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Autore: 50shadesofLOTS_Always    11/05/2017    2 recensioni
Dal testo: “« Tony? – mormorò Pepper - Cosa è successo laggiù? ». Lui continuò a fissarla, ma non aprì bocca.”
Il miliardario Tony Stark torna a casa dopo la Siberia, distrutto nel fisico e nel cuore. La sua mente ottenebrata dai demoni del proprio passato cerca una via d’uscita.
E la via d’uscita ha un paio di occhi azzurri.
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Questa fanfiction è nata diverso tempo fa ed è rimasta chiusa in un pc. Recentemente l’ho rispolverata ed è venuta fuori questa raccolta dove la parola chiave è sicuramente PEPPERONY. Non c’è una vera e propria trama, ma è sicuramente da collocare dopo il film Captain America: Civil War.
[ probabile OOC di Tony/fritto misto di ironia, miele e caffè amaro/nella speranza che quei due tornino insieme ]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iron Family'
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Dirty Dancing

Come up to meet you, tell you I’m sorry.
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you.
Tell you I set you apart.
 
Impiegò diverso tempo per comprendere che si era trattato di un incubo. L’ennesimo solo quella notte.
Le fauci del mostro intergalattico si erano aperte, come se a spalancarsi fossero state direttamente le porte dell’Inferno, pronto ad inghiottirlo in un eterno nulla. Era sempre stato così. Poi il volo verso il portale inter dimensionale con una testata nucleare su una spalla e le stelle palpitanti prima di perdere i sensi.
Si era risvegliato per scoprire che erano tutti morti, compreso Thor.
Lui era stato l’unico spettatore, l’unico responsabile.
Quando aprì gli occhi, si trovò catapultato nella realtà. La camera era immersa nel buio delle imposte abbassate, rischiarata solo dai raggi che filtravano da fuori. Sentì il panico crescere in lui, come un boa che lo aveva già imprigionato nelle sue spire, ma proprio quando stava per sopraffarlo, si ricordò degli esercizi di Bruce. Avvertiva le gocce di sudore imperlargli la fronte e inzuppargli la maglietta. Cercò di ignorare il tessuto appicicatosi alla pelle e, di concentrarsi su qualcosa di piacevole. Ci vollero tre respiri profondi perché il ricordo di un giorno qualunque a Malibu, prima del Mandarino e di Vanko, prima che cominciasse tutto, riemergesse dai recessi più reconditi della propria memoria.
Era appena uscito dal laboratorio, quando era appena calato il sole e Pepper era seduta sul divano del soggiorno col tablet tra le mani. La luce dello schermo gettava delle morbide ombre sul suo viso mentre con lo sguardo scorreva l’agenda. Aveva rannicchiato le gambe snelle sotto di sé, nonostante indossasse un tailleur senza la minima traccia di una piega. Era la prima volta che si soffermava a guardarla, ma non l’ultima. Distante da lei almeno un paio di metri, aveva percorso il suo profilo lentamente, studiando come la frangetta le coprisse la fronte e come le lunghe ciglia si curvassero verso l’alto. Cominciò a rimembrare tutte le donne che gli erano cadute ai piedi, ma non riuscì a trovarne una – di quelle poche di cui ricordava almeno le sembianze – paragonabile alla sua compita assistente, che sempre più assumeva il fascino di una ninfa. Si era poi accorta di essere osservata e quando si era girata, facendo ondeggiare la coda di capelli ramati, gli aveva posto pacatamente la solita domanda: ‘Posso fare qualcosa per lei, Signor Stark?’. Dopo una prima fase in cui i livelli di testosterone si erano innalzati vertiginosamente al pensiero di una sua possibile risposta, o meglio a un’azione sconveniente seguita da immagini vietate ai minori, riuscì a scuotere lentamente il capo per negare. Perché per quanto sentisse l’improrogabile desiderio di averla, anche solo per una notte, non avrebbe mai potuto sfiorarla. Significava mancarle di rispetto. Lei era diversa.
L’aveva fissata negli occhi azzurri anche più del mare e aveva sentito il proprio cuore tuffarsi in quelle limpide acque, con l’intenzione di annegarvi. Sarebbe stata una bel modo di morire. Aveva capito tutto già dalla prima volta che si erano incontrati, ma si era rifiutato perché troppo orgoglioso, troppo arrogante e troppo non abbastanza. Non abbastanza per lei. Era stato più facile negare.
Il ricordo si annebbiò nello stesso momento in cui riacquistò il controllo sul proprio respiro. Si passò entrambe le mani sul volto intorpidito dal sonno. Si girò, guardando la finestra che l’AI aveva già provveduto ad aprire.
« F.R.I.D.A.Y. che ore sono? »
« Le due del pomeriggio, Signore ».
Vide New York già attiva da ore, poi si diede un’occhiata intorno. La bottiglia di alcol giaceva per terra insieme ad una seconda, quasi vuota, visto che più di metà del contenuto era finito sul pavimento formando una grossa pozza. Decise di alzarsi e iniziare in ritardo quella giornata che, come le precedenti, si sarebbe trascinata fino ad un’altra notte insonne. Scostando le coperte, si alzò e si diresse sotto la doccia con passo ciondolante.
 
**
Rhodey attese che le porte dell’ascensore si aprissero con un ronzio poi compì un passo verso l’atrio.
Fu l’ex-agente Maria Hill ad accoglierlo. Gli sembrò astruso trovarla al posto di Pepper, ma le rivolse un lieve sorriso. Il salotto era illuminato dai colori caldi del tramonto, col sole pronto a nascondersi oltre la linea d’orizzonte.
« Buongiorno, Colonnello Rhodes »
« Buongiorno, Signorina Hill. Dov'è? »
« Nel laboratorio. Stavo per raggiungerlo » lo invitò prima di condurlo giù per la breve scala.
All'inizio non ne fu sicuro, poi riconobbe il suono di chitarra e la voce struggente di Solomon Burke, disturbata da un sonoro sferragliare. Era Cry to me.
Scosse il capo quando si aggiunse la voce volutamente stonata di Tony, intento a lavorare, seduto ad un tavolo metallico.
« When you’re all alone in your lonely room. And there’s nothing, but the smell of her perfume. Ah don’t you feel like crying? Don’t you feel like cryyyying? Mmmh… » canticchiava, armeggiando come se stesse facendo del bricolage.
Sia Rhodey che Maria si fermarono poco lontani. Rimase comunque colpito al vederlo così felicemente melodrammatico. Credeva di trovarlo a letto a smaltire la sbornia. Soprattutto visto che erano passate a malapena dieci ore dal ritorno dalla Siberia. Guardò Maria che rispose con una scrollata di spalle, dimostrando la propria estraneità.
« Signor Stark, ho le pratiche che mi aveva chiesto » esordì la donna, interrompendo quel penoso concerto poggiando il plico di fogli sul tavolo.
Tony si girò appena, vagamente irritato per l’interruzione poi fece girare la sedia e li osservò, come se fosse sorpreso di vederli là. Si alzò ed afferrò la penna che la donna gli stava porgendo. Diede un’occhiata ai fogli, sfogliandoli in fretta, poi mise la firma negli appositi spazi.
« Sa che è l’unica a potersi vantare di avere gli autografi di Iron Man senza l’inconveniente del merchandising? »
« Lei è Anthony Stark, non Iron Man » precisò lei, inutilmente mentre riprendeva in mano i documenti.
Quella contro il miliardario e il suo ego era una battaglia già persa in partenza.
« Io sono Iron Man così come Darth Vader era il padre di Luke Skywalker»
« Il suo ego non la abbandona mai, vero… ». Non era una vera domanda.
« Ho anche dei difetti » concluse con una modestia palesemente finta, prima di lasciarla andare.
Rhodey lo osservò, ricordando un particolare: era sempre stato antipatico e insolente, ma solo con Pepper sembrava ricordare le buone maniere. Certo, la torturava con discussioni interminabili e allusioni più o meno esplicite però era il suo pensiero fisso. Quando lo aveva trovato lasciato in fin di vita nel laboratorio da Stane, la prima cosa che aveva fatto era stato chiedergli della sua assistente.
Tony si avvicinò al mobiletto dove aveva lasciato una serie di attrezzi e un drink rosso, sicuramente un Gin Campari, di cui ingollò un bel sorso. Gli venne da sorridere. Tony era tutto fuorché sentimentale, ma era chiaro il perché stesse bevendo proprio quel cocktail.
« Well nothing could be saaaadder than a glass of wine, all alone… - bofonchiò prima di berne un sorso – Loneliness, loneliness, it’s such a waste of time».
I passi di Maria si erano fatti ovattati quando lasciò nuovamente il bicchiere per dedicarsi al suo nuovo progetto che comprendeva un nuovo reattore arc molto speciale.
« Non devi essere geloso » disse poi e Rhodey lo fissò senza capire.
« Cosa? »
« E’ normale che si senta attratta più da me che da Iron Patriot ».
Aveva calcato le ultime parole come se fossero uno scherzo.
« Non credo che tu sia il suo tipo » ribatté con aria scettica.
« Io sono sempre il loro tipo – poi tornò a ballare, se così si potevano definire i suoi movimenti – Oh cooome on, take my hand and baby won’t you walk with me? ».
Gli fece l’occhiolino prima di chinarsi vicino alla misteriosa creazione. C’erano fili scollegati, circuiti e Rhodey faticava a comprendere cosa fosse quel denso ammasso di rottami.
« Non credevo di trovarti così allegro »
« Una bottiglia di scotch mi ha tenuto compagnia ».
O meglio, due.
« Ho sentito Pepper ». La buttò lì, come se fosse un pensiero sfuggitogli ad alta voce.
Tony si fermò per un attimo. Il colonnello decise di provocarlo un po’, non solo perché l’espressione dell’amico lo divertiva particolarmente, ma perché la gelosia sembrava l’unica molla che potesse farlo saltare. Alla fine era una mezza verità per uno scopo altruistico.
« Ha un appuntamento stasera »
« Ah sì? » chiese, cercando di mostrarsi distaccato.
« Con un collega del nuovo ufficio » aggiunse, gettando benzina.
Per una volta sarebbe stato lui a prenderlo in giro. Camminò con fare distratto, fermandosi al suo fianco.
« Come va con le protesi? » chiese Tony come se si fosse scottato.
« Bene ».
Tony smise di ascoltarlo, troppo impegnato ad immaginarsi quale razza di stoccafisso si fosse preso la libertà di corteggiare Pepper. Probabilmente era qualche sfigato con basse aspettative e con una patetica pettinatura. Chi aveva detto che aveva abbandonato la partita? Non si erano lasciati, si erano solo presi una pausa. Il piccolo impiastro aveva pensato male e ne avrebbe pagato le conseguenze.
Il povero scemo non sapeva contro chi se la sarebbe dovuta vedere e sarebbe finito col culo per terra. Parola sua!
Quando Rhodey se ne andò per tornare a casa, Tony diede un’occhiata all'orologio da polso. Erano le diciassette precise. Abbandonò il lavoro a metà e si fiondò su per le scale.
 
**
Il locale era gremito di gente, più di quanto Pepper si era immaginata. Pur detestando quel genere di serata, a cui un po’ si era anche abituata per il suo lavoro alle Stark Industries, si era sentita costretta ad accettare quel appuntamento. Appuntamento romantico che era poi diventato un’uscita coi colleghi del nuovo ufficio. Un contabile allampanato, Ben, era stato troppo carino perché lei rifiutasse per la… Ventesima volta, solo in quella settimana. Aveva pensato di declinare, ma forse, spinta da un moto di pietà per il collega e un po’ di più dalla sua innata educazione, aveva accettato. Aveva accettato per distrarsi, finendo per partecipare a una noiosa serata fatta di musica assordante e piedi indolenziti dai tacchi. Circondata da persone che neanche conosceva e in un posto dove i camerieri giravano fra gli astanti con vassoi pieni di drink, che non poteva bere ma solo guardare. Si ricordò il motivo per il quale non poteva bere e sospirò sconsolata.
Non che avesse bisogno dell’alcol per divertirsi, le sarebbe bastato anche solo un semplice tequila bum bum per non prestare attenzione a dove si trovasse e con chi.
Tutto, solo perché lei non era riuscita a dire una sola e banale sillaba. No.
Quasi si aspettò di vederlo arrivare in smoking per salvarla da quel disastro, ma era più probabile vederlo piombare lì in quel pub barra discoteca in un’armatura rossa e oro, nascosto da una maschera inespressiva. Per quanto non volesse ammetterlo, le mancavano i loro estenuanti battibecchi. Quelli che nel corso di quei dodici anni avevano assunto un significato ben più profondo. Le mancava perfino quel suo snervante sarcasmo, i continui tentativi per infastidirla e il modo malizioso in cui pronunciava ‘Signorina Potts’. Le mancavano le sue eccessive manifestazioni di affetto e mai come in quel momento, desiderava un coniglio di pezza gigante ad attenderla sulla soglia di casa che non sentiva di poter chiamare tale, perché a tenerle compagnia erano le crisi di panico e le notti in bianco, non il baccano dei Black Sabbath a tutto volume.
Per quanto fosse guarita nel corpo da Extremis, la vicenda di Ultron aveva risvegliato in lei la terrificante sensazione di esposizione e vulnerabilità. Era sola nel suo piccolo appartamento in periferia e ogni rumore la faceva sussultare, perché non era Tony che trafficava in laboratorio.
Si ricordò di come Rhodey avesse evitato di dirle le mere condizioni dell’uomo e della promessa fattagli…
Lasciò andare un altro respiro trattenuto, scansando una ciocca di capelli ricadutale sul collo, che come le guance, sentiva andarle a fuoco. Faceva un caldo pazzesco e l’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento, era tornare a casa, spaparanzarsi sul divano e mangiare un’intera vaschetta di gelato davanti a un bel film. Aveva una voglia incredibile di gelato al caramello.
Con quel pensiero latente, ritornò alla conversazione di cui aveva perso il filo minuti prima. Quando cominciò a temere di essere stata beccata, si voltò come gli altri verso l’ingresso del locale, dove improvvisamente si era scatenato un gran trambusto.
 
*
« Signore, posso solo dirle che quello che sta facendo è totalmente scorretto? ».
Tony non ebbe remore a premere sull'acceleratore. Riusciva solo a pensare che avrebbe rivisto Pepper. Col suo nuovo gruppo di colleghi. Ned compreso.
« Posso solo ricordarti che non ti ho programmato per darmi consigli? » sbottò infastidito.
Non aveva voglia di sentire stupide ramanzine. L’AI non rispose e in meno di cinque minuti, arrivò di fronte al Fox Trot Cafè. Guardò l’entrata di uno dei locali più chic del momento, arricciando il naso.
Guardò meglio e notò diverse celebrità all'entrata, intenti a fumare o più semplicemente a ciarlare.
Scese dalla vettura, attirando immediatamente su di sé una folta schiera di sguardi increduli, soprattutto quelli femminili. Nessuno si aspettava di vederlo in carne ed ossa, in pubblico dopo mesi di fulgidi pettegolezzi. Si avviò con passo sicuro nel proprio completo a metà tra l’elegante e il casual: camicia bianca, giacca gessata grigio chiaro, pantaloni in denim dello stesso colore e Nike rosse che sembravano poter prendere fuoco.
 
E fu come un fulmine a ciel sereno. Vide Tony fare il proprio ingresso come una diva del cinema hollywoodiano. Sentì la bocca inaridirsi. Invocò l’aiuto di qualsiasi divinità, chiunque avesse avuto pietà di lei. Voleva rivederlo. Doveva parlargli, spiegargli quanto quell’assurda pausa, che aveva preteso senza dargli la possibilità di fermarla, le avesse aperto gli occhi e il cuore. Avrebbe dovuto chiedergli scusa per quei mesi, dargli la notizia che una donna aspetta pur inconsapevolmente. Ma non mentre aveva indosso un abito da sera, quasi al pari di quello cobalto, accompagnata da Ben che intanto le aveva confessato un commento astioso.
« Ci mancava solo lui ».
Pepper si sentì infastidita. Tony non era la persona più facile del mondo, ma non meritava il giudizio di sconosciuti. Si disse che forse il collega non era poi del tutto ingiustificato. Persa in quei pensieri, non prestò attenzione all’avvicinamento di una collega Tiffany. Posandole una mano sulla spalla, avvicinò il viso perché potesse sentirla.
« Ma quello non è il tuo ex capo? » disse come se dovesse confidarle un segreto.
« E’ la mia catastrofe… » sussurrò lei a sé stessa.
Si era aspettata di tutto, tranne che si presentasse davvero lì.
Come faceva a… RHODEY. Era l’unico che potesse dire a Tony che lei era lì. Gli aveva spifferato tutto!
Mentre già pensava a un modo per vendicarsi, una leggera nausea le torse lo stomaco ma cercò di non pensarci. Passò una buona mezz’ora in cui Pepper quasi si dimenticò dell’accaduto, ma nonostante questo, continuava a nascondersi il più possibile. Fu grata quando qualcuno avviò la musica e Ben la invitò a ballare. In quel momento, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di sparire dal mirino di Tony, intento ancora a stringere mani e salutare tutti quelli che gli si avvicinavano. Poggiò una mano sulla spalla del suo accompagnatore, sperando di non dargli false speranze.
« Virginia? – lei si scostò per poterlo guardare in viso – Devo chiederti una cosa »
Come non detto, pensò.
« Dimmi pure ».
« Vedi, è da un po’ che ci rifletto e… - per un attimo, la sua attenzione fu catturata da una sensazione strana quanto familiare – Mi stai ascoltando? ».
« Sì, scusami… Stavi dicendo? »
« Mio fratello si sposa e sono da solo… »
« Ow… E’ che… ».
Intanto riconobbe quella sensazione. Era come se qualcuno la stesse studiando.
« Troppo presto? »
« Appena un po’ » rispose imbarazzata.
« D’accordo. Era solo un’idea » disse, facendo spallucce.
Lei scosse il capo per gettarsi alcune ciocche della frangetta che le pizzicavano gli occhi.
Quando tornarono a ballare, ebbe la certezza che qualcuno la stesse osservando con particolare attenzione. Ben le fece fare una lenta piroetta e le sorrise. Malgrado il disagio, ricambiò. Era comunque un bel uomo e una gradevole compagnia. Tornò alla posizione di partenza e si lasciò guidare finché il suo sguardo non finì verso il bancone. Intercettò la figura di Tony con una mano nella tasca dei pantaloni e l’altra che reggeva un Vodka Martini. In piedi, in un atteggiamento che trasudava di arrogante calma come quella di un predatore che aspetta il momento per ghermire la preda e sulle labbra, incorniciate dai baffi e dal corto pizzetto, aleggiava il suo tipico sorriso obliquo. Quel sorriso sensuale che metteva in soggezione chiunque e da cui Pepper aveva cercato di immunizzarsi. Senza molto successo.
Poi Tony bevve l’ultimo sorso del drink, lasciò il bicchiere per dirigersi verso di lei. Si staccò da Ben, che la guardò per capire cosa stesse succedendo. Tony non le chiese nemmeno di ballare. La sua reazione immediata al suo avvicinamento gli aveva già fornito la risposta. Colse la lontananza di pochi centimetri fra lei e il collega e, afferrandola gentilmente, la trascinò nel bel mezzo della pista quasi buia. Eccezion fatta per i fari colorati di fucsia e verde, che creavano strane ombre sulle piastrelle nero lucido. Le luci soffuse della zona bar erano oscurate dalle persone attorno a loro. La musica faticava a coprire totalmente le infinite conversazioni in quel ambiente, ma Pepper riuscì a distinguerne il tono allettante del blues. 
« Che cosa ci fa qui? » chiese a denti stretti.
Lo fece perché doveva trovare un modo per non pensare a quale velocità le loro distanze si fossero annullate, così come il suo coraggio. Stava accadendo di nuovo: in un ambiente dell’alta società, con indosso un abito decisamente provocante e un lento con l’uomo più acclamato o odiato, a seconda dei punti di vista, degli Stati Uniti d’America. E lei, come sempre, si era dimenticata del deodorante.
« Siamo tornati al ‘lei’ » commentò con un cipiglio di disapprovazione.
Pepper non seppe capire se erano le occhiatacce delle donne invidiose a lusingarla o piuttosto gli scanner a raggi x degli uomini a metterla in soggezione. O forse il non aver detto a Tony di non lavorare più all’interno delle Stark Industries. In ogni caso, sentiva di essere al centro dell’attenzione dell’intera Manhattan.
Tiffany abbracciata ad un altro uomo, ammiccò verso di lei. Sì, era decisamente al centro dell’universo.
« Risponda alla mia domanda »
« Davvero frequenta quel tipo? » chiese Tony, cercando di cambiare discorso.
Doveva parlare di qualcosa, qualsiasi cosa. Tenere gli occhi su quel co…llega perché se avesse dato uno sguardo in più al tessuto che avvolgeva le forme di Pepper sarebbe andato in tilt. Dio solo sapeva quanto aveva aspettato di poterla stringere di nuovo a quel modo. Una sua mano grande sosteneva una delle sue, minute e graziose anche solo nel sorreggere una penna per scrivere, mentre l’altra era appoggiata sulla propria spalla. Riusciva ad avvertire quel suo tocco leggero anche con la giacca addosso. L’altra propria mano invece la premeva contro di sé sulla schiena. Si stupì di sé stesso e del proprio autocontrollo. Se fosse dipeso da lui, se la sarebbe caricata addosso e l’avrebbe portata a casa. Lo indicò con un cenno del capo.
« Si chiama Ben »
« Credevo si chiamasse John ».
Stava per chiedergli come conoscesse, più o meno, il suo nome ma poi ricordò chi aveva fatto la spia e tornò a concentrarsi sul proprio obbiettivo.
« Perché è venuto qui? » domandò di nuovo, decisa a cavargli fuori le parole.
Dovette cercare di calmare il cuore quando si ritrovò con la guancia contro la sua. Il contatto con la sua barba ispida e curata le provocò una serie di lampi mnemonici impellenti.
« Non fa per lei » rispose mentre sentiva gli occhi azzurri della donna bruciargli sulla pelle.
A pochi centimetri da lui, gli sembrava di fluttuare. Era bellissima, ma d’altronde lo era sempre stata. Solo che la propria mente brillante aveva ignorato la presenza di Pepper in ogni momento, bello o brutto, della propria vita. Ora indossava un abito nero con le maniche a tre quarti la fasciava fino poco sopra il ginocchio, lasciandole la schiena scoperta e i piedi racchiusi in un paio di Louboutin coperte di lustrini. I capelli rossicci erano sciolti sulle sue spalle come la sera di beneficenza. Anche allora il suo genio non gli aveva permesso di baciarla.
« Quindi mi stava pedinando? »
« E’ un paese libero » disse, con la stessa ovvietà con cui si sa che l’acqua è bagnata.
« Si rende conto che è assurdo? »
« Assurdo è che lei sia uscita con Brian » aggiunse poi con stizza.
« Ben » gli ricordò, senza impegnarsi troppo nel nascondere il nervosismo.
Quel loro battibecco, simile a quelli dell’ultima dozzina di anni, la stava divertendo e stancando allo stesso tempo. Si era allenata a quelle interminabili discussioni senza capo né coda, ma ne usciva sempre spossata. Era come parlare con un muro di mattoni.
Tony era riuscito a scorgere un sorriso sul volto della donna e il pensiero che ne fosse lui la causa gli fece capire che era in grado di volare, anche senza i propulsori.
« E io che ho detto? ».
Faceva sempre più caldo e Pepper cominciò ad avvertire le vertigini. Non riuscì a fermare il brivido che la attraversò fino alle punte dei piedi, quando avvertì le dita ruvide dell’uomo carezzarle di nascosto la pelle scoperta. Era un contatto così familiare. Voleva che la stringesse più forte, che la portasse via di lì e che…
Affondò le unghie nella manica della giacca che copriva il braccio dell’uomo, attirando la sua attenzione ma soprattutto la sua preoccupazione. Forse non era stata la tenzone fra loro a privarla di energia, ma la gravidanza. Anzi ne fu certa quando per poco non gli cadde addosso. Tony, attirato dalla stretta sul proprio bicipite, girò il viso abbastanza per vederla poggiare la fronte sulla sua spalla.
« Pepper, si sente bene? » chiese quando la sentì appoggiarsi a lui con tutto il peso, come se non sopportasse più la gravità. La sua mano si spostò e il suo braccio le circondò il busto per sostenerla.
« Mi manca l’aria » sussurrò debolmente e cercando di non dare nell’occhio, si allontanò con lei verso una delle uscite di emergenza. Ma proprio quando le avvolse la vita con un braccio per sostenerla, qualcuno bussò sulla sua spalla. Si voltò appena e si ritrovò davanti il bellimbusto di prima.
« Tutto a posto? »
« Stavo accompagnando Pepper a casa » dichiarò, senza lasciar spazio a possibili obiezioni.
« Pepper? – chiese - Virginia… » continuò, guardando in direzione della donna.
Lei cercò di nascondere il proprio malessere.
« Ti ringrazio per la serata, ma non mi sento molto bene. Ho bisogno di tornare a casa » si spiegò, accompagnando il tutto con un sorriso cortese.
« Sei sicura? ».
Nel domandarlo guardò alternativamente la donna e Tony, che aveva assunto un’espressione omicida.
« Hai sentito la signora, amico? Viene con me »
« Tony… » lo riprese con lo stesso tono che una madre usa con un bambino.
« Che c’è? Ancora non gli ho messo le mani addosso ».
Ben lo guardò sgomento per quell’affermazione ed ebbe l’impulso di scansarsi quando il miliardario gli diede un buffetto sulla guancia.
« Buon proseguimento » gli augurò Pepper, chiedendo tacitamente scusa al collega che rimase a guardarli mentre sparivano fuori dal locale. Ovviamente il loro tentativo di uscire inosservati era divenuto un fallimento vero e proprio. Qualcuno si era accorto del modo rapido con cui erano spariti fuori dal locale, cominciando a sussurrare. Pepper non riuscì a cogliere le loro parole, impegnata com’era a mettere un piede davanti all’altro. Compito peraltro reso più difficile dal tubino attillato e dalle scarpe vertiginose.
« Vuole che le faccia la respirazione bocca a bocca? » scherzò Tony, riportandola alla realtà.
« Cretino… » sibilò, facendolo ridere mentre si fermavano all’angolo dell’incrocio.
Continuò a tenere una mano sulla sua schiena mentre l’R8 si avvicinava al marciapiede. Aprì la portiera, ma Pepper si fermò per porgli ancora una volta il medesimo quesito.
« Mi dica perché è qui? » chiese ancora.
Lui gonfiò le guance, roteando gli occhi. Perché doveva essere così insistente?
« Per evitare che finisca a terra e che John se ne approfitti ».
Lei non lo corresse ancora. Non aveva le forze. Inoltre sentì un pessimo segnale partirle dallo stomaco.
« Davvero cavalleresco – inspirò, riuscendo finalmente a riacquistare un minimo delle proprie facoltà motorie – Mi scusi solo un attimo… ».
Tenendosi al bordo del muro con una mano, si nascose dietro ad un cassonetto per vomitare. Si piegò in due, pronta a cadere faccia avanti ma un braccio le avvolse la vita per evitarlo e una mano le raccolse i capelli per toglierli dal viso. Incredibilmente e per fortuna di entrambi, Tony non disse nulla. Se avesse fatto qualche illuminante battuta, a) l’avrebbe strozzato e b) si sarebbe vergognata da morire. Non sapeva se avesse scelto l’una o l’altra reazione, o magari entrambe in successione.
Si tirò un po’ più su, quando i conati smisero di percuoterla. Poi l’uomo le porse un fazzoletto di stoffa rossa e una chewngum alla menta. Arcuò un sopracciglio mentre afferrava il fazzoletto per pulirsi le labbra, ancora impastate dal sapore acido.
« Tenga » riferito alla gomma da masticare, rimastagli sul palmo.
« Perché? »
« Immagini se dopo la volessi baciare… » rispose, scoccandole la sua occhiata sensuale brevettata.
« Sul serio? » chiese lei, irritata. Pensò malignamente che avrebbe potuto vomitargli sulle scarpe anziché avere la premura di farlo dietro ad un bidone.
« O forse lo farà lei? »
« Perché dovrei? ».
Si accorse troppo tardi di ciò che aveva detto perché già aveva gli occhi calamitati sulle labbra dell’uomo.
« Non faccia finta di non saperlo » le rispose con tono indulgente.
Prese il chewngum e se lo mise in bocca, cominciando a masticare. Almeno si sentiva meglio e lui avrebbe smesso di burlarsi di lei. Si drizzò, fissando il cielo sopra di loro, soffocato da una coltre di nubi che preannunciava un furioso temporale. Senza dire niente, Tony si sfilò la giacca e gliela poggiò con cura sulle spalle quando una raffica di vento le scompigliò i capelli.
« Meglio? » le chiese, studiandola. Lei annuì.
« Prendo un taxi » disse infine.
« No, la accompagno personalmente al suo appartamento » rispose in un tono che non ammetteva repliche.

Angolo Autrice: Salve Lettori! Per chi già mi conosce, mi spiace ma ho infestato anche questo fandom xD 
Come scritto nell'intro, questa è una storia che tenevo chiusa nel pc da qualche annetto. Dopo Civil War ha subito un cambiamento e adesso un altro. Il risultato è questa raccolta un po' strana, che spero però vi piacerà comunque. 
Prima di lasciarvi volevo precisare un paio di cose:
- il titolo di questo capitolo è riferito alla canzone citata di Solomon Burke (l'ispirazione mi è venuta guardando il film di appunto, Dirty Dancing per la milionesima volta eh eh....), che secondo me esprime appieno lo stato del nostro Tony in assenza della sua Pepper;
- il titolo dell'intera storia è invece riferito alla canzone dei Colplay, The Scientist, che adoro per una serie di motivi ma che non vi dirò per non tediarvi ;)
Ovviamente sarà il brano che farà da sfondo all'intera raccolta e di tanto in tanto, inserirò alcune strofe. Poi capirete il perchè ad un certo punto... *-*
Ringrazio tutti i visitatori e _Atlas_  per la sua recensione :)
A presto!
50shadesOfLOTS_Always
   
 
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