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Autore: felinala    11/07/2017    10 recensioni
"Notte fonda.
Un cuculo tubava piano la propria melodia dalle fronde del vicino boschetto, mentre sul piccolo lago artificiale, nelle profondità dell’immenso giardino della Capsule Corporation, regnava la pace.
Il frinire dei grilli accompagnava il fruscio delle canne sull'acqua leggermente increspata, adornata dai fiori di miriadi di ninfee multicolore; anche i fili d’erba sembravano danzare quieti nel refolo d’aria che movimentava l’altrimenti afosa serata d’inizio estate, mentre le lucciole splendevano come piccoli fari, più luminose delle stelle, quella sera offuscate da un’enorme, lattea, Luna piena.
In poche parole era una di quelle serate che i più avrebbero definito romantica, una di quelle che ispiravano i poeti nel comporre versi per la loro amata; più semplicemente, una di quelle serate in cui, complice il luogo incantato, amanti appassionati avrebbero potuto trovare magicamente incantevole baciarsi nel chiarore lunare..."
in una notte di Luna piena possono succedere tante cose, anche di incontrare strane creature ultraterrene che sembrano disposte (anche se dopo qualche reticenza) ad aiutarti.... ma in cambio di un incantesimo, una prova viene richiesta al giovane ranocchio Ginew...
seconda classificata al contest "le carte delle streghe" di Meryl Watase sul forum di efp
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gine, Ginew, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CONTEST: “LE CARTE DELLE STEGHE”
PACCHETTO: Strega Ranocchia
Luogo: Giardino
Citazione: "Poche gocce di nostalgia | non possono riempire mai | questo stagno mio di follia, malinconia | di te... (da Fermerò qualcuno)
Oggetto: Ninfea
Prompt: Incantesimo
Obbligo: Genere fantasy
Divieto: Rating rosso


TRE NINFEE E UN DESIDERIO
 
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Notte fonda.
Un cuculo tubava piano la propria melodia dalle fronde del vicino boschetto, mentre sul piccolo lago artificiale, nelle profondità dell’immenso giardino della Capsule Corporation, regnava la pace.
Il frinire dei grilli accompagnava il fruscio delle canne sull'acqua leggermente increspata, adornata dai fiori di miriadi di ninfee multicolore;  anche i fili d’erba sembravano danzare quieti nel refolo d’aria che movimentava l’altrimenti afosa serata d’inizio estate, mentre le lucciole splendevano come piccoli fari, più luminose delle stelle, quella sera offuscate da un’enorme, lattea, Luna piena.
In poche parole era una di quelle serate che i più avrebbero definito romantica, una di quelle che ispiravano i poeti nel comporre versi per la loro amata; più semplicemente, una di quelle serate in cui, complice il luogo incantato, amanti appassionati avrebbero potuto trovare magicamente incantevole baciarsi nel chiarore lunare.
Così romantica che i miei conoscenti hanno appena organizzato una gara a chi mangia più mosche... Avrebbe invero replicato sconsolata l'unica creatura che in quel luogo magnifico non sembrava trovare pace.
Già, perché se sei una rana invece, avresti in teoria definito quella serata solo perfetta. Perfetta per cacciare e mangiare il cibo preferito: gli insetti infatti non mancavano di certo, e le zanzare abbondavano in riva al placido laghetto, dove potevano trovare i luoghi migliori per deporre le loro uova.
E Ginew, un tempo il miglior servitore del tiranno dello spazio, lord Freezer, ora era semplicemente Ginew la rana, e risiedeva suo malgrado da tempo in quel luogo da fiaba, pur non apprezzandolo, data la sua indole maligna.
Da quando era stato costretto, anni prima, ad assumere quelle scomode sembianze anfibie, il suo obiettivo, unico ed imperante, era quello di riconquistare un corpo, umanoide e possibilmente forte.
Perciò, dopo essersi accertato di dove fosse la dimora dei suoi principali antagonisti, ed aver deciso che era sempre meglio averli sott'occhio, aveva preso ad esplorare il mondo per quanto poteva nelle vesti di una rana, in cerca di uno spunto per riavere un corpo decente.
Ma i giorni passavano lenti tra un'abbuffata di mosche per sopravvivere ed un altra,  l'ispirazione non era mai venuta.
In verità i primi tempi aveva provato di tutto: aveva  tentato di fermare qualcuno, aveva creduto di poter parlare e di essere capito; aveva offerto loro qualcosa per restare; uno sguardo supplichevole di un piccolo animale, aveva scoperto, attirava quei bipedi senzienti, come gli piaceva chiamarli, soprattutto se erano donne o bambini,  ma poi tutti se ne andavano indifferenti e presto aveva capito che a nessuno interessava veramente la sorte di un povero ranocchio. Nulla di ciò che sapeva fare si era rivelato utile per riavere una vita simile a quella che aveva perduto, e così era sempre dovuto tornare lì alla sua base, nel giardino dei suoi nemici, nella speranza che un giorno un piano per accaparrarsi un corpo, gli sarebbe venuto alla mente.
Di recente però si era suo malgrado adagiato in una monotona routine: sempre più spesso si era accorto di dimenticare per lunghi periodi la sensazione di avere quello che era stato il suo unico prezioso bene per molto tempo, ovvero il suo corpo viola e potente; ora in quel corpicino di rana si era addirittura fatto degli amici, se così poteva chiamare Gioggiò (un ranocchietto gracile e saccente come pochi il cui obiettivo era sfinire di gracidii chiunque) Frana (chiamata non per nulla in quel modo dato che cadeva sempre, ma che voleva farsi chiamare solo Fra) e Tania (una vivace ranocchietta verde smeraldo che adorava ballare e che, da quando aveva scoperto che anche lui soleva dilettarsi in coreografie, aveva preso ad adorarlo e a inseguirlo ovunque, concupendolo).
Poteva quasi dire di essere felice in quel posto; se non pensava al passato era felice; ma in realtà, sempre più spesso aveva una tremenda nostalgia, nostalgia di quel suo corpo dalle sembianze diaboliche e dalla pelle viola.
Gli mancava la libertà che la sua potenza gli garantiva; gli mancavano le urla di terrore delle vittime che aveva ucciso o tormentato nelle sue scorribande per i pianeti; gli mancava persino parlare, dato che gracidare non era la stessa cosa... E gli mancava terribilmente il cioccolato!
Sì, le barrette di cioccolato gli mancavano terribilmente...
Stava così tristemente rimuginando il piccolo ranocchio, in quella sera di Luna piena, su tutto questo e molto altro ancora; perso nei ricordi e nelle elucubrazioni, s'accorse distrattamente d'esser arrivato nei pressi del piccolo ponte ornamentale che divideva in due il laghetto.
Decise allora di percorrere per metà quella fine struttura a forma di ferro di cavallo e, ivi giunto, guardò in basso per ammirare meglio la Luna che si specchiava tra le ninfee che adornavano lo specchio d'acqua.
Ma il perlaceo volto del satellite non fu l'unico ad essere riflesso: poco più in basso un muso di rana dagli occhi rossicci e la pelle squamata, verde faceva capolino, beffandosi e al contempo rendendo ancor più tangibili i cupi pensieri dell'ex assassino.
Ah, questo specchio, questo dannato specchio! E dannati coloro che mi hanno rinchiuso in questo corpo maledetto! Pensò con rabbia l’essere che un tempo lontano faceva impietrire interi popoli, aggrappandosi con le zampine alle  sbarre di metallo che reggevano il corrimano della struttura e provando a scuoterle con tutta la sua misera forza.
Ah! Che debole, che patetico essere sono diventato! Se fossi nel mio corpo precedente, in quel massiccio e forte corpo violaceo dalle corna nere! Se fossi ancora quell’essere prestante e muscoloso! Allora sì che potrei  essere ancora felice! Dilanierei queste sbarre con un dito, farei tremare la Terra intera! E rivedrei gli occhi  di coloro che mi stanno di fronte riempirsi di terrore, il sangue scorrere di nuovo…
Sorrise per un attimo, quel piccolo musetto di ranocchia all’ultimo pensiero del proprietario… ma poi la disperazione riprese il sopravvento, attanagliando la creatura verde con i suoi tentacoli; e la nostalgia crebbe, crebbe ancora, fin quasi a farlo impazzire, mentre infine Ginew alzava gli occhi vermigli al cielo, verso la lattea Luna:
"Ma lo so, ormai il nostro fragile legame da tempo è sparito, ti ho amato, ma non lo sapevo, quindi ho azzardato, lì sul pianeta dei musi verdi, e ti ho perduto; così tu non tornerai ad esser più il mio corpo... ti ho perso! Per sempre! E ora rimpiango di aver voluto più potere, perché poche gocce di nostalgia non possono riempire mai, questo stagno mio di follia, malinconia di te..." gracidò debolmente infine, con gli occhi lacrimosi rivolti all'astro che da lontano splendeva impietoso.
 
Trascorse così un tempo indefinito, guardando la Luna quasi ipnotizzato, accecato da lacrime di amara nostalgia nel ricordare i tempi antichi e ciò che aveva perduto; gli parve un secolo o forse furono soltanto pochi secondi, quando intravide uno strano bagliore argenteo con la coda dell'occhio, poco distante dalla sua posizione che lo fece voltare, incuriosito e guardingo.
Subito sussultò boccheggiando, i grandi occhi sgranati come biglie color rubino, non potendo credere a ciò che vedeva.
Pelle di un tenue azzurrino e lunghissimi, fluenti capelli  verde alga che ondeggiavano piano, sulle prime il povero Ginew credette quasi che Zarbon, il suo antico commilitone, fosse riuscito a trovarlo, tanto la creatura che sostava poco più in là ne aveva uguali i colori; subito però si diede dello stupido: colori a parte, l'esile ed  eterea creatura dalle sembianze di donna  che gli dava il profilo, non aveva nulla di che spartire col massiccio guerriero da lui conosciuto.
Solo dopo che si fu ripreso un po' fu in grado di parlare o, meglio, gracidare:
 "C-chi sei?"  osò chiedere, pur convinto che non sarebbe stato compreso come i precedenti tentativi con gli umani avevano accertato.
Con sua sorpresa invece, la vide girare lentamente il capo, offrendogli la visione di un incantevole volto di donna dai lineamenti perfetti e dagli incredibili occhi dorati.
Per un infinito istante si scrutarono a vicenda, lei con un pizzico di blanda curiosità, lui ammaliato.
Poi,  gli rivolse un lievissimo sorriso enigmatico e tornò a fissare l’acqua, apparentemente indifferente a tutto.
Eppure ero certo non fosse una creatura terrena, che potesse capirmi… pensò scoraggiato l’anfibio quando non ottenne alcuna risposta. Abbassò lo sguardo, ormai convintosi fosse un’allucinazione o qualcosa di simile; stava quindi per allontanarsi quando…
“Mi chiamo Vilja, giovane ranocchio” perfino la sua voce era bella: chiara, limpida come acqua di fonte, musicale; e quelle poche parole da lei pronunciate arrivarono dritte al suo piccolo cuoricino di rana, che prese a battere più velocemente nel petto verdognolo, in un impeto di indicibile sollievo: allora c'era qualcuno con cui poter parlare, qualcuno che lo capiva!
"T-tu, tu mi capisci?" Mormorò allora facendo qualche passo verso di lei, pur non osando avvicinarlesi troppo a causa del lieve bagliore ch'ella sembrava emanare.
"Comprendere la natura per me è naturale come respirare.
E tu, rana pur non rana, ne fai parte a quanto pare"
Ma come parla? Per enigmi? In rima? Si domandò il ranocchio leggermente interdetto, prima di accorgersi che lei sembrava... sapere la sua vera natura?
"Ma che cosa sei?" le chiese sempre più curioso, sebbene un poco irritato, sperando non rispondesse sempre in quel modo.
"Ciò che sono, giovane ranocchio, dovresti già tu sapere,
ti illuminerò comunque sul mio conto se ci tieni: sono la ninfa di questo bosco,
con i miei poteri lo sorveglio e lo proteggo. Tutto di questo posto io conosco.
Solitamente dal mio albero preferito, quel salice lì in fondo, non mi scosto,
ma quando c'è la Luna piena per osservarla senza ostacolo qui mi sposto.
Di me altro non c'è da dire, né invero da sapere."
Di tutta quella cantilena strampalata, la mente di Ginew comprese un'unica cosa:
"Poteri? Hai dei poteri magici?" Gracchiò quasi senza farla finire di rispondergli.
"Naturale ingenuo, giovane ranocchio verde,
Noi ninfe siamo fate, maghe, alcuni ci definivano anche streghe,
E su tale distinzione di definizione ci sono state molte beghe;
In un lontano passato venivamo venerate, ma con il tempo tutto si perde..."
"Tu! Tu puoi aiutarmi! Ti prego fammi avere un altro corpo!" Sbottò il piccolo anfibio balzandole  addosso con le zampe tese in un atteggiamento tra l'aggressivo e il supplichevole.
"Piccolo ranocchio maleducato,
Come osi balzarmi addosso in codesta maniera, disgraziato?" Fece adirata la ninfa respingendolo con un colpo di vento.
Si alzò poi in piedi, l'eterea, prima di aggiungere con un sospiro dispiaciuto:
 "Comunque alla tua richiesta non posso acconsentire,
pur potente, dal nulla io corpi non posso far apparire,
Né, se per questo, anime traslocare così o colà
A seconda delle loro volontà.
Mi spiace, giovane ranocchio che ranocchio non vuol essere più,
temo dovrai tenerti le tue sembianze anfibie finché una soluzione non troverai tu” e detto questo, la ninfa si voltò per andarsene.
”A-aspetta! Ti prego, non puoi fare proprio nulla? Se davvero hai poteri magici, anche se un corpo non puoi darmi  non potresti… non lo so… creare un filtro magico? Fare un incantesimo…?” la trattenne Ginew disperato: gli sembrava di essere infatti così vicino ad una soluzione! E se lei se ne fosse andata mai più, temeva, gli sarebbe ricapitato un’occasione del genere.
“Un filtro o un incantesimo mi chiedi?
Sì, questo posso farlo giovane rana dagli occhi grandi
E mi è appena venuta una soluzione che forse  potrebbe interessarti
Ma tutto ha un prezzo e se sei deciso con me ad impegnarti
Alla prova dovrò metterti e quindi dovrai ingegnarti” gli rispose ella infine dopo un attimo di riflessione.
“Sì! Sì! Tutto quello che vuoi! Che devo fare?” fu la pronta risposta della ranocchia.
“D’accordo piccolo amico dalle zampe palmate
Un incantesimo ho in mente per te
Ma alcune materie prime andranno recuperate.
Vedi le nin-” 
“Ma potresti parlare un po’ più chiaro invece che in quello strano modo? E poi io non sono piccolo accidenti a te!” si lasciò sfuggire Ginew in un borbottio esasperato interrompendola.
Un’occhiataccia lo rimise però celermente al suo posto così come la serafica risposta:
“Vivo da diverse centinaia di anni
per me sei piccino, capirai se ti metti nei miei panni
E questo è il mio modo di parlare
Seppur a te appaia arcaico e particolare.
Ora lasciami tu continuare
se vuoi questo tentativo fare!”
ok ok… diamine è permalosa pure…. Pensò, pur restando accuratamente zitto per non perdere l’occasione… e sì, anche il filo del discorso.
“Dicevo, qualcosa per me dovrai tu fare
se vuoi che l’incantesimo io possa su di te lanciare.
Tre ninfee ti chiedo quindi di cercare
e qui da me entro l’alba le dovrai portare;
la prima, nivea purezza, dove tardo il sole arriva e sempre fredda brezza soffia si trova;
la seconda, color della morte, del viola più scuro, verso il sinistro rivo sta al sicuro;
la terza purpureo ha il colore, come sangue vitale, in basso sta nel lago a prendere il sole.
Portami le tre ninfee che ti ho indicato, se all’alba qui le avrai, e della tua abilità avrò la prova,
un incantesimo io farò per aiutarti nel tuo scopo, lo giuro
e tu potrai avere l’occasione di riavere un altro corpo con ben altra mole…”
Detto ciò la ninfa, improvvisamente come era apparsa, svanì.
“No aspetta! Come sarebbe a dire!? Mi hai fatto un indovinello? Devo portarti tre ninfee di tre colori diversi entro l’alba? E dove le trovo!?" Poi guardò la Luna che beffarda aveva osservato tutto dall'alto, compiendo il suo arco nel cielo e... "Ma all'alba MANCA UN’ORA SOLA!” esclamò il povero ranocchio sconfortato.
Per un paio di preziosi minuti cercò di richiamare a sé la fata, ma, accortosi che sembrava sorda ad ogni richiamo e a ogni minaccia, capì che, se davvero voleva avere una possibilità di andarsene da lì e da quel corpo di rana, doveva tentare di esaudire le richieste della pazza creatura che parlava in rima: forse se le avesse portato sul serio le tre ninfee avrebbe ottenuto qualcosa di utile.
Ma come fare? Da dove partire?
Calma Ginew, un tempo eri il capo di una grande squadra di combattenti in grado di conquistare pianeti in breve tempo, e tu eri il tattico! Trovare tre ninfee in un dannato lago non dovrebbe essere così difficile... Pensò il ranocchio facendosi forza.
Approfittando del fatto che si trovava sul ponte da cui poteva godere di un'ottima visuale soprelevata di entrambi i lati del laghetto, il furbo ex capitano provò a scrutare a fondo in ogni direzione, cercando di carpire dal paesaggio, che pure conosceva molto bene, qualche indizio in più circa l'ubicazione dei suoi fiori particolari; nel frattempo, cercò di far funzionare la memoria: Che diamine aveva detto quella pazza strega...?
Bianca viola e rossa, di ninfee di quel colore in verità lo specchio d'acqua abbondava, ma, osservando meglio, Ginew si rese conto di un particolare a cui prima non aveva mai prestato attenzione: i fiori, prosperati anche grazie ad attenta vigilanza e cura da parte degli uomini incaricati dal dottor Brief di tenere ordine nell'immenso giardino della proprietà, erano divisi per colore e ciò era visibile perfino alla fioca luce della Luna.
Da nord provenivano infatti bagliori lattescenti che rispecchiavano il candido astro; la sponda alla sua destra   ospitava ninfee delle diverse tonalità di azzurro e blu, riconoscibili solo in parte, dato che la tonalità più scura li confondeva nell'oscurità della notte; in basso, al lato opposto  delle bianche, prosperavano le vermiglie e infine  a sinistra, nel lato a lui più vicino, intravide chiaramente del rosa mischiato a tonalità più scure.
Ma tu guarda... Bene bene, non avevo mai notato questa strana voglia di precisione cromatica da parte dei terrestri,  ma meglio cosi, mi sarà molto utile... ora ho capito cosa intendeva la strega pazza... Pensò Ginew con un lieve sorriso sul musetto da rana.
Poi sbuffando iniziò quello che si prospettava un lungo percorso a balzelli.
Certo che poteva anche dirmi di prenderle tutte e tre uguali almeno! Invece mi tocca pure percorrere quasi tutto il lago a salti e di corsa per accontentarla, come se in questo piccolo corpicino da rana fosse semplice e veloce! Brutta megera pazza e sfruttatrice...
 
Fu dura, sfinente, sfiancante.
Un balzo dopo l'altro, evitando grandi mazzi di ortiche e felci, schivando ranuncoli gialli e le alte canne che circondavano la riva del laghetto, il piccolo ranocchio riuscì nella sua impresa, pur non senza difficoltà.
Trovò la prima ninfea, di un viola scurissimo quasi subito, ben visibile tra le varie sfumature rosate delle altre sue compagne; indeciso su come portarla, ne strappò il lungo stelo a fatica – nel farlo finì anche in acqua e si procurò un piccolo taglio – e, altrettanto a fatica, riuscì a legarselo intorno al verde corpicino, facendo in modo che il fiore sostasse sul suo dorso.
Balzo dopo balzo, si diresse al nord dove, affaticato e col fiatone, trovò ad attenderlo una miriade di bianche corolle che, placide, ondeggiavano sul pelo dell'acqua; scelse la più bianca e grande di tutte, quella dal colore più niveo e, legata anch'essa attorno al corpicino come la prima, fece un gran sospiro prima di gettarsi a capofitto sulla terza meta: doveva sbrigarsi, l'alba era vicina!
Sul rivo sud, ormai stremato dalla lunga corsa balzellante, vide infine l’ultima ninfea: era bella, color del sangue, spiccava tra le altre seppur piccina, vermiglia tra le altre più aranciate o rosate, coglieva il primissimo barlume di luce con i petali leggermente bagnati e sembrava rifulgere di vita propria.
“Ah, che diavolo! Devo sbrigarmi o la ninfa scomparirà! È quasi l’alba!” mormorò a se stesso il povero ranocchio; si affrettò a strappare anche la preziosa ninfea rossa dalla sua comoda posizione, privandola delle carezze dell’acqua sui suoi petali scarlatti e poi, quasi con disperazione, riprese la sua corsa, chiedendo il tutto per tutto alle sue povere zampine di rana.
 
Arrivò sul ponte quando il primo raggio di sole lambiva l’orizzonte.
Riprese fiato, il povero Ginew, un po’ stramaledicendo la ninfa e un po’ imprecando contro il suo dannato corpicino di anfibio: mai si era sentito così spossato, nemmeno dopo aver setacciato e distrutto un paio di pianeti!
Quando infine alzò lo sguardo, trovò lei ad attenderlo.
Lo osservava con sguardo condiscendente e compiaciuto, benevola e composta come una sfinge.
“Vilja! Ti ho portato le ninfee come mi hai chiesto! Io ho rispettato la nostra parte di accordo ora tu rispetta la tua!” le gracchiò contro, la voce rauca per la fatica.
“Ma certo mio piccolo amico.
Porgimi le tre ninfee, testimoni del tuo sforzo,
sei stato bravo, sono le più belle, il mio entusiasmo non smorzo.” ella disse; Ginew allora slegò in fretta le tre ninfee che portava legate attorno a sé, e, una dopo l’altra, le depose con solerzia ai piedi della ninfa.
“E qui allora  un incantesimo io dico:
per la bianca purezza:
che il candore ti doni nuova vitale brezza!
Per la ninfea più rossa
Che trovare nuovo sangue tu possa!
E per la potente viola mortale
che tu abbia una nuova abilità letale!
Piccola rana che rana non vuol essere più
Ora una nuova abilità acquisirai tu:
rame appuntite potranno essere maneggiate
dalle tue piccole dita palmate;
scrivi  “scambio” nella terra, madre natura ti assisterà
le anime così potrai scambiare e nuova sorte per te gi- “
 
“Gin-Gin!” una voce gracchiante e acuta sovrastò quella limpida e musicale della ninfa che, interrotta la sua magica cantilena, cominciò a svanire.
“Gin-Gin, sveglia!” sobbalzò e, sentendosi pungolare su una spalla aprì gli occhi di scatto, le zampine protese nel tentativo di fermare quella che doveva essere la sua salvatrice.
Urlò perfino, disperatamente: "Aspetta Vilja!"
Ormai però era troppo tardi; albeggiava, ma di fronte a sé della ninfa non v’era traccia.
Al suo posto, una ranocchietta dalla pelle verde e dagli occhietti gialli lo fissava da vicino, molto vicino: Tania.
“Gin-Gin, insomma! Avevi detto che andavi a fare una veloce passeggiata e invece ti sei addormentato qui sul ponte fino adesso!? Lo sai che ti sei perso una scorpacciata di insetti coi fiocchi?" Fu il rimprovero della piccoletta, apparentemente ignara dello stato d'animo disperato del suo interlocutore.
Era stato un sogno, si rese conto lentamente Ginew. Uno sfinente, stranissimo  ma speranzoso sogno.
"Giiiiin..?" Ancora la voce di lei, quella noiosa ranocchietta che non lo lasciava pensare in santa pace.
"Che vuoi?" le chiese scontroso, affrettandosi a mettere un minimo di distanza.
"Come che voglio? Mi avevi promesso che all'alba avremmo provato insieme la nuova coreografia di ballo in cip cip maggiore! Senti? Gli uccellini si stanno risvegliando proprio ora... Andiamo?" Gli domandò con il musino sprizzante entusiasmo di nuovo ad un palmo dal suo.
Gliel'ho promesso? Davvero? Ah... Forse... Mentre pensavo a tutt'altro devo aver distrattamente mormorato un sì...
Fu così che per Ginew ebbe inizio un'altra pigra giornata nel suo corpicino di rana. Ma quel sogno gli rimase impresso, così tanto impresso che più tardi nel corso della giornata, appena rimasto solo...
Un segno tutto  curvo come un serpente... Una linea con un mezzo tondo... Un tondo... Aaargh! Maledetti questi fragili ramoscelli! Perché? Perché continuate a spezzarvi? E dannate dita palmate, perché non collaborate? Ah ma ci riuscirò! Devo riuscirci! Imparerò a scrivere sdoppiamento! E allora potrò dire addio a questo dannato corpo! Prima o poi...
Questi i pensieri di una povera  rana che sta provando disperatamente a scrivere...
 
 

FINE


A.d. C (Angolo delle Curiosità): Ne approfitto da qui per ringraziare: SSJD per la simpatica ehm... sfida? Massì chiamiamola così! e …. Per tutto il resto (tu sai cosa) e  Meryl Watase e l'opportunità del suo contest, nonché tutti voi lettori di questa... Ehm... Cosa.
Detto ciò.
Volevo illustrarvi le numerose curiosità inerenti a questo piccolo strambo "gioiellino" pazzo, di qui lo strano nome di questo angolino... Per chi fosse curioso buon proseguimento (altrimenti arrivederci da qui):
- per descrivere il bell'angolino del giardino della C.C. ovvero il laghetto in cui è ambientata la vicenda, mi sono ispirata a questo bel quadro:

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L'autore è il famoso pittore Monet, il quale  negli ultimi anni di vita, si era fatto creare intorno alla sua villa un giardino in stile orientale tra cui spiccava appunto un lago artificiale con ninfee multicolore; a Monet piaceva molto il posto, tanto da renderlo protagonista di un centinaio circa di quadri tutt'ora visibili e sparsi per il mondo, che ritraggono ora singoli fiori ora il paesaggio.
 
- NOMI
Ginew sapete tutti chi è... Ma gli altri?
Per crearli ho pensato ad alcuni interessanti spunti:
Frana: ha la sua spiegazione all'interno della storia stessa...
Gioggió: Semplice ed elementare... associazione... Chiedo scusa....  https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Rana
Tania: Si spiega tutto con questa canzone (grazie/scusa Deden...) https://www.youtube.com/watch?v=7lpLXWlGOxU
Vilja: Altra canzone, mi piaceva come nome e parla proprio di una ninfa se siete curiosi... https://www.youtube.com/watch?v=yOqf42zAx00
Grazie a tutti dell'attenzione e alla prox! Nala P.s. Quasi dimenticavo: Chiedo scusa a Mina per essermi permessa di piazzare parte della sua "fermerò qualcuno" in bocca (o nei pensieri in parte) ad una ranocchia....
  
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