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Autore: Death Lady    15/05/2017    3 recensioni
Mycroft ha sempre amato darti soprannomi. Gli è sempre piaciuto, fi da quando eri piccolo e, così appassionato alla musica e ai tuoi giochi, amavi passare le giornate all’aria aperta e non con lui che, silenzioso e cupo, si costruiva un’armatura di cultura nella sua stanza, guardandoti, di tanto in tanto, dall’alto della vostra casa di campagna. C’è stato il periodo del Pirata, quello del Peter Pan, finché, arrivato ormai a essere un adolescente nel pieno della tua forza e vitalità, eppure chiuso e restio a relazionarti con il resto del mondo, non era arrivato quello dell’Eroe Romantico.
Mycroft aveva iniziato a chiamarti così ironicamente, ma sempre tagliente nella freddezza del suo tono. Tuo fratello, ormai uomo adulto e affermato uomo di cultura, aveva già capito di che pasta eri fatto e già, con amarezza, prediceva il tuo futuro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’Eroe Romantico di Mycroft Holmes

 
Mycroft ha sempre amato darti soprannomi. Gli è sempre piaciuto fin da quando eri piccolo e, così appassionato alla musica e ai tuoi giochi, amavi passare le giornate all’aria aperta e non con lui che, silenzioso e cupo, si costruiva un’armatura di cultura nella sua stanza, guardandoti di tanto in tanto dall’alto della vostra casa di campagna.
C’è stato il periodo del Pirata, del Peter Pan, finché, arrivato ormai a essere un adolescente nel pieno della tua forza e vitalità, eppure chiuso e restio a relazionarti con il resto del mondo, non era arrivato quello dell’Eroe Romantico.

Mycroft aveva iniziato a chiamarti così ironicamente, ma sempre tagliente nella freddezza del suo tono. Tuo fratello, ormai uomo adulto e affermato uomo di cultura, aveva già capito di che pasta eri fatto e già, con amarezza, prediceva il tuo futuro.

Così come gli eroi romantici che tuo fratello tanto disprezzava -quelli di Foscolo e di Goethe, non trovavano pace nella loro vita fatta di menzogne e solitudine, di società chiuse in loro stesse e destinate all’involuzione e al caos totale- arriveranno a porre fine alla loro esistenza nel più tragico e definitivo dei modi, anche tu, ahimè, eri destinato a imboccare un sentiero autodistruttivo.

Mycroft lo sapeva, aveva sempre letto nei tuoi occhi vispi il bisogno di sentirti accettato, le forti passioni con cui eri destinato a crescere, che sarebbero cresciute con te, e che ti avrebbero accompagnato per tutta la vita.
Tuo fratello già vedeva in te il caso tipico dei protagonisti dei Romanzi degli inizi dell’Ottocento, cupi e fitti di riferimenti alla morte, pervasi da un senso di rivalsa nei confronti di una società che non accetta chi è puro di spirito e chi, a differenza di altri, vede più in là del suo naso.
Tuo fratello aveva già pronto, nel suo cassetto una cartella con il tuo nome scritto sopra. Tu che eri il fratello minore, tu che nella sua vita eri arrivato come un lampo di gioia, gli avresti causato solo guai. Lo aveva capito dal primo momento in cui aveva incontrato il tuo sguardo acceso e contento. Per questo aveva sempre cercato di tenerti lontano da lui, di farsi perfino odiare da te. Tu eri semplicemente quel tassello nella sua vita perfetta che non avrebbe fatto che complicare le cose. Saresti stato il pezzo fondamentale di un domino intricato, che a un tuo tremito sarebbe crollato. Una reazione a catena involontaria ma perfettamente prevedibile.

E forse, a volte pensi, Mycroft si pente ogni tanto di non averti seguito nei tuoi giochi, di non aver saputo apprezzare l’armoniosità e la gioia della vita come tu, nel fiore della tua giovinezza hai saputo fare. Forse, ti dici quando non sei concentrato a tenere a freno i tuoi pensieri, gli è mancato non esserti stato accanto, di non essere stato il fratello maggiore a cui tu, nel momento del bisogno, ti saresti affidato. Probabilmente aveva paura di rimanere contagiato dalla tua strana attitudine alla vita. Eppure, a volte pensi, forse se ti fosse stato accanto le cose sarebbero potute andare diversamente.

Tu, Sherlock Holmes -che all’età di quindici anni cercavi qualcuno che ti capisse, qualcuno che non fosse così lento, così fiscale sulle regole e, allo stesso tempo, così menefreghista del mondo- volevi qualcuno che ti ammirasse, non che ti temesse. Qualcuno a cui saresti potuto risultare interessante, non strambo. Volevi essere accettato.

E tu, invece, ti nascondevi.
Così come i grandi poeti si chiudevano nelle loro stanze a scrivere di poesia e letteratura, tessendo con parole e similitudini intricate versi che sarebbero poi rimasti nella storia, tu ti rinchiudevi nella tua stanza assaporando le prime note di un Notturno di Chopin, passionale e intenso come te.
Il violino, primo grande amore di tua madre ed ennesimo strumento che ti aveva allontanato da tuo fratello -di cui in quel periodo bramavi l’attenzione e l’aiuto- era stato il primo modo, da quando avevi cinque anni, con cui avevi imparato a trasmettere le tue emozioni al mondo.

Mycroft sapeva, non appena ti aveva visto varcare le soglie della casa materna con borsoni e valige, pronto per andare ad incontrare la tua amata Londra -pronto a scoprire il mondo, trasferendoti magari con qualcuno, come facevano i giovani- che saresti sicuramente andato incontro ad un percorso autodistruttivo.
Le tue occhiaie e la pelle pallida glielo avrebbero confermato pochi mesi dopo.

 
Eppure, così come il primo raggio di sole arriva a rischiarare il cielo al mattino, all’improvviso una persona era entrata nella tua vita sconvolgendo la tua routine in positivo. O almeno, direbbe Mycroft, all’inizio.

Tuo fratello infatti non lo aveva apprezzato. Il piccolo tassello con il tuo nome inciso sopra del suo grande domino aveva iniziato a tremare ed i pezzi intorno a lui lo stavano pian piano seguendo. Sarebbe stata questione di tempo -mesi, forse anni- e saresti caduto portandoti dietro tutto ciò che lui aveva costruito con dedizione per tutta la sua vita.

Il maggiore degli Holmes aveva trovato nuovamente azzeccato il soprannome di Eroe Romantico quando, un pomeriggio, il suo telefono aveva squillato: per la salvezza dei tuoi amici sarebbe stato necessario fingere la tua morte e, ovviamente, ti serviva il suo aiuto.
Sempre trasportato dalle emozioni travolgenti e la più terribile e distruttiva -quella da cui tuo fratello ti aveva sempre salvaguardato, quella da cui ti intimava di restare lontano- era l’amore. Il suo disegno di tessere scure aveva iniziato a cadere nel momento in cui, teatrale come sempre, ti eri dato lo slancio per lanciarti dal tetto del St Bartholomew’s Hospital. Non prima, ovviamente, di aver dato il tuo melodrammatico addio.
 

Così come era sempre stato in grado di inquadrare te, che non sei sicuramente una persona nella media, era stato facile per lui, non appena aveva incontrato il suo sguardo e gli aveva stretto la mano, decifrare John Watson. Non era assolutamente un eroe romantico lui ma, borghese medio, fieramente britannico, amava le tragedie dei romanzi classici e romantici. Era, e si vedeva, rimasto in poco tempo affascinato da te che, con la tua pelle chiara e gli abiti scuri coperti da un alone di mistero, rappresentavi perfettamente l’ideale di eroe letterario tormentato ed estremamente intelligente che si portava un peso enorme sulle spalle.

Eppure, per una volta, si era sbagliato.
Aveva sempre creduto -correttamente a dir la verità- che saresti finito in un baratro senza fondo ma -erroneamente- non aveva compreso che il pezzetto di domino, in accordo con le leggi della fisica, non sarebbe mai potuto cadere da solo. Sarebbe stata la mano di John che, inconsapevole, avrebbe dato la spinta decisiva, applicando, seppur inconsapevolmente, la forza adatta al momento meno opportuno. Lui non avrebbe potuto farci niente, avrebbe potuto solo vigilare ma, così come non si può conoscere la posizione esatta dell'elettrone di un atomo, non avrebbe potuto prevedere, malgrado la sua intelligenza, quando la mano del medico avrebbe fatto la mossa decisiva.

Quando tu lo avevi chiamato, tuttavia, aveva perfettamente compreso, mentre le tue parole gli perforavano l’orecchio come pugnali e nel suo palazzo mentale il domino cominciava a spiegarsi, che John Watson aveva finalmente colpito.

Da bravo amante della letteratura tormentata, poi, quel medico ficcanaso e fin troppo buono, non aveva saputo resistere al richiamo romantico delle lacrime, di una preghiera davanti a una tomba.
La lacrimata sepoltura che ogni eroe romantico sognerebbe e di cui Foscolo ha amato scrivere. Infatti tu ne eri rimasto piacevolmente colpito e, con il cuore a pezzi per aver dato tanto dispiacere a una delle persone più importanti della tua vita, eri partito con la promessa di esaudire, proprio come succede nei libri, il miracolo che l’uomo curvo sulla tua lapide ti aveva chiesto.

Quando, ormai due anni dopo, avevi deciso che era il momento di tornare dai tuoi affetti, tuo fratello -che con fatica, aveva cercato di fermare l’effetto a catena che la tua caduta aveva provocato e aveva cercato di riportare in piedi, seppur non intatto, qualche tassello di quel gioco complicato con cui ormai ti identificava- si era accasciato, distrutto e affranto, sulla poltrona del suo ufficio e, come gesto di stizza nei confronti della vita, aveva ordinato che gli portassero una fetta della sua torta preferita. Dando un morso e sentendo la crema invadere tutti i suoi sensi, aveva mandato in fumo la sua rigida dieta sapendo, irrazionalmente, che tanto la colpa era nuovamente tua e che, arrivati a quel punto, era meglio godersela la vita prima della fine.

 
 
Sei riuscito a leggere tutto questo, malamente sprofondato nella tua amata poltrona a Baker Street, mentre il tuo odiato fratello è seduto, con un cipiglio contrariato, nella poltrona davanti a te. Leggi la rassegnazione di chi sapeva che questo sarebbe già accaduto, ma scorgi anche la parvenza di un sospiro, in quegli occhi grigi come i tuoi, di chi ha finalmente di fronte ciò che si era aspettato per una vita e che ha finalmente finito di aspettare.

È mentre si alza e si avvicina con sguardo preoccupato che chiudi gli occhi, rassegnato e affranto.
Alla fine, per quanto tu possa sempre farti grandi problemi, sei sempre capace di deludere una persona sola alla volta e, oggi, non hai fatto del male a nessuno.

Tanto già se lo aspettava.

Tanto, ti dici strizzando gli occhi per impedire a immagini tristi di invadere la tua mente, hai fatto del male a John e a lui ci vorrà più di un giorno per riprendersi. Con lui, amante della letteratura tetra e dei colpi di scena ma allo stesso tempo grande intenditore di romanzi rosa, il tempo non sarà clemente. Così come tu eri destinato all’autodistruzione a causa delle forti passioni che animavano il tuo spirito, un’anima dolce, buona e fin troppo debole per un uomo forte come lui, era destinata a rimanere mutilata, non solo nel corpo, da un’anima scura e tormentata come la tua.

Eppure tu sai che a questa conclusione tuo fratello ci era già arrivato. Sai che nella sua testa sei ormai disegnato come l’Eroe Romantico per eccellenza. Non ti stupiresti nello scoprire che sulla tua cartella nel suo cassetto è scritto il tuo soprannome, non il tuo vero nome. Tanto ormai l’idea che si era fatto di te è diventata realtà.

Ovviamente lui non sbaglia mai.

Ed è proprio adesso che da perfetto Eroe tormentato ti trovi a dover affrontare il destino che il Fato ha già prescritto per te. Tu che hai sempre creduto al razionalismo e al materialismo, ti trovi a dover abbracciare l’idea che tutto ciò a cui sei andato incontro non dipendesse da te, che fosse già tutto scritto, nei tuoi occhi. Ti sorprende pensare che un animo arido e freddo come tuo fratello possa aver partorito un’idea del genere, eppure noi forse diventiamo sempre ciò che ci fa più paura: lui era diventato un Romantico.

Guardandoti da lontano, dall’uscio di quella casa troppo grande per una persona sola, Mycroft scuote la testa preoccupato guardando lo stato pietoso in cui ti sei ridotto, ormai sprofondato nuovamente nel baratro delle droghe. Le siringhe che hai utilizzato malamente abbandonate sul tavolino alla tua destra rappresentano l’obiettivo che, nella sua testa, eri destinato a raggiungere da sempre.

Abbassando lo sguardo decide di lasciarti lì, solo, riproponendosi di mandare qualcuno fidato ad aiutarti quanto prima.

Scendendo i gradini lentamente, facendo ondeggiare l’ombrello al ritmo cadenzato di una marcia che solo lui conosce, si appoggia con una mano alla parete. La tessera, grande e dall’aria autoritaria con quel suo colore scuro e lucido, che nel suo domino rappresenta lui stesso si è incrinata. Lui che ha sempre ripudiato le forti emozioni, che ha sempre provato a tenerti lontano, che ha sempre saputo a cosa tu saresti andato incontro, che ha sempre avuto tutte le risposte, per la prima volta nella vita sperimenta la paura. Paura di perdere ciò per cui ha lottato per tutta la vita.

Il respiro spezzato e gli occhi umidi lo accompagneranno fino al suo ufficio quella sera, dove, finalmente nascosto agli occhi del mondo, si lascerà andare a un pianto sommesso e trattenuto ma allo stesso tempo agognato, quasi provando vergogna per le emozioni divampanti che, in quel momento più che in ogni altro della sua vita, prenderanno possesso del suo corpo. 




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