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Autore: AidenGKHolmes    08/05/2017    5 recensioni
Fissando amareggiata il suo riflesso che si specchiava sull'acqua, Marinette ascoltava silenziosa il rumore delle sue lacrime che andavano ad impattare contro di essa dopo averle rigato le gote. Non avrebbe voluto piangere, ma se il suo corpo non poteva davvero fare a meno, beh, quantomeno preferiva evitare di singhiozzare.
“E’ tutta colpa mia” Sussurrò a se stessa, deglutendo per cercare di sciogliere il nodo alla gola.
Prima o poi si sarebbe stancato di lei. Aveva già più di un motivo per lasciarla, ma presto a queste ragioni se ne sarebbero aggiunte altre e allora niente e nessuno avrebbe mai potuto salvare la loro relazione.
[Adrinette, 8061 parole]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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UN CHAT DANS L'EAU


 
Adrien Agreste adorava essere indipendente. Dopo aver passato tanti anni rinchiuso tra le quattro mura della villa di suo padre, il liceo sembrava rappresentare la massima espressione di libertà. E così era stato, almeno fino al periodo immediatamente successivo alla fine della scuola. La vera autonomia cominciò solo allora, nel momento in cui venne ingaggiato per la prima volta in assoluto per un concerto al Palais Garnier di Parigi.
Con la tanto agognata libertà però cominciò anche a far capolino il senso di tensione e di stress: era una grande occasione per mostrare al grande pubblico le sue indubbie doti col pianoforte e ricevere una visibilità estremamente fuori dal comune per un semplice diciannovenne come lui. Gli esercizi e le prove divennero pressoché giornalieri e cominciarono anche ad occupare nottate intere. Il tempo trascorreva con una lentezza sempre più disarmante e il suo corpo, messo a dura prova, era aiutato solo dalle enormi caraffe di caffè necessarie per evitare colpi di sonno improvvisi, la minaccia più grande e letale per ogni aspirante musicista prossimo alla sua primissima esibizione.

L’unico sostegno che sembrava ricevere in quelle concitate settimane proveniva solo ed esclusivamente da Marinette. Solo lei era riuscita ad impedire un crollo definitivo del ragazzo, grazie alla sua costante presenza e al suo incoraggiamento. Il suo aiuto era stato importante, certo, ma non sufficiente. Tutto dipendeva dalle abilità, dalla volontà e soprattutto dalla dedizione del figlio del signor Agreste. Lei non poteva fare altro che stargli vicino e prepararsi a festeggiare con lui in caso di successo o a consolarlo nell’improbabile eventualità di un fallimento.

Il sogno liceale di Marinette aveva lentamente cominciato a prendere forma fino a concretizzarsi, ma non nel modo da lei desiderato. Col passare degli anni, entrambi si erano accorti del fatto che il loro rapporto non potesse più limitarsi alla semplice amicizia, specialmente dopo che Adrien ebbe perso interesse nei confronti della misteriosa Ladybug. Una relazione basata sull’anonimato e sul costante rischio di mettere allo scoperto la propria reale identità? No, non si poteva fare. Sarebbe risultato troppo frustrante ed ingestibile, oltre che pericoloso.

Quello nei confronti di Marinette ad ogni modo non fu un colpo di fulmine improvviso; molte erano state le ore da lui trascorse sdraiato sul letto, fissando il soffitto e domandandosi se i suoi sentimenti fossero reali e non dettati da un desiderio inconscio di riempire i vuoti che la sua anima poteva ancora tristemente vantare.   
E più ci rifletteva più sembrava convincersene: non la vedeva solo come amica. Non più, almeno.

Eppure la loro relazione sembrava essere bloccata da fin troppo tempo ad una sorta di impasse: i due non si comportavano come una coppia ed entrambi sembravano esserne ben consapevoli. Nonostante il ragazzo si fosse finalmente deciso a dichiararsi dopo innumerevoli riflessioni, ad una prima occhiata sarebbero risultati come nient’altro che buoni amici, come se nulla fosse realmente cambiato tra di loro.

Adrien aveva preso una decisione difficile che, sebbene avesse avuto un esito felice ed avesse realizzato il più grande desiderio di Marinette, sembrava rappresentare nient’altro che un punto di partenza dal quale nessuno dei due era capace di muoversi, come se entrambi fossero spaventati di addentrarsi in un mondo totalmente nuovo e sconosciuto.
All’iniziale felicità di Marinette si era presto sovrapposta la frustrazione di non riuscire a trovare il coraggio di compiere il passo successivo. In fondo lui aveva avuto il coraggio di rivelare i suoi sentimenti, obiettivo che lei non era mai riuscita a raggiungere per anni interi e lei in cambio che cosa poteva offrirgli? Non avevano mai osato nulla di quello che per una coppia di fidanzati della loro età avrebbe dovuto essere la prassi. Nemmeno il più insignificante bacio era ancora stato scambiato dai due e non poteva certo aspettarsi che facesse tutto lui, specialmente considerando il periodo colmo di stress che stava vivendo.

C’era stata un’occasione in particolare, tuttavia, che marcò in maniera indelebile l’inizio della fine, o un nuovo inizio, a seconda dei punti di vista. In quella tiepida serata di marzo, Parigi sembrava essersi appena svegliata dal freddo inverno in cui era rimasta assopita per mesi. Quella sera le sole parole non sembravano sufficienti per tranquillizzare il suo ragazzo dai capelli biondi, in quel momento visibilmente provato e con due grandi occhiaie nere sul viso, uno spiacevole ricordo delle ultime due nottate trascorse cercando di perfezionare la sua tecnica d’esecuzione ed abituare l’orecchio a cogliere anche il minimo ed insignificante errore.

Marinette, dall’altra parte del monitor, riusciva a leggere la stanchezza negli occhi verdi di Adrien e non sapeva come aiutarlo. Qualunque sua parola sembrava dissolversi nell’aria, come se improvvisamente non fosse più capace di strappargli il benché minimo sorriso. E questo ebbe il prevedibile effetto di scatenare in lei una serie di paranoie e preoccupazioni. La loro relazione stava già avvicinandosi alla fine? Aveva perso la sua capacità di farlo star meglio? Oppure semplicemente si era stancato di lei e della sua presunta inettitudine?
Con la testa appoggiata sul braccio, si era letteralmente addormentato sulla scrivania, tanta era la stanchezza da lui accumulata in quei giorni.

La giovane allungò una mano, sfiorando la porzione di pixel dello schermo su cui erano proiettati i suoi capelli dorati, desiderando più di ogni altra cosa di poterli accarezzare, ma nulla: era un lusso che il fato non sembrava intenzionato a concederle. In quel momento ebbe un’idea per ridestarlo, anche solo per spedirlo a letto ed evitare che passasse tutta la serata a dormire sulla scrivania.
Digitando il numero di Adrien, fece squillare il suo cellulare per un paio di secondi ma la reazione del suo proprietario non fu esattamente quella prevista: la suoneria infatti partì a tutto volume, facendolo sobbalzare con un gridolino spaventato. Solo grazie ai suoi riflessi da gatto era riuscito a non volare al suolo dallo spavento provocato da quel risveglio inaspettato.

Adrien ci mise qualche istante a capire cosa stesse accadendo e da dove provenisse quel suono che gli aveva quasi fracassato i timpani. Fu anche più rapido a silenziare il cellulare, per poi leggere il nome sul display e spostare lo sguardo su Marinette, che dall’altra parte dello schermo nascondeva un risolino divertito con la mano.

“Dovevi proprio svegliarmi così?!” Domandò in un tono scherzoso ed impaurito allo stesso tempo, stropicciandosi gli occhi e borbottando qualche parola incomprensibile, prima di esibirsi in un vistoso sbadiglio.

“Direi proprio di sì. Fosse stato per te avresti dormito sulla scrivania” Rispose tranquillamente Marinette, spostando il cursore del pc sul naso di Adrien “Vai a dormire, dai… non ti reggi in piedi. Almeno eviti di far tardi domani. Ricordati, i miei partono verso le nove del mattino, quindi verso le nove e mezzo è perfetto, almeno evitiamo di farti provare la giacca tra mio padre che ci offre i macarons e mia madre che ci riempie di croissants”

Un secondo sbadiglio funse da risposta alle parole di Marinette, che alle orecchie di Adrien apparivano ovattate e confuse. Dopo essersi alzato in piedi, borbottò confusamente “Va bene… nove, nove e mezzo, sarò puntuale come un orologio svizzero, fidati”, unendo le parole ad un verso sonnolento nel momento in cui si stiracchiò.

Da parte sua, Marinette si limitò a fissarlo con un sopracciglio alzato, per nulla sicura del fatto che in quelle condizioni fosse in grado di ricordarsi persino cose banali come un orario, ma voleva dargli fiducia. La sua espressione vagamente accigliata, tuttavia, si trasformò ben presto in un sorriso. Se c’era una sua qualità che amava, era proprio quella di saperla sorprendere nei modi più inaspettati e di ciò aveva già avuto una prova che non avrebbe mai dimenticato.

“Ci conto. Ed ora fila a letto, prima che mi arrabbi” Disse in tono affettuoso, ricevendo un paio di risatine sonnolente come risposta.

“A domani, madame” La salutò il biondo con un vago sorriso, prima di cliccare sulla cornetta rossa, ponendo fine alla chiamata. A quel punto Marinette si abbandonò contro lo schienale della poltrona.

“E speriamo di non fare figuracce” Sospirò, per poi essere intercettata da Tikki, che aveva udito ogni singola parola.

“Oh, andiamo, non è certo la prima volta che viene a casa tua” La incoraggiò la piccola kwami con la sua tipica, dolce vocina.
Marinette spostò lo sguardo su di lei, mormorando “Sì, ma ti ricordi com’è andata l’ultima volta?”

La giovane ricordava bene il momento in cui sua madre, quasi un mese prima, aveva fatto irruzione in camera sua senza alcun preavviso, ansiosa di sapere se potesse portar loro qualcosa dalla panetteria sotto casa. Quella era stata l’unica volta in cui vi era stato l’unico vero tentativo di Marinette di comportarsi da ragazza fidanzata ma dopo quell’interruzione aveva rinunciato ad ogni ulteriore tentativo. Da quel giorno oltretutto non aveva più avuto altre possibilità, anche se questo non fu davvero colpa sua. Al contrario, si trattò di una semplice serie di coincidenze non propriamente fortunate che le avevano precluso un’eventuale seconda possibilità.

“Marinette…” Pigolò Tikki, coi suoi occhi bluastri fissi sulla sua proprietaria. La ragazza però si limitò a tagliare corto, infilandosi sotto le coperte. Voleva solo tentare di tranquillizzarla e lo sapeva bene, ma in quel momento il miglior aiuto che poteva offrirle era lasciarla sola coi suoi pensieri. Furono proprio questi ultimi che lentamente condussero Marinette in un sonno profondo e senza sogni.

Tikki non aveva insistito più di tanto: la conosceva da molti anni e sapeva bene che, in quei casi, lasciarle i suoi spazi era di vitale importanza ed essendo dotata di un senso di empatia raro, per non dire unico, rispettava sempre le sue volontà. Rannicchiandosi contro il corpo di Marinette per farsi cedere un po’ del suo calore corporeo, tentò a sua volta di addormentarsi, riuscendo nell’impresa nel giro di qualche manciata di minuti.   


“Mi stai ascoltando, Marinette?” Chiese una voce profonda che ridestò improvvisamente la ragazza da quello stato quasi catatonico in cui si era suo malgrado ritrovata, squarciando il velo di pensieri nella sua testa.
“Uh? Oh si certo, papà!” Rispose prontamente ridacchiando e portandosi una mano dietro la testa. Suo padre le lanciò un’occhiata interrogativa, quasi come se fosse desideroso di domandarle il motivo di una simile aria pensosa, ma d’altro canto sapeva bene come fosse fatta sua figlia: avrebbe bellamente glissato la domanda parlando d’altro, per cui non indagò oltre e si limitò a scuotere la testa con fare bonario.
“E non combinare disastri in nostra assenza” Concluse infine, schioccandole un bacio sulla fronte, finendo di caricare gli ultimi bagagli nel baule dell’auto.  
“Disastri? Io? Marinette Dupain-Cheng che combina disastri? Ma quando mai!” Rispose la giovane, rigirandosi le chiavi del negozio tra le dita, ben conscia di quanto in realtà il suo nome fosse un sinonimo di “calamità naturali e cataclismi assortiti”.
“Ceeeerto” Rise sua madre, che fino a quel momento se n’era rimasta in disparte, ascoltando tutta la conversazione con un sorrisetto divertito stampato in viso “Nel caso in cui una sera volessi ordinare qualcosa d’asporto, ti ho lasciato qualche soldo dietro il bancone. E non dar fuoco a nulla” Scherzò subito dopo, abbracciandola a sua volta. Da parte sua, Marinette ricambiò quell’affettuosa stretta, sebbene in quel momento fosse ancora parzialmente distratta dai dubbi che sembravano rifiutarsi di sloggiare dalla sua mente.

Quella mattina sembrava esserci poca gente in giro, nonostante l’ora. Generalmente alle nove del mattino il viavai di persone e veicoli era ben più consistente, invece la città sembrava ancora assopita, eccezion fatta per qualche rado passante.

“Ti chiamiamo appena arriviamo!” Disse infine il padre, prima di salutarla con un cenno della mano. La ragazza si limitò a sorridere in risposta, facendo un cenno di assenso con la testa, rimanendo per qualche istante a fissare l’auto dei suoi genitori che si allontanava sempre di più lungo il boulevard, fino a divenire un puntino indistinguibile in lontananza.

Una volta perso il contatto visivo, Marinette si voltò, rientrando nel negozio e chiudendosi la porta alle spalle, sistemando il cartello che indicava la chiusura della panetteria dei suoi genitori. Un po’ le dispiaceva, in fondo: i clienti abituali sarebbero rimasti per qualche giorno senza pane o altri prodotti di pasticceria, ma in fondo anche suo padre e sua madre meritavano di staccare la spina per una seppur breve vacanza.
Mangiucchiando un croissant presa poco prima, Marinette controllò l’ora sul suo cellulare.

“Le nove e tre… direi che ho tutto il tempo del mondo” Mormorò, ingoiando un boccone ed assaporando il sapore zuccheroso della crema pasticcera, per poi risalire pigramente la scala che conduceva alla sua stanza.

Tikki, come da programma, l’aveva pazientemente aspettata in camera, nascosta tra i libri appoggiati sulla sua scrivania e in quel momento era intenta ad osservare con particolare interesse un tomo trattante l’architettura veneziana del XVI secolo.

“Ma com’è possibile che qualcuno abbia creato edifici così complessi?” Chiese il kwami color rosso, vedendo rientrare la ragazza in camera.

“Studiando, ecco come” Sospirò ripensando all’ormai imminente esame di architettura che fino a quel momento era riuscita a rimuovere dalla sua testa.

“Oh. E anche tu riuscirai a costruire qualcosa di simile, quindi?” Domandò lei innocentemente, guardandola dritta negli occhi. Non vi fu alcuna risposta da parte della ragazza, che preferì deviare il discorso su quanto aveva intenzione di dirle.

“Dunque, sono le nove e qualcosa. Adrien dovrebbe arrivare tra una mezz’oretta, minuto più minuto meno. Verso le nove e venti devi trovare un posticino dove nasconderti, l’ultima cosa che voglio, in questa situazione già incasinata di per sé, è spiegare il perché abbia un kwami in giro per casa” Disse sfoggiando un sorriso leggermente forzato, carezzando la testolina di Tikki che subito annuì vigorosamente.

“Non preoccuparti! Ci sono talmente tanti posti dove nascondersi. E’ impossibile che riesca a trovarmi” La rassicurò, lanciando qualche occhiata attorno a sé, alla ricerca di un rifugio sicuro in cui insinuarsi di lì a poco.

“Meglio che vada a lavarmi allora, tu ricordati di tenere d’occhio l’ora” Le rammentò gentilmente per l’ultima volta, entrando in bagno. La vasca era fortunatamente già stata riempita in anticipo prima della partenza dei genitori di Marinette e le bolle create dal bagnoschiuma danzavano leggiadre sul pelo dell’acqua. Un piacevole odore di vaniglia permeava tutto l’ambiente e in un attimo stuzzicò le narici della ragazza.

La temperatura dell’acqua, che venne sfiorata con un paio di dita, risultò perfetta, contro ogni previsione della giovane: non erano poche le volte in cui si era ritrovata con un piede scottato al momento dell’immersione.

Ben presto la maglietta bianca indossata da Marinette andò a finire in lavatrice. A lei si aggiunsero subito dopo anche i pantaloni celesti e l’intimo della ragazza. Erano quasi quattro giorni che indossava lo stesso pigiama, ragion per cui un viaggio in lavatrice era più che obbligatorio. Una volta conclusa quell’operazione iniziale fu finalmente libera di dedicarsi solo ed esclusivamente a se stessa.

I suoi capelli neri, illuminati da alcuni riflessi bluastri, le scorrevano liberi lungo le spalle e le loro punte si inzupparono immediatamente nel momento in cui Marinette si immerse nell’acqua, non prima di aver appoggiato il cellulare ai piedi della vasca. Il tepore ebbe lo stupefacente effetto di rilassare all’istante ogni fibra muscolare della giovane, che si lasciò sprofondare lungo il fondo smaltato della vasca con un sospiro di beatitudine. Il calore fece il resto, lavando via ogni preoccupazione della giovane, anche se per pochi minuti. Attorno a lei regnava il silenzio che sembrava divenire sempre più intenso ad ogni secondo che passava.

In quel momento sembrava esistere solo lei: la sua mente era finalmente stata svuotata da ogni pensiero e poteva finalmente godersi un po’ di meritato sollievo da tutto e da tutti.
Quella sensazione di rilassatezza si trasformò ben presto in un vero e proprio torpore che lentamente la condusse ad un sonno improvviso nel quale sprofondò, scivolando a poco a poco in acqua sino all’altezza delle orecchie. Non era esattamente il posto migliore dove schiacciare un pisolino, né tantomeno il più sicuro, ma non fu lei a sceglierlo, bensì il suo corpo.

L’unico desiderio fisso nella sua mente in quel momento era quello di rimanere per sempre confinata in quella specie di Nirvana personale appena raggiunto.

Non poteva nemmeno lontanamente immaginare quanto sarebbe successo di lì a poco.


Per spezzare quella sorta di incantesimo che pareva aver congelato il tempo attorno a Marinette fu sufficiente un semplice, banalissimo suono che in altre situazioni non avrebbe mai e poi mai scatenato una reazione come quella che ebbe la ragazza, in quella mattinata primaverile.

Inizialmente quasi non si accorse del rumore delle nocche che timidamente erano andate a picchiettare contro la porta di legno che divideva le due stanze. Pensò di essersi immaginata tutto, poteva trattarsi di qualche rumore di fondo proveniente dalla strada. Tuttavia a questo primo suono fece seguito una voce che ebbe l’incredibile potere di terrorizzare a morte Marinette, sicura del fatto che in quel momento il suo cuore avesse mancato un battito.

“Ehi? Marinette, sei lì dentro?” Domandò la voce di Adrien, evidentemente di fronte alla porta del bagno. Del SUO bagno!

“Ma porc…” Esclamò la ragazza, dimenandosi nell’acqua a causa dello spavento nel tentativo di rimettersi a sedere all’interno della vasca.

Che diamine ci faceva là?!

Afferrando il cellulare in tutta fretta, piegandosi oltre il bordo, Marinette controllò l’ora: le nove e ventuno. Aveva deciso di essere pianificatrice e precisa per la prima volta dopo tanto tempo e puntualmente il destino si faceva beffe di lei facendo arrivare Adrien con dieci minuti d’anticipo.

“Oh cavolo, oh cavolo. E ora cosa faccio?!” Borbottò tra sé e sé la ragazza, visibilmente in preda al panico. I suoi occhi color zaffiro esplorarono rapidamente la stanza ma l’effetto di tale azione fu solo quello di confermare il terribile sospetto di Marinette: non si era portata i vestiti di ricambio, com’era abituata a fare.
Generalmente dopo essersi lavata tendeva a cambiarsi in camera, ovviamente non prima di aver fatto chiudere gli occhi a Tikki: nonostante fosse un kwami era sicura del fatto che anche loro avessero il senso del pudore e preferiva evitare di scandalizzarla.

In quel momento la sua mente si attivò e provò ad elaborare alcune soluzioni per uscire da quella situazione imbarazzante, ma vennero scartate una dopo l’altra: chiedere ad Adrien di passarle qualcosa dall’armadio sarebbe stato troppo rischioso; se Tikki fosse stata nascosta là dentro, i due si sarebbero ritrovati faccia a faccia in men che non si dica. Tuttavia non poteva nemmeno chiedergli di andar via: una richiesta simile, alle orecchie di Marinette, suonava come una scortesia e avrebbe potuto anche offendere il suo ragazzo. Anche la possibilità di rimettersi il pigiama era esclusa e in quel momento rimpianse di non aver buttato alla rinfusa i suoi abiti notturni sul pavimento come faceva di solito.

Non rimaneva che una soluzione.

“Marinette? Tutto bene?” Incalzò nuovamente Adrien, che nel frattempo si era impensierito nell’udire quei rumori provenire dall’interno della stanza. La sua mente venne sfiorata anche dal pensiero che potesse essersi ferita, ma fortunatamente tale sospetto venne annichilito dopo aver udito la risposta della sua ragazza.

“Sì, sono qui. Mi stavo… stavo solo facendo un bagno, ecco. Nulla di speciale” Rispose lei, usando un tono leggermente più alto del normale in modo da farsi udire distintamente. Subito dopo aver risposto ciò, uscì velocemente dalla vasca, afferrando l’accappatoio appeso poco distante per poi indossarlo in tutta fretta, cercando di asciugare alla bell’e meglio ogni centimetro del suo corpo. Il morbido tessuto lilla si inumidì nel giro di pochi istanti, ma quantomeno il grosso dell’acqua venne rimosso dal suo corpo. I suoi capelli erano quasi interamente zuppi ma questo non rappresentava un grosso problema: la giovane era una vera professionista nell’avvolgersi il capo in un asciugamano e quei turbanti improvvisati le riuscivano sempre alla perfezione.
Il suo tocco magico, per fortuna, non sembrò abbandonarla in quell’occasione e nella sua testa ringraziò il cielo di ciò.

Tuttavia la parte più difficile iniziava solo in quel momento: allacciandosi l’accappatoio, si assicurò di essere il più coperta possibile, dopodiché fece qualche timido passo verso la porta. La mano le tremava vistosamente e prima di appoggiarla sulla maniglia disse, rivolgendosi ad Adrien “Ok, sto uscendo ora. Ti devo chiedere solo un favore: non dare in escandescenze, per cortesia”.

Adrien, dall’altro capo della porta, non rispose nulla, sul suo viso era stampata un’espressione confusa, come se non riuscisse a comprendere ciò a cui si riferisse. Alzando le spalle, fece qualche passo indietro per non ostruire l’entrata, ma nel momento in cui la porta si aprì, mostrando la figura della sua ragazza, i suoi occhi color smeraldo si strabuzzarono. La sua bocca rimase semiaperta per qualche istante e quell’aria confusa che aveva mantenuto fino a poco prima si trasformò in una vera e propria smorfia di incredulità.

“Ma-Marinette…” Balbettò Adrien, rimanendo congelato sul posto, come se qualcuno lo avesse inchiodato al suolo. “Perché s-sei…?”

“In accappatoio?” Tagliò corto lei, visibilmente paonazza in volto. Aveva immaginato di tutto, ma non una reazione simile. Eppure pensava che, essendo un modello, potesse reagire in modo diverso e che non si scandalizzasse per uno sterno lasciato allo scoperto, specialmente se appartenente alla sua fidanzata.
“Sai, per asciugarsi generalmente si usa questo” Mormorò ironicamente, cercando di cambiare discorso subito dopo.

“Pensavo che saresti arrivato puntuale, non in anticipo! Come sei entrato?”

L’aria della sua stanza se confrontata con l’umidità del bagno risultava piuttosto fresca e riuscì dunque ad intirizzire anche le parti coperte.

La reazione di Adrien era normale, dopotutto. Da qualche tempo la sua immaginazione sembrava divertirsi saltuariamente a disegnare l’ipotetico aspetto del corpo di Marinette e il trovarsela improvvisamente là davanti, protetta nella sua intimità solo da un indumento da bagno, beh, non era esattamente nei suoi piani. Anche se dovette ammettere a se stesso di non disdegnare una simile vista.

“Beh, la porta era aperta. Se vuoi posso, ehm, ripassare dopo. Ti do il tempo di vestirti e…” Tentò di proporre, quasi sentendosi in colpa di averla messa in quella situazione, ma venne fermato prima che avesse il tempo di muovere un solo muscolo.
“Lascia perdere, non è il caso. Sarebbe una perdita di tempo” Rispose lei, cercando di reprimere il senso di imbarazzo.

“E dai, Marinette, è il tuo ragazzo, dopotutto” Pensò sforzandosi di ritrovare il coraggio tipico di Ladybug, che sembrava improvvisamente svanito nel nulla.
“Certo, il tuo ragazzo che non hai manco il coraggio di baciare o da cui nemmeno ti lasci coccolare” Aggiunse mentalmente subito dopo, quasi come se stesse cercando di rimproverarsi dopo quel vano tentativo di autoincoraggiamento.

Dopo un paio di esitazioni, riuscì a muovere qualche passo verso il manichino alle spalle del ragazzo, su cui poggiava la giacca che aveva realizzato su precisa, nonché gentile richiesta del biondo in stanza con lei.

Una volta rimossa dal busto, Marinette se la girò un paio di volte tra le mani, controllando che ogni dettaglio fosse in ordine. Il tessuto scelto era incredibilmente morbido per essere parte di un capo così elegante. Il nero da lei utilizzato non era eccessivamente scuro e ben si abbinava al paio di jeans che Adrien le aveva mostrato e che aveva intenzione di indossare la sera del suo debutto.
Il suo sguardo si perse nel nulla nell’istante in cui cercò di immaginare la sera del debutto: lei sarebbe stata in prima fila, in quel teatro parigino così prestigioso e il suo amato Adrien al centro della scena. Gli occhi di centinaia di persone, compresi quelli di eventuali talent scout di etichette discografiche francesi, sarebbero stati puntati su di lui. Al solo pensiero di ritrovarsi al suo posto, Marinette sbiancò improvvisamente, in preda ad un’innaturale ansia da prestazione.

A risvegliarla dai suoi incubi ad occhi aperti ci pensò Adrien, in quel momento dietro di lei, il quale le poggiò una mano sulla spalla con delicatezza, vedendo come si fosse paralizzata sul posto senza alcun apparente motivo.

“Ehi? Sei sicura di star bene?” Chiese cautamente, cercando inutilmente di non spaventarla.

“Eh?! Che cosa?! Oh sì certo, la tua giacca, la giacca per il concerto, Adrien e la giacca!” Balbettò ad alta voce, dopo aver visibilmente sobbalzato rischiando di far cadere l’indumento al suolo e facendo quasi prendere un colpo al ragazzo vicino a lei.

Adrien si grattò la testa, inclinandola di lato e fissando la sua stilista personale in maniera interrogativa. Che le prendeva? Sì, certo, era in accappatoio davanti a lui, cosa abbastanza fuori dal comune, ma prendersi un infarto per una mano sulla spalla gli sembrava leggermente eccessivo.

“Tieni, provala!” Ridacchiò nervosamente Marinette dopo essersi voltata ed avergli allungato la giacca. Adrien non perse tempo e si accorse che il talento della sua ragazza era decisamente sprecato nell’Académie des Beaux-Arts che aveva deciso di frequentare contro ogni aspettativa. Quel capo d’abbigliamento era la dimostrazione del suo vero talento in ambito stilistico: la lunghezza delle maniche era pressoché perfetta ed ogni singola rifinitura, dai bottoni fino alle piccole tasche laterali, passando per l’estrema raffinatezza dello stesso tessuto... sembrava che gli fosse stato cucito addosso!

“Se Plagg fosse qui adorerebbe questo colore. Conoscendolo sarebbe persino capace di invidiarmi” Pensò ammirando la perfezione del lavoro eseguito da colei che aveva preferito l’arte antica alla moda.

“Marinette…” Cominciò a dire osservandosi in uno specchio poco distante. Il suo tono era estremamente sorpreso e venne subito frainteso dalla ragazza, che subito cominciò a sciorinare un elenco improvvisato su errori inesistenti, portandosi le mani al petto.

“Oh no! Che c’è che non va? È la lunghezza, vero? Lo sapevo, avrei dovuto regolarmi meglio, di sicuro ho sbagliato a prendere le misure all’inizio. Mi spiace non…”
“… non potevi far meglio di così” Affermò raggiante Adrien, prendendole una mano con delicatezza. La sua epidermide era ancora leggermente umida ma il ragazzo non ci fece troppo caso. Tale contatto fu quanto di più simile ad una scossa elettrica, almeno dal punto di vista di Marinette, che tuttavia non riuscì a ritrarla per paura di offenderlo.

“Mio padre ha imparato a realizzare abiti simili solo dopo tantissima pratica, mentre tu ci riesci in maniera spontanea” Aggiunse subito dopo, passando il suo pollice sul dorso della mano di Marinette, in quel momento più rossa del suo costume da Ladybug.

Quindi era vero: non aveva combinato nessun disastro, né il suo abito lo aveva ucciso a causa di qualche ago rimasto impigliato in una qualsiasi cucitura.

“Ok Marinette, ora respira e calmati. Sì, ti ha fatto un complimento, ma se svieni di fronte a lui poi ti tocca farti un giretto in ospedale, quindi datti un contegno!” Si impose mentalmente la giovane, sorridendo entusiasta in risposta, cercando di dargli una risposta sensata.

“Dici che può, insomma, andar bene per una serata a teatro?” Domandò ingenuamente, con un tocco di sincera incredulità nascosto nella sua voce.

“Vuoi scherzare? È perfetto anche per una visita dal presidente!” Rise lui, guardandola dritta nei suoi occhi dal colore simile a quello dell’oceano, per poi rimirarsi un altro paio di volte allo specchio “Davvero, non so come ringraziarti” Disse subito dopo, carezzandosi i capelli color grano.

“Oh ma dai, Adrien, lo sai che l’ho fatto più che volentieri” Ribatté Marinette, prima che il suo ragazzo specificasse meglio a cosa si stesse riferendo.

“No, non hai capito, credo. Non parlo solo della giacca, ma anche del fatto che tu mi sia stata vicina per tutti questi mesi. Non lo ha fatto nessun altro, nemmeno mio padre” Spiegò Adrien, deglutendo un paio di volte in preda ad una visibile emozione che non sapeva bene come esprimere e che conteneva sentimenti di tutti i tipi.
Quel flusso di coscienza fu totalmente inatteso dal giovane, che subito dopo continuò a parlare “Ha preferito andarsene a Toronto a presentare la sua nuova linea di abiti da sera piuttosto che assistere al mio primissimo concerto per il quale mi sto facendo in quattro. E Nino, beh… dopo la borsa di studio è praticamente scomparso. Si è trasferito da un giorno all’altro e ormai lo sento molto di rado, quando non è impegnato con l’università a Berlino. Mi sei rimasta solo tu” Mormorò in un misto di tristezza e felicità. Chi contava veramente era rimasto, ma non aveva dimenticato coloro che erano stati parte della sua vita e che per un motivo o per l’altro sembravano poco disposti a condividere con lui i momenti più importanti. E non era la prima volta.

“Adrien…” Mormorò Marinette, vedendolo rattristarsi in un battito di ciglia, ma il giovane tentò di nascondere i suoi sentimenti.

“In ogni caso” Sorrise lui “Sono veramente contento che tu sia ancora qui con me. E sì, mia cara, dopo questa devo proprio offrirti una cena!” Continuò subito dopo, mascherando come una banale battuta una sua reale intenzione che rimandava da ormai troppo tempo.  

Marinette si sentì la testa incredibilmente leggera e quasi non stramazzò al suolo priva di sensi, ma a montare in lei non fu un senso di piena felicità, bensì uno strano entusiasmo mischiato ad un ben più definito senso di colpa. Come al solito aveva avuto così poco spirito di iniziativa da costringere Adrien a farsi avanti per primo.

Tutte le paranoie rimaste latenti nei meandri della sua mente sembrarono riemergere tutte nello stesso momento. Non riusciva più a ragionare lucidamente e questo fu evidente anche agli occhi di Adrien, che la guardò con aria confusa mentre questa faceva qualche passo indietro, in direzione del bagno, balbettando qualche parola di circostanza.

"Ehm, mi farebbe piacere, sì, certo! Perchè no?"

“Uhm, certo” Mormorò il ragazzo biondo abbozzando un lieve sorriso che celava uno sconforto ben più grande “Ti lascio tornare alle tue occupazioni allora. Grazie ancora per tutto, davvero. Mi sdebiterò, in qualche modo” Aggiunse poi, ma nella sua voce era evidente che qualcosa, dentro il ragazzo, si fosse incrinato.

Tuttavia la reazione di Marinette fu quanto più inaspettato potesse mai avvenire in quelle circostanze. Come d’abitudine, quando messa sotto pressione, la ragazza dai capelli neri finiva per pronunciare frasi inappropriate o esibirsi in battute fuori luogo per la situazione e quella volta non si rivelò differente da tutte le altre, se non per un singolo dettaglio: quella proposta fatta apparentemente per scherzo nascondeva in realtà il desiderio di una risposta affermativa e anche se espresso in quella maniera aveva richiesto una buona dose di coraggio da parte sua.

Era stufa della sua incapacità di fare il primo passo in ogni cosa, ma ancora non aveva la forza di esprimere apertamente i propri desideri. Era un inizio, almeno, o così pensava.

“Non è necessario che tu vada per forza” Ridacchiò nervosamente Marinette, che subito dopo aggiunse con il medesimo tono divertito “Potresti, che so, unirti a me di là in bagno. Tanto i miei non ci sono, nessuno avrebbe da ridire”
Il volto della ragazza divenne una vera e propria palla di fuoco, tingendosi di un rosso acceso, nel momento in cui si rese conto della frase appena detta, che cercò di chiosare con una risata finale che non riuscì tuttavia a celare il reale imbarazzo provato dalla giovane, prendendo un colore simile a quello di Tikki.

Anche Adrien sembrava essere rimasto di sasso di fronte ad una battuta simile: era ben a conoscenza della tendenza di Marinette di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, ma non si era mai spinta tanto in là in termini di “proposte intime”, se così si potevano chiamare. Si trovò dunque totalmente impreparato, il suo charme sembrava impotente di fronte ad una frase così inusuale della sua ragazza e fece quello che gli sembrava più ovvio e sicuro: prestarsi al gioco.

“Sicuro! E tu non diresti nulla, immagino” Scherzò Adrien, nella cui mente tuttavia rimbombava l’eco di tale invito. Certo, l’aveva preso sul ridere… ma se non fosse stata una semplice battuta innocente? E se si fosse trattato di una vera e propria richiesta?

In preda a tutte queste riflessioni, quasi non si accorse del flebile “Su vai, che fai tardi per le prove” Mormorato da Marinette mentre si ritirava finalmente in bagno. Nella sua voce Adrien riuscì a percepire un senso di delusione decisamente marcato. Allora quello che lui aveva preso come semplice scherzo era un vero e proprio invito. E l’ipotesi che fosse reale non era stata nemmeno vagliata per prima.

“Quanto puoi essere stupido, Adrien?!” Pensò stringendo un pugno, desideroso di sbattere la testa contro il muro per la sua incapacità di cogliere i segnali lanciatigli. Chissà quanti altri si erano susseguiti senza essere minimamente notati dal biondino. Non poteva continuare a trascurarla in modo così evidente.

Forse era ancora in tempo per rimediare…


Seduta a gambe incrociate nella vasca, Marinette sembrava incapace di far cessare il turbinio di pensieri nella sua testa. Per l’ennesima volta aveva perso l’occasione di comportarsi da fidanzata con Adrien, il ragazzo per il quale avrebbe dato un rene pur di ricevere un suo invito ad uscire. Per quanto triste fosse doveva guardare in faccia la realtà ed ammetterlo: il problema non era Adrien, ma lei.

E ormai sembrava essersene convinta.

Fissando amareggiata il suo riflesso che si specchiava sull’acqua, Marinette ascoltava silenziosa il rumore delle sue lacrime che andavano ad impattare contro di essa dopo averle rigato le gote. Non avrebbe voluto piangere, ma se il suo corpo non poteva davvero fare a meno, beh, quantomeno preferiva evitare di singhiozzare.

“E’ tutta colpa mia” Sussurrò a se stessa, deglutendo per cercare di sciogliere il nodo alla gola.

Prima o poi si sarebbe stancato di lei. Aveva già più di un motivo per lasciarla, ma presto a queste ragioni se ne sarebbero aggiunte altre e allora niente e nessuno avrebbe mai potuto salvare la loro relazione.

Il vero e proprio punto di rottura col passato avvenne nel momento in cui tale pensiero venne formulato dalla ragazza.

Non con poca esitazione, Adrien spinse la porta di legno, trattenendosi dal guardare direttamente in direzione di Marinette e mantenendo lo sguardo fisso davanti a lui. Non desiderava certo risultare inappropriato o, peggio ancora, far la figura del pervertito. Nonostante la matematica certezza che quella di Marinette fosse una richiesta seria, era meglio agire con cautela.
Da parte sua, Marinette trasalì spaventata nel sentire qualcuno entrare nella stanza. In un primo momento ipotizzò che si trattasse dei suoi genitori, rientrati a casa per qualche motivo a lei ignoto. Probabilmente si erano dimenticati qualcosa, oppure la stavano semplicemente cercando per chissà quale motivo. In ogni caso preferiva evitare di farsi scoprire in lacrime. Ma nulla di tutto ciò si rivelò reale. Ciò che stava avvenendo era quanto di più inaspettato potesse mai accadere tra le mura piastrellate di quel bagno.

I suoi occhi blu non riuscivano a credere a ciò che stavano vedendo. Che diavolo ci faceva là dentro Adrien? Non poteva certo essere tornato indietro a causa di qualche oggetto dimenticato, dato che in bagno non ci aveva messo piede per tutta la durata della sua visita. Un nodo sembrò stringersi nella gola di Marinette quando la ragazza vagliò un’eventualità ben più spiacevole, come l’intenzione di Adrien di volerle comunicare la fine del loro rapporto, ma fu questione di pochi secondi.
Improvvisamente le sue corde vocali sembrarono scongelarsi e Marinette riuscì a balbettare qualche timida parola.

“A-Adrien? Che… che ci fai qui?” Balbettò con aria insicura, avvolgendo parzialmente il suo corpo da una piccola nuvola fatta di schiuma.

Adrien inizialmente si limitò ad inspirare profondamente: quello che stava facendo era qualcosa che se fosse andato nel modo sbagliato avrebbe inevitabilmente frantumato la loro relazione. Non ci sarebbe più stata alcuna Marinette Dupain-Cheng nella sua vita: sarebbe ripiombato nella solitudine in cui era rimasto rinchiuso per sedici anni.

Solo l’amore che provava nei confronti della ragazza convinse Adrien a rompere gli indugi e a voltarsi lentamente in direzione di Marinette, col cuore in gola. Nella penombra solo i suoi occhi blu risaltavano, più di un diamante colpito direttamente dalla luce del sole e in quel momento lo stavano fissando intensamente. I loro sguardi si incrociarono finalmente a metà strada e Adrien rimase ammutolito. Nonostante l’umidità della stanza sentiva uno strano senso di freddo e una serie inconsueta di tremiti gli percorse la spina dorsale.

Quel silenzio imbarazzante venne spezzato dalle parole di Adrien, che dovette chiamare a raccolta tutto il suo coraggio prima di riuscire a proferir parola. Non sapeva nemmeno come una richiesta simile potesse essere formulata e tale “impreparazione” venne mascherata con il tipico atteggiamento scherzoso ed impavido di Chat Noir. 

“Madame, volevo chiedervi se l’invito fattomi poco prima fosse ancora valido” Sorrise beffardamente tentando di parlare in modo aulico, tradendo tuttavia le proprie emozioni nel momento in cui si passò una mano sulla nuca in segno di nervosismo che tuttavia non venne notato da Marinette.

Le pupille della ragazza si ridussero a due minuscole fessure per via dello shock provocato da tale richiesta. Il che risultò alquanto paradossale: era un desiderio che aveva espresso sotto forma di domanda, aveva sognato quel momento per giorni, settimane, addirittura mesi interi e nel momento in cui si presentò l’occasione per poterlo realizzare si ritrovava senza parole ed immobile. Tutto quello che poteva fare era fissare Adrien con un’espressione incredula. Se era stato lui ad avanzare una richiesta simile voleva forse dire che….  

“S-sei serio? Io veramente prima stavo, ecco, scherzando, sì!” Disse la giovane in tono stridulo, senza sapere dove mai avesse potuto trovare la forza di pronunciare quelle parole.

L’espressione di Adrien non cambiò di una virgola. Qualcosa dentro di lui gli gridava di non perdere quell’aria sicura di sé. Se Marinette appariva ancora incerta e timida stava a lui poterle fornire un solido punto di riferimento nella sua vita al quale appoggiarsi.

“Marinette, ti conosco da quando avevamo sedici anni e stiamo insieme da più di un anno, se non ricordo male. Credi davvero che non abbia ancora imparato a capire quando dici qualcosa per scherzo e quando invece chiedi qualcosa perché la desideri davvero? Come due settimane fa, quando hai ‘scherzosamente’ proposto di andare al cinema per quel film che desideravi tanto vedere. Hai avuto la stessa identica reazione e io me ne sono accorto” Spiegò Adrien con tutta calma, sorridendole e sedendosi sul bordo della vasca, accarezzando il pelo dell’acqua con due dita.

Il cervello della giovane ci mise alcuni secondi ad elaborare ciò che il suo ragazzo aveva appena detto. Era davvero così prevedibile? Uno strano senso di angoscia si fece largo in lei, nel momento in cui si mise ad elencare nella sua testa tutto ciò che i suoi sguardi, gesti o parole avessero potuto lasciar trasparire.

“N-non è così. Insomma tu non devi se non sei ancora, ehm…” Cercò di dire Marinette, con un filo di voce, tuttavia venne interrotta dal suo ragazzo.

“Pronto? Io lo sono” La anticipò Adrien, tralasciando il dettaglio che lo fosse da ormai molto tempo. Non voleva certo farla sentire in colpa.
“Se per tutto questo tempo ho atteso è perché volevo che lo fossi pure tu. Non mi piace costringere le persone a fare qualcosa solo perché si ‘dovrebbe’ “

Il biondino fece qualche secondo di pausa, dopodiché la domanda venne nuovamente riproposta.

“Allora, vuoi davvero concedermi questo onore?” Gli chiese asciugandosi la punta delle due dita sui jeans.

Marinette si ritrovava in quel momento circondata da pensieri della più diversa caratura. Era come se stesse venendo lentamente spezzata in due. Da un lato era ben conscia del fatto che avesse desiderato quel momento per tanto, troppo tempo, ma dall’altro c’era ancora quell’aspetto timido e impacciato di lei che sembrava talmente radicato nel suo carattere da non poter essere eliminato in alcun modo. Il suo sguardo prese a vagare per la stanza con aria persa e smarrita, come quella di un cucciolo braccato dal mondo.
La parte più recondita e segreta di lei, tuttavia, era consapevole del fatto che un “no”, dopotutto, non era tra le possibili risposte contemplate. Non avrebbe mai avuto la forza di cacciarlo da quel bagno e di respingerlo. Lei lo voleva e ne era pienamente cosciente.

“V-va bene” Sussurrò improvvisamente in tono quasi inaudibile, come se qualcuno avesse premuto un pulsante nel suo cervello. Voleva fare qualcosa; portarsi le mani davanti alla bocca, ritirare tutto ciò che aveva appena detto, ma sapeva di non poterlo né volerlo fare.

“Les jeux sont faits” Pensò Marinette, col cuore in gola. Da quel momento in poi poteva solo aspettare le conseguenze di ciò che aveva appena detto.

Il giovane le sorrise facendo un piccolo cenno con la testa, per poi slacciarsi la camicia, lasciandola cadere sulle piastrelle azzurro chiaro del bagno, il tutto sotto lo sguardo di Marinette, che quasi non riusciva a respirare per l’emozione. Stava accadendo davvero?

La camicia fu immediatamente seguita anche dalle scarpe e dai jeans slavati di Adrien. L’ultimo indumento, quello che celava la sua intimità, venne rimosso con un’esitazione che avrebbe preferito non provare e che in un certo senso quasi tradì l’apparente sicurezza mostrata sino a quel momento, ma un simile nervosismo in situazioni come quelle non poteva che essere inevitabile, specialmente dopo essersi accorto del fatto che Marinette avesse spostato il suo sguardo verso il basso.

Cercando di non schizzare acqua da tutte le parti, Adrien si immerse gradualmente, lasciando che il suo corpo si abituasse a quella piacevole temperatura. Lo spazio disponibile bastava ed avanzava per due persone, anche se ben presto, una volta distesosi, le sue gambe andarono a sfiorare quelle ben più minute e sottili della ragazza, provocando una strana serie di sussulti in entrambi.
Nessuno dei due aveva ancora detto nulla e in quel caso sembrava pressoché impossibile poter colmare l’assenza di rumori con qualsiasi parola.

“Oh, andiamo! Il fascinoso ed imprendibile Chat Noir che non riesce a far colpo sulla propria ragazza? Sarebbe il colmo!” Ripeté dentro di lui una vocina che stranamente sembrava appartenere a Plagg.

Lentamente, Adrien fece emergere le braccia dall’acqua, allungandole in direzione di Marinette, come ad invitarla a sdraiarsi tra di esse. La giovane, fino a quel momento, non gli aveva levato gli occhi di dosso; le emozioni che si sovrapponevano ed attorcigliavano in quei momenti erano troppe per poter essere elaborate tutte assieme. Ormai il suo primo desiderio era stato soddisfatto, in qualche modo: era il momento di formularne un altro.

E alla vista di tale gesto Marinette capì che non avrebbe potuto chiedere di meglio del giacere tra le sue braccia. Non esitò nemmeno un istante nello spostarsi lentamente verso il ragazzo non appena si dimostrò disponibile a far appoggiare la ragazza contro il suo corpo. Evitando di allagare il pavimento con gli schizzi d’acqua, Marinette ebbe qualche difficoltà a trovare la posizione migliore da poter mantenere senza far male ad Adrien, ma dopo essersi sdraiata sul fianco, assicurandosi di non provocargli alcun fastidio, appoggiò la testa contro il suo petto, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dai rumori dell’acqua, dai respiri del giovane e dal battito del suo cuore.
Per contro, Adrien le cinse la vita con delicatezza e le passò dolcemente le dita tra i capelli fradici della giovane. La pelle del biondino sembrava vellutata come una pesca e Marinette, ne era assolutamente sicura, non aveva mai sfiorato nulla di più delicato in vita sua.

Ma c’era ancora un ultimo dettaglio che sembrava turbarla.

“Sono stata una stupida” Ammise Marinette alzando lo sguardo, dopo interminabili minuti di silenzio trascorsi a coccolarsi in maniera così innocente. Tale frase sembrò ridestare Adrien dal suo stato di estasi mistica in cui era stato catapultato.

“Perché mai?” Bisbigliò lui, senza smettere di carezzarle i suoi capelli neri.

“Semplice: ti ho fatto aspettare per tutto questo tempo quando in realtà è quello che ho desiderato per mesi” Borbottò la sua fidanzata in risposta, sinceramente delusa ed arrabbiata con se stessa.

“Ascolta, Mari” Cominciò a dire il giovane, prendendole la mano in quel momento nascosta sott’acqua e intrecciando le sue dita con quelle della ragazza.
“Non puoi fartene una colpa, né voglio che tu ti senta in questo modo” Gli disse subito dopo e non sentendolo rispondere decise di proseguire di sua iniziativa
“Non possiamo decidere noi quando sentirci pronti per qualcuno o qualcosa. A volte è questione di giorni, altre volte persino di anni. Non ha senso che ti tormenti in questo modo perché io, come vedi, ti ho aspettata e ti avrei aspettata per altri mille anni, se fosse stato necessario. Se ci si tiene davvero ad una persona si fa questo ed altro e io voglio farlo per te”

Marinette non sapeva cosa rispondere, ma di una cosa era certa: Adrien non meritava tutta quell’attesa. Un ragazzo che si stava dimostrando disposto ad andare fino all’inferno e ritorno solo per poterla vedere felice non avrebbe mai dovuto esser trattato così.

“Se me ne dai la possibilità, vorrei recuperare il tempo perduto. Davvero, posso farlo” Mormorò Marinette, rimanendo appoggiata al corpo del giovane.

“Non potrei chiedere di meglio, davvero. E’ la stessa cosa che voglio io. Beh, a dire il vero desidero questo e il riuscire a portare a termine un’esibizione dignitosa a teatro, in quest’ordine” Ammise Adrien ridacchiando, rimanendo stupito della sua capacità di aver mantenuto viva la sua vena ironica anche in una situazione come quella. Era anche di quell’aspetto della sua personalità che Marinette si era innamorata e che in quel momento avrebbe tanto voluto trovare le parole migliori da poter usare per rispondere ad una così palese dichiarazione d’amore. Eppure qualsiasi tentativo di formulare una frase di senso compiuto sembrava morire sul nascere.

C’era solo una cosa che poteva fare in quel momento per sperare di riparare ad un torto che per Adrien non sembrava nemmeno essere mai esistito ma che per Marinette era più concreto che mai.

L’intreccio tra le loro dita si sciolse lentamente, dopodiché la ragazza dagli occhi blu portò la sua mano tremante verso l’alto, in direzione della guancia di Adrien, inumidendola leggermente per poi spostarsi verso la nuca coperta dai capelli biondi del ragazzo. I loro sguardi, nel momento in cui si incrociarono, sembrarono divenire una cosa sola e nessuno dei due riusciva a distogliere gli occhi dal viso dell’altro.
Qualcosa, nella mente di entrambi, suggerì loro cosa stesse per accadere e nessuno dei due oppose la benché minima resistenza. In fondo, era quello che entrambi attendevano da tempo, anche se in modi diversi.

Adrien si lasciò tirare lentamente verso il basso da Marinette, che si premurò di non usare troppa forza, onde evitare di fargli male. La sua inesperienza era ben visibile, ma nessuno dei due ci fece troppo caso, troppo intenti a lasciarsi trascinare dal corso degli eventi. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza quando entrambi chiusero gli occhi, attendendo il contatto tra le loro labbra inumidite che infine arrivò dopo qualche secondo, scatenando una serie di brividi lungo i corpi di entrambi i giovani che dopo qualche momento di incertezza si lasciarono trasportare alla deriva da quel reciproco desiderio.

Non era esattamente la posizione più comoda in cui scambiarsi il loro primo bacio ed oltretutto Marinette lo aveva sempre immaginato in modo totalmente diverso.
Eppure solo in quel momento comprese che nessun tramonto parigino, nessuna cena elegante e nessun regalo costoso avrebbe potuto essere barattato con un singolo secondo trascorso in quella vasca appoggiato al suo amato Adrien.
Il sapore delle rispettive labbra invase entrambi i ragazzi, che fino a quel momento si erano sempre interrogati su come sarebbe stato baciarsi per la prima volta, con tutte le insicurezze del caso che finalmente erano state spazzate via in un batter di ciglia. Tutti e due si stavano dimostrando più che all’altezza e l’intensità di quel bacio aumentava sempre di più man mano che i secondi trascorrevano.

Nessuno dei due seppe mai quanto tempo trascorsero realmente in quella vasca di marmo bianchissimo, ogni istante sembrava durare ore, secondo la percezione di quei loro primi attimi intrisi di passione ed amore che entrambi consumarono come se quello fosse il loro ultimo giorno sulla Terra. Il sole era alto nel cielo nel momento in cui Marinette si ritrovò nuovamente tra le braccia del suo ragazzo, questa volta però la sua testa era appoggiata sull’incavo della spalla del biondino, la cui vita era ancora cinta dalle gambe della giovane.
Ma non fu solo un nuovo inizio per entrambi, ma anche l’occasione che Adrien sfruttò per liberarsi dal senso di solitudine che lo aveva avvinghiato per tutti quei mesi. Certo, molti se n’erano andati, le amicizie erano mutate e nel suo caso molte erano anche andate perdute. Ma non era mai stato realmente solo.

Adrien ci credeva davvero, ci aveva sempre creduto, in realtà. Aveva solo bisogno che qualcun altro confidasse in lui. Qualcuno coi capelli neri e gli occhi blu. Qualcuno come Marinette Dupain-Cheng.


...


Note dell'autore: allooooora, salve a tutti! Innanzitutto grazie a chiunque sia arrivato sino a queste note, considerando la lunghezza del papiro che mi sono ritrovato a scrivere.
Che dire, non ho mai scritto FF od OS su Miraculous, a cui sono stato introdotto grazie ad Haiwan, che mi ha anche aiutato e sostenuto durante la stesura di questa storia (Che è durata quasi un mese) e che ringrazio di avermi sopportato per questi quasi trenta giorni di scrittura, tra scleri e beta reading vari (PUNTINIH).
Ovviamente poi ringrazio anche tutti coloro che si sono presi la briga di leggere tutta la storia, che spero sia piaciuta. In caso una recensione o una critica sono sempre ben accette! 

Che dire, probabilmente scriverò anche altro su questo fandom, per cui ci rileggiamo presto!

GK

(Fonte della fan art a inizio storia: http://fennethianell.deviantart.com/art/Cute-kiss-614434388)
   
 
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