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Autore: Honodetsu    14/05/2017    1 recensioni
'...“E bene... Ora siamo marito e moglie...?”
Il vino scivolò scintillante nel bicchiere di cristallo, il suo aroma si sprigionò nella lussuosa stanza mischiandosi agli altri odori di cibi e bevande. Musiche raffinate fluttuavano nell'aria, seguite dal chiacchiericcio delle innumerevoli persone intente nei festeggiamenti. Fuori, il buio di una notte illuminata solo dalla luna piena.
“E bene...”
Ripeté lui le sue parole, con occhi rapiti e sorriso dolce.
“Ora siamo marito e moglie.”
E così dicendo, le porse il bicchiere contenente il liquido scuro...'
Per chi sarà interessato, auguro buona lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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-Austria, Roderich-

1867, nascita dell'Impero Austro-Ungarico.
“E bene... Ora siamo marito e moglie...?”
Il vino scivolò scintillante nel bicchiere di cristallo, il suo aroma si sprigionò nella lussuosa stanza mischiandosi agli altri odori di cibi e bevande. Musiche raffinate fluttuavano nell'aria, seguite dal chiacchiericcio delle innumerevoli persone intente nei festeggiamenti. Fuori, il buio di una notte illuminata solo dalla luna piena.
“E bene...”
Ripeté lui le sue parole, con occhi rapiti e sorriso dolce.
“Ora siamo marito e moglie.”
E così dicendo, le porse il bicchiere contenente il liquido scuro.



Strofinò le lenti degli occhiali su un lembo della maglietta, per poi riposarli sul naso. Ecco, ora poteva vederla bene: la luna.
Sospirò, come solo quella massa luminosa riusciva a farlo sospirare. Distolse lo sguardo e lo posò sul pianoforte. Avrebbe potuto suonare, sì, avrebbe potuto farlo per soffocare la malinconia che lo prendeva tutte le sere di luna piena, ma quella volta non se la sentiva.
Quella sera, appena aveva sentito quel sentimento malato ed intenso, invece di tentare di soffocarlo; come faceva da ormai troppo tempo, aveva deciso di rimanere fermo. Sì, esattamente, fermo davanti alla finestra a guardare la luna; fonte di allacciamento a dolorosi ricordi.
Chiuse gli occhi e serrò le labbra, odiava sentirsi così non era solito a lasciarsi andare ai sentimenti.
Ma quando c'era lei di mezzo, ogni difesa cedeva. Ed anche questa volta stava cedendo, ma diversamente rispetto alle altre volte: questa volta, lui voleva cedere.
Dopo tutto era da tanto che non lo faceva, era da tanto che non si lasciava andare. E allora ritornò a guardare la luna per qualche minuto e dopo poco, dopo terribilmente poco, i ricordi fecero capolino.
Si ricordò della cerimonia della loro unione e dei festeggiamenti fatti la sera. Ricordò la sorda gioia che provò nel vederla in quell'abito così elegante e femminile, un abito il quale; ricordò, non poté fare a meno di pesare avesse messo solo per lui.
Nel ricordarlo sorrise, animato dagli stessi sentimenti di quel giorno. Riuscì anche a rivivere il dolce odore di lei, che aveva sentito mentre le stringeva la mano portandosela alla bocca per baciarla ed invitarla a ballare.
Quell'aroma lo colpì con forza, quasi come uno schiaffo: risentirlo nelle narici, se pure come un lontano ricordo, gli scaldò il cuore e lo fece sorridere euforico. Quasi, si stupì lui stesso profondamente commosso, gli veniva da piangere.
Perché, si chiese, perché fino ad allora era scappato dai ricordi? Che sciocco, che idiota, che cosa si era perso in tutto quel tentare di non soffrire. Era così dannatamente bello quello che stava provando, così forte ed intenso che quasi, gli sembrava, lo stesse rivivendo davvero, che fosse reale. Profondamente rapito da tutte quelle emozioni, stordito ma incredibilmente felice, posò una mano ad una parete tentando di fermare le vertigini che lo stavano prendendo. Si mise seduto, bramoso di continuare a ricordare tutti quei dettagli e quelle sensazioni che aveva provato quel famoso giorno in cui Elizaveta divenne sua.
In cui lui, Austria, divenne tutt'uno con Ungheria.
Adesso non aveva più bisogno di guardare la luna per ricordare, si tolse persino gli occhiali, in questo caso non aveva bisogno di vedere bene, non aveva più bisogno di nulla. Chiuse gli occhi. Adesso voleva solo annullarsi nei ricordi.
Con il cuore che palpitava, si immerse nuovamente nei dettagli dell'abito di lei, nel ricordo dei suoi lunghi capelli castani raccolti, lasciando scoperto quel bellissimo, lungo collo bianco e le spalle.
Ecco, ora poteva quasi vederla, passare sotto l'arco a tutto sesto ed entrare nella navata centrare di quell'enorme sala luminosa e lussuosa; poteva sentire l'atmosfera di quella festa.
Ricordò, e per questo gli parve di rivederlo in quel medesimo instante davanti ai suoi occhi, di come cercasse tra folla di gente allegra qualcuno. Sorrise. Ovviamente stava cercando lui.
Però era strano, si ritrovò a pensare nel ricordare quel momento, poiché spesso aveva voltato lo sguardo verso la sua figura senza fermarlo mai su di lui. Fu proprio per quel motivo che, nel suo ricordo, si vide muoversi verso di lei facendosi vedere.
Si ricordò di come gli sorrise stupita, come se realmente non lo avesse visto fino a quel momento. Lì per lì gli parve strano, ma dopo, come adesso, si abbandonò alle sensazioni dolci che quel sorriso gli causò.
Austria, seduto sulla sua poltrona, stava ad occhi chiusi ormai immerso nel mondo della reminiscenza.
“E bene... Ora siamo marito e moglie...?”
Quelle parole aveva detto, Elizaveta.
Una frase di cui lì per lì, quella sera, non aveva colto la vera essenza. Anche ora Austria se ne stava beato, ancora una volta ignorando le sue parole. Ed era pronto a continuare a ricordare quella sera se solo la sua mente non si fosse bloccata su quella frase.
Aggrottò le sopracciglia, con gli occhi ancora chiusi.
“E bene... Ora siamo marito e moglie...?”
Perché quella frase continuava a ripetersi nella sua testa? Aprì gli occhi, le sopracciglia ancora aggrottate. La sua mente ancora intorpidita da tutte quelle emozioni. All'improvviso sentì un senso di profondo disagio.
Si portò una mano al viso, massaggiandosi la fronte e rimase sorpreso, poi, nel vederla sfocata. Era senza occhiali, se lo era dimenticato.
Una volta posate le lenti davanti agli occhi il senso di disagio di fece ancora più forte.
“E bene... Ora siamo marito e moglie...?”
All'improvviso, quella frase, gli parve acquistare senso. Si morse un labbro. Più che il senso di quelle parole, riuscì finalmente a cogliere il tono della sua voce; che fino a poco prima gli era sembrato normale. Sentì il disagio trasformarsi in tristezza. Lo aveva detto con un tale tremore nella voce, quasi le costasse, come se non volesse. Sconvolto da questa scoperta rimase per qualche secondo rigido, con i muscoli contratti e la schiena ritta, ripensando al suo viso nel mentre diceva quelle parole.
Possibile se ne fosse accorto solo ora?
I muscoli si rilassarono, la schiena si curvò. Posò i gomiti sulle ginocchia ed immerse il viso tra le mani, sollevando gli occhiali e strofinandosi gli occhi. Perché quell'indecisione nella voce? Avevano scelto insieme di unirsi, d'altronde. Allora perché? Scosse la testa, come se cercasse di scacciare quei pensieri.
No, doveva sbagliarsi: se fosse stato vero se ne sarebbe accorto subito; lui faceva caso a certe cose. Forse si era così tanto lasciato andare che stava cominciando ad immaginarsi cose assurde. Si lasciò scivolare sullo schienale della poltrona, ancora un po' stordito dai suoi dubbi.


Lui le prese la mano e con un gesto elegante gliela baciò. Lei lo lasciò fare, guardando il suo capo inclinarsi.
Quando quella nazione con le labbra posate su quella mano divenne uomo, poiché solo uomo può essere definito quel qualcuno che prova un sentimento tanto forte quanto è l'amore; in quel momento anche la proprietaria di quella stessa mano divenne donna. Già, donna pazza d'amore. Ma non per quell'uomo.


Ancora non del tutto convinto, Austria, decise di continuare il suo viaggio nel tempo.
Si tolse gli occhiali ancora turbato e chiuse gli occhi. Rivisse la scena, il suo sorriso e le sue parole che, nuovamente, lo turbarono. Questa volta gli parve di notare qualcosa in più oltre al tono di quella frase: il suo volto.
Il volto di chi subisce il peso di una decisione forzata ed il desiderio di essere altrove. Questa nuova scoperta gli fece male, malissimo.
Ma forse si sbagliava, forse non era vero, forse stava cominciando a confondere la realtà con la finzione.
Reale o meno il dolore che stava provando, il dolore morale; era vero.
All'improvviso l'idea che Ungheria non avesse nemmeno provato un minimo di gioia in quell'unione lo fece sprofondare in una sorda infelicità. Le mani presero a tremargli, le sopracciglia si aggrottarono quasi fino a congiungersi, ma si costrinse a continuare.
Era l'unico modo che aveva per ricordare, per ricordarla.
Ecco, ora stavano ballando; proprio come allora lei gli aveva sorriso in un modo che lui definì timido ma che ora gli parve solo di circostanza. Le aveva posato una mano sul fianco e lei lo aveva guardato, ora riusciva a leggerne l'imbarazzo.
Aprì gli occhi con orrore, portandosi le mani tra i capelli e fissando inorridito il vuoto. Ma ormai il ricordo di quel giorno continuava a scorrere rapido davanti ad i suoi occhi, come la pellicola di un vecchio film.
Davanti a lui non vi era più un muro ma lei; non vi era più silenzio ma musica. Intorno a lui l'architettura delicata e raffinata.
Ed ora, incredibilmente, nel volto di Ungheria riusciva a leggere il suo vero stato d'animo.
Austria sentì il cuore stringersi nel petto. La melodia che aleggiava nella sua memoria di fece più veloce, così come prese a vorticare l'ambiente intorno alle loro figure ed; al centro di quel vortice, solo loro.
Quel roteare così prepotente e quella musica che si faceva sempre più forte ed intensa nella sua mente, lo stava facendo uscire di senno. Si costrinse a concentrarsi nel volto di lei.
Un sorriso tirato e lui per poco non si sciolse. All'improvviso tutto si arrestò, sprofondando nel buio.
“Questo matrimonio... Combinato... Sarà produttivo in qualche modo, vero?”
Era questo per lei? Solo un matrimonio combinato? Un qualcosa di puramente economico e produttivo. Un dolore al petto lo fece tremare.
“Da oggi siamo l'Impero Austro-Ungarico...”
Di nuovo luce.
A ferirgli gli occhi quando li riaprì era la luce della lampada sul comodino accanto alla poltrona. Austria sbatté un paio di volte le palpebre, tentando di abituarsi alla luce. Contrasse la mascella.
Le lacrime gli arrivarono agli occhi prepotenti. Lei non aveva mai provato niente per lui. In tutto quel tempo, se bene a lasciarlo fosse stata lei, aveva sempre creduto che almeno all'inizio Ungheria avesse provato qualcosa nei suoi confronti. Chiuse gli occhi ed una lacrima si fece strada tra le sue ciglia, scivolando poi giù per la guancia.
All'improvviso si rese conto che il solo ripensare a quel giorno gli faceva male, non vi trovava più nemmeno un momento felice. L'amaro di quella scoperta gli corrodeva la gola e gli faceva bruciare gli occhi con lacrime acide.
Ed ora non voleva più ricordare, ora non voleva più lasciarsi andare. No, adesso voleva solo nascondersi dal suo dolore e mettersi a suonare il piano, per calmarsi. Ma il suo corpo e la sua mente glielo impedivano.

Lui l'accompagnò nel ballo, la fece vorticare in quelle luci; intorno a loro mille altri danzatori.
Lei lo lasciò fare, ogni tanto quando il suo sguardo incontrava quello del suo nuovo marito gli sorrideva con circostanza.
Fisicamente era lì, ma di testa era altrove. Muoveva nervosa lo sguardo per la sala, cercando di scorgere speranzosa qualcuno, con degli occhi che lasciavano intendere in quei fugaci attimi, in cui lui non la guardava, tutta la sua voglia di scappare via di lì.
Ed ecco, dopo l'ennesimo volteggiare in quella musica; con la mano dello sposo sulla vita ed il suo sguardo perso nel suo sogno, che lei trovò quel che tanto cercava nella folla.
Un sorriso largo e spontaneo le si delineò sul volto, sorriso che la nazione davanti a lei, ormai divenuta uomo, non si lasciò sfuggire. E che credette fosse rivolto a lui. Finalmente la musica finì e la danza si arrestò.
Ungheria, o meglio, Elizaveta (solo così può esser chiamata, dato il fatto che il cuor di ella provò amore) si fece nuovamente baciare la mano dallo sposo. Roderich (chiamato anch'egli così per il medesimo motivo) le sorrise amorevole, ignaro dei sentimenti di lei.
La donna rimase in silenzio, aspettando ansiosa che parlasse ma poiché non lo fece, decise di parlar lei.
-”Grazie per l'onore di questo ballo. È stato davvero un piacere.”-
-”Anche per me lo è stato. Non immagini quanto.”-
Lo sguardo di lei si posò dietro le sue spalle, lui se ne accorse e fece per girarsi ma lei parlò.
-”Grazie ancora,”-fece un lieve inchino-”ora vado ad accogliere gli invitati.”-
Roderich annuì, facendosi da parte per farla passare. La seguì con lo sguardo finché non la vide avvicinarsi ad un'altra nazione.
Divisa di un bianco acceso, al collo una collana con una croce celtica, capelli di un grigio così chiaro di apparire bianchi, tanto che si confondevano con il vestito; occhi di un rosso profondo.
Prussia.
Il cuore di Roderich perse un battito.
Perché la sua Ungheria, la sua Elizaveta, era andata dritta da Prussia?



Gli sembrò quasi di poter sentire quei morbidi capelli castani sfiorargli i polpastrelli, di poter vedere ancora il sorriso sincero che gli scambiò mentre pronunciava le parole del giuramento il giorno della loro unione.
Ma quello era davvero un sorriso sincero? In quel momento gli era sembrato di sì. Ma adesso?
Sentì la testa esplodergli e le lacrime farsi sempre più pesanti ed acide. Adesso che lo ricordava non ne era più tanto convinto. Ora che ci ripensava non era più neanche tanto sicuro che gli avesse sorriso. Strinse le mani a pugno per poi lasciarle scivolare sul grembo. No, si sbagliava. Lei aveva sorriso ma non per lui.


-“Da oggi siamo l'Impero Austro-Ungarico”- sorrise, un sorriso triste.
Davanti a lei, Roderich, ma ciò che lei aveva fisso negli occhi non era lui ma tutt'altro.
Ciò che aveva scolpito nelle pupille e nel cuore era il volto segnato di Prussia che proprio nell'attimo in cui, giorni prima, proprio in quella stessa sala l'aveva baciata con desiderio e passione; da semplice nazione era diventato uomo.
E proprio in quel trionfo d'amore, di un'amore urlato silenziosamente tra due amanti in una sala piena di gente, l'amore non corrisposto di Roderich divenne cieco e malato, possessivo.
Proprio quel genere d'amore malato che spinge una nazione a conquistarne un'altra.
E proprio in quel medesimo momento Roderich, da uomo tornò nazione.
Da Roderich tornò Austria.

  
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