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Autore: Lady R Of Rage    12/05/2017    1 recensioni
“Bellissimo” era stata la prima parola che gli era venuta in mente nel vederlo.
“Spezzato” era stata la seconda.
[UT!Mettaton/UF!Mettaton (aka. Pinkblood)]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Mettaton
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Kintsugi

“Bellissimo” era stata la prima parola che gli era venuta in mente nel vederlo. 
“Spezzato” era stata la seconda. 
Alphys aveva sussultato, portando le mani alle labbra e rovesciando a terra un’intera confezione di tagliolini istantanei quando era entrato nel laboratorio portandolo in braccio. 
-È identico a te.- aveva balbettato facendosi aria con la mano.
-Lo so. Non è la creatura più bella che abbia mai visto?- aveva risposto lui.
Era stato allora che aveva parlato, un no strascicato con un filo di voce. 

Quella fu l’ultima parola che pronunciò per un mese intero, almeno da sveglio. Lasciava che Alphys lo studiasse, lo curasse, saldasse i polsi pieni di tagli e le gambe livide e la ragnatela di insulti incisi sul suo petto sotto la corazza, ma qualora lei osasse fargli una domanda si accucciava su sé stesso, coprendosi il volto, piangendo forte da quattro occhi, mugugnando versi incoerenti. 
Era di notte che parlava. Mettaton andava a visitarlo mentre dormiva, rannicchiato nella sua cuccetta, e ascoltava col cuore in gola i discorsi senza filo logico che gli uscivano di bocca. 
I suoi deliri raccontavano storie. Storie di persecuzione, di paura, di pianti amari, di notti insonni trascorse nel capanno di quell’essere che si faceva chiamare “Boss”, i polsi incatenati dietro la schiena e uno straccio ficcato in bocca fino alla gola, sperando che presto o tardi gli venisse voglia di lasciarlo andare.

Alphys ci arrivò prima di lui.
-Un universo parallelo, Metta. Il dottor Gaster lo chiamava “Underfell”. Non è un posto piacevole. Il nostro nuovo amico ne è la prova.-
Mettaton non aveva mai visto nessuno odiare sé stesso così tanto. Nemmeno Napstablook, nei suoi momenti peggiori, aveva mai disprezzato sé stesso come lui. 
Aveva ripreso a parlare dopo un mese, e si era presentato come Mettafell. “L’idolo che tutti odiano”, aveva sussurrato asciugandosi le lacrime. 

-Cos’hai fatto all’anima, tesoro?- gli chiese un giorno Mettaton. 
Mettafell aveva alzato gli occhi dal pavimento: -Sono cattivi con me. Mi picchiano. Mi insultano. Mi tirano le cose. Quindi si è spezzata.-
-Non ti sei mai curato prima?- 
-Mai. La mamma dice che è colpa mia. Ha ragione. Sono cattivo. Non ho mai chiesto di essere creato.- 
Mettafell guardava un punto lontano, cullandosi con le quattro braccia. 
-Non dovrei essere qui. Boss era arrabbiato con me. Voleva fondermi. Sono scappato. Sono caduto nella Cascata. Poi sono arrivato qui.-
Lo guardò negli occhi, profondamente, il viso contorto in un’espressione indecifrabile.
-Tu sei tanto caro. Non ti merito.-
Mettaton sorrise, ammirando le sue forme soavi. “È persino più bello di me. Come si può fargli del male?”.
-Non sei stanco di tutto questo, tesoro?-
-Sono rotto, Mettaton. Tutto rotto. Non si riparano le cose rotte.-
Giunse le braccia al petto, come per farsi scudo contro un’imprecisata minaccia.
-Lo dice Boss, questo?-
Mettafell fece sì con la testa.
-E tu ci credi?-
Sbatté le ciglia, prendendo un profondo respiro. 
Lo guardò per un minuto intero. Poi sorrise.
-Ora no.-
 
  
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