Fu un viaggio lungo, ma tutto sommato giungemmo in Arizona senza incontrare grossi ostacoli. Lì ci fermammo per la nostra prima tappa.
Come concordato, la collaboratrice di Aldo si presentò all’appuntamento puntuale per prendere con sé L-J con la promessa di tenerlo al sicuro. Non fu un momento facile per Lincoln, né tantomeno per L-J. Ormai avevo imparato a riconoscere gli sguardi afflitti del mio amico e quando gli lessi quell’espressione spenta sul volto al momento dei saluti, mi resi conto di quanto dovesse pesargli quel secondo abbandono. Lincoln voleva bene infinitamente a suo figlio, voleva proteggerlo e per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino affidarlo ad una sconosciuta, una bionda sexy di nome Jane che avrebbe potuto garantirgli un futuro.
Quando ripartimmo, l’atmosfera in auto era del tutto cambiata. Lincoln, al mio fianco al posto di guida, continuò a guidare silenzioso finché non superammo i confini dell’Arizona e giungemmo in Colorado. Lì facemmo la nostra seconda sosta per comprare dei panini e riempire la tanica di benzina.
Tornati a bordo, riaprii il mio portatile sulle ginocchia e mi concentrai sulla rassegna stampa delle notizie dell’ultima ora. Potevamo anche superare blocchi stradali e stare attenti perché nessuno riconoscesse Lincoln con noi e ci sguinzagliasse contro i federali, ma per maggiore sicurezza era meglio conoscere le strategie del nemico, e quale miglior modo di spiare il nemico se non attraverso la rete?
- Si può sapere cosa stai cercando su quell’aggeggio da ore? - esclamò ad un certo punto l’uomo alla guida, forse stupito che fossi riuscita a tenere la bocca chiusa così a lungo.
- Sto controllando gli spostamenti di Mahone per assicurarmi che non ci si presenti davanti all’improvviso. Sembra che quel fanatico di un poliziotto abbia seguito una traccia che lo ha portato fino in New Mexico, a Gila. Non capisco cosa ci sia andato a fare. - risposi pensierosa.
- Forse ha scoperto i nostri piani. - ipotizzò Aldo.
- Forse ha scoperto del Bolshoi Booze. - si accodò Lincoln.
- Mmm… no, non credo. Qui c’è qualcosa che non mi torna. Linc, non è che non mi fidi di te, ma tu sai esattamente dove si trova questo posto dove dobbiamo incontrare Michael, vero?
- Certo.
- Perché sai, ho controllato in rete la mappa del New Mexico e non esiste nessun luogo specifico che risponda al nome di Bolshoi Booze.
- Lo so.
Aggrottai la fronte. - Allora dove diavolo stiamo andando?
- Il Bolshoi Booze in realtà non è un luogo, per questo non lo trovi sulla mappa. Leggi il nome al rovescio.
- Oh!
- Ci sei arrivata?
- Sono numeri! Il nome Bolshoi Booze letto al contrario dà una sequenza di numeri. Sono coordinate, non è vero? - Non attesi la conferma e senza aggiungere altro, digitai subito sulla tastiera le coordinate appena scoperte. La modalità GPS fece il resto, svelando il mistero. - Lo sapevo, le coordinate indicano un punto preciso in mezzo al deserto del New Mexico. Quindi è lì che siamo diretti… ma scusa tanto, perché Michael vuole incontrarci proprio in mezzo al deserto?
Come avevo fatto a non pensarci prima? Lincoln aveva detto che nel New Mexico, oltre al fratello, avrebbe trovato pronto ad attenderlo un aereo che avrebbe permesso loro di superare il confine e arrivare a Panama, ma chi mai avrebbe fatto affari con dei galeotti evasi da appena una settimana e mezzo? La risposta era piuttosto scontata. Conoscendo la sua attenzione per i dettagli e la sicurezza, era impensabile che Michael facesse affari legali col rischio di essere venduto. La sua unica possibilità era di trattare con dei criminali ai quali non sarebbe mai venuto in mente di denunciarli.
- Dimmi la verità, noi non siamo gli unici che Michael incontrerà in mezzo al deserto del New Mexico, vero? - chiesi, conoscendo già la risposta. - E scommetto che è molto meglio se non ti chiedo spiegazioni.
- Brava, l’hai capito.
Impiegammo un po’ più del previsto, ma fortunatamente giungemmo a destinazione sani e salvi, senza aver destato sospetti e cosa più importante, senza sbirri alle calcagna.
- E’ questo il posto. - mi informò Lincoln, segnalandomi di accostare accanto al cartello sulla sinistra che riportava la scritta No trepassing.
- Voi andate avanti. - propose Aldo, prendendo il mio posto alla guida. - Trovate il punto esatto segnato dalle coordinate. Io faccio un giro e controllo che non ci siano problemi.
Erano da poco passate le 4 e il caldo era insopportabile. Dopo qualche minuto di cammino, la maglia leggera mi si era appiccicata addosso come una seconda pelle. Mi auguravo solo che Michael non avesse scelto un posto troppo sperduto per il suo incontro clandestino, perché altrimenti l’afa e l’assenza di vento avrebbero reso ancora più ardua la nostra missione.
- Scusa la domanda diretta, ma te lo devo proprio chiedere, Linc. Tu sei armato, vero?
- Paura? E di cosa? Stiamo solo passeggiando in mezzo al deserto alla ricerca di quel simpaticone del tuo fratellino che non ha trovato di meglio che fare affari con dei balordi. Non c’è niente di cui aver paura. Che può capitarci di male? Che ci si presentino davanti all’improvviso per ritrovarci con una pallottola piantata in fronte a goderci la tintarella in mezzo al deserto del New Mexico?
- Si, però…
- Resisti per qualche altro metro. Vedi quella casupola laggiù? - All’orizzonte vidi una piccola costruzione in cemento e assi. - Deve trattarsi del luogo dell’incontro.
All’improvviso, mentre ci avvicinavamo, sentimmo delle voci sul retro. La prima reazione di Lincoln fu di portare la mano alla cinta dei pantaloni dove sospettavo tenesse una pistola, ma quasi subito ci rendemmo conto che le voci che avevamo sentito erano fin troppo familiari.
Una delle due l’avrei riconosciuta fra mille.
Fu allora che comparvero Michael e Fernando Sucre.
- Bene, vi abbiamo trovati. - esclamò Lincoln, raggiungendo il fratello.
Era strano ritrovarmelo di fronte dopo quello che era successo, dopo l’evasione, eppure era proprio lui, l’uomo che si era portato via un pezzo del mio cuore quasi due settimane prima.
Assaporai tutto di quel momento tanto atteso. Il sole doveva avermi dato alla testa perché avevo la sensazione che Michael fosse molto più sexy di quanto ricordassi: maglietta grigio fumo abbondantemente sudata, pantaloni marroni, berretto in testa e occhiali da sole.
- Gwen… - lo sentii mormorare.
- … Sei uscita… che ci fai qui? Non saresti dovuta venire.
- Mi dispiace… non potevo aspettare che arrivassi a Panama… lo so che non sarei dovuta venire, ma…
Dio, come mi era mancato il suo viso, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua bocca… ah, come scordare la sua bocca! Stare appiccicata al suo petto era valsa tutta la preoccupazione di quelle settimane e tutto il viaggio fino in New Mexico.
- Mi sei mancata così tanto, Gwyneth... - mormorò baciandomi i capelli, il collo, le labbra, senza permettermi di dirgli quanto infinitamente mi fosse mancato e quanto lo amavo.
- Hai rischiato un sacco venendo qui, dovevi rimanere al sicuro. - continuò, riprendendo fiato.
- Non voglio rimanere al sicuro, voglio restare con te.
- Ragazzi, vi prego, fa già abbastanza caldo senza dover guardare anche voi. - sentii esclamare a Fernando che venne ad abbracciarmi dopo che mi fui staccata da Michael.
- Beh, dove sono i tuoi “amici” messicani? - chiese Lincoln, rivolgendosi al fratello.
- Sono appena andati via.
- E l’aereo?
- Partirà tra poco meno di due ore non lontano da qui. E’ tutto pronto.
- Bene… a proposito, c’è un’altra persona che è venuta con noi. - Qualche metro più in là, il motore di un’auto catturò la nostra attenzione, facendoci voltare nella stessa direzione. Aldo scese dalla nostra macchina, calcandosi il berretto in testa e venendo verso di noi. - So che non puoi ricordarti di lui Michael, ma quello è nostro padre.
Mi sarei aspettata pianti, abbracci, frasi commoventi, magari anche qualche insulto, ma la reazione di Michael a quell’incontro fu totalmente inaspettata.
Sul suo viso era comparsa un’espressione indecifrabile appena aveva capito di chi potesse trattarsi, un misto tra sorpresa, paura e repulsione che non avevo saputo spiegare.
- Michael, che succede? - gli domandai subito preoccupata. - Lui è tuo padre.
- Ci conosciamo già. - rispose senza staccare gli occhi dall’ultimo arrivato.
- Non è possibile, eri troppo piccolo per ricordartene. - mormorò Lincoln confuso.
- Ti dico che ho già visto quest’uomo.
- E’ vero, io e Michael ci siamo già incontrati. - proseguì Aldo. - E’ stato molto tempo fa e io…
- STA LONTANO DA ME!!! - gridò il ragazzo al mio fianco quando vide Aldo avanzare verso di lui. Eravamo tutti completamente sgomenti. Non sapevo più cosa pensare. - Sei soltanto un assassino!
- Michael, lascia che ti spieghi… - provò Burrows – padre, arrischiando un secondo passo verso il figlio minore.
- Non c’è niente da spiegare… Ma come hai potuto fare del male ad un altro essere umano?!
- Non era mia intenzione ucciderlo.
- Ma l’hai fatto!!!
- Perché volevo portarti via da quel posto. - continuò a difendersi Aldo.
Gli andai incontro, prendendogli la mano perché sentisse che ero lì accanto a lui. In tutta risposta la strinse forte nella sua.
- Sono rimasto 6 mesi in quel posto. Tu dov’eri? - riprese, accusando nuovamente suo padre con rabbia.
- Non è stato facile trovarti, venivi spostato di continuo.
- Però poi te ne sei andato di nuovo.
- Certo, perché tu e Lincoln non potevate rimanere con me. Era troppo pericoloso.
- Ah già, la Compagnia. Lincoln mi ha raccontato tutto. Hai fatto patire ai tuoi figli un’infanzia da incubo e ci hai abbandonati per seguire la carriera.
- POTEVI TORNARE QUANDO VOLEVI!!! - gli rinfacciò Michael furioso.
- No, non potevo perché la Compagnia mi stava cercando, ero diventato una minaccia per loro. E' per questo che se la sono presa con voi, per stanarmi. Adesso però voglio rimettere le cose a posto.
- Michael ti prego, ascoltalo. - lo supplicai, stringendogli la mano. Capivo perché facesse fatica ad accettare il ritorno di suo padre, ma c’era ancora qualcosa che lui non sapeva. - Esistono delle prove.
- Quali prove?
- Un video. - spiegò Aldo, prendendo al balzo l’occasione. - Con questo potremmo smascherare la Compagnia e far scagionare Lincoln da ogni accusa.
- Non indovinerai mai chi dovrebbe avere quel video. - ammiccò Lincoln.
- Chi?
- Sara.
- Siete sicuri che ce l’abbia lei?
- Il governo lo crede.
- Beh, io ho visto Sara due giorni fa. Se ce l’ha lei, non lo sa di sicuro.
Dovetti mordermi la lingua per trattenermi dal chiederglielo, la conversazione era troppo seria perché la interrompessi con le mie stupide domande da ragazzina gelosa.
- Lei dov’è adesso? - continuò imperterrito Lincoln.
- Non lo so.
- Possiamo rintracciarla?
- Abbiamo comprato dei telefonini usa e getta a Gila. Ho il suo numero.
Altro che mordersi la lingua, avrei dovuto mozzarmela.
- Ragazzi, spiacente d’interrompervi - s’intromise di colpo Sucre, parlando per la prima volta. - io ho davvero bisogno di prendere quell’aereo. Non potreste chiamare Sara da Panama?
- Certo. - rispose Michael, adesso visibilmente più calmo. - Sarà meglio incamminarsi verso… - Non finì di terminare la frase che il ragazzo si bloccò, ruotando gli occhi verso il monticello di terra alla nostra sinistra. Qualcosa evidentemente aveva attirato la sua attenzione. - … Avete sentito?
Tutti e cinque ci guardammo di rimando, palesemente preoccupati. Di chi poteva trattarsi in quel luogo sperduto? Subito pensai ai balordi messicani coi quali Michael aveva detto di aver fatto affari. Erano stati lì, quindi era molto probabile che fossero tornati. Magari erano in gruppo… magari avevano anche brutte intenzioni… ma la realtà fu di gran lunga peggiore.
Oltre il monticello vedemmo comparire un solo uomo. Se ne stava in giacca e cravatta e occhiali da sole sotto quel caldo rovente e teneva in pugno una pistola.
Bastò la vista di quel singolo individuo a farmi gelare il sangue nelle vene e terrorizzarmi molto più di una carovana di messicani armati fino ai denti.
Per un’interminabile manciata di secondi, provai la terribile sensazione di essere in trappola, sotto tiro, e cosa ben più grave, di essere stata scoperta.
- Salve ragazzi. - esclamò Alexander Mahone, rivolgendo la canna della pistola verso di noi. - Ho beccato tutto il gruppo al completo, ma guarda che fortuna. Oggi prenderò un mucchio di piccioni con una fava… NON MUOVETEVI!!! - urlò minaccioso.
Alle mie spalle, sentii Lincoln bisbigliare qualcosa verso Sucre o suo padre, ma non riuscii ad afferrare una sola parola.
- Niente scherzi. - Mahone sembrava pronto a premere il grilletto e farci fuori come cani. Se fosse stato costretto, avrebbe sparato, su questo ormai non avevo dubbi. - Chissà perché non sono affatto sorpreso che ci sia anche tu Gwyneth, lo sapevo che c’eri dentro fino al collo. Non ho creduto neanche per un momento alla recita del nostro ultimo incontro.
- Lasciala andare Alex. - disse Michael, tirandomi dietro di sé. - Tu ed io sappiamo che lei non c’entra niente.
- Ha fatto una scelta quando ha deciso da che parte schierarsi e aiutarvi, una scelta sbagliata, come quelle che ha sempre fatto.
All’improvviso, dietro di me qualcuno tirò fuori l’arma e sparò un colpo verso il poliziotto che, per evitarlo, dovette buttarsi a terra.
- Correte alla macchina, io lo tengo occupato! - Era Aldo.
Quando tutti e quattro raggiungemmo l’auto credetti di essere salva, ma a pochi metri di distanza da noi stava ancora imperversando la battaglia. Aldo era rimasto indietro per distrarre Mahone e permetterci di giungere alla macchina sani e salvi.
In retromarcia Sucre riuscì a raggiungere Aldo che salì a bordo al volo. I colpi di pistola continuarono ad infrangersi sul mezzo in movimento finché, superato il monticello, fummo ormai troppo lontani perché le pallottole di Mahone ci raggiungessero.
Eravamo stati fortunati. Per come si era messa la situazione avevo davvero temuto di finire i miei giorni in mezzo al deserto del New Mexico, invece eravamo riusciti a scappare e lasciarci alle spalle Mahone e la sua pistola. Tutto sommato era andata bene, mi ero detta una volta al sicuro in auto. Mi ero lasciata trasportare dall’entusiasmo dei ragazzi, ma poi all’improvviso avevo avvertito qualcosa di caldo bagnarmi il fianco e automaticamente i miei occhi si erano abbassati per capire di cosa potesse trattarsi. Solo allora avevo visto il sangue, molto sangue, troppo perché potesse trattarsi del mio e non accorgermene.
- Oh mio Dio… - avevo mormorato con un fil di voce. - … Michael, tuo padre è ferito.