Quando lui mi ha trovato, c’erano ormai poche
possibilità di sopravvivenza. La mia mamma era sparita, da un giorno all’altro,
non era più tornata e uno ad uno, i miei fratelli, avevano fatto la stessa fine.
Ogni tanto un rumore forte, qualcuno che imprecava e poi più nulla. Ho scoperto solo molto
tempo dopo l’esistenza delle automobili e che fanno a noi cani. Per me erano
spariti e basta, ingoiati dal nulla che per me c’era oltre il bordo della
scatola nella quale ero nato.
Quando lui mi ha trovato, mi ha sorriso. Ho capito subito che era piccolo come
me. Un cucciolo di un’altra specie, che mi ha preso da sotto le zampe anteriori
e mi ha sollevato, mostrandomi il cielo e l’erba. Mi ha detto di chiamarsi Yuuri, e so già che non lo dimenticherò mai. Mi ha infilato sotto la giacca per
proteggermi dal fretto e ho sentito il suo cuore battere. Mi sono accoccolato
contro di lui, come quando era la mia mamma a scaldarmi e quando ho riaperto
gli occhi ho conosciuto quella che sarebbe stata la mia nuova casa.
Il mio nuovo branco è gentile con me. Mamma Hiroko mi
allunga sempre dei bocconcini sotto al tavolo quando mi avvicino alle sue zampe
e Papà Toshia mi fa accomodare su di lui mentre
guarda quella cosa che lui chiama giornale. Non capisco cosa ci trovi di
divertente, le figure non si muovono come nella scatola parlante che la
sorellina Mari guarda sempre. Yuuri non sta spesso a casa purtroppo. Dice che ha da fare,
ma io ci provo sempre a rincorrerlo fino a davanti alla porta di casa e a
mordergli quelle cose che gli coprono le zampe. Ah, pantaloni! Dice che si
chiamano pantaloni. Non vuole che glie li rovini.
Quando torna a casa mi spiega
che il suo sogno è di diventare come un certo Victor Nonsocosa. Guardo il pezzo di carta che mi mostra, il
ragazzo abbracciato ad un altro cane, e lo vedo sorridere. Mi piace quando
sorride, così scodinzolo contento. -Per questo devo allenarmi tanto, Vicchan!-
io gli dico che non ha bisogno di
imitare nessuno, che secondo me è perfetto così com’è, ma purtroppo non riesce a capirmi. Mi prende
in braccio e mi fa sedere su di lui mentre preme il suo tartufo contro il mio.
Passano gli anni, e Yuuri non ha smesso un secondo di
cercare di raggiungere Victor. Ogni sera torna a casa sfinito, con le zampe che puzzano di
sangue, è considerato bravo, ma dice di
non esserlo abbastanza per gareggiare contro di lui. Io mi arrabbio con questo
Victor, e penso che dev’essere una persona davvero antipatica e spocchiosa se
fa sentire così il mio Yuuri. Distruggo tutte le sue
foto che mi capitano a tiro fino a quando Yuuri non
mi prende in braccio e mi chiede che mi sia preso.
-Mi prende che non devi
assomigliare ad uno che non hai mai visto! Devi essere tu e basta!-
purtroppo ancora non mi capisce e cerco di mordere anche lui allora, mentre mi
appoggia sul suo letto, e sale accanto a me. Odio questo Victor Nikiforov. Lo odio.
Yuuri se n’è andato da due giorni e io non so che
fare della mia vita. Mi hanno detto che tornerà presto, ma so che è una bugia.
La sua stanza è vuota. Il suo odore non si sente quasi più. Ululo disperato e
Mari corre ad abbracciarmi. Mi dice che non devo aver paura, che lei è ancora
con me. Mi accoccolo contro il suo petto. Perché è andato via? Io non gli
bastavo? Mari mi accarezza la testa e mi permette di dormire con lei. Mi dice
che andrà tutto bene e che Yuuri tornerà presto.
Non le credo, ma mi piace sentirglielo dire.
Yuuri sembra triste alla scatola parlante con i tasti
di Mari. Avvicino il muso alla sua faccia, vorrei sentire il suo odore, ma il
vetro ci separa. Yuuri sorride, ma il suo non è un
sorriso felice. A quanto pare le gare non stanno andando bene. Mari prova a
incoraggiarlo, ma lui scrolla la testa. -Magari dovrei smetterla e far valere
la mia laurea.-
Mari batte i pugni sul letto e dice che se lo farà, non deve azzardarsi
a tornare a casa -Il tuo sogno è scontrarti con Victor Nikiforov, e
finalmente puoi farlo!-
Yuuri chiude la comunicazione di colpo e Mari scende
dal letto con un salto.
Passano i giorni e io sto sempre peggio. Sono vecchio ormai, e gli occhi ormai
faticano a stare aperti. Sento qualcuno che mi chiama, è la mia mamma?
Possibile. Oltre un ponte fatto di arcobaleno, la vedo, è lì che mi aspetta
assieme a tutti i miei fratelli. Scendo
dal letto di Yuuri e corro da lei, nonostante le
grida di Mari e il suo pianto disperato. Sono a metà fra il cielo e la terra
quando sento di nuovo piangere. È tutto lontano e bello qui, ma quella voce la
riconoscerei fra mille. È Yuuri. E’ il mio Yuuri. Sta piangendo raggomitolato in un cubicolo, la testa
fra le mani. Non posso lasciarlo solo. Torno indietro, mi tuffo di nuovo sulla
terra, anche se lui non può vedermi e io non posso toccarlo, siamo di nuovo
assieme.
E’ triste. Per la mia morte. Per il suo fallimento. Beve e beve tanto. Io lo
guardo, vorrei spingerlo, fargli cadere di mano il bicchiere. Riconosco quel
liquido, e so che gli fa male berne così tanto. Diventa un po’ stupido. C’è chi
lo prende in giro, ringhio nella loro direzione, ma non possono sentirmi. Una
persona però lo guarda con dolcezza, sono sorpreso quando mi rendo conto che è Victor. Gli mordo le caviglie, gli urlo che è tutta
colpa sua se il mio Yuuri, per tutta la vita, non si
è sentito adatto a pattinare anche se è molto bravo. Non mi sente, non mi vede,
la frustrazione mi ribolle in testa, fino a quando non lo sento sussurrare -E’
molto bravo, ma credo che sia l’ansia che lo frega ogni volta.-
-Vediamo se si scalda che combina allora?- Guardo Victor e il suo amico,
che vogliono fare al mio Yuuri? Provo a trattenerli
prendendoli per i pantaloni, ma le mie fauci schioccano sul nulla. Li inseguo e guardo che succede in preda
all’ansia. Stanno…Ballando? Yuuri sembra divertirsi,
e io scodinzolo contento. È felice.
Spingo Victor con la testa e stavolta lui sembra sentirmi, fa un passo
in avanti senza rendersene conto, e Yuuri gli piomba
fra le braccia. Si guardano per un momento, prima di iniziare a muoversi
assieme. Victor sorride e Yuuri gli sorride a sua
volta. Sono contento, è questo che per tutta la vita Yuuri
ha voluto.
Makkachin, il cane
di Victor, sembra me, ma solo più grande. Lui può vedermi, ed è lui a spiegarmi
che Victor non è affatto cattivo e antipatico come pensavo, ma che anzi è un
gran bravo ragazzo. –Si sente tanto solo, ma penso che, da quando ha conosciuto
Yuuri, qualcosa sia cambiato.- anche io lo penso, sembrano felici,
brillano. Sono contento. Magari ora potrò riposare. Makkachin
è vecchio , più vecchio di me, dice che anche lui, tra
non molto, percorrerà il ponte oltre il quale mi aspetta la mamma, ma prima
deve essere certo che Victor stia bene e che sia felice. Non può permettersi di
andare via un momento prima. Anche a me sarebbe piaciuto restare ancora un po’,
ma la vita è così, un momento ci sei, e un momento dopo, sei oltre, lontano, e
non so se tutti hanno la forza di quello che ho fatto io. Restare, guardare la
persona che più si ama al mondo cadere e rialzarsi, vegliare sulla sua vita
nella speranza che sia felice.
Yuuri pensa ancora a me, ha la mia foto sul telefono,e la guarda spesso. A
Victor ha raccontato del nostro incontro, del tempo che abbiamo passato
assieme, e poi ha pianto. Lui gli ha baciato le lacrime e gli ha chiesto se
magari gli avrebbe fatto piacere avere un altro cucciolo. A me è parsa una
buona idea, ma Yuuri ha rifiutato categoricamente. Io
sono il suo cane, e basta.
Sono passati molti anni, Makkachin un bel giorno di
primavera non si è più svegliato, Victor ha pianto tanto aggrappato al suo
corpo, ma Yuuri è riuscito a risollevarlo. Anche io devo andare, anche se non voglio.
Sfioro la mano di Yuuri, vorrei poterti toccare
ancora, padroncino. Potermi accoccolare fra le tue braccia e dormire con te
come facevo quando eravamo entrambi cuccioli. Il ponte mi chiama, Makkachin corre felice davanti a me, è di nuovo in forze,
io lo seguo tristemente. Lui non ha rimpianti. Io sì.
Mi giro ancora a guardare quello che sto lasciando indietro, ed è in quel
momento che scivolo e cado. Makkachin mi guarda, mi
dice che ci rivedremo presto. I cani non muoiono mai davvero, non lasciano mai
chi hanno amato, e entrano in ogni vita, fino a quando il loro umano è sulla
terra, per poi andarsene insieme verso quella porta nel cielo. Quando apro gli occhi sono in una scatola, il
mondo è di nuovo piccolo e buio, come quando sono nato la prima volta. Qualcuno
mi mostra il cielo, un rettangolo di azzurro terso, e poi due mani calde , che conosco, mi afferrano e mi sollevano. Yuuri? Sei davvero tu?
-Victor qui ce n’è un altro!- esclama girandosi. Victor si avvicina, ha
un cagnolino fra le braccia, avvolto nella sciarpa, e ficcato nella giacca -
Chissà chi li ha abbandonati con questo freddo.-
Io guardo Yuuri mentre mi infila nella sua giacca e
mi stringe a sé. Sto piangendo mentre lui mi sussurra che va tutto bene, che
non devo aver paura di lui. - Adesso vieni a casa con me. Non ti preoccupare!-
Sento una voce che conosco provenire dal
giaccone di Victor. Il cagnolino fra le sue braccia spunta con la testolina e
mi guarda , riconosco questa voce, è Makkachin! - Che ti avevo detto che non c’era nulla di preoccuparsi?- mi fa. Io scodinzolo felice. Perché è vero.
Sarò sempre con il mio Yuuri, qualsiasi cosa accada,
anche se lui non lo saprà mai, anche se continuerà a pensare a me con rimpianto
e dolore, io sarò al suo fianco, poi giorno, quando potremo capirci, gli dirò che non l’ho mai
abbandonato.
-Sono sempre stato vicino a te, padroncino mio. Anche quando non potevi
vedermi, anche quando non sapevi chi fossi. Sono sempre stato con te. -
Se vi fa,
fatemi sapere che ve ne pare.
Ho anche una storia dal punto di vista della gatta di Chris
:D Vi piacerebbe leggerla?