Chiamare “un pessimo rapporto” quello che aveva con le sue sorelle poteva dirsi esagerato, un modo per enfatizzare il risultato di un’infanzia rubata dalle stesse persone che le avevano rimboccato la coperta a notte fonda e fatto compagnia nelle tristi sere d'inverno. Kasumi non serbava rancore verso le sue consanguinee, semplicemente non ci faceva particolarmente affidamento.
Fu per questo che la ragazza si stupì non poco quando Sakura le si avvicinò con un sorriso bonario e si sedette al suo fianco sul marmo della fontana di Cerulean City, mentre i bellissimi capelli biondi le venivano scompigliati dal vento. La sorella la guardò intensamente, senza mai smettere di sorridere. Dopo una manciata di secondi, in cui gli schizzi d’acqua si erano sparsi sui vestiti di entrambe e le risate dei bambini avevano fatto da sottofondo, Sakura volse il capo verso Ash — e il suo volto divenne un raggio di sole in pendant con la sua chioma. «Lo ami, non è vero?»
Kasumi perse un battito. I muscoli facciali si distesero, ma il cuore iniziò a pompare più forte che mai. Guardò anche lei quel corvino dai modi impacciati ed euforici, che aveva scombussolato la sua esistenza come una trottola impazzita, fino a quando non era stato tutto a soqquadro. Addolcì l’espressione e incrociò nuovamente le iridi smeraldine della sorella.
Non ci fu bisogno di aggiungere altro; nulla che la mano di Sakura, che scese a stringere dolcemente la sua incastrando le dita come un puzzle finalmente completo, non avesse già comunicato.