Capitolo 4
Quella
mattina Anita si svegliò con
un pensiero che non la lasciava in pace.
Erano già passati due mesi dal suo primo bacio con Kevin, da
quando dormivano
insieme, mangiavano insieme e facevano più
attività possibili insieme.
Ma non si era accorta di una cosa in quel lasso di tempo,
inconsapevolmente
stava abbandonando ogni attività che prima era solita fare.
Se ne accorse quando vide sul tavolino del salotto un libro che non
aveva
ancora finito di leggere e lo ignorò.
Due mesi prima sarebbe corsa a prenderlo e finirlo tutto d’un
fiato, non le
piaceva aspettare troppo per saperne il finale.
Ma con Kevin sembrava tutto diverso.
E non le piaceva affatto.
Ma, cosa peggiore di tutte, non capiva come fosse successo.
Lo amava, si, ma non poteva annullarsi in lui, era una cosa che si era
giurata
di non fare mai.
E se un giorno tutto questo loro Amore fosse finito? Che ne sarebbe
stato di
lei se la sua vita dipendesse da lui?
Non poteva assolutamente diventare così.
Lei lo amava, di questo era certa, ma ciò non voleva dire
che la sua vita aveva
perso importanza per mettere su un piedistallo quella di Kevin.
Kevin.
Il ragazzo stava ancora dormendo beatamente in camera da letto,
così Anita ne
approfittò per cambiarsi ed uscire di casa senza dire nulla.
Sapeva che era sbagliato, ma sapeva anche che non doveva tener conto a
nessuno
di cosa facesse o di dove andasse. Due mesi prima era così e
le andava bene, e
se Kevin non l’avesse pensata in quel modo…
Ma che m’importa! Se non gli va bene
ciò
che faccio può anche andarsene, si disse.
Una vocina nella sua testa continuava a ripeterle che era sbagliato, ma
lei non
ne voleva a che sapere.
La sera prima avevano litigato pesantemente, non ricordava nemmeno il
motivo,
ma era qualcosa di serio.
Kevin aveva scoperto tutti i ragazzi, e la ragazza, con cui Anita aveva
avuto
una relazione.
«E
quindi?» aveva urlato contro in
un momento di rabbia «Qual è il problema? Non te
l’ho mica nascosto! Anzi, mi
stupisce che tu ci abbia impiegato tre settimane per saperlo!»
«E quindi qual è il problema? Ma ti rendi conto?
15 ragazzi in.. In solo
quattro anni! Non ti sembra esagerato?»
A quel punto Anita non riuscì più a trattenersi,
come poteva lui dirle che
esagerava? Nessuno si era mai permesso.
«Beh, saranno problemi miei, non credi? Non si è
mai permessa mia madre a dirmi
che esageravo, e ora me lo dici tu? Ma chi ti credi di
essere?»
Avevano
continuato a litigare per
altre due ore, poi Kevin preso dalla rabbia era uscito di casa, e
stamattina
lei se lo era ritrovato nel letto accanto a lei.
Quella litigata fu un campanello d’allarme per lei.
Stava dando troppa importanza a Kevin, non che fosse un male, ma lui
stava
iniziando ad approfittarne.
Uscì di casa per poi salire su un taxi che
l’avrebbe condotta in uno dei più
grandi centri commerciali della città.
Nel tragitto si ritrovò a constatare che stava diventando
patetica quanto le
sue coetanee e che forse era meglio tornare a condurre la vita di
prima, quella
in cui era sola, indipendente, e in cui non prestava attenzione a
ciò che la
gente pensasse di lei.
Perché era questo che più le dava fastidio, il
fatto che del giudizio di Kevin
le importava molto, e si sentiva in colpa per le sue relazioni passate.
Ma come potevo mai immaginare che poi
sarebbe apparso lui dal nulla? Si domandò.
Visto il quoziente intellettivo delle persone con cui aveva avuto a che
fare,
ormai la prospettiva di Anita si era stabilizzata sull’essere
sola, con dei
gatti da accudire e con qualche relazione passeggera giusto per
mantenere
attiva la sua vita sessuale.
Decise di non pensarci più, è
inutile piangere
sul latte versato le ripeteva sempre sua zia quando Anita da
piccola
combinava qualcosa e poi si sentiva in colpa, e così avrebbe
fatto.
Avrebbe discusso con il ragazzo sull’accaduto, facendogli
capire che forse non
era il caso di stare a ripensare al passato, che comunque non sarebbe
cambiato
nulla.
Poi gli avrebbe anche detto che lo amava, che non le era mai successo
di
provare un sentimento così forte, e forse le cose si
sarebbero sistemate.
All’improvviso i suoi sensi di colpa sparirono, per fare
spazio al rimorso di
essere uscita di casa senza lasciare nemmeno un post-it con scritto
dove
andava.
Chissà cosa penserà
Kevin.
«Signorina,
sono 22 sterline, siamo
arrivati»
La voce del tassista la interruppe dai suoi viaggi mentali.
«Ah, sì mi scusi» rispose lei prendendo
il portafoglio dalla borsa, contò
alcune banconote e poi le porse al tassista «tenga pure il
resto, arrivederci»
Fece qualche passo e si ritrovò nel centro commerciale, e
passando davanti un
negozio di elettronica pensò che magari il giusto modo per
farsi perdonare
fosse quello di fargli un regalo.
Infilò
piano la chiave nella serratura della porta, quasi come se in caso non
avesse
fatto rumore Kevin non si sarebbe accorto che aveva passato la
mattinata fuori
casa.
Ma a quanto pare poteva stare tranquilla.
In quell’appartamento c’era un silenzio di tomba.
Lui non c’era.
Entrò
dentro casa e poggiò le buste sul divano, e sul tavolino il
suo regalo per
Kevin, sperando che lo apprezzasse, andò a farsi una doccia
e poi si mise a
cucinare il suo piatto preferito, sperando che almeno lui si
presentasse per
l’ora di cena.
Erano
almeno 45 minuti che teneva d’occhio il cellulare, un
po’ per rispondere
immediatamente ad un’eventuale chiamata o un messaggio, e un
po’ cercando di
resistere alla voglia irrefrenabile di chiamare Kevin.
Aveva iniziato a preoccuparsi in quanto lui non aveva fatto rientro per
cena,
ed era solito avvisarla se c’erano stati degli inconvenienti
al lavoro.
Ma quella sera non fu così.
Erano già le undici di sera, Anita era stanca ma avrebbe
voluto aspettarlo, per
non fargli pensare che se ne fregasse di lui.
Così mise da parte la cena, aprì Netflix per
continuare a guardare le sue serie
tv, si preparò una cioccolata calda, poi un’altra,
poi un’altra ancora, e cercò
di restare sveglia il più a lungo possibile.
Alle due di notte passate, cercò di contattare Kevin
mandandogli dei messaggi,
per poi accorgersi il mattino dopo, quando si svegliò sul
divano con in mano il
cellulare, che lui si era limitato a visualizzarli, senza degnarla di
una
risposta.
Mise da parte comprensione, preoccupazione e altruismo e decise di fare
qualcosa per se stessa.
Lei la sua parte l’aveva fatta, aveva chiamato, si era
preoccupata per lui, gli
aveva persino preparato la cena, ma se lui aveva deciso di non farsi
vivo.. se
ne sarebbe fregata.
Le parole di sua madre le tornarono in testa, aveva già
fatto la parte della
disperata, perché continuare?
Kevin non era tornato.. Peggio per lui.
La sua vita sarebbe tornata ad essere come lo era prima di conoscerlo.
Si cambiò e andò a prepararsi la colazione, era
affamata visto che la sera
prima, in attesa del ritorno di Kevin, non aveva cenato.
Fare colazione da sola, senza scherzare con il ragazzo, abitudine che
aveva
preso da ormai due mesi, la rendeva malinconica.
Si alzò da tavola, lavò le poche stoviglie che
aveva utilizzato e si distese
sul divano, pronta a divorare quel libro che stava su quel dannato
tavolino da
settimane.
Lo sguardo le cadde sul regalo che aveva fatto a Kevin, ancora
lì, intatto. E
si chiese se lui sarebbe mai tornato.
Non mi deve importare, era la frase
che continuava a ripetersi da quando si era svegliata, ma per quanto ci
provasse non riusciva a smettere di pensarlo.
Da quando si erano messi insieme avevano avuto molte litigate, ma
nessuna come
quella avvenuta quella sera.
La cosa positiva era che in un modo o nell’altro facevano
sempre pace, poi ci
scherzavano su, e la maggior parte delle volte concludevano la
discussione in
camera da letto.
Ma quella volta era diverso.
Kevin, per quanto dolce, comprensivo e diverso da tutti gli altri, era
anche
orgoglioso e alle volte meschino se gli veniva fatto un torto.
E Anita.. Lei non era molto diversa su queste cose, eppure da quando
stava con
lui si sentiva cambiata.
Cercò di finire di leggere il libro, ma si immedesimava in
ogni riga. In ogni
riga non faceva che pensare a lui e a quanto erano felici insieme, e si
chiese
se quella era da catalogare come rottura definitiva o semplice litigata.
Sperò per la seconda.
«Oh, al diavolo tutte le belle cose che si dicono per
superare la fine di una
relazione, lo devo chiamare!» disse infuriata prima di
agguantare il cellulare
e cercare il suo numero in rubrica.
Uno squillo, due squilli..
E
Kevin aveva chiuso la chiamata.
Riprovò altre cinque volte, quando stava per effettuare la
sesta chiamata si chiese
se forse era il caso di aspettare che si facesse vivo lui.
Ma non lo era assolutamente.
Loro due dovevano rivedersi, riappacificarsi, lui doveva tornare a
casa, aprire
il regalo, dirle quanto era fantastica e quanto lui la amasse, poi
avrebbero
dovuto fare l’amore e ordinare del cibo a domicilio
perché nessuno dei due
avrebbe voluto cucinare.
Quel pensiero le dette la giusta carica per correre a cambiarsi, uscire
e
vedere se magari lui era al lavoro o in qualche posto che erano soliti
frequentare.
Indossò un paio di jeans ed una felpa che aveva comprato
insieme a lui, lui
diceva che le stava benissimo e che quando la indossava aveva solo
voglia di
riempirla di baci.
Pensò che quello fosse un motivo in più per farlo
rientrare a casa.
Mise velocemente le chiavi di casa ed il cellulare nella borsa, poi
uscì di
casa.
I
posti che frequentavano erano molti, e non le sarebbero bastate due ore
per
vederli tutti.
Prima era passata al posto di lavoro di Kevin, dove i colleghi le
avevano
riferito che lui era andato via la mattina.
Poi passò in rassegna di tutti i pub, i bar e i ristoranti.
E lui non era in nessuno di quei posti.
Camminare da sola in mezzo a quella folla le fece capire quanto sentiva
la
mancanza del suo ragazzo, del tenerlo per mano e chiacchierare con lui
di
progetti per il futuro.
E più camminava e più si rendeva conto di quanto
lui la facesse sentire bene.
Quando ormai si era rassegnata a non rivederlo nemmeno per quella sera
lo
intravide dentro un Bistrot.
Ma non era da solo.
C’era una bionda con un fisico da urlo a tenergli compagnia.
Immediatamente
capì tutto.
Se lui non era tornato a
casa da lei era perché aveva trovato qualcuno che gli
tenesse compagnia, che ridesse alle battute che faceva e che magari era
più
facile da tenere a bada.
Si girò e
tornò sui suoi passi, nonostante una parte di lei voleva
entrare in
quel locale e prenderlo a schiaffi.
Si doveva trattenere.
Non doveva risultare
pazza o disperata.
Se lo era giurata sin da
bambina, se lo era giurata quando vedeva le sue amiche
che pur di non stare da sole perdonavano i tradimenti dei rispettivi
fidanzati.
Ma lei non era
così.
Non voleva annullarsi in
lui.
Lei amava se stessa, lei
non voleva disperarsi per un uomo che non la meritava.