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Autore: Untraveled_road    28/05/2017    2 recensioni
« Clarke, se ci senti, la navicella è giunta a destinazione. Ce l’abbiamo fatta, grazie a te. Come sempre. Immagino che sia, come al solito, uno a zero per te, Principessa. »
[Spoiler 4x13]
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"It's like a game. Repetitive. Even a little tedious after more than twenty years."

Katniss Everdeen, The Hunger Games, Mockingjay

 

 

 

 

Giorno Uno

« Bellamy, mi senti? Raven? Mi sentite? Qualcuno mi sente?»

Qualcosa nella radio fa un rumore talmente forte che lei quasi la fa cadere di mano. Si illude che sia una riposta, che qualcuno la senta, prima di rendersi conto che la mano che preme il pulsante stringe e trema così convulsamente che è lei stessa a disturbare il campo.

« C'è qualcuno che può sentirmi? Raven?»

Un appello che è più una disperata richiesta d'aiuto. Il mondo si sta spegnendo, ma coltiva da qualche parte la speranza che prima di morire riuscirà a contattare la navicella. Bellamy riuscirà a sentirla. Raven rimetterà in sesto il sistema di comunicazioni. Lo sa. Lo sa. Lo sa.

 

Giorno Quattro

« Questa è la navicella in orbita verso l’Arca, parla Raven Reyes. Questo messaggio è per Clarke Griffin, pianeta terra. I nostri sistemi di comunicazione sono fuori uso, ma, Clarke, se riesci a sentirci…» Raven si umetta le labbra, non sapendo come proseguire. « Dio, perché lo sto facendo? Non può sentirci. È folle. »

Si toglie le cuffie dalle orecchie e si alza dalla postazione. Non ha mai voluto che nessuno la vedesse piangere, ma la persona all’altra plancia ha gli occhi lucidi quanto i suoi. « Dai qua. »

Bellamy le prende gentilmente di mano i comandi e indossa le grosse cuffie. Raven lo osserva da dietro: chiaramente non ha idea di cosa stia facendo, ma non ha alcuna importanza. Nulla in quella stanza funziona, né potrà mai farlo.

L'emozione nella voce di Bellamy le strappa un sorriso e le spezza il cuore nello stesso tempo.

« Clarke, se ci senti, la navicella è giunta a destinazione. Ce l’abbiamo fatta, grazie a te. Come sempre. Immagino che sia, come al solito, uno a zero per te, Principessa. »

 

Giorno Sei

Sottovoce. Quasi fuori portata della radio. « Dio, non ho idea di come fare questa cosa.» più forte, dritto nel microfono. « Qui è Clarke Griffin, pianeta Terra, giorno sesto dopo il Praimfaya. Questo è un messaggio per la navicella diretta all'arca, per il pilota Raven Reyes. Per... » la voce si spegne un momento. È un messaggio ufficiale, una fonte. Non può. Non può. Non può. « Per i sopravvissuti della Skaikru.»

I sopravvissuti della Skaikru sono letteralmente sparpagliati nello spazio, sottoterra o nel vuoto. I sopravvissuti. Per quanto ne sa, al momento presente l'unica sopravvissuta è lei. Il pensiero la fa sentire improvvisamente minuscola. Il messaggio ufficiale rimane incompleto.

 

Giorno Diciotto

« Clarke...» la voce si spezza mentre Bellamy osserva dall'enorme vetrata della navicella quello che hanno definito Praimfaya. È spaventoso esattamente come pensava, la Terra come un grosso bubbone infetto e pulsante. Impensabile che persino lei, persino Wanheda, abbia trovato un modo per sopravvivere. Eppure, contro ogni logica, ha tenuto la radio in camera. E ci sono quei momenti in cui riesce a sentirsi così insopportabilmente solo in dodici metri quadrati condivisi con due persone. « Se mi senti, significa che sei viva. Volevo solo... Mi dispiace di averti lasciato indietro. La testa quassù non funziona molto bene. Potrebbe essere la carenza di ossigeno, o potrei essere io. »

« Smettila di dire cazzate.» Bellamy ha ancora il dito premuto sul tasto di registrazione, per cui la voce autorevole di Raven si insinua nel ricevitore rotto. « Stai parlando con una persona morta utilizzando un apparecchio fuori uso.»

« Lo so. Volevo solo... Certe volte è insopportabile. Non sono pazzo, lo so che non mi sente.» lascia cadere le braccia lungo i fianchi, ma la radio rimane saldamente stretta in mano. « Certe volte mi guardo intorno e mi chiedo se valesse la pena lasciarla indietro. Non riesco a trovare la risposta, Raven.» alza lo sguardo, distoglie gli occhi da quelli castani della ragazza, fissandoli in quel cielo muto e spietato. Immenso e così vuoto da far girare la testa.

« Sai cosa risponderebbe lei.» mormora semplicemente Raven, abbracciandolo alle spalle. « Devi lasciar andare, Bellamy.»

 

Giorno Ventinove

« Bellamy Blake, mi ricevi? Raven Reyes? Qualcuno mi riceve?»

Voce più sicura, così squillante da suonare nervosa. È la prima volta che Clarke si sente completamente in forze e sente di voler aggiungere qualcosa al messaggio ufficiale che ha messo insieme a stento nella prima settimana e che ha ripetuto nella speranza che in qualche modo la navicella potesse intercettarlo. « Qui parla Clarke Griffin ed è passato un mese dal Praimfaya. Non è come nulla che avevamo immaginato.» pausa. « L'aria non è respirabile, ne no avuto la prova.» Non si dilunga in spiegazioni, ma quello è stato uno dei momenti più duri. I cadaveri con le orbite spalancate e la pelle piagata. Gli animali morti nel bosco. Il terrore di trovare qualche volto conosciuto, e la certezza che prima o poi sarebbe successo. Quel giorno sarebbe arrivato, e non importava che le persone che più amava al momento erano al sicuro. Le avrebbe spezzato il cuore in ogni caso, e in ogni caso lei si sarebbe rialzata, si sarebbe asciugata gli occhi e avrebbe voltato le spalle. Le persone che amava erano al sicuro, e tanto bastava. Doveva bastare, o sarebbe impazzita.

 

Giorno Cinquantadue

« Clarke...»

 

Giorno Sessantatre

« Parla Clarke Griffin dalla Terra, a due mesi dal Praimfaya. Sono al sicuro, ma chiunque sia fuori ormai è morto da tempo. Voi e il bunker siete l'unica speranza perché il genere umano sopravviva.»

Ormai è diventata routine, come l'esercizio fisico appena sveglia, come il controllo dei livelli dell'aria. È un gesto abituale che la aiuta a non impazzire, a convivere con il silenzio per tutto il resto del giorno. Ad un certo punto arriva a capire Jasper che ha deciso di andarsene sparando la musica altissima. Riempire i vuoti. E, nel loro caso, i vuoti erano terrificanti. Lo spazio intorno a Clarke non è ampio, il più delle volte le fa rabbia quanto sia piccolo, ma ci sono anche i momenti in cui il silenzio lo dilata, lo aumenta a dismisura, e quello spazio è vertiginoso, non è più familiare, è un incubo a occhi aperti. Ci sono anche le mattine in cui piange prima di prendere in mano la radio, se lo concede, ma mai nella radio. Non sa nemmeno perché. Nessuno la sente. Sa benissimo che nessuno la sente. Ma non vuole dar loro questo ulteriore colpo. È una cosa stupida, sa benissimo che sarebbero felici di sentirla in lacrime, purché viva. Ma non vuole.

 

Giorno Novantacinque

È qualcosa che ha a che fare con Bellamy, in qualche modo.

Se ne rende conto una mattina, seduta sulla branda con la radio in mano, e il pensiero la coglie alla sprovvista. È qualcosa che ha a che fare con Bellamy Blake e con il loro addio. Con il fatto che lui è il cuore, con il fatto che per una volta ha fatto la scelta giusta, quella di lasciarla indietro, anche se probabilmente fosse stato per lui avrebbe capovolto tutto. Bellamy che per salvare sua sorella è rimasto immobile davanti a una pistola, Bellamy che "oppure morirò nel tentativo". Era sempre stata lei a lasciarlo indietro, mai lui. E lo ricorda il dolore al petto quando lo aveva chiuso fuori dalla navicella consapevolmente, ricorda come lei abbia sempre fatto quello che doveva essere fatto e lui la cosa giusta.

Non vuole dar loro questo ulteriore colpo. Non è accurato.

Bellamy non la avrebbe mai lasciata indietro, ma alla fine lo aveva fatto, perché in un modo contorto e sbagliato e atroce era la cosa giusta. In un mondo in cui avevano ucciso e tradito e ingannato rimaneva l'unica scelta.

L'unica scelta.

Sudore freddo.

E alla fine Bellamy aveva usato la testa al posto del cuore, come lei gli aveva chiesto. L'idea la fa sentire in un milione di modi diversi che non sa nemmeno descrivere, ma sa quanto gli debba essere costato. Ognuno di quei mille modi ha spezzato anche il suo cuore, dopotutto.

« Bellamy, mi senti? Sono Clarke Griffin, pianeta Terra, e questi sono i primi tre mesi dal Praimfaya. »

 

Giorno Centocinquanta

I suoi messaggi smettono di essere un tentativo di contatto e diventano qualcosa di più simile a un diario. È quasi patetico per certi versi, ma non le interessa. Non c'è nessuno a giudicarlo tale. Non è più seduta dritta sulla branda, si porta dietro la radio nei momenti più impensabili, parla mentre è ancora sdraiata appena sveglia o la sera tardi, prima di spegnere le luci, seduta accanto alla plancia, rimandando sempre di un attimo ancora il buio e il silenzio. Non ha più la speranza che la radio gracchi all'improvviso captando chissà che segnale, ma la porta con sé e ogni tanto aggiunge qualche frase ai suoi patetici messaggi. Una ragazza che sta morendo di solitudine aggrappata a una radio rotta e ad un cuore ancora più spezzato.

« Bellamy» mormora semplicemente nella radio prima di addormentarsi.

 

Giorno trecentosessantasei

Non ha mai permesso a sé stesso quasi di pensarlo, mai di dirlo ad alta voce. Conosce la realtà, sa che riaprirebbe una ferita, soprattutto in Raven. Ma quella sera è stata proprio lei a far girare una bottiglia di liquore che Monty ha prodotto con le alghe della stazione - una cosa così poco da Monty da essere allarmante, se ancora ci fosse qualcosa di allarmante. Il sapore è forte e orrendo, ma lo stordimento è esattamente quello sperato. In quello stato, Bellamy può permettersi di tornare all'oblò dove la terra brucia sotto i suoi occhi.

Scivola accanto al finestrone, la radio muta serrata in mano. La vista di quell'universo muto e vuoto e immenso lo schiaccia certe volte, ne avverte l'enormità che sembra quasi crescere a dismisura e gli manca l'aria, come se tutto l'ossigeno del mondo non potesse mai più essere sufficiente.

Il senso di vuoto e solitudine riesce a sopraffarlo, ogni tanto, e lì si chiede contro ogni logica come possa Clarke resistere a qualcosa del genere. Un attimo dopo ricorda a sé stesso che non è sopravvissuta, che non può sentire più niente, né il vuoto né la solitudine né la sua stupida voce dentro la stupida radio.

Ma non importa.

« Clarke, io... Non sei da sola, non mollare. Se mi senti, io... Tornerò a prenderti. Lo prometto.»

 

Giorno Seicentododici

« Clarke Griffin dal pianeta terra, navicella Arca, mi sentite?» Questa volta la sua voce è di nuovo viva, squillante. « Bellamy, avevo ragione.» Il tono concitato tradisce la sua emozione, e per un momento non le interessa che nessuno sentirà mai quello che a lei sembra l'annuncio più importante del mondo. « Il sangue nero è la chiave, e se non bastassi io come prova, ho una sopravvissuta con me.»

La ragazzina la guarda dalla sua branda, confusa. Probabilmente si chiede perché Clarke si ostini a tentare, quando le ha già spiegato che non c'è modo di comunicare con nessuno. « Avevo ragione, i sanguenero sopportano le radiazioni. Sia Maddie che io siamo quasi morte, ma ce l'abbiamo fatta. Potrebbero essercene altri, potremmo... C’è una speranza. L'idea di mia madre. Se solo avessimo avuto più tempo, se solo… Vi darò altre notizie appena posso. Passo e chiudo.» Maddie la osserva mordersi il labbro inferiore, la mano in tensione che stringe la piccola radio. La ragazzina non lo sa, ma quello è il ventesimo compleanno di Clarke Griffin.

 

Giorno Settecentoquaranta

Quando ha smesso di cercare di contattare la navicella ed ha iniziato a rivolgersi semplicemente a Bellamy?

 

Giorno Milleottocentoventisei

Sono cambiate molte cose, ma non la radio muta sulla mensola sopra la branda di Bellamy. È una sera strana e agitata sulla navicella, e ci ha messo un po' per trovare, in quei pochi metri quadrati, un posto dove stare in pace. Alla fine quel posto è sempre davanti al grande oblò, e solo seduto lì davanti riesce a soffiare il suo inutile messaggio nella radio, le spalle che quasi tremano. Non ha modo di contattare O - ha importanza? In realtà non ha nemmeno alcun modo di contattare Clarke, ma non gli interessa. Ha provato ad essere la testa, ad affrontare il tutto in maniera razionale e a far funzionare le cose sulla navicella. Non è morta invano.

Ma certe volte l'inutile radio rotta è la sua coperta contro lo shock. Il suo cedimento. Certe volte, in maniera quasi assurda, gli viene da pensare che deve essere lo stesso senso di stordimento e di colpa che provava sua madre quando beveva di nascosto. La stessa vertigine del continuare, consapevolmente, ad avvelenarti.

« Principessa, come vorrei che riuscissi a sentire questo... Torniamo a casa. Stiamo tornando a casa.»

 

Giorno Milleottocentotrentatre

« Bellamy, dimmi che riesci a sentirmi » esordisce nervosa. Non ha tempo per i convenevoli, non stavolta. « è… è finita. Se mi senti, se mi sentite, potete iniziare le procedure per il rientro. Potete tornare a casa. » per quanto si sforzi, la sua voce si spezza sul finale. Sono notti che non dorme, giorni che osserva il cielo, aspettando, un rumore, un punto luminoso, qualcosa. Sono gli ultimi giorni, si ripete quando apre gli occhi, quando li alza al cielo. Si sorprende a distrarsi mentre spiega a Maddie quali sono le piante infestanti e come depurare l’acqua piovana. Si sorprende a immaginarli lì, tutti in fila per lei, come lo erano stati davanti a Raven.

 

Giorno Milleottocentonovantanove

« … Ti ricordi quando hai detto che ti avrebbe fatto comodo una pausa da tutti quegli sforzi per tenermi in vita? » è una domanda stupida, ma ha trovato quella bottiglia di liquore, e per quanto fosse diseducativo per Maddie e avesse un pessimo retrogusto, certe sere sono davvero troppo enormemente vuote. « Stavo pensando… Solo, non prendertela troppo comoda, okay? »

 

Giorno Millenovecentosettantasei

« Okay. » la voce trema sul finale di quell’unica sillaba. Le capita spesso, negli ultimi giorni – la voce si spegne, gli occhi vagano inevitabilmente verso l’alto. Che sia l’apertura nel Rover o uno dei piccoli oblò del bunker. Che sia il cielo oltre le fronde. Sempre maledettamente, spietatamente vuoto. Persino l’abitudine che l’aveva tenuta ancorata alla realtà, che le aveva permesso di non impazzire nei suoi seicento giorni di solitudine assoluta, prima di incontrare Maddie, sembra perdere presa sulla sua mente esausta. La delusione della speranza ha un effetto più devastante dell’alienazione. « Abbiamo stabilito che l’aria e l’acqua sono sufficientemente sicure per muoverci. Stiamo vedendo le prime specie di animali. Ricordi lo strano cerbiatto quando siamo arrivati la prima volta sulla Terra? Niente del genere, ma alcuni colori sono più brillanti, innaturali. Dovresti vederli. Octavia dovrebbe vederli. » fa una pausa, come per dare a Bellamy il tempo di dedicare un pensiero a sua sorella. È stupido, dal momento che chiaramente lui non la sente. Non l’ha mai sentita e quello è chiaramente un segno del fatto che non ce la fa più a tenere insieme i pezzi, ma non importa. Le sembra di vederlo sollevare lo sguardo, tormentarsi il labbro inferiore con i denti, sospirare. Sbattere le palpebre guardando lontano. « Se non sentiremo niente da voi prima di allora, domattina partiremo per il bunker. So che da fuori non si può aprire, ma voglio fare un tentativo. » l’idea la atterrisce esattamente quanto la atterrisce il fatto di non avere ancora notizie dalla navicella. Se stanno bene, perché in quattro mesi nessuno è  uscito?

Nessuna risposta nella radio, nessuna risposta alla domanda che la tormenta. È così abituata, ormai, a sentirle rimbombare dentro. Vorrebbe non aver finito tutto il liquore, ora.

« Bene. » sospira « Se non ci sentiamo prima, cercatemi lì. »

Uno sguardo d’intesa con Maddie, che in quegli ultimi anni ha imparato a comprendere diverse delle stranezze di Clarke, ma mai quella. Maddie che ha già lasciato andare i suoi morti, che ha già accettato di essere l’ultima del suo popolo. Che non può comprendere come Clarke Griffin, che ha inciso sul suo fucile i nomi di tutte le persone che ha perso, possa ostinarsi a parlare tutti i giorni in una radio rotta che nessuno può sentire.

I nomi di tutte le persone che ha perso. Tra quei nomi, Bellamy Blake non c’è.

 

 

 

Piccola nota

Lo so, la volta scorsa avevo detto "primo e ultimo esperimento Bellarke", ma sono tornata. In parte è merito delle bellissime recensioni che ho ricevuto, pareri entusiasti e così articolati che mi hanno fatto venire voglia di lasciare aperta questa porta. In parte è colpa di quei due che mannaggia a loro, si tradiscono, si sparano addosso, mi fanno venir voglia di non shipparli mai più e invece eccoci qua. Come sempre, non sono estremamente convinta del risultato e non sono sicura di essere riuscita a tenerli IC: come sapete mi preme particolarmente ed è sempre l'aspetto di cui mi preoccupo di più. Per questo ringrazio chi leggerà e ancor più chi lascerà un piccolo parere :)

 

  
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