muro, non gli lascio il tempo di riordinare i pensieri, lo bacio di nuovo, le mani scorrono voraci sul petto, afferro il cappotto e con un gesto secco lo strattono via dal corpo. Mi accovaccio su me stessa, brucio dall’impazienza, slaccio in fretta la cintura, in un gesto meccanico ripetuto all’infinito e, mentre sto per sbottonare i jeans, Lorenzo ferma le mani esperte.
 
 
<< No, non voglio questo. Non devi darmi piacere, come se fosse unicamente questo… io voglio fare l’amore con te. >>. “Amore” ha un suono diverso, intrinseco, denso di significati reconditi, sinceri, importanti. Non ha usato quella parola a casaccio, si è davvero innamorato di me. Non ci sarà spazio per squallide pratiche sessuali, ma per dolcezze e tutte quelle cose a cui non sono abituata a ricevere. Prende entrambe i miei avambracci, per farmi tornare viso contro viso. Passa delicato una mano sulle palpebre, il suo dopobarba aleggia tra di noi. << Chiudi gli occhi. >>, sussurra dolce e la voce bassa procura una sequela incredibile di brividi che si rincorrono per la schiena.
 
 
Obbedisco, mansueta, docile, per la prima volta faccio ciò che mi chiede un uomo.
<< Non devi farlo per me, ma perché è quello che vuoi tu. >>. Il respiro caldo lambisce la pelle sensibile, è la cosa più eccitante che abbia mai sperimentato e siamo ancora vestiti. << Lo vuoi davvero, Serena? >>. Mi stringe a sé, come se volesse tenermi solo per lui, come se intendesse difendermi dal mondo, che se cercasse di tenere incollati i pezzi che rischiano di cadere.
 
 
È come essere in una di quelle trasmissioni televisive di quiz a premi, quando il conduttore, sulla domanda cruciale, ti chiede se vuoi confermarla e tu resti lì, insicuro di te stesso, indeciso su come rispondere, perché sai che da questo dipende la tua vita e non mi riferisco ai soldi, stavolta, ma al mio cuore.
 
 
Apro gli occhi e lui sta ammirando ogni più piccolo tratto del mio viso, porta una ciocca ribelle dietro il mio orecchio e sorride come se avesse appena visto un angelo del paradiso, mentre io sono il peggiore dei demoni dell’inferno… e in quell’attimo capisco. Non è una vera e propria rivelazione, forse ne ero già al corrente da un po’ e mi serviva questo per prenderne coscienza: voglio quegli occhi tutti i giorni, al mattino, a darmi il buongiorno. E non da lontano, in università, quando mi seguono luminosi in aula, li desiderio qui, con me, in ogni angolo della mia vita, tra le mura, nel cielo, nella terra, tra le onde del mare, nelle gocce della pioggia, in estate, quando sto male. Sempre.
Non è amore, non lo so cosa sia, che nome dargli o dove catalogarlo, è qualcosa che c’è, che mi attanaglia al centro del petto, coinvolge l’anima, riscalda, brucia, ne sono terrorizzata e attratta al contempo, come una falena con il fuoco.
 
 
Uno sbuffo mi esce liberatorio dalla bocca, l’indice segue le fattezze del viso, il naso pronunciato, la bocca morbida, il sorriso sghembo, la leggera ricrescita di barba, poi la mano si apre a ventaglio sulla gota. Il cuore trema.  
<< Ti farò soffrire. >>, dichiaro e sto male, perché so che sarà così, sono così macchiata nel profondo che lui ne pagherà le conseguenze.
 
 
<< Va bene così, con tutto ciò che vuoi darmi, che sia sofferenza o felicità. >>. Nessuno è stato mai più sincero di lui in questo momento.
 
 
<< Ce ne sono centinaia là fuori che farebbero carte false, per averti. Perché proprio io? >>.
 
 
<< Perché ti amo… e sono io che farei carte false per averti, ma non voglio solo il tuo corpo, io voglio te. >>.
 
 
Deglutisco più volte, una mareggiata in tumulto mi porta alla deriva di acque che non conosco, di acque selvagge.
<< Come fai a sapere che mi ami? >>.
 
 
Inumidisce la labbra, cerca la mia mano e se la poggia sul torace, avverto il battito ritmato del cuore aumentare sotto lo strato di ossa, muscoli e pelle, direttamente a contatto con me.
<< Lui lo sa. L’ha capito nell’esatto momento che ti ho vista, quando sei arrivata in ritardo alla mia prima lezione. >>. Il sorriso si fa pieno, al ricordo di quella mattina. Avevo perso il bus e mi ero beccata un gelido acquazzone di inizio inverno. Rammento bene, perché nessuno ha mai destato il mio interesse in quel modo, non per sesso, non per soldi, semplicemente perché mi piaceva, senza secondi fini. Qualcosa di bello, nell’insofferenza dell’esistenza.
 
 
<< Sì. >>, rispondo ad un certo punto. << È questo che voglio. >>. È folle, rischioso, sarà doloroso, non ho la più pallida idea dove ci porterà questa storia, ma voglio percorrere la strada e voglio farlo con Lorenzo.
 
 
Mi bacia delicatamente è un tocco leggero, quasi impalpabile, riserva delle attenzioni a cui non sono abituata.
<< Non devi impressionarmi, okay? È solo amore, solo questo… non ci deve essere nient’altro. >>, mormora sulla mia bocca, che ha il suo sapore.
 
 
Cerco la stoffa del maglione e glielo sfilo dalla testa, scalcia via le scarpe, ma non smette un solo istante di fissarmi, come se da ciò ne dipendesse la sua vita. Sbottono la camicia, apro il tessuto morbido sul petto, strofino la rada peluria scura del torace, le mani scivolano attraverso il torso, raggiungono la cintura sfibbiata e continuo da dove mi ero fermata, stavolta non in un gesto meccanico, ma in qualcosa del tutto nuovo.
Slaccio il bottone dei jeans, abbasso la chiusura lampo e sulle caviglie finiscono insieme i calzoni e i boxer bianchi. Ancora un bacio, sono tanti, non riesco a farne a meno, poi è lui che mi spoglia, ma non solo dei vestiti, mi spoglia dalla paura, dal passato, dagli errori… mi spoglia l’anima.
La maglietta extralarge finisce a fare compagnia ai suoi indumenti, così come il suo corpo inizia a fare compagnia al mio.
Sono come assuefatta, dal sapore delle labbra, l’odore della pelle, il modo in cui mi tocca, la luce negli occhi mentre mi guarda, il sorriso che gli rischiara il volto e, intanto che sono distratta a baciarlo, di slancio mi prende in braccio. Non ha bisogno di direttive, l’appartamento è piccolo, trova subito la mia stanza e mi adagia sul letto sfatto, non l’ho ancora sistemato, in fondo non aspettavo nessuno oggi.
 
 
Non riesco a distogliere lo sguardo, Lorenzo avanza tenero, prigioniera volontaria, sotto di lui. Ho paura, come se fosse la prima volta, ho paura perché non è come tutti gli altri, ho paura perché so che è diverso, che lui è diverso e che, dopo oggi, anche io sarò diversa.
Traccia una scia di baci, toccando le mete dove sono più sensibile, perdura a stuzzicare con la lingua il seno e reagisco al passaggio della lingua abile.
 
 
<< Sei bellissima, Serena… come il dipinto della “Venere di Urbino”. >>, dice, nel goffo tentativo di fare un complimento, mettendoci dentro la deformazione professionale che non riesce a scrollarsi di dosso. È di una tenerezza che stringe il cuore.
 
 
Il suo piacere cresce tra le mie gambe e prima che possa chiedermelo, indico il comodino accanto al letto.
<< Primo cassetto. >>.
 
 
Si allontana solo per recuperare il preservativo, strappa la bustina e lo indossa, tornando nuovamente da me.
 
 
Accarezzo il mento ruvido, l’incantesimo che risiede nelle iridi di ghiaccio, mi avviluppa totalmente e non sono in grado di farne a meno.
<< Potrei innamorarmi di te… >>, ammetto e stavolta non ho paura a dare voce ai miei pensieri. << Te ne andrai, dopo? >>.
 
 
<< Io resto tutta la vita, se tu me lo permetti. >>. Non c’è ombra di menzogna, non è capace di mentire su ciò che prova.
 
 
<< Resta con me, adesso. >>.
 
 
<< Resto con te, adesso. >>, aggiunge e prima che possa rispondergli, lo avverto farsi spazio dentro di me. La luce del giorno gli scolpisce gli zigomi forti, risalta il cielo che si dibatte nelle iridi, lo trasforma in una figura eterea, partorita dalla fervida immaginazione di una persona sola. Però lui è reale, più che reale, è qui, nel mio letto, a fare l’amore con me.
E se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, la sua, di anima, è un arcobaleno impetuoso. È tutto così bello, perfetto, che mancano le parole per descriverlo, non ci sono imbarazzi, errori, è come se conoscesse il mio corpo, come se l’avesse amato altre volte, non ha bisogno di direttive, sa perfettamente cosa fare e come farlo.
Per un tempo che fluisce via, c’è il suo respiro che cresce, assieme al desiderio e, se è stato dolce fino a quel momento, il bisogno di giungere al culmine diventa incontrollato e, assieme al mio orgasmo, giunge il suo. La realtà diventa solo un flusso temporale che non esiste, ci siamo ritagliati uno squarcio di paradiso, dove nulla ha senso, tranne noi due.
 
 
Poco più tardi, avvolti tra le lenzuola che sanno del piacere dei nostri corpi, mi tiene abbracciata a sé e il viso affonda tra i miei capelli.
<< E se sarà per sempre? >>, suppongo, non ho ancora capito cosa voglio da lui o cosa ci lega, ma, qualsiasi cosa sia, se riesce a placare la tempesta nel cuore, allora non voglio che finisca.
 
 
<< Guarderemo l’ultimo tramonto del mondo, insieme. >>.
 
 
<< E se nel buio mi perderò? >>.
 
 
<< Ruberò la luna, per rischiarare la notte e ritrovarti nelle tenebre. >>.
 
 
Sbadiglio, ho gli arti intorpiditi, fluttuo su una nuvola, al di là dello spazio e del tempo. Non sono felice, ma, alla fine, credo che sia questa la felicità, stare abbracciati a qualcuno in grado di cancellare gli errori, di volerti nonostante tutto, in grado d’amarti, benché non credo di meritarlo affatto.
 
 
<< Sarai ancora qui, quando mi sveglierò. >>. Mi abbarbico meglio al suo petto, le sue braccia mi avvolgono e sono al sicuro.
 
 
Batte le palpebre, un sorriso sghembo nasce sulla bocca.
<< Quando ti sveglierai e per ogni giorno della tua vita, Serena. Sempre… per sempre. >>.       










Note: 
Salve a tutti quelli che sono giunti fino alla fine, senza annoiarsi terribilmente. 

In realtà questa doveva essere una storia erotica, di quelle proprio sboccate e piena di descrizioni minuziose. All'inizio ero partita con il piede giusto, invece, alla fine, mi sono fatta prendere dalla tenerezza, ahimé! 
Devo essere terribilmente fuori forma nello scrivere i testi erotici, magari mi rifaccio la prossima volta. 

Bando alle ciance, l'ho scritta nel giro di un'ora, dopo una settimana di vacanze, sono tornata oggi e sono stanca, ma dovevo scrivere. 

La parte dove Lorenzo dice "Sei bella come la Venere di Urbino", è un complimento che ho ricevuto davvero, però no, non sono bella come il dipinto. Diciamo che inserirlo nel testo, è il mio modo per ringraziare la persona che me l'ha fatto. 

Grazie a chiunque leggerà e commenterà. 

La storia può presentare errori ortografici. 

Un abbraccio. 
DarkYuna. 

  
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