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Autore: KH4    17/07/2017    1 recensioni
"Tu sai cosa vuol dire amare qualcuno?"
La loro era una relazione fatta di fili rossi intrecciati che evocavano la stessa sinuosità degli Higanbana quando arricciavano le punte e si sporgevano in più direzioni con la corolla a fiammeggiare orgogliosa.
Paring: Pendulumshipping (YuyaxReiji).
Note: Gender Bender – Possibile OC – Angst- Sentimentale.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akaba Reiji/ Declan Akaba, Yuya Sakaki
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender
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HIGANBANA / SPRING.

"Tu sai cosa vuol dire amare qualcuno?"
L'Hanami* soleva schiudersi pacato, ma alla loro Primavera era bastato un frangente per perdere tutti i petali.

Aveva il cancro. Una di quelle sorprese che sanno sempre come mandare in pezzi tutto e subito. Sarebbe volentieri annegata nel delirio onirico che acuiva lo scalciare del suo cuoricino impavido se le avesse concesso di ripristinare le cose ad uno stadio precedente la tempesta, quando tutto era fattibile, quasi indolore per certi versi.
L'effige dello schizzo allungatosi sul pavimento si alterna alle luci abbacinanti sopra la sua testa, il ronzio della barella a grattare sui nervi sobbarcati dallo zigrinato cigolare. Da qualche parte, fuori, gli steli dei ciliegi si attorcigliano ai fili d'erba dopo aver delicatamente graffiato i rami, il tenue profumo sovrapposto all'incenso ingarbugliatosi nell'aria; nulla in confronto agli Higanbana e al loro rosso imbevuto di passione, però da che mondo è mondo non si porgono i dovuti ossequi ai primi tepori primaverili?
Non sarebbe stata Yuya Sakaki se non si fosse arrischiata dall'evitare che un simile affronto la perseguitasse negli anni avvenire. 
Doveva solo liberarsi di quegli occhi violetti. Neanche sapeva perché ce li avesse piantati in testa, ma per un attimo temette di annullarsi nel magnetismo scanalato fra le scure screziature che la fissavano inorridite, che la seguivano a costo di perdersi con lei nel cunicolo di tenebre oblunghe, ma provare a ricollegarle a un volto familiare annebbiava il poco chiarore non ancora disperso nella calca dei sensi. 

Non aveva mai saputo, ne si era data pena di cercare una spiegazione sull'insensatezza toccatale. C'era sempre e soltanto stata la torbida sensazione che l'intera consistenza dell'Universo fosse trascesa in un singolo punto, l'istante dove vita e morte camminano a fianco e l'una attende l'inciampare dell'altra. Discinti, i ricordi si rapprendevano fra le sue mani come i capelli a lungo fissati nei piccoli palmi tutte le volte che li aveva afferrati per distrazione. A cinque anni una mancanza d'aria sotto lo sciogliersi del tendone colorato del circo tanto atteso; a nove una ricaduta accanitasi per vederla combattere senza il suo punto di riferimento; a sedici si palesa complicato ipotizzare cosa ci sarà di diverso dal nastro che si riavvolge sotto l'incresparsi della fisicità che annerisce sibillina. Eppure non le aveva mai fatto troppo male essere comparata a una cartellina giallo canarino, purchè la sua corposità non lanciasse contro gli altri tracce multicolori.
"Tou-san vive per rendere le persone felici. Io voglio fare lo stesso per lui."
Yuya Sakaki abbracciava la vita perché amarla era nel suo pieno diritto benché un contenitore arancione dettasse una dipendenza forzata e le molte limitazioni accrescessero tuttora il tacito godimento di quel segreto avvezzo a fare scempio del suo essere a cadenze irregolari. L'amava benché durante giorni impetuosi finisse per assecondare l'insolito ritrarsi in sè stessa, mimando la mobilità di un guscio vuoto che tremolava al cogliere gocce di rugiada sfiorarne la capillare superficie; l'amava benché il discernere fra illusione e realtà si fosse annodato in un groviglio inesplicabile, privandola di darsi una speranza la cui voce era già andata perduta.
"Torni presto, vero, Tou-san?"
Le scarpe sporgevano indecise dal ciglio della porta mentre una minuscola ruga aggrotta la fronte della bimba di sette anni che rigira le dita attorno al Pendolo cristallino. Lo sguardo non perde d'occhio la coda sgargiante dell'abito del genitore, la linea di colori eccentrici che collide in un unico brillio traboccante sulla cima di ciuffi neri solcati da un cilindro anch'esso variopinto. La costanza nell'indossarli incarnava quel suo vivere per il palcoscenico che anche lei sognava di irradiare con inchini e capriole.
"Prestissimo. Promesso"

Ma era una bugia.
Come la fontana di luci stroboscopiche che deliziano i sensi degli spettatori, la consistenza della magia nasconde il suo segreto nell'impressione che regala allo spirito. E il sorriso in veste di garanzia, per inneggiare l'ilarità che le lancia con la mano alzata in direzione dell'orizzonte ignoto, è un'illusione che cela una verità dal fondo colmo di misera codardia. Oramai il palpito che ansimava inappropriato non languiva più contorni fatti di carta; ringhiava in direzione di un'incorporeità diafana. Gli aveva dato tutto, a quel Tou-san scheggiato nell'anima orgogliosa, e dopo tanto confidare in una persona che ha sempre saputo di non voler essere trovata, tempo e forze si annullano nella serafica profondità dell'oblio, rifuggono dall'essere impiegate contro una malattia che l'ha tartassata non una, ma due volte; l'accoramento di tutte le terapie che i dottori le illustrano, pensando di regalarle qualcosa che già soffocava ingozzandosi di pasticche, inasprisce un rigetto che supera il sapore velenoso del suo sangue.
Vuole solo smettere di sentire i vuoti, i muscoli impietrirsi, spronarsi nel riempirli con inerzia sufficiente da sostenere la possibilità di riallacciare il passato al presente in un unico filo conduttore.
Quando capisce che la sola maniera concessale di godere della Primavera è di carezzare con l'olfatto la brezza arrotolata fra le tende di lino della sua stanza, le dita sfiorano la carnosità delle labbra, cogliendo uno strascico zuccherino scorrere sotto la pelle che vibra di egoismo, dolcezza, ingiustizia, rassicurazione, follia e desiderio turbinante in un calore confortante. Ci è già passata, una cicatrice in più non può farle più male delle altre. Ma ad consentire al terrore di disarmarla non è la prospettiva di un nuovo travaglio a scavare nella sua pelle d'avorio. E' Reiji Akaba che le si siede accanto con l'intenzione di non lasciarla sola
.

Note di fine capitolo:
Hanami: termine che si riferisce all'usanza giapponese di godere della bellezza primaverile degli alberi.
 
  
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