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Autore: Cassje    19/05/2017    0 recensioni
Quando si è giovani, ci si culla nell'idea che il primo amore durerà in eterno e sarà l'arma più forte in nostro possesso per combattere qualsiasi male.
Quando si è giovani, si crede che il primo amore ci darà la forza necessaria per superare i piccoli o grandi ostacoli che ci vengono posti davanti e ci si convince che sarà la presenza della nostra anima gemella a tenerci in piedi durante le tempeste.
Quando si è giovani, si lascia che i difetti di chi amiamo diventino pregi, che i loro atteggiamenti negativi ci scivolino addosso, che ciò che odiamo diventi il cibo più prelibato di cui la nostra anima possa cibarsi.
Quando si è giovani, si ignora che il primo amore sarà ciò che ci trascinerà a fondo.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Si dice che l'amore guarisca, ti renda libero e ti aiuti a diventare più forte; si dice che l'amore sia l'arma più potente per combattere ogni guerra, l'unica armatura in grado di proteggerti dal resto del mondo.

Ma non per loro.

Il loro era un amore che faceva male, fatto di nocche rotte e labbra gonfie, di lenzuola attorcigliate alle caviglie e sigarette mal spente, di parole mai dette e discorsi silenziosi.

La loro storia non era destinata a spegnersi lentamente, ma a bruciare subito e fare male, molto male.

 

«Voglio sapere cosa siamo, Hyung, voglio sapere se questa cosa che abbiamo esiste davvero o è solo una creazione della mia testa. Voglio sapere a che punto stiamo.»

 

Crash

 

La bottiglia si infranse contro il muro, un suono sordo che riempì la stanza del motel più di quanto i loro respiri pesanti e carichi di rabbia non fossero riusciti a fare negli ultimi dieci minuti.

I cocci verdi della bottiglia di soju, sulla moquette rossa, riflettevano la luce della lampada al neon che penzolava pigramente dal soffitto, rendendo l'atmosfera asettica e surreale, e riempivano lo spazio che li separava mentre si studiavano guardinghi come due leoni nell'arena, pronti ad azzannarsi al collo per determinare chi fosse al comando.

 

Non era la prima volta che Yoongi e Junkook litigavano in modo pesante: generalmente c'era sempre un occhio nero o una costola incrinata a ricordare ad entrambi che il loro rapporto non era come tutti gli altri.

 

Min Yoongi, dall'alto dei suoi 25 anni, una dipendenza da fumo e un istinto irrefrenabile per le scelte sbagliate, non riusciva ad accettare che il suo... qualsiasi cosa fosse Junkook per lui, continuasse ad intromettersi nella sua vita, ad infilarsi sotto pelle come un virus e espandersi in ogni fibra del suo corpo, prendendo il controllo della sua mente, dei suoi gesti, dei suoi pensieri.

Jeon Junkook, d'altro canto, 21 anni di testardaggine mal riversata e un animo indomabile come le fiamme che, in quel momento, animavano il suo sguardo, non avrebbe mai lasciato che Yoongi la passasse liscia anche stavolta, solo per lo stupido desiderio di fingere che, la mattina seguente, tutto sarebbe tornato al suo posto.

 

In realtà, nulla era mai stato al posto giusto.

Nulla, a partire da loro due.

 

Crac

 

Il più grande fece un passo in avanti, il respiro affannoso e veloce di chi ha corso una gara ma non è riuscito a vincerla, e gli occhi socchiusi ma determinati, come un cecchino pronto a sparare al cuore. 

 

«Vuoi sapere cosa siamo io e te? Vuoi davvero tornare ancora su questo discorso? Io e te scopiamo, Junkook. Nulla di più. Riempiamo la noia l'uno dell'altro e ammazziamo il tempo. Io e te non parliamo, non indaghiamo le nostre vite mentre guardiamo il cielo, non progettiamo un futuro in cui tutto va bene e niente è fuori posto. Tu.. Tu non sai niente di me, della mia vita o di cosa ho fatto per arrivare al punto in cui sono ora. 

Non sai chi sono e non devi nemmeno volerlo sapere. Noi non siamo, Junkook, semplicemente non siamo. Perché nemmeno io so cosa sono in questo momento e non voglio nemmeno pormi il problema. Tu... Tu non hai idea di cosa voglia dire svegliarsi un giorno e non avere più niente, solo te stesso e il tuo fottuto orgoglio, dover mettere da parte passioni, sogni, persino gli amici più cari, per tenerti in piedi e cercare di sopravvivere! Non sai quanto sia difficile vivere nella mia testa e non m'interessa nemmeno che tu lo capisca. Non ho bisogno di qualcuno con cui condividere tutto questo, non sono un fottuto cane abbandonato sul ciglio della strada che aspetta un padrone che lo porti a casa.» 

 

I capelli verdi, ormai sbiaditi in un tiepido color menta, gli aderivano alla fronte, imperlati di sudore, e risplendevano nella luce del neon dandogli un'aria quasi angelica, nettamente in contrasto con i pugni chiusi e le nocche rosse.

Le spalle strette, ma definite, si muovevano in maniera ritmica e veloce, a tempo con i suoi respiri, mentre la bocca, contorta in una smorfia, lasciava intravedere i denti, che il ragazzo digrignava, pronto a difendersi.

Yoongi era stanco di lottare, stanco di combattere una battaglia contro un mostro più grande di lui, stanco di sentirsi sconfitto da quel gigante che era la sua vita da quando i suoi genitori lo avevano cacciato di casa, urlandogli dietro di portare via con se tutte le sue cose e la vergogna che aveva provocato alla sua famiglia.

 

Crac

 

Un altro passo, stavolta nella direzione opposta.

Jeon Junkook aveva già vissuto quella scena almeno una decina di volte nei sei mesi che aveva passato tra le mura della stanza di quel motel.

Più tra le lenzuola che in qualche altro angolo, in realtà.

Sapeva bene come l'altro reagisse al minimo accenno di intimità che andasse oltre quella fisica, ma non riusciva comunque a smettere di pensare che avrebbe potuto risolvere tutto se si fosse impegnato abbastanza, sicuro di riuscire ad ottenere tutto se solo l'avesse voluto. 

E lui lo voleva davvero.

Voleva che Yoongi si aprisse, che scegliesse di dividere con lui il peso che si portava sul petto da fin troppo tempo, che lo usasse come stampella quando camminare sulla strada che il fato aveva tracciato per loro diventava troppo difficile; voleva che Yoongi smettesse di parlargli solo a notte fonda, quando pensava che dormisse, e che smettesse di pensare di non essere mai abbastanza. 

 

Il vetro sul pavimento rischiava di ferirgli i piedi ma non gli importava, non si sarebbe fermato stavolta: Yoongi era come una tempesta, ma lui era pronto a farsi travolgere completamente, a farsi distruggere se necessario, e a lasciarsi trasportare dove quell'uragano di pensieri, emozioni e gesti improvvisi ma carichi di parole non dette lo avrebbero trascinato.

 

«E allora fammelo capire, Hyung, dimmelo chi sei, cos'hai fatto e cos'hai dovuto sopportare! Smettila di autocommiserarti, di fuggire via ogni volta che cerco di capirlo chi cazzo sei realmente. Hai mai pensato che tutti, nessuno escluso, da questa vita siamo stati presi a calci? La vita ci ha annusato come un predatore, ci è saltata alla gola e ci ha masticato, solo per risputarci fuori a brandelli quando ormai ci aveva lasciati senza più nulla. Ma ci siamo rialzati, no? È una tua scelta quella di continuare a strisciare, Yoongi, quindi non prendertela con me se tento di non lasciarti soffocare da solo nel tuo stesso vomito solo perché non hai più la spina dorsale per stare dritto in piedi.»

 

Dump

 

Junkook non l'aveva vista arrivare, ma il rumore sordo della testa che colpiva con violenza il muro e il dolore che velocemente saliva alle tempie era troppo familiare per non capire immediatamente cosa fosse successo: Yoongi teneva una mano stretta attorno al suo collo, tanto da impedirgli di muoversi ma non da rendergli impossibile respirare, e lo fissava, studiando la sua espressione e cercando di prevenire la prossima mossa.

 

Era sfiancante girarsi attorno come gladiatori in uno stadio, calcolare ogni gesto per proteggersi da un attacco che presto o tardi sarebbe arrivato, pesare ogni movimento con assoluta precisione.

Era estenuante ma era ciò che erano: erano lividi, graffi, vetri rotti e morsi; erano unghie nella carne, respiri affannosi, mani tra i capelli e pugni chiusi. 

Tutto iniziava sempre così, tra loro: la schiena contro il muro, occhi dentro occhi, pochi centimetri a separare le loro bocche, i respiri uniti e le anime mischiate.

 

«Se voglio soffocare nel vomito, Junkook, è un problema mio; se voglio lasciare che questa vita mi calpesti, è un problema mio; se voglio strisciare e non alzare mai la testa, è un problema mio.

Non mi serve combattere contro i mulini a vento per scoparti quando arrivi in casa mia alle 3 di notte, arrabbiato con mamma e papà e pronto a far loro dispetto; non mi serve essere forte per lasciare che mi succhi il cazzo dietro il vagone di un treno abbandonato, quando sei troppo annoiato per stare in mezzo alla gente; non è necessario che io ti spieghi chi sono o cosa è stata la mia vita finora, per prenderti il cazzo tra le mani quando ho voglia di farlo. Non siamo questo noi due. Siamo solo due poveri stronzi che si sono incontrati e hanno deciso di scopare, non i fottuti Romeo e Giulietta.»

 

Avrebbe dovuto spingerlo via dopo quelle parole, taglienti come lame a incidergli il petto; avrebbe dovuto voltargli le spalle, lasciare che rimanesse da solo e che rimpiangesse ciò che gli aveva detto, mentre cercava disperato tra le lenzuola quello che per lui era solo un corpo caldo con cui scaldarsi la notte. 

Avrebbe dovuto correre via e cercare qualcuno che da lui volesse davvero qualcosa di più, qualcuno pronto a condividere la vita e non solo il letto.

Avrebbe dovuto, ma sapeva che non era possibile: nessuno avrebbe acceso Junkook con la stessa fiamma, facendogli desiderare di bruciare fino a non sentire più altro se non l'energia che condividevano; nessuno l'avrebbe toccato con lo stesso desiderio, la voglia di scoprire ogni centimetro del suo corpo sempre nuova nonostante i mesi passati a scopare con la stessa necessità con cui si respira; nessuno l'avrebbe mai tenuto ancorato a terra con un semplice sguardo, impedendogli di lasciarsi trascinare via dal flusso dei pensieri negativi che ogni tanto lo assalivano, raccontandogli mille storie che solo le sfumature dei suoi occhi riuscivano a raccontare.

 

«E allora soffoca, Hyung, fatti calpestare, striscia. Lascia che tutto ti crolli addosso, non ribellarti, bevi fino a non capire più niente e lascia che il fumo annebbi tutto quello che hai attorno. Spreca la tua vita e il tuo talento, dimostra a tutti che quello che dicono i tuoi genitori di te è giusto: sei solo uno spreco d'ossigeno e non vali niente, non combinerai mai nulla nella vita e nessuno vorrà mai averti accanto perché sei dannoso. Sei dannoso, Hyung, sei come un fottuto batterio che fa morire tutto quello che tocca: ti infili sotto pelle, lento e indolore, silenzioso e subdolo; ti fai spazio nel petto delle persone, ti costruisci  casa nel punto più vicino al cuore e ti diffondi, prendi possesso di tutto e colori qualsiasi cosa nelle tue tonalità di nero; rimani lì e non ti sposti, non ti sganci, ti allarghi finché tutto non ha preso il tuo odore, la tua forma, i tuoi colori. E solo allora che inizi a fare male davvero, a rendere ogni respiro difficile e pesante, ogni pensiero confuso e annebbiato, ogni gesto per liberarsi di te doloroso e impossibile da terminare. Rendi tutti tuoi satelliti e lasci che ti girino attorno, senza mai toccarti; ti lasci desiderare, lasci che tentino di toccarti e osservi mentre gli altri cercano di aggrapparsi a te mentre sfuggi, non lasciando però a nessuno la possibilità di staccarsi da te. E non consideri mai la possibilità che magari, per una volta, a qualcuno tutto questo vada bene. Perché a me tutto questo va bene, Yoongi: sentire il tuo odore mentre cammino per le strade, vederti anche quando socchiudo gli occhi, sentirti anche quando non ci sei. Mi sta bene. Sono disposto a rimanere infetto per tutto il tempo che mi verrà concesso.»

 

Dump

 

Un altro colpo, stavolta più forte. 

Il sangue rosso colò dalla tempia lento, prendendosi il suo tempo per scorrere leggero a disegnare il contorno della mascella di Junkook, serrata per non urlare dal dolore che l'ennesimo contatto con il muro aveva provocato, fermandosi sulle labbra socchiuse a respirare quell'aria, così carica di come siamo arrivati a questo punto? e perché non riesco a scappare da te? 

 

Yoongi allentò la presa sul collo del più giovane e lasciò cadere pesantemente le braccia sui fianchi; la mano destra sporca di sangue tremava ormai convulsamente e passarla tra i capelli, in un movimento frenetico e nervoso, sembrava non riuscire a calmarla comunque. 

Non doveva andare così. Non aveva progettato che le cose degenerassero, che quel ragazzino avesse l'audacia di stargli accanto, che non scappasse nemmeno dopo averlo quasi strangolato, che si lasciasse trascinare a fondo da lui. Dovevano scopare, dovevano bere fino a star male intorno ad un falò, dovevano correre sulle rotaie di una ferrovia abbandonata e farsi compagnia senza parlare mai di cose serie.

Erano dei disadattati che avevano trovato qualcuno con cui condividere l'ossigeno, non avrebbero dovuto mischiarsi la pelle, la carne e le ossa.

 

Il più grande gli voltò le spalle, con l'unico scopo di evitare lo sguardo del ragazzo che sapeva essere rimasto al suo posto, spalle al muro e testa alta, nessun accenno a voler lasciare quella stanza, ormai troppo stretta e soffocante per ospitarli entrambi.

Volevo evitare il suo sguardo perché sapeva con certezza che il più piccolo vi avrebbe letto tutta la sua insicurezza, tutto il desiderio che in quel momento cresceva di lasciarsi andare, di cedere alle richieste del suo cuore di essere accettato, nonostante forse ne mancasse qualche pezzo e non fosse mai stato ricucito davvero per bene. 

 

"Vattene, Junkook. Esci da casa mia, esci dalla mia vita, portati dietro le tue convinzioni e chiuditi bene la porta dietro. Sono un fardello, non lo vedi? Sono un peso che nemmeno io voglio portare.

Te la renderò facile, se è questo che ti preoccupa. Sparirò e ti farò capire che con me non puoi davvero andare lontano, che di sprecare il tuo tempo dietro uno come me non vale davvero la pena. Sono solo una bocca calda come tante, perché vuoi renderla così complicata? Vai, cerca qualcuno che possa darti ciò che vuoi, un uomo che possa stare accanto a te nel letto dopo aver fatto l'amore, non uno che potrebbe colpirti con una bottiglia nella sua giornata migliore. Non posso dirti chi sono, Junkook, perché non lo so nemmeno io. Sono una montagna di errori passati e futuri, una discarica di scelte sbagliate e note stonate. Sono tutte le canzoni mai finite in giro per la stanza, tutti i fogli di carta e l'inchiostro appallottolati ai piedi della scrivania. Sono ciò di cui ti stancherai non appena capirai che questo giocattolo rotto non si aggiusta, ciò che abbandonerai in un angolo remoto della tua memoria non appena la compassione lascerà posto alla rabbia, che arriverà quando ti renderai conto che uno come me non si aggiusta.»

 

Crac

 

Un passo, stavolta più veloce.

Il vetro continuava a rompersi sotto la camminata veloce di Junkook, che attraversò la piccola stanza in pochi secondi, fino a giungere ad un soffio dal viso dell'uomo più grande.

Yoongi continuava a non guardarlo negli occhi, la testa rivolta verso il soffitto e la mano destra, ancora sporca di sangue, poggiata sulla fronte quasi a voler impedire ai suoi pensieri di uscire dalla testa senza il suo consenso. 

 

«Guardami negli occhi e dimmi che non stai mentendo. Guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per me, che pensi davvero che tutto ciò che c'è tra noi si limiti ad una sveltina la notte o ad un pompino nel bagno di un locale. Guardami negli occhi e dimmi che, se me ne andassi adesso, non proveresti nulla. 

Perché se me ne vado adesso, Hyung, se mi chiudo quella porta alle spalle non tornerò indietro. Perché io lo so che c'è qualcosa tra noi, qualcosa di distruttivo ma di vero, qualcosa di così forte che alla sola idea di non averla mi manca il respiro. Siamo rabbia, siamo passione, siamo dita rotte ed occhi neri, siamo baci scambiati al buio e carezze regalate quando pensiamo che l'altro dorma; siamo un disco rotto che continua a suonare la stessa canzone, quella che però non ci stanca mai e che suona sempre perfetta. Io lo so che siamo due delle peggiori catastrofi naturali che si abbattono l'una sull'altra, lo so che non è facile, ma cosa lo è mai stato nella nostra vita? Lasciami restare, Yoongi, guardami negli occhi e lasciami restare.»

 

Una risata.

Sgraziata, bassa, infelice e vuota.

Uno scatto e una sedia contro il muro, i pezzi di legno scuro ora a terra a fare compagnia al vetro sulla moquette rossa. 

Yoongi strinse tra le dita il braccio di Junkook, le unghie nella carne a lasciare il segno, a ricordargli che quella era la loro realtà e non una stupida storia costruita per riempire i sogni da crocerossina di un ragazzino. Occhi dentro occhi, ancora una volta.

 

«Vai via e non voltarti. Non tornare indietro. Noi non siamo nulla, Junkook. Non lo siamo mai stati e non lo saremo mai.»

 

Uno strattone, un vaffanculo soffiato a denti stretti, un'ultima volta la luce della lampada al neon a illuminargli il viso, gli occhi stretti per obbligare le lacrime a non uscire e a non mischiarsi con il rosso del sangue, che ancora disegnava il suo profilo nella maniera più cruda ma più verosimile nel descriverli. 

 

Sbam

 

Una porta chiusa.

La fine di una storia che non era mai stata, la fine di un capitolo che non aveva mai avuto speranza di lieto fine.

 

Yoongi era solo per davvero, adesso.

 

Si lasciò cadere con la schiena lungo il muro, raccogliendo un coccio di vetro e osservando il suo riflesso. 

L'aveva lasciato andare, era riuscito finalmente a liberarlo da quel virus che presto l'avrebbe corroso, veloce come fuoco in una foresta. Junkook ora poteva vivere, poteva respirare a pieni polmoni e ricominciare a camminare sicuro, senza la paura di precipitare assieme a lui.

E Yoongi avrebbe vissuto così, con la convinzione di aver fatto la prima scelta giusta della sua vita per l'unico uomo che aveva mai amato, stretto nel ricordo di mani calde e grandi che lo abbracciavano nel silenzio della notte, quando potevano fingere che tutto fosse perfetto anche per loro. 

  
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