Risveglio
Il mondo che vede attraverso gli occhi dell’altro è pieno di luce, di suono e colore. Quel mondo non gli appartiene: per quanto gli sia famigliare, non è il suo mondo, di questo è sicuro. Forse non lo è mai stato, forse non lo è più. Non ha importanza.
Il suo mondo, al di fuori di quei rari, preziosi sprazzi dorati, continua ad essere avvolto nel buio. Eppure anche il buio, che si era abituato a considerare impenetrabile ed eterno, contro ogni logica e previsione è cambiato.
Non è lo stesso di prima.
Non è quel buio asfissiante che permeava ogni cosa, e soffocava i suoi sogni e pensieri al punto di cancellare in lui perfino la coscienza della sua stessa esistenza.
Adesso è diverso.
È un buio serpeggiante, che avanza bruscamente a tratti e svolte repentine, s’incunea in profondità fra pareti muschiose e sbuca improvvisamente nel vuoto. È un groviglio di snodi ed incroci ad angolo retto, di spigoli obliqui e lisce, immense superfici di granito che combaciano in modo tanto perfetto da non lasciar passare nemmeno un sospiro. E come il buio, intorno a lui, tortuosamente prende forma, così i suoi pensieri si perdono in quello sterminato dedalo di corridoi e vicoli ciechi, elusivi e sfuggenti alla sua stessa possibilità di comprensione.
Nei suoi sogni, Yuugi percorre lunghi corridoi di pietra, e sale i gradini di innumerevoli scalinate che conducono ad altrettante porte chiuse. In alcuni luoghi vi sono torce appese alle pareti, e il suo passo è guidato del bagliore incostante del fuoco; altrove è buio, e non gli resta che avanzare a tentoni, facendo scivolare le mani sulle pareti umide che odorano di muffa. Cammina per un tempo che pare infinito. Davanti a lui si aprono sempre nuovi corridoi, e infiniti gradini che si perdono in ogni direzione. Gli capita, a volte, di attraversare enormi spazi aperti, imprigionati fra spesse mura di pietra che s’innalzano sopra la sua testa secondo una strana geometria irregolare, lungo una verticale che pare infinita, o sprofondano nel buio sotto di lui, affacciato dall’orlo di qualche terrazzo sospeso nel vuoto. Di là, Yuugi fa spaziare lo sguardo a contemplare la trama intricata dell’immenso labirinto, migliaia e migliaia di corridoi, passaggi, vicoli ciechi, pareti che s’incontrano e si estendono in tutte le direzioni a perdita d’occhio.
C’è silenzio, in quel luogo, perfino l’aria sembra immobile, e Yuugi cammina in punta di piedi, attento a non turbare quella quiete di tomba.
Cosa stia cercando, non lo sa esattamente; non è nemmeno sicuro di star cercando qualcosa. Invariabilmente, alla fine si siede, appoggiando la schiena ad uno dei freddi muri di pietra, ed è in quel momento che il suono prepotente della sveglia giunge a lacerare gli ultimi brandelli di sogno.