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Autore: edoardo811    09/07/2017    1 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Good Left Undone

II

EMOZIONI DI UNA FUTURA MADRE

 

 

Si ritrovò poco dopo in uno stanzino angusto, che puzzava di chiuso, buio pesto e pieno zeppo di dispenser di legno. Non si preoccupò di cercare un interruttore per la luce, non si preoccupò nemmeno di aggirare tutti gli scatoloni. Procedette a tentoni, dando diverse ginocchiate, mugugnando di dolore e continuando a lacrimare dagli occhi, per poi trovare l’angolo della stanza e sederci contro rannicchiandosi su sé stessa. Affondò il mento tra le ginocchia e cominciò a piangere con più insistenza, mentre tutti i segni evidenti di come si fosse trovata in quella condizione piombavano nella sua mente come una pioggia torrenziale.

La prima volta che lei e Red X avevano fatto l’amore non avevano usato precauzioni. Lucas era stato attento a non venirle dentro, ma forse qualche goccia era caduta lo stesso. E se non la prima notte, probabilmente il mattino successivo. O la notte, successiva. O il giorno dopo ancora. I loro primi quattro, cinque rapporti, erano stati del tutto privi di protezioni. Non ci avevano prestato molta attenzione, tuttavia. Nonostante Amalia non prendesse contraccettivi, entrambi sapevano che le probabilità di restare incinta erano basse, facendo il tutto con un minimo di controllo. Nella maggior parte dei casi. L’avevano presa entrambi alla leggera, non aspettandosi sicuramente di ricevere la notizia che Corvina aveva appena dato loro.

E adesso, Amalia era in stato di gravidanza. Gli stessi sintomi che aveva avuto nei giorni precedenti erano una prova ben più che sufficiente. Non aveva nessuna malattia, come Metalhead, Edward e lei stessa avevano ipotizzato. Il vomito, le nausee, i dolori alla schiena, tutti segni fin troppo chiari.

La tamaraniana si sentì sotterrata da quella notizia. Fu ben più forte di uno schiaffo, più traumatica di una pugnalata. Ogni momento passato a vomitare le sembrò un pugno, ogni pensiero che aveva fatto a riguardo, ogni volta che si era, stupidamente, convinta di non correre alcun rischio, diventò una freccia che le trafiggeva il cuore.

Una stupida. Ecco cos’era. La stupida più grande di tutto l’universo.

Non solo era in preda a rimorsi e ad angosce, pure incinta doveva essere. E la cosa peggiore era che lo aveva scoperto neanche un paio d’ore dopo aver rivisto Red X. Bel modo di ricongiungersi, davvero.

Mentre si abbracciava le gambe stritolò talmente forte gli stinchi da farsi male, ignorando tuttavia il dolore.

Pensò a come X doveva aver preso la sua fuga improvvisa, quella sua reazione così impulsiva e bambinesca. Doveva esserci rimasto male. Lui c’era dentro tanto quanto lei in quella situazione, forse avrebbero dovuto parlarne insieme. Anzi, se c’era qualcuno con cui parlarne, beh, era proprio lui. Ma il solo pensiero di uscire da quello stanzino per cercarlo divenne disgustoso. Non credeva di potercela fare. Probabilmente non sarebbe uscita da lì per molto tempo ancora. Chissà che figura avrebbe fatto con Stella, o con tutti gli altri. Cosa avrebbero pensato di lei? Che era una poco di buono, che preferiva saziare l’appetito dell’organo tra le sue gambe e progettare vendette inutili, piuttosto che combinare qualcosa di meglio.

E non avrebbe potuto che trovarsi d’accordo con loro.

Non era neppure stata capace a badare a quell’embrione che nemmeno sapeva di avere. Stando alle parole di Corvina aveva quasi rischiato di rimanere danneggiato irreparabilmente. Lo avrebbe perso se la maga non lo avesse salvato. E la cosa più brutta era che non sapeva nemmeno come reagire a questo pensiero. Non sapeva nemmeno se ringraziare la titan o meno. Certo, aveva salvato suo figlio. E allo stesso tempo, se ciò non fosse accaduto, se l’avesse perso, beh, la colpa non sarebbe stata di nessuno, no?

Rabbrividì. Solo dopo averlo concepito, si rese conto di quanto crudele fosse quel pensiero. Dentro di lei, nella sua pancia, c’era una creatura organica. Era solo un embrione, non aveva ancora praticamente niente in comune con un bambino, ma era pur sempre vivo. C’era la vita dentro di lei.

Doveva esserne fiera. Doveva esserne felice, non doveva preoccuparsi dell’idea che gli altri si sarebbero fatti di lei. Eppure non ci riusciva. Non ce la faceva, era impossibile. Era troppo angosciata da tutto ciò. Troppo spaventata. Su di lei incombeva un futuro che mai e poi mai si sarebbe aspettata. L’aveva colta alla sprovvista, completamente. Aveva paura.

Una sorpresa a doppio taglio. Ecco, quella era la definizione ideale della notizia che aveva ricevuto. Era incinta, doveva esserne orgogliosa, considerando anche quanto prezioso fosse un bambino. E invece ne era terrorizzata.

Rimase a lungo a singhiozzare, a rimpiangere ciò che aveva fatto, a piagnucolare. Potevano perfino essere passate ore, non era in grado di dirlo con certezza. Sapeva solo che i secondi passarono lentamente e furono uno più doloroso dell’altro. E poi la luce dello stanzino si accese all’improvviso.

La ragazza aveva il volto seppellito tra le ginocchia, ma le sue orecchie captarono alla perfezione lo scatto metallico dell’interruttore e gli spiragli di luce che si insinuarono tra la testa e le ginocchia, una sottilissima riga arancione. Sollevò appena lo sguardo e fu costretta a socchiudere le palpebre, per via dei suoi occhi abituati alla penombra.

«Amalia...» mormorò Red X guardandola quasi con pena dall’ingresso, neanche stesse osservando un cagnolino ferito.

Amalia volle darsi un contegno, cercare di smettere di piangere e ripulirsi dalle lacrime, apparire forte almeno davanti a lui, ma non appena incrociò gli occhi preoccupati del ragazzo, tutto ciò le parve una battaglia inutile. Tempo pochi secondi, e il baratro di angoscia in cui fino a poco prima era precipitata si rifece sentire più forte che mai. Ricominciò a piangere davanti a lui, sentendosi quasi patetica, poi incassò di nuovo il volto tra le ginocchia. «L-Lucas...»

Sentì alcuni rumori soffusi, la luce si spense di nuovo e la porta si richiuse, lo stanzino rimase illuminato semplicemente dalle stelle fuori dall’oblò. Amalia per un momento pensò che Red X l’avesse lasciata sola in quello sgabuzzino, ma poi due calde braccia – all’incirca – la avvolsero, e sentì qualcosa appoggiarsi sulla sua tempia. Non ci mise molto a capire che X aveva spento la luce ed era andata a consolarla, avvolgendole la vita e appoggiando la testa contro la sua. A quel punto, grazie a quel piccolo e gradito contatto, la ragazza si fece forza e sollevò lo sguardo incrociando quello del ragazzo.

«Lucas...» mormorò ancora lei guardandolo quasi implorante, con gli occhi arrossati e le guancie rigate dalle lacrime salate.

Lui le accarezzò una guancia con la mano ancora umana, apprensivo. «Tranquilla, sfogati pure. Ne hai bisogno. Quando ti senti pronta ne parliamo.»

 «Lucas...» Amalia si sentì una completa interdetta. Poteva dire milioni di cose, ma non ci riusciva, sapeva solo che era infinitamente grata a quel ragazzo e sempre lo sarebbe stata. Perché per lei, lui c’era. E anche in quel momento così complicato, in cui lui tanto quanto lei aveva motivo di sentirsi angosciato, era lì, a consolarla, a cercare di risollevare il suo morale.

Quello era amore. E fu esattamente in quel momento, che Amalia realizzò quanto meraviglioso fosse. Singhiozzò di nuovo e si lasciò andare, obbediente ai consigli dell’amato, appoggiando la testa sotto il suo mento, premendocela contro e piantando quasi con forza le mani sul suo petto. X accolse il contatto stringendola intorno alla schiena.

E Amalia pianse ancora. Seduta all’angolo di quella stanza, stretta tra le braccia del ragazzo che amava, del futuro padre di suo figlio. Il duro e pesante destino incombente si fece meno ingombrante di fronte alla coppia di amanti. Sembrò intuire anche lui che, forse, poteva almeno evitare di infastidire la ragazza in quel momento. Almeno quello. Le stelle osservarono in silenzio, da fuori l’oblò. Ma a parte loro, soli inanimati distanti milioni di chilometri, nessun’altro sembrava essere a conoscenza della presenza dei due adolescenti dentro quella stanza. 

Poco per volta, mano a mano che Red X accarezzava la schiena e i capelli neri come la pece di Amalia, questa cominciava a sentirsi più tranquilla. I suoi singhiozzii diminuirono, fino a cessare del tutto. Riuscì finalmente a calmarsi, grazie all’aiuto non indifferente di X. Passarono diversi altri minuti ancora  prima che potesse finalmente separare la testa dal suo corpo caldo e rassicurante. E finalmente i due si ritrovarono faccia a faccia, pronti per poter discutere civilmente su quel piccolo "problema" – perché, alla fine, un problema non era, assolutamente no. Era pur sempre un bambino! – che li accumunava.

«Ti senti meglio?» domandò lui alla fine, dopo diversi attimi di silenzio.

Amalia annuì quasi impercettibilmente. «Sì...»

No. Assolutamente no. Ma se lui era riuscito a darsi un contegno, anche lei doveva farcela.

«Non si direbbe» commentò X osservandola meglio, per poi accarezzarle con il dorso delle dita gli zigomi. «Sei vuoi piangere ancora, puoi farlo.»

La tamariana sentì lo stomaco in subbuglio. Ma non era per via dei conati di vomito, che prima o poi sarebbero comunque arrivati. Era per via di quelle emozioni che solo lui sapeva darle. Quel ragazzo, così tetro e duro all’esterno, così... fantastico, all’interno. Premuroso, apprensivo, serio quando era il caso di esserlo, ironico e sarcastico in casi contrari. Era lui, era Red X. Lucas. Il suo amore.

Sorrise tenuamente, infinitamente grata a lui per la sua gentilezza e pazienza. «Sto bene, davvero. Ho pianto abbastanza. Ora...» Abbassò lo sguardo verso il suo ventre nudo, lasciato scoperto dal top nero. Il sorriso le si smorzò, quando ricordò a sé stessa cosa riponeva lì dentro, oltre che disgustosi organi e vari. D’istinto, si premette una mano su di esso. La prima di una lunga serie di volte. «... ora... parliamo di lui...»

«O lei» suggerì X, con voce smorta. Nonostante fosse venuti lì proprio per quello, nemmeno lui sembrava molto entusiasta di parlare di quell’embrione.

«Giusto... lui o lei...» Amalia sospirò rumorosamente, per poi guardarlo di nuovo. «Ma prima... potresti dirmi quanto sono rimasta qui dentro, prima che tu arrivassi?»

Il ragazzo corrucciò la fronte. «Non saprei... mezz’ora, un’ora al massimo. Non c’ho fatto molto caso, a dire il vero. Ho preferito lasciarti sola per qualche minuto, per darti il tempo di abituarti all’idea. E anche io ho avuto bisogno di qualche minuto, a dire il vero.» Sorrise. «Corvina ha creduto che fosse colpa sua se sei scappata. Ha detto che forse avrebbe dovuto usare un approccio più delicato.»

La tamaraniana guardò di nuovo il proprio ventre, poi scosse la testa. «No, non è colpa sua. Assolutamente no. Anzi, le sono grata per avercelo detto in privato. La colpa è mia, che... mi sono spaventata.»

«La tua reazione era più che comprensibile, lo sai.»

«No, non lo era. È giusto essere sorpresi, ma non correre via terrorizzati.» Sollevò lo sguardo, quasi imbarazzata. «Scusa se sono scappata in quel modo...»

Il ragazzo le accarezzò di nuovo la guancia, ampliando il sorriso. «Stai tranquilla, davvero. E poi... anch’io per un momento avrei voluto mettermi in un angolo a piangere. Solo che non potevo lasciare Corvina la da sola.» Il suo sorriso vacillò, fino a contorcersi in una smorfia preoccupata. «A proposito... Corvina mi ha chiesto se preferivo tenere questa cosa tra noi due e lei o no. E io... le ho detto che poteva dirlo anche agli altri.»

Amalia lo guardò sorpresa, quasi indignata. «Cosa?! Ma... ma... perché l’hai fatto?!»

Avrebbe fatto meglio ad avere una spiegazione valida, o tutti le considerazioni positive che lei aveva avuto su di lui avrebbero valso meno di zero all’improvviso.

 «Lo avrebbero saputo comunque, prima o poi. Tanto valeva dirglielo adesso. Scusa, so che avrei dovuto parlarne con te, ma sul momento non ci ho pensato. Ero preoccupato per te, per il feto, Corvina mi rompeva le scatole, ho aperto bocca a sproposito.»

«E non hai pensato alle loro reazioni? Adesso cosa penseranno di noi? Che ci piace scopare come conigli senza protezioni e basta!»

«Cosa?» Red X sorrise quasi divertito, oltre che incredulo. «Spero tu stia scherzando.»

Toccò ad Amalia essere perplessa. «Che intendi dire?»

«Amalia...» Lucas prese le mani di lei fra le sue. La mano sinistra del ragazzo era tremendamente fredda, ma decise di ignorare quel dettaglio. «... erano tutti entusiasti all’idea. Mi sono beccato un migliaio di complimenti. E li faranno anche a te, poco ma sicuro. Inoltre...» Le labbra di X si aprirono in un sorriso ben più ampio, quasi complice. «... tua sorella non vede l’ora di essere zia.»

Amalia sgranò gli occhi. Stella. Era completamente uscita dai suoi pensieri, fino a poco prima. Come poteva aver dimenticato lei, sua sorella? Che stupida, era evidente che Kori non l’avrebbe mai tradita. Poteva fidarsi di lei tanto quanto si fidava di X. E ripensando alle parole di quest’ultimo, le venne da sorridere. Stella zia. Non sembrava tanto brutto.

 Sorrise, in parte incredula, in parte meravigliosamente sorpresa e felice. «Non sembra poi... poi così male. Resta comunque il fatto che...» Il sorriso si spense, poi abbassò la testa afflitta. «Io non... non me lo merito.»

«Cosa?»

La ragazza sospirò. «Un figlio, dico. Cioè, guardami!» Amalia si drizzò, separò le mani da lui e gli fece cenno di osservarla. «Con tutto quello che ho fatto in passato, con le atrocità che ho commesso, come puoi immaginarmi come madre? Cosa farò quando racconterò la fiaba della buona notte a nostro figlio, gli racconterò di come mamma Amalia ha cercato di uccidere zia Stella quando aveva diciannove anni? Oppure di come la mamma ha distrutto il proprio pianeta nativo? Io, io...» Distolse lo sguardo da lui, sentendo di nuovo gli occhi inumidirsi. «Un bambino... è praticamente un dono dal cielo. È la cosa migliore che possa succedere a qualcuno. E io, la tamariana che ha distrutto il suo popolo, la reietta, l’unica con i capelli neri e gli occhi viola, ne sto per avere uno. Non... non è giusto. Non è giusto nei confronti di chi se ne meriterebbe davvero uno, come Stella. Lei sì, che sarebbe una madre fantastica. Io invece... faccio pena.»

Red X non rispose subito, la osservò come lei aveva detto di fare. «Certo, puoi raccontarle quella favola...» cominciò a dire una volta che la ragazza si calmò, per poi dirle quasi con tono di rimprovero: «Oppure puoi raccontargli come sei cambiata con il tempo, come hai rincominciato ad amare tua sorella, come tu ti sei preoccupata per lei, come hai combattuto contro di Metalhead fino allo stremo.» Sorrise dolcemente afferrandole una ciocca di capelli e rigirandosela tra le dita, guardandola  quasi ammaliato. Amalia si sentì fremere, ma non si ritrasse.

«Puoi raccontargli di come hai distrutto il tuo pianeta e di come ti sei sentita in colpa subito dopo. Di come ti sei tormentata, di come ti sei pentita e, soprattutto, di quanto inutile fosse questo comportamento, anche perché la zia Stella ti ha perdonata da un secolo ormai. E per finire, puoi raccontargli quanto questi capelli neri e i questi occhi viola siano diversi da quelli degli altri tamaraniani... e di come tutto ciò ti renda tremendamente più bella di tutti loro messi insieme.»

Amalia arrossì vistosamente, forse per la prima volta in tutta la sua vita. Sicuramente, era la prima volta che X le faceva dei complimenti veri e propri per il suo aspetto. Non erano esattamente una coppia che tirava avanti di cene a lume di candela e smancerie, ma forse quello si era già capito, perciò una cosa del genere era stata una sorpresa un po’ per entrambi.

«Tu non sei diversa dagli altri tamaraniani. Tu sei meglio, degli altri tamaraniani.» Red X si avvicinò ulteriormente a lei, prendendo di nuovo le sue mani. Il suo sguardo non era mai stato così intenso, così bello, così... fantastico. Di solito era il contrario, ma quella volta fu Amalia a sciogliersi come burro davanti a lui. «Sarai una madre stupenda, Amalia. Sono io che come padre farò ben schifo.» Sorrise. «Questa è la nostra occasione. Possiamo redimerci entrambi, possiamo ricominciare a vivere per davvero. Potremo... avere una vita felice e normale. E se ancora non sei convinta, se ancora credi di non potercela fare, cerca di convincerti del contrario. Non farlo per me, non farlo per te, fallo per lui.» Appoggiò il palmo della mano destra sul suo ventre, per poi sfiorare le labbra della ragazza con le sue. «Fallo per noi. Per un domani migliore.»

E terminato il sermone, il ragazzo la baciò con passione. Amalia, senza neanche un attimo di esitazione, ricambiò appieno il gesto. Dopo quel discorso, non poteva essere più certa. Red X, Lucas, era l’uomo per lei. Non poteva chiedere di meglio. Intrigante, forte, serio, passionale, e tremendamente profondo, come un pozzo pieno di sentimenti. Le parole che le aveva detto avevano mutato radicalmente il suo pensiero sul loro futuro bambino.

Aveva ancora paura, naturalmente, ma sicuramente meno di prima.

Si baciarono a lungo, intrecciando le dita delle loro mani, stringendole con forza. Separatasi da lui dopo tempo immane, la ragazza sorrise tenuamente. «Grazie X... grazie davvero.»

Lui ricambiò il sorriso, accarezzandola nuovamente.

Entrambi avrebbero voluto restare fermi in quella stanza per ancora ore ed ore, ma sapevano di non poterlo fare. Dovevano tornare dagli altri. Amalia guardò la porta e brontolò quasi a malincuore: «Meglio andare...»

«Sì...» convenne lui, altrettanto svogliato. «... tua sorella sarà preoccupata.»

Si rimisero in piedi, Amalia asciugò il volto ancora inumidito dalle lacrime e cercò di sistemarsi i vestiti e i capelli rimasti stropicciati dopo la corsa,  poi uscirono dallo stanzino mano nella mano.

 

***

 

«Kom!» esclamò Stella quando la vide rientrare, correndo da lei e soffocandola in un altro abbraccio. Sembrava quasi che la maggiore fosse svanita di nuovo per anni, talmente Stella era contenta di rivederla. Ma ciò non dispiacque per niente ad Amalia, che, anzi, ridacchiò e fu ben più che felice di abbracciarla di nuovo, sotto gli sguardi di tutti gli altri.

«Ehi, che ti prende? È passata un’ora al massimo, da quando sono uscita...»

«Fai pure due e mezzo...» commentò Beast Boy, senza alcuna cattiveria nella voce, cosa che Amalia notò e che la fece sentire infinitamente meglio.

«Due ore, sul serio?» domandò X grattandosi i capelli ancora arruffati. «Wow...»

Amalia sentì le guancie in fiamme, di nuovo. Aveva piagnucolato per così tanto tempo? Non poté rimuginarci molto a lungo sopra, perché Stella smise si abbracciarla e incrociò i suoi occhi, guardandola preoccupata. «Corvina ha detto che sei scappata... adesso ti senti meglio?»

La tamariana mora si sentì una completa deficiente, ripensando al suo comportamento. Aveva fatto stare in pensiero Stella per nulla. «Sì, certo che sto bene. Scusa se ti ho fatta preoccupare...»

«Tranquilla Kom, è naturale essere spaventati. Io stessa lo sarei, dopo la notizia che hai ricevuto.»

Amalia abbassò lo sguardo. «Sì, ma tu non scapperesti via. E non dire che non è vero, perché non ci credo. Ti conosco abbastanza per saperlo.»

«Beh, sì, io probabilmente non sarei scappata, ma ciò non significa che sia per forza sbagliato farlo. Hai reagito in quel modo, eri sconvolta, non devi rimproverarti di niente.»

«Sarà...» mormorò Amalia sospirando. Si sentì ancora più stupida, a farsi consolare in quel modo da sua sorella minore. Quanto le sarebbe piaciuto vedere il mondo con la stessa ottica di Kori. Vedere solo il meglio delle cose, tralasciare quelle brutte, essere gentile, comprensiva e buona di natura. Essere di più... come lei. Si sarebbe risparmiata un mucchio di tormenti inutili.

Stella nel frattempo sorrise di nuovo e la abbracciò una seconda volta. «E comunque, non preoccuparti...» mormorò strofinando il naso sulla sua spalla. «... io ti resterò accanto e ti aiuterò ogni volta che ne avrai bisogno.»

«Kori...» Amalia le accarezzò i lunghi capelli rossi. Sentì le lacrime agli occhi, ormai aveva perso il conto di tutte le volte che aveva pianto in quella giornata. «... grazie. Grazie davvero.»

Il mondo si stava rivelando molto più buono di quanto avrebbe mai potuto immaginare, con lei.

«Amalia» mormorò qualcuno da qualche parte intorno a lei. La ragazza drizzò la testa e incrociò gli occhi di Corvina, viola come i suoi, e notò la sua postura scomposta e tesa. «Volevo... chiederti scusa per come ti ho detto... la notizia. Avrei dovuto essere più delicata...»

Amalia sorrise e scosse la testa. «Non scusarti, davvero. Sarei scappata comunque, poco ma sicuro.»

Corvina ricambiò il sorriso, apparendo visibilmente più sollevata. Terra, accanto a lei, le sussurrò qualcosa, probabilmente un "te l’avevo detto".

Nel giro di pochi attimi, il resto dei Titans si perse in parole e chiacchiere riguardo l’argomento. Più o meno fecero tutti la stessa cosa. Qualche complimento, qualche sorriso. Più o meno, ciò che già X aveva detto che sarebbe successo.

La tamaraniana mora notò una confidenza che prima non esisteva neanche lontanamente, tra lei e i Titans. Si domandò se fosse tutto dovuto alla sua condizione. E la risposta era ovviamente sì. Fu in quel momento che Amalia ricominciò a tormentarsi con i propri rimorsi, intuendo che, nonostante fosse incinta, dubitava che l’avessero perdonata per ciò che aveva commesso in passato. E probabilmente non lo avrebbero mai fatto.

Il gruppo si spartì poco dopo. Tutti erano stanchi, spossati, doloranti, alcuni perfino senza vestiti. Avevano bisogno di un buon sonno ristoratore. Amalia osservò in silenzio gli altri ragazzi dirigersi ai dormitori. Lucas le posò una mano sulla spalla e fece cenno di venire anche lei. La ragazza obbedì, con qualche milione di pensieri diversi per la testa.

Ai dormitori si divisero. Stella e Robin si salutarono dandosi la buona notte con un lungo e dolce bacio. Guardandoli, Amalia riuscì a sorridere, per poi cadere in preda all’inquietudine non appena si separarono. Ad ogni distrazione, riusciva a tirarsi su di morale, per poi venire di nuovo sopraffatta dai propri angusti pensieri.

Una mano si posò sulla sua spalla, facendola voltare di scatto. Era X, che le sorrise molto più comprensivo di quanto lei avrebbe mai potuto immaginare. «Se per caso... ti senti ancora tormentata... guarda le stelle. Ti aiuterà, vedrai.» Detto quello, le diede un rapido bacio a fior di labbra, per poi augurarle la buona notte ed entrare nel dormitorio dei ragazzi. Amalia lo guardò stupita mentre svaniva nella stanza assegnata ai ragazzi, riflettendo su ciò che le aveva detto.

Passò diverso tempo ancora, trascorso rigirandosi nelle coperte senza nemmeno riuscire a chiudere gli occhi, prima che si decidesse a seguire quel consiglio.

 

 

 

 

 

   
 
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