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Autore: Lady R Of Rage    08/05/2017    1 recensioni
Una folla inferocita assale i cancelli del palazzo reale.
Un sovrano decaduto fugge da una porta di servizio, a volto coperto come un latitante.
È bellissimo, ma non importa più a nessuno.
E ha un appuntamento importante nel luogo dove tutto ha avuto inizio.
[King Mettaton Neutral Ending | TW: Suicidio | Dedicata a Mozaik, per avermi sopportata]
Genere: Angst, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mettaton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Ottimi Consigli


Sii buono, mi ero detto. Sii altruista, pensa agli altri, non pensare solo a te. Sempre le stesse parole, che prima di oggi non hanno mai significato nulla. 
I rivoltosi dilagano nel cortile del palazzo come un branco di insetti inferociti. Da quassù riconosco molti dei loro visi. La coniglia che impugna un forcone è venuta ad almeno cinque miei concerti. L’elementale di fuoco armato d’ascia ha risieduto al MTT Resort per mesi. E quelle due ragazze… avevano un negozietto nel vicolo accanto. Amavano i Glamburger.
Il cancello è abbattuto. Hanno usato armi bianche o magia? Non mi importa. Devo scappare.
Mi volto verso la porta, gettandomi il mantello dietro la schiena in modo che si allarghi alle mie spalle. È una mia abitudine. Effetto drammatico, lo chiamavo. 
Raccolgo la corona da uno dei comodini e me la calco sulla testa. Un re non esce mai senza la sua corona, nemmeno durante una rivolta. 
I miei agenti, Sans e Papyrus, mi attendono in corridoio. Indossano le solite uniformi fucsia, con camice nere e cravatte rosa coordinate. Che classe. Ho proprio un talento per il fashion design.
-Mi congedo da voi, cari amici.- pronuncio in tono solenne. Ci vorrà molto prima che i mostri sfondino anche il portone. Per allora dovrò essere via. 
Papyrus annuisce, Sans mi guarda negli occhi. Ha un’espressione strana. Il suo occhio destro brilla di luce azzurra. Mi fa paura. 
-Li copriamo noi, vostra maestà.-
Alzo un dito.
-Non serve.-

La porta di servizio si apre dopo cinque calci. Non sono più preciso ed elegante come quando cantavo e ballavo. Governare è statico. Il movimento è fra le mille cose a cui mi sono disabituato.
Sollevo il cappuccio del mantello e lo calo sul mio volto, sopra la corona. 
Non so quanto impiego a fuggire via. Non so chi devo ringraziare per il miracolo di non essere visto da nessuno. In questo momento tutto il Sottosuolo - o meglio, il Sottosuolo che rimane dopo che io lo ho decimato - sta prendendo d’assalto il palazzo. Spero che i miei agenti stiano bene. Sans è forte, se la caverà e salverà anche suo fratello. 
Vorrei essere forte anche io.
Mentre procedo lungo i vicoli di New Home, a volto coperto come un criminale in fuga, inizio a canticchiare. Cantare mi ha sempre fatto coraggio, e mai ho avuta tanta paura. 
Ma questa non è uno dei miei vecchi successi. Viene da un film degli umani. Uno dei pochi non-anime che piacevano tanto ad Alphys. Ricordo che quando la guardavamo assieme sentivo sempre un metaforico nodo in gola. Solo ora capisco perché.
Io mi so dar ottimi consigli, ma poi seguirli mai non so. E per questo nei pasticci spesso sto.

Le Cascate. Come sono vuote, le Cascate. Ricordo che un tempo abitavo qui. Avevo dei cugini, vivevamo assieme in armonia in una casetta qui accanto. 
Sono tentato di andare a visitarla, ma lascio perdere. Quella non è casa mia. Appartiene a Happstablook, non a Mettaton. Non si entra in casa d’altri, non sta bene.
Qui non abita più nessuno. Mia cugina Mad è morta in una pozza qua vicino, probabilmente uccisa dalla stessa bambina che ha portato via Undyne. E Bl… Napstablook… sono mesi che non lo vedo. Probabilmente ha pianto fino a sciogliersi. Ad alcuni fantasmi succede. 
Anziché andare verso le casette mi incammino verso il basso. Sopra di me ci sono le case dei fantasmi e quella di Undyne, ormai defunte come i loro occupanti. Alla mia sinistra la strada che conduce a palazzo. Alla mia destra un vuoto sproporzionatamente largo, dove un tempo albergava un anatroccolo. E di fronte a me il regno di Alphys: la discarica. 
Riconosco molti degli oggetti presenti. Un thermos arancione, dove forse c’è ancora del cibo. Una bicicletta con una ruota sola. E dei batuffoli di cotone. Mad, cugina mia cara… spero non abbia fatto male. 
L’acqua lambisce i miei stivali, imbrattandone il rosa perfetto. 
Ho paura. 

Abbasso il cappuccio del mantello e rimiro la corona nelle mie mani guantate. Sicuramente stava meglio ad Asgore che a me. La scaravento nella pozza disgustato.
Subito dopo mi sfilo dal collo il medaglione. È d’oro massiccio, con incastonati dei cristalli che formano il simbolo del Delta Rune. Ha un valore inestimabile.
Scaglio anche quello nell’acqua, guardandolo mentre affonda. Lo vedo sparire sotto la superficie. Chissà quando toccherà il fondo.
-Io, il fondo, l’ho già toccato da un pezzo.-.
Rido della mia battuta. Sono un grande umorista, non trovate? Una star tutta da amare. 
Poi mi sfilo il mantello. Fucsia, lungo un palmo in più di me. Senza mi sento così nudo, come se avessi freddo. Un robot non può avere freddo, no? In ogni caso dovrei coprirmi. Se mi busco un virus cosa dirà Alphys? 
Ma no, che sciocco che sono. Certo che non si arrabbierà. Mi dirà che era preoccupata, che le dispiace, che dovrei riguardarmi, e che per qualunque cosa è pronta a darmi una mano.
Che dolce che è, Alphys. 
Dovrei farle visita una volta ogni tanto. 

Ho imboccato il mio cammino, senza alcuna riflessione. Senza pensar che tutto si paga un dì, così.
Mi accorgo che sto piangendo nel mantello, in ginocchio in mezzo ai rifiuti. In altri tempi sarei stato disgustato, ma non oggi. Oggi mi sento quasi a casa in mezzo ai rifiuti. Come faceva Alphys prima di andar via.
Getto anche il mantello nell’immondizia. Stavolta galleggia, si allarga sulla superficie come una macchia d’olio. Mi tolgo anche la corazza, e gli stivali, e i leggings, e i guanti. Il mio corpo nudo e tremante si riflette sulla superficie dell’acqua come il volto di un cadavere appena affiorato. 
Così bello.  
Le mie mani artigliate si stringono attorno ai miei finti capelli neri, strappando in un sol colpo le cerniere che li ancorano alla calotta del cranio. Via, anche quelli nella spazzatura. 
Il mio capo nudo è lucido e perfettamente liscio. Sembro un malato, non una star. Il me stesso di qualche mese prima mi avrebbe colpito in testa con lo scettro, ridendo di gusto. 
Me lo meriterei. 

La mano destra scorre lungo il fianco. L’unico ornamento che non mi sono sfilato è la cintura di borchie d’oro, dalla quale pende il fodero di un coltello dal manico cesellato. 
Slaccio la fibbia, e sfilo il coltello con la destra. Affilavo la sua lama tutti i giorni. È così affilata che potresti tagliarci un albero. 
Sospiro. Getto la cintura in acqua con tutto il resto. 
I miei occhi lacrimanti si riflettono sulla lama lucidissima del coltello. Mi sono occupato sempre da solo della sua pulitura. Com’è splendente, quasi dispiace doverla sporcare.
Io mi so dar ottimi consigli, ma poi seguirli mai non so.

Sto tornando, Alphys.
Le mie lacrime si mischiano alle acque scure mentre il coltello recide i legamenti d’acciaio, profondamente. Fa talmente male che non riesco a gridare. Le lacrime mi acciecano. Ma non mi fermo. Il coltello scava tutto il braccio, slacciando gli anelli che lo compongono. L’olio nero schizza sul pelo dell’acqua e la intorbida tutta. Mi va bene. Sarà una tomba più raccolta. 
Getto il pugnale nella pozza assieme a tutto il resto.

Sii buono, mi ero detto. Sii altruista, pensa agli altri, non pensare solo a te. Se solo avessi ascoltato i miei ottimi consigli, forse meriterei di vivere ancora. 
Scivolo sotto il pelo dell’acqua, a peso morto. Gli occhi mi si stanno chiudendo. Sono stanco. Ho voglia di dormire. Sì, dormire… nel mio letto, nella mia casa qua vicino, nella mia stanzetta rosa, con i poster e i diari e la televisione e Blooky… non voglio dormire qui. Il fondo della cascata è così buio, ed è pieno di rifiuti che mi impediscono di stare comodo. Non vedo niente. Sono solo. Voglio che qualcuno mi rimbocchi le coperte, mi dica che andrà tutto bene, che tutti mi amano, mi adorano, sono l’idolo che tutti bramano, come faranno senza di me?
Dormi, ripeto a me stesso, dormi.
I miei singhiozzi scuotono il pelo dell’acqua.
ATTENZIONE. LIVELLI DI OLIO SOTTO LA NORMA. ATTENZIONE. LIVELLI DI OLIO SOTTO LA NORMA. ATTENZIONE.
Dormi…
Mi accuccio sul fondale, tra l’angolo di un forno e quello di una lavatrice, stringendomi con il braccio ancora sano. 
E delle parole scivolano via dalle mie labbra, deboli come me, mentre i miei occhi si chiudono del tutto. 
Chissà quando la lezione imparerò.

  
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