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Autore: Russia_love    09/05/2017    2 recensioni
Quando neanche le lacrime riescono a scendere e le tenebre sembrano oscurare per sempre la luce di un cuore, l'unica soluzione è lasciarsi andare all'oblio.
In un giorno privo di luce, Ivan cammina disperato nella neve gelida, invocando un affetto che ormai sembra averlo abbandonato, come abbandonato e vuoto è il Palazzo d'Inverno che si staglia rigido dinanzi a lui.
E nel gelido vento invernale, l'unico suono che spezza il silenzio con il fragore di un tuono, è quello di un cuore che si spezza.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                         Tears and Emptiness
 
 
 
La neve vorticava incessante attorno a lui. Il sole non mostrava il suo volto da giorni, forse vergognandosi di splendere su un luogo tanto disabitato e morto, straziato da sangue e lotte fratricide.

Ivan camminava a passi lenti sulla neve, la sciarpa ben avvolta attorno al collo, le mani coperte da guanti e il lungo cappottone che gli scaldava il corpo ma non sapeva riscaldare la sua anima devastata. Erano giorni che non faceva altro che camminare in quella landa desolata, urlando contro il vento che ghiacciava persino i pensieri, i nomi di Nathalia e della sua sorella maggiore.
Alla fine, anche loro lo avevano lasciato solo. La stessa Russia lo aveva lasciato solo, lui che ne era l’anima. Lui, che rappresentava il suo cuore lacerato e vuoto.
Avanzava a fatica nella neve alta, inciampando e rialzandosi, camminando ed inciampando di nuovo. Ci doveva pur essere qualcuno lì con lui, vero? Non era l’unico sopravvissuto in mezzo a quel disastro, da?
Ad un tratto, dovette fermarsi. Intorno a lui, non c’era più nemmeno il sibilo del vento, a fargli compagnia. Ora era davvero disperatamente solo.
Perché? Perché tutti quanti lo avevano lasciato solo? Continuò a chiamare, ma dopo l’ennesimo sforzo, decise di risparmiare il fiato. Qualcuno che non c’era più, non poteva rispondere. Non poteva rispondere, l’eco di un fantasma. Ed era tutta colpa sua.

Fin dall’inizio della sua vita, aveva dovuto imparare a cavarsela da solo. Certo, Ucraina era premurosa con lui, gli aveva persino regalato quella sciarpa per tenerlo al riparo dal freddo. E lui da quel giorno non l’aveva più tolta, quella bellissima sciarpa bianca. D’un tratto abbassò lo sguardo a guardare le estremità rosse e strappate della sua sciarpa candida. No, non era più candida da molto tempo. Era stata imbrattata dal sangue di coloro che avevano provato ad ucciderlo e che lui aveva ucciso, come se in lui ci fosse un’entità pronta a scattare qualora si trovasse in pericolo.  Era stata imbrattata dal suo stesso sangue, le volte in cui lo avevano ferito, quando brancolava tra la fame e il freddo in cerca di un posto sicuro dove poter riposare un po’ il suo cuore affannato.

Quasi con rabbia disperata, Ivan provò a gettare via la sciarpa, lasciandola ricadere in terra , ma subito dopo si precipitò a terra anche lui, sdraiandosi sulla neve e stringendo quel pezzo di stoffa disperato, quasi per proteggere l’unico oggetto rimastogli a ricordargli l’affetto di una famiglia ormai perduta.
Quando si ama qualcuno lo si ama per sempre. Allora perché la sua sorellona lo aveva abbandonato? Perché aveva seguito così tenacemente gli ordini del suo Capo? Come aveva potuto dimenticare il suo fratellino? E Nathalia? Con la sua ossessione di sposarlo? Dov’era andata anche lei? Perché aveva deciso di lasciarlo lì in tutta quella desolata cascata di neve insanguinata? Tutto quello che lui toccava, in qualche modo, sfioriva. Moriva. Quando chiudeva gli occhi, Russia vedeva davanti ai suoi occhi i corpi mutilati che ricoprivano quella distesa bianca davanti al Palazzo d’Inverno  e che ora la neve aveva ricoperto, quei corpi in cui lui ora stava inciampando. Strinse di più la sciarpa mentre delle lacrime amare si congelavano sulle sue guance. Non gli era permesso nemmeno piangere, in quell’Inferno ghiacciato. In quel freddo inclemente, persino le lacrime colpivano come lame affilate il suo viso. Dov’erano i girasoli in quel vuoto che aveva il sapore amaro dell’abbandono? Dov’erano la gioia e la luce che la loro immagine portava nella sua vita? Sotto quel cielo oscuro non c’era salvezza. Non c’era dannazione,in quell'Inferno innevato. C’era il vuoto ed un perdono che tardava ad arrivare. C’era il nulla e il sangue che macchiava la bandiera che sventolava mutila sul Palazzo d’Inverno.

Ivan si riscosse dal torpore che lo aveva invaso e lasciato senza forze, solo dopo molto tempo. Socchiudendo gli occhi, gli parve di scorgere, lontano, qualcosa che sbucava dalla neve. Piccola e fragile, si ergeva fiera, sfidando il vento impetuoso. E nel cuore del russo, si riaccese la fiammella della speranza. Eccola, era per quello che non doveva arrendersi. Senza rialzarsi, lentamente, come se gli costasse uno sforzo immane, strisciò vicino la piantina e la strinse nel suo caldo abbraccio, per proteggerla dalle raffiche invernali. Gettò uno sguardo al cielo nero e finalmente, una lacrima rossa, di puro dolore, scivolò lungo le sue guance ferite.  E a quella, fecero seguito le altre. Urlava, il suo cuore. Urlava per tutto ciò che aveva perso, per la piantina che cercava di proteggere, per quell’ultimo soffio di vita che il vento di quel giorno così triste, stava cercando di portargli via. Una raffica più forte delle altre  lo costrinse a mollare la presa per riprendere la sua sciarpa e il germoglio morì.

“Sta succedendo di nuovo ”pensò Ivan. “Di nuovo ho ucciso ciò che più di tutto amavo.”

E restò così, privo dell’unica luce rimastogli, a sprofondare di nuovo nell’oblio che lo reclamava, nel dolore che lo avvolgeva. Chiuse gli occhi e si abbandonò alla desolazione in quel luogo di morte, andando incontro a testa china, nel regno dei suoi incubi,  a demoni che avrebbero sbranato quello che restava del suo cuore distrutto.

E non c’era possibilità di salvezza per chi si era macchiato di tanto sangue.  Nessuna salvezza per chi aveva imparato ad uccidere per vivere. Nessuna salvezza per chi, adesso, desiderava solo disperatamente morire. 
   
 
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