Dall’enorme
finestra tondeggiante
dell’edificio semi distrutto della Capsule Corporation una
ragazza bionda
guardava il cielo azzurro, pensierosa. Era seduta proprio su una
poltrona in
prossimità della finestra, nella sala principale del
palazzo, che era stato di
proprietà dei suoi nonni, prima che avvenisse la tragedia.
Il ragazzo che era
seduto in un’altra poltrona poco distante da lei le stava
parlando. Le stava
raccontando le sue emozioni e i suoi sentimenti riguardo
un’altra ragazza, con
la quale si era appena lasciato. I due erano amici fin
dall’infanzia, e lei lo
ascoltava anche solo per dargli conforto: sapeva bene che lui, in quel
momento,
aveva bisogno di parlare con qualcuno.
I
suoi occhi azzurri si spostarono e si
posarono su quelli verdi del ragazzo, che aveva appena finito di
parlare.
«Non
lo so, David» disse lei «ti ho già detto
come sono andate le cose. Devi ammettere, però, che lei
è stata onesta con te»
David
non disse nulla. La guardò per un
secondo, dopodiché abbassò lo sguardo triste a
terra, pensieroso.
«E
comunque» disse la ragazza spostando lo
sguardo verso i cumuli di macerie qualche metro più in
là «ti immagini se non
fosse successo niente? Sarebbe stato meraviglioso…»
I
suoi occhi sognanti fissavano ora incantati
il tetto crollato e il muro
spaccato a
metà, che una volta doveva dividere la sala dalla cucina. Lo
sguardo della
ragazza era perso nel vuoto e adesso appariva più simile a
quello di un folle.
Era una folle sognatrice, che sognava un futuro simile al passato. Non
di certo
al presente.
«Ti
riferisci a quella sera…?» domandò il
ragazzo.
«Anche
a quella sera» rispose lei «ma sarebbe
stato meglio che non fosse successo niente l’anno scorso.
Tutto questo non
sarebbe mai accaduto»
«Già»
mormorò il ragazzo, annuendo.
Udirono
uno scricchiolio dietro di loro e si voltarono: una ragazza dai lunghi
capelli castani era appena
entrata
dalla porta che dava sul corridoio.
«Ciao»
salutò lei, dando uno sguardo veloce ad
entrambi.
David
e la ragazza ricambiarono il saluto e
lei, molto titubante, camminò lentamente verso il centro
della sala.
I
suoi occhi neri si muovevano velocemente
scrutando prima David, e poi il numero di poltrone vuote disponibili.
«Oh,
andiamo!» disse la ragazza bionda,
scocciata «Insomma, siete stati insieme per quasi due anni,
adesso comportatevi
da persone mature, anche perché abbiamo questioni molto
più importanti su cui
discutere»
La
ragazza dai capelli castani prese più
coraggio e si sedette nella poltrona proprio di fronte al ragazzo, che
la
guardò.
Lei
ricambiò lo sguardo, un po’ abbattuta,
ma, non essendo in grado di reggere ulteriormente lo sguardo di lui,
girò quasi
subito la testa per guardare l’altra ragazza, la quale nel
frattempo si era
alzata, andandosi a piantare proprio di fianco alle loro poltrone.
«Allora»
disse con determinazione, incrociando le braccia «mia nonna ha quasi
finito di costruire la macchina del tempo. Sarà pronta tra
tre settimane. David»
il suo sguardo si posò sul ragazzo «allora,
ripetimi ciò che tu dovrai fare
quando io e Rose saremo partite»
«Beh,
io dovrò correre subito a nascondermi e
cercare di darvi due, al massimo tre mesi di tempo»
«Sì»
disse lei «circa due-tre mesi di tempo
sarebbe l’ideale. Anche perché, una volta arrivata
nel passato, dovrò aiutare
mia nonna a finire di creare l’antidoto, per cui ci
vorrà circa un mese, due
esagerando. Quindi, cerca di darci più tempo che
puoi»
Fece
una piccola pausa, durante la quale gli
altri due si scambiarono degli sguardi.
Il
ragazzo guardava Rose come se stesse
cercando di capire i sentimenti che provava la ragazza, per provare ad
indovinare come stesse, dopo tutto ciò che era successo tra
di loro.
Lei
lo guardò a sua volta, con un aria
decisamente triste e sconsolata.
Sembrava
stesse per scoppiare in lacrime.
«Perfetto»
disse la ragazza bionda, che, nel
frattempo, non avendo notato lo scambio di sguardi dei suoi
due
amici, si alzò nuovamente dalla sedia e cominciò
a camminare per la stanza.
«Speriamo
che io possa trovare un
nascondiglio abbastanza valido che mi permetta di stare nascosto per
tre mesi»
disse il ragazzo, spostando gli occhi sulla ragazza che camminava per
la
stanza.
«Cerca
di farlo, David» disse lei «Anche
perché a noi serve del tempo, e tu lo sai»
David
non disse più nulla. Rimase lì, a
guardare, assorto nei suoi pensieri, la ragazza bionda che si stava
avvicinando
di nuovo alle loro poltrone.
La vide fermarsi all'improvviso e
appoggiarsi sulla poltrona dove
era
seduta Rose.
La ragazza si
piegò in avanti dal dolore, portandosi
subito la mano destra sulla parte bassa della pancia.
Rose
si alzò subito per sorreggerla.
«Ellen,
stai bene?» le domandò preoccupata.
«No,
affatto» rispose, rialzandosi
leggermente e portandosi subito una mano alla bocca.
«Scusate,
devo correre in bagno» fu la frase
che riuscì a pronunciare, poco prima di lanciarsi verso la
stessa porta dalla
quale era entrata Rose poco prima.
I
due ragazzi furono costretti a rimanere da
soli.
Si
guardarono senza dire niente per qualche
istante, dopodiché Rose gli chiese, con voce flebile:
«Beh,
allora… Come stai?»
«Mah,
diciamo che potrebbe andare meglio.
Insomma, alla fine è solo una questione di tempo,
giusto?»
La
fissava quasi impassibile, tentando di
fare un sorriso che non gli riuscì per niente bene.
La
ragazza annuì poco convinta, e David notò
le lacrime che si stavano formando nei suoi occhi.
Gli
dispiaceva vederla in quello stato, anche
perché, in fondo, la amava ancora. Amava ancora quella
ragazza che due anni
prima gli aveva fatto perdere la testa, quella stessa ragazza con la
quale si
era sempre trovato bene e con la quale aveva condiviso tantissime cose.
Avevano
passato due splendidi anni insieme,
innamorati come non mai.
Adesso,
però, le cose erano cambiate. Non era
più possibile far tornare le cose a come erano
prima…
Lui
guardò per qualche secondo le lacrime
della ragazza che si accumulavano sempre di più nei suoi
grandi occhi neri. Un
battito di ciglia fece cadere una goccia, che si posò sulle
guance della
ragazza. Lei tolse subito lo sguardo e lo volse verso il
basso, turbata dal fatto
che lui potesse vederla in quello stato.
Voleva
essere forte, o almeno voleva dare la
parvenza di esserlo, ma in quel momento aveva fallito…
Alzò
di nuovo lo sguardo verso di lui e notò
negli occhi del ragazzo un velo di malinconia, di tristezza.
Ed
ecco che lo sentì di nuovo dentro di sé:
quel senso di colpa che da settimane ormai le consumava anima e
corpo.
«Scusate
ragazzi, rieccomi qui» disse Ellen
rientrando dalla porta, con un’aria un po’
malridotta.
Rose
approfittò di quel momento per abbassare ancora di
più il suo sguardo: non voleva farsi vedere dalla sua
più cara amica
in quello stato, di nuovo. Erano
settimane che la vedeva così, avrebbe preferito risparmiarle
quella scena,
visto che, al momento, la sua amica aveva cose ben più gravi
a cui pensare.
Si
alzò di scatto dalla poltrona e, sempre
con il viso rivolto verso il basso, disse, con voce spezzata:
«Scusate,
adesso devo andare»
«Sì,
vai» disse Ellen, avvicinandosi alle
poltrone «tanto abbiamo finito»
Rose
si avviò verso la finestra e in men che
non si dica sparì dalla vista dei due prendendo il volo.
Ellen
si accasciò, con aria stanca e
distrutta, proprio sulla sedia dove un attimo prima era seduta Rose,
portandosi
subito entrambe le mani sulla pancia.
I
suoi mossi capelli biondi, leggermente
scostati dal viso da un cerchietto di colore blu, le ricadevano sulla
giacchetta di jeans che si muoveva su e giù seguendo il
respiro un po’
affannato della ragazza.
«Caspita,
sto davvero male» disse lei.
Il
ragazzo tentò di scacciare dalla mente
l’immagine di Rose, seduta un momento prima proprio davanti a
lui, per concentrarsi
su quello che aveva appena detto Ellen. Faceva veramente fatica a
togliersi
dalla testa quella ragazza…
«Non
puoi prendere qualche medicina?» le
domandò, cercando di sembrare concentrato su di lei.
«E
a che cosa servirebbe? Al massimo potrebbe
farmi stare meglio per un’ora o due, ma poi ritornerebbe
tutto daccapo…»
Dopo
qualche secondo di silenzio, il ragazzo
le chiese:
«Che
cosa hai intenzione di fare, al
riguardo?» alzò leggermente la testa verso
l’alto, indicando col mento la
pancia della ragazza.
«Non
lo so. Non ne ho idea. So solo che tra
qualche settimana devo andare ad allenarmi con Rose nella Stanza dello
Spirito
e del Tempo, e poi dovrò anche affrontare il viaggio con la
macchina del tempo.
Quindi, DEVO stare bene» rispose la ragazza con molta
determinazione.
Seguirono
altri minuti di silenzio, durante i
quali entrambi erano immersi nei propri pensieri.
«Certo
che Ludir ve ne ha combinate fin
troppe» disse il ragazzo con aria turbata «Prima
stermina i vostri genitori,
poi vi tortura e vi costringe a diventare cattive, e ora
questo…» terminò
aprendo la mano destra per indicare la pancia di Ellen.
«Guarda,
non me ne parlare» disse la ragazza
sconfortata. Al solo pensiero cominciò ad adirarsi.
«Lo
eliminerei con le mie stesse mani, se
solo potessi! Speriamo con questo piano di risolvere la
situazione… Altrimenti,
mi andrebbe bene anche morire prima nel tentativo di eliminare quel
farabutto»
David
la guardò triste, vedendo in lei molta
rabbia.
«Tu
sei fortunato» continuò a dire Ellen,
abbozzando un sorriso malinconico
«almeno la tua
famiglia è ancora viva, i tuoi genitori non sono stati
eliminati»
David
non disse nulla. Di solito, quando prima
pensava a se stesso come ad un ragazzo fortunato, il primissimo motivo
che gli
era sempre venuto in mente era perchè aveva Rose al suo
fianco. Adesso, però,
le era sfuggita di mano, esattamente come un fiore portato via dal
vento…
«Ma
quindi adesso si vedono ancora?» fu la
domanda che il ragazzo si ritrovò a fare ad Ellen. Gli era
uscita così dalla
bocca, senza che neanche avesse avuto il tempo di controllarsi.
La
ragazza bionda lo fissò all’istante, per
capire se si stava davvero riferendo a quello. Gli occhi di lui le
confermarono
tutto, ed apparivano quasi intimoriti nel conoscere la risposta.
«Perché
lo chiedi a me? Dovresti chiederlo
direttamente a lei. In fondo sono affari vostri»
«Lo
so» disse lui «E’ che in
realtà forse
nemmeno io sono sicuro di volerlo sapere»
Negli
attimi di silenzio che seguirono gli
occhi tristi e pensierosi di lui guardavano il pavimento. Dopo qualche
secondo,
però, li rialzò:
«Tu
quindi che cosa mi consigli di fare con
lei?»
«David,
non vorrei dirtelo, ma hai solamente
tre settimane di tempo, dopodiché io e Rose partiremo per il
viaggio nel
passato. Quindi, le cose sono due: o io e lei riusciremo a risolvere la
situazione e a tornare sane e salve, oppure può anche essere
che ce ne andiamo all'altro mondo
(sempre che non accada prima). E se non ce la facciamo io e Rose, per
l’umanità non ci
sarà davvero più scampo. Forse George potrebbe
avere qualche
possibilità di farcela, ma le probabilità sono
molto basse. Del
resto, tutti gli altri
ormai sono sotto il controllo di Ludir, non ci possiamo fare
più niente.
Quindi,
David, pensaci bene perché potresti anche non rivedere mai
più Rose nella tua vita. Rifletti e prendi le tue
decisioni»
«Beh,
se la metti così, allora tornerei anche
subito da lei!» disse lui, rimarcando con il tono
l’ovvietà di ciò che la
ragazza aveva appena detto.
La
ragazza si alzò dalla poltrona e cominciò
ad avviarsi verso la finestra.
«David,
io ti consiglio di pensarci ancora un
po’ su, e poi di andare a parlarne con Rose – entro
tre settimane, ovviamente –
e comunicarle la tua decisione.
Anche
perché, ripeto, il rischio è quello di non
rivederla
mai più»
Gli
sorrise, alzò la mano all’altezza del
viso e, con indice e medio attaccati, li mosse velocemente nella
direzione del
ragazzo, a mo’ di saluto.
Così,
si girò verso la finestra e spiccò il
volo, lasciando il ragazzo da solo in balia dei suoi pensieri.