SETHOLYREM
and LYROTHIEM
La
piccola camera spoglia e disordinata era immersa nel buio, nonostante
il sole
fosse sorto da tempo. Una piccola figura dormiva rannicchiata tra le
coperte,
cercando di tenersi al più caldo possibile, tremando,
nonostante fosse una
calda giornata d’estate.
La
finestra era stata completamente chiusa, e da essa non filtrava nemmeno
un
raggio di sole. Dalle fessure della porta, invece, passava abbastanza
luce da
poter anche distinguere le ombre dei passanti. Una di esse si
fermò di fronte
alla porta, e la aprì silenziosamente. Una pendente treccia
bionda si distinse
nella stanza buia, e lentamente la ragazza si fece spazio nella stanza,
facendo
attenzione a non far rumore e non calpestare i vari fogli che si
trovavano a
terra.
Salì
sulla scrivania, tirandosi su con l’aiuto del davanzale della
finestra, e
spalancò le imposte.
Dal
letto arrivò un grido lamentoso, ed inseguito la piccola
bambina cominciò a
dimenarsi.
“Dawn,
chiudi la finestra!” disse lei con voce seccata e lamentosa,
continuando a
muoversi tra le coperte. Dylhes ridacchiò.
“Smettila
di fare tante storie, è solo un po’ di
sole” esclamò saltando giù dal tavolo
da
lavoro.
Come
risposta, Gwen cominciò a lamentarsi e muoversi
più forte, arrivando a cadere
giù dal letto, incastrata tra tutte le coperte. A quel punto
sospirò e decise
di restare immobile.
La
maggiore roteò gli occhi con un sorrisetto divertito. Le
andò in contro, per
poi fermarsi una volta arrivata di fronte a lei e inginocchiarsi al suo
livello. Infilò le mani in mezzo al mucchio di coperte,
cercando un punto da
cui cominciare a srotolarlo, facendo ridere la corvina, che si
lamentava del
solletico che le faceva.
Dopo
una decina di minuti, Gwen venne liberata, e, ancora imbronciata
guardava male
la sorellastra. Lei, intanto, rifaceva il letto e sistemava la stanza,
cercando
di ignorare lo sguardo della sorellina puntato su di sé,
nonostante l’idea la
facesse divertire.
Quando
la bionda cominciò a raccogliere i vari fogli, la corvina
capì.
“Sta
arrivando la Rothetin per la solita storia?” chiese con tono
leggermente
seccato, sedendosi. Da quel che ricordava, ogni settimana la donna
passava una
mattina con lei. Solitamente era la domenica, per un motivo che le
avevano
spiegato, ma che, troppo distratta da altri piccoli dettagli, la
ragazza di
certo non ricordava. Non aveva mai prestato troppa attenzione a quello
che le
diceva. Lei la ascoltava e rimaneva in silenzio per buona educazione, e
paura,
ma nonostante quelle leggende possano essere state interessanti, il
tono
spassionato e disprezzante della regina le facevano perdere ogni
interesse. Non
sapeva qual era il suo scopo, in realtà non ci aveva mai
pensato, ma da un po’
di tempo, lentamente, mille domande cominciavano a farsi strada nella
sua
mente. Quando provava a dirle al Rothek o a Dylhes, con suo dispiacere,
anche
loro la guardavano in modo strano e cominciavano a comportarsi in
maniera
nervosa. Infondo, la piccola voleva sapere cose che non era in grado di
capire.
Però
era arrivata ora di cambiare le cose. La principessa aveva fatto una
promessa,
e, nonostante la bambina non fosse ancora in grado di comprendere
tutto, lei
decise che era arrivato comunque il tempo per introdurla alla faccenda.
Ed
era per questo motivo che la giovane chiese personalmente alla madre di
raccontarle la storia del loro popolo. La corvina ne era totalmente
all’oscuro,
e non poteva di certo dirle chi era senza che lei sapesse cosa
significasse.
“Purtroppo
sì, piccola mia” le disse, poggiando i fogli sul
tavolo e prendendo vari libri
“Però devi farmi un favore”
appoggiò anch’essi sulla scrivania e li
aprì.
“Che
cosa devo fare?” chiese, sdraiandosi a pancia in su, ma
continuando a
guardarla, anche se la vedeva al contrario.
“Prestare
attenzione, solo questa volta” esclamò, mettendo i
fogli con i bei disegni
fatti dalla bimba nei libri, per poi metterli in fondo alla libreria,
ben
nascosti.
Gwen
sbuffò, evidentemente infastidita, mentre osservava la
sorella nascondere i
suoi disegni. Tra tutte le cose che doveva fare a causa della Regina,
quella
era quella che capiva di meno. Non capiva perché doveva
nascondere i suoi
disegni, perché lei non dovesse vederli. Non le sembrava di
disegnare cose
strane. Principalmente i soggetti erano la luna e Dylhes, non le
sembrava
niente di… proibito. Ma dopo l’avvenimento di
qualche notte fa, Gwen aveva
deciso di non farsi più domande sul suo conto.
Non
aveva detto a nessuno della ferita che le aveva causato. Ne era stata
molto
tentata, e forse avrebbe dovuto farlo, ma la paura la bloccava. Avrebbe
voluto
che qualcuno l’avesse scoperto, ma non c’erano
indizi: il sangue versato era
sparito come sempre, e la ferita non era così grande da
poter essere notata in
mezzo ai suoi capelli.
Decise
di stare zitta anche questa volta.
“Devo
proprio?” domandò annoiata, e con lo stesso tono,
lei rispose di sì.
“È
molto importante, si tratta della storia del nostro popolo”
provò a dirle, per
convincerla, riuscendoci in parte.
“Ma…
a me non piace come la Rothetin racconta le storie!”
esclamò, girandosi a
pancia in giù e reggendosi sui gomiti. La bionda ci
pensò qualche momento,
sedendosi vicino a lei.
“Allora
facciamo così: se ascolterai tutta la storia, dopo vengo a
raccontartene una
io, va bene?” le propose. Alla bimba s'illuminarono gli occhi
e abbracciò la
sorellastra di scatto, mentre lei sorrideva intenerita dalla piccola.
“Ora
devo andare. Tra poco arriverà la Regina, cerca di fare la
brava, ok?” le
raccomandò, baciandola sulla fronte. Gwen annuì e
guardò Dylhes andare via.
La
Rothetin entrò nella stanza, senza dire niente, e la piccola
la aspettava
seduta sul letto. Non si salutarono in alcun modo: Gwen si limitava a
seguirla
con lo sguardo, mentre lei si sedeva su una sedia e apriva il libro
dalla copertina
dorata che aveva portato.
La
corvina non sapeva ancora leggere, né la lingua umana,
né il Lyrico, quindi si
concentrò sull’immagine che occupava tutta una
pagina del libro.
Veniva
rappresentato un piccolo laghetto popolato da cigni e anatre. Nel cielo
splendeva il sole, che rischiariva tutto il paesaggio. Intorno al lago,
c’era
un prato verde chiaro, quasi completamente coperto da vari animali,
come
conigli e cerbiatti. In mezzo al lago, particolarmente illuminata dai
raggi del
sole, si trovava una ragazza: aveva la pelle rosea e le sue gote erano
arrossate, dei lunghi capelli color miele acconciati in modo piuttosto
spettinato, i suoi occhi erano castani, indossava un abito corto color
rosa
pesca ed era scalza. Sembrava stesse ballando, felice e ammirata da
tutti gli
animali che la circondavano.
Gwen
rimase ammaliata da quella ragazza, dall’aspetto
così allegro. Trovò che per
certi versi assomigliasse molto a Dylhes e i due regnanti.
“Ascoltami
Zyria” le disse “ora ti racconterò di
nostro popolo, dei Setholyrem.”
“La
prima Setholyrem nacque dal sole, nel 200 d.S.: il più caldo
e brillante dei
raggi di sole colpi il Sethyroth, il nostro Lago Sacro, e dal centro
nacque la
Prima Figlia del Sole. In lei veniva ritratto tutto ciò che
il Sole stesso rappresentava.
Ogni suo particolare era riconducibile alla grande stella. I suoi
capelli erano
dello stesso colore dei suoi raggi, e i suoi occhi emanavano lo stesso
calore.”
Aveva
detto poche parole, ma la bambina voleva già fare molte
domande. Prima di ogni cosa,
le era venuto il forte impulso di correggerla quando aveva detto la
data, e
dirle quella umana, ovvero il 1700 d.C., ma si fermò appena
in tempo,
consapevole che questo l’avrebbe solo fatta arrabbiare.
“Il
Sole fu così colpito dalla bellezza della ragazza che aveva
creato, che volle
farle dei regali, per farle sapere che lui non l’avrebbe mai
abbandonata e
avrebbe per sempre risieduto nel suo cuore.
In
dono le diede le qualità che per il sole erano
più importanti: la dolcezza, la
gentilezza, l’allegria e l’affidabilità.
La
dolce ragazza in poco tempo scoprì le sue
abilità. Riusciva a svolgere alla
perfezione molte attività umane, come la danza, correre e
praticare quelle
strane attività che facevano i piccoli umani…
come la “pallavolo”. Insomma, la
prima Seth eccelleva in qualsiasi cosa avesse a che fare con il
movimento.
Oltre
a questo, il Sole le aveva donato dei poteri soprannaturali. Lei
sentiva i
pensieri di qualsiasi cosa avesse vita. Gli umani, gli
animali… qualsiasi cosa.
Inoltre, nel caso in cui si fosse ferita, sarebbe stato proprio il suo
sangue
d’oro a guarirla, in qualche minuto.
Il
Sole non voleva che la sua preziosa Figlia restasse sola,
così creò altre
persone come lei.
Andavano
tutti d’accordo, e l’amore regnava sovrana in
quelle piccole nuove famiglie. In
poco tempo si ambientarono alla perfezione tra gli umani: molti dei
grandi
atleti e ballerini erano in realtà nostri discendenti.
Ovviamente,
loro capirono in poco tempo che erano nettamente
superiori…”
“E
loro?”
La
narrazione fu interrotta dalla piccola bambina, che non riusciva
più a
trattenersi. La Rothetin stava scorrendo le pagine, e Gwen aveva notato
una
figura simile alla prima Setholyrem. La regina storse il naso e chiuse
il libro
violentemente.
“Loro
sono la feccia del nostro pianeta” esclamò
sommessa, lanciandole un’occhiata
disprezzante.
“Ma
io voglio sapere…!” provò ad insistere
la corvina, facendosi piccola tra le
spalle appena l’altra si avvicinò.
“Non
devi.” Si limitò a dire, per poi andarsene,
chiudendosi la porta alle spalle.
Passarono
ore, ma Dylhes non era ancora venuta da lei. Gwen stava sfogliando le
pagine di
un libro, uno di quelli che la sorellastra aveva scordato qualche sera
prima.
Non sapeva ancora leggere, ma perlomeno riusciva a seguire a storia
grazie alle
varie immagini. La bionda le aveva detto, tempo fa, che quando sarebbe
diventata più grande le avrebbe insegnato a leggere e
scrivere, ma il tempo
sembrava passare sempre più lentamente, e quel giorno le
sembrava non arrivare
mai.
Continuava
a lanciare un’occhiata alla porta ogni cinque minuti,
sperando di vederla
aprire o almeno sentire dei passi, ma nulla accadde. Stava cominciando
a
preoccuparsi, tanto che ogni immagine del libro sembrava presagirle
cose
terribili. Di solito, non tardava così tanto. Con la mente
occupata da pensieri
orribili, prese una decisione.
Chiuse
il libro e lo ripose sul cuscino, saltò giù dal
letto e si diresse verso la
scrivania. Aprì un piccolo cassetto, e ne tirò
fuori un mantello bianco un po’
rovinato dal tempo. Non aveva mai avuto la necessità di
metterlo, ma in quel
caso, doveva. Gliel’aveva dato Dawn, nella remota
possibilità nella quale
qualcuno dovesse vederla, per nasconderla, almeno in parte.
Se
lo mise addosso, tirandosi il cappuccio sulla testa, per poi
soffermarsi
davanti alla porta.
Forse
non doveva farlo. Se qualcuno l’avesse scoperta, sarebbe
stata in guai seri. La
Rothetin sarebbe diventata furiosa, e anche il Rothek e sua figlia
sarebbero
stati arrabbiati o delusi.
Però,
infondo, era davvero preoccupata per Dylhes, e sarebbe stata disposta a
correre
il rischio, nonostante sapesse che, probabilmente, era stata solo
costretta a
partecipare a qualche formalità.
Aprì
lentamente e senza far rumore la porta, per poi chiudersela alle
spalle, col
cuore pieno d’ansia. Non era mai uscita dalla sua stanza, e
quella sarebbe
stata la prima volta che avrebbe visto il castello. Cominciò
ad incamminarsi in
mezzo alle cameriere, con passo tremolante, guardandosi intorno. Il
pavimento
era coperto da un tappeto rosso, appesi ai muri bianchi si trovavano
numerosi
quadri raffiguranti persone che la piccola non conosceva, mentre dal
soffitto
pendevano lampadari ornati di cristalli.
Le
cameriere la guardavano in modo strano, ma non facevano domande.
Probabilmente,
i due regnanti in passato avranno detto qualcosa, per assicurarsi che
nessuno
scoprisse che lei era… qualsiasi cosa fosse.
Continuò
a camminare, con passo sempre più spedito, fino ad una
grande rampa di scale. I
gradini erano, anch’essi, coperti da un tappeto rosso, mentre
i corrimani erano
in legno lucente.
Scese
i gradini, prestando molta cautela e non staccando le mani dalla
ringhiera, per
paura di cadere. Una volta infondo, si rese effettivamente conto di
quello che
stava facendo. Il panico s'impossessò della sua mente per
qualche secondo,
mentre lei si guardava intorno sperduta.
Non
sarebbe mai dovuta uscire dalla sua stanza, se fosse stata scoperta, le
conseguenze sarebbero state molto più gravi di quanto si
aspettava all’inizio.
Si
girò verso le scale, e salì pochi gradini, per
tornare in camera sua, ma una
mano si poggiò sulla sua spalla. Si girò urlando,
facendo ben attenzione
comunque a nascondere il suo viso. Si ritrovò davanti un
signore piuttosto
anziano, dalla pelle un po’ scura, pochi capelli bianchi in
testa ed occhi di
un verde molto chiaro. Appena urlò, tolse la mano e
arretrò di qualche passo,
facendogli sfuggire il bastone di mano.
L’espressione
dell’uomo, nonostante tutto, la tranquillizzava. Le infondeva
calore e
sicurezza. Forse, era questo “l’aspetto dolce e
caloroso” di cui le aveva
parlato la regina nel racconto. Abbassò lo sguardo
imbarazzata per l’urlo che
aveva lanciato, e si avvicinò per raccogliere il bastone.
Alzando gli occhi
verso di lui, glielo porse, con un’espressione mortificata,
intenta a dire un
tacito “scusa”.
Il
vecchio le sorrise, ottenendo un timido sorriso a sua volta.
“Grazie”
le disse, prendendolo “tu abiti qua?”
La
corvina ci pensò un po’ ed annuì
lentamente.
“Allora
potresti aiutarmi a trovare il Nostro Rothek? Avrei delle cose di cui
parlargli” le chiese, e nonostante la piccola non sapesse
dove cercare,
acconsentì.
Girò
un po’ per la villa, seguita dall’anziano, senza la
più pallida idea di dove
andare, o di chi fossero tutti quegli uomini dall’aria nobile
che li vedevano
passare e li guardavano straniti.
Arrivarono
in una sala più grande e sontuosa rispetto alle altre, ma
esitò prima di
entrare: era occupata da uomini e le loro dame in abiti molto eleganti,
e
sembrava esserci in corso un ricevimento o un ballo.
Rimase
a sbirciare, sporgendo la testa da dietro la porta, ma, invece di
trovare il
Rothek, vide Dylhes in fondo alla sala. Aveva un abito molto
più raffinato di
quelli che metteva di solito, e sembrava troppo stretto anche per lei.
Stava
parlando, controvoglia, con un ragazzo che avrà avuto
qualche anno in più di
lei e che aveva il classico aspetto da Setholyrem, ovvero la pelle
abbronzata,
gli occhi chiari e i capelli castani.
Gwen
si ritrovò molto tentata dal correre incontro a lei ed
abbracciarla, ma, appena
vide comparire la Rothetin, decise di reprimere
quell’istinto. Affianco a lei
si trovava suo marito, e stavano discutendo con un altro gruppo di
uomini.
“Ecco
là il nostro Re… grazie piccola
bambina” la ringraziò, ottenendo solo uno
sguardo e un sorriso compiaciuto.
Appurato
che la sua sorellona stesse bene, fece per tornare nella sua stanza, ma
venne
nuovamente strattonata violentemente per la spalla. Si girò
di scatto,
trovandosi davanti il volto furente della Regina.
“Dove
credevi di andare?” le chiese sottovoce, ma comunque con un
tono molto
arrabbiato. Gwen abbassò gli occhi e non aprì
bocca, sotto lo sguardo dell’uomo
che aveva accompagnato.
“Mia
Rothetin, qualche problema?” chiese un terzo uomo, uno di
quelli che poco fa
stava parlando con lei, avvicinandosi.
La
donna sfoggiò tutte le sue abilità per mettere in
scena un falso sorriso e un
atteggiamento calmo e allegro.
“Niente,
mio caro, semplicemente, una delle mie… nuove serve si era
persa ed era venuta
a chiedere indicazioni” spiegò, stringendo ancora
di più la stretta sulla
spalla della bambina, inducendola a coprirsi meglio con il mantello.
Ciò,
però, non impedì all’ospite di notare
un corto ciuffo nero ribelle, che lo fece
impensierire. La donna lo guardò, cercando di capire cosa le
fosse sfuggito e
se lui avesse intuito qualcosa, fino a ché non si accorse di
quel dettaglio, e
subito cominciò a pensare ad una scusa.
“I
capelli neri sono dovuti al fatto che la bambina viene dalle terre di
Eketham.
Come sa, mio fratello governa quel territorio, trovò questa
piccola orfana per
strada e io mi offrì per badare a lei” si
inventò, mettendo una mano sulla
spalla del signore. Lui si convinse e passò oltre.
“A
proposito di Eketham, so che il Rothek di Yostham non vuole
più avere rapporti
commerciali con la capitale…” e così
dicendo, se ne andò parlando di politica
nuovamente dal Re.
Il
vecchio uomo era rimasto tutto il tempo ad osservare la scena, e,
essendo più
attento ai particolari, non si era di certo fatto scappare certi
dettagli della
bambina.
“Ah,
la Luna- cominciò lui, attirando così
l’attenzione della donna- possiamo
nasconderla, ma non disfarcene completamente, vero?”
finì, con voce così
tranquilla che sembrava avesse fatto solo una semplice ed innocua
osservazione.
La Regina, però, capì a cosa si riferiva.
“Infondo,
finché il Sole vive, così sarà anche
per lei” aggiunse, guardando Gwen, che li
guardava a loro volta senza capire.
“Allora-
disse la Rothetin, senza scomporsi- sarà il caso di
cominciare a disfarsi di
qualche fastidioso Raggio”
Il
vecchio finse di non sentire, e si inchinò davanti alla
bambina, mentre la
regina se ne andava.
“Ricorda
questo, piccola mia: ora è giorno, e il sole è
lucente più che mai… ma prima o
poi arriverà la notte, e sarà in quel momento che
la Luna potrà finalmente
tornare a brillare”
Gwen
lo guardò stranita, per poi scrutare la finestra ed
accorgersi che il sole era
ormai completamente coperto dalle nuvole, facendola diventare ancora
più
confusa.
“Cosa…
Vuol dire?” chiese con voce sottile, non ottenendo una
risposta, ma solo un
sorriso.
“È
stato bello conoscerti, bambina mia. Mi piacerebbe poterti rivedere,
ma… ahimè,
non credo che la Nostra Regina abbia gradito conoscere un uomo
più furbo dei
suoi colleghi.” Si alzò, vedendo la donna tornare
da loro con due guardie
armate al seguito.
Non
fu l’unico a vederlo, infatti tutti i presenti si girarono
verso di loro
mormorando, e Dylhes corse verso la corvina, tirandola, contro le sue
lamentele, lontano dal vecchio ed in mezzo alla folla.
“Dawn,
cosa stanno facendo?” chiese alla maggiore. Una delle due
guardie costrinse
l’anziano ad inginocchiarsi, mentre l’altro
armeggiava con un oggetto che la
piccola Gwen non aveva mai visto nemmeno in un disegno.
Quell’oggetto,
le disse la mattina dopo la sorellastra, era un’arma umana
comunemente chiamata
“fucile”. Come per i Lyr usassero il fuoco, per i
Seth usavano armi umane. Era
segno di gran disonore e veniva usata contro i traditori.
Tutti
in quella sala, eccetto ovviamente la nostra protagonista, sapevano il
significato di quell’arma, così nessuno di loro
fece domande e nessuno spiegò
perché avessero condannato a morte quell’uomo.
Gwen
si guardò intorno, ed in mezzo alle facce che provavano a
restare indifferenti,
ne vide una che non ci provava affatto. Era una donna, sola, senza
accompagnatore o figli, che aveva gli stessi occhi chiari del
condannato. Era
sull’orlo delle lacrime, stava stringendo i pugni
così forte che le sue unghie
lasciarono segni sanguinanti sui suoi palmi, e guardava in modo
insistente una
delle guardie. Egli la pregò con lo sguardo, ma non
vedendola cedere, le diede
un pugnale, e la donna se ne andò. Nessuno fece niente.
Capitava molto spesso.
La
piccola Zyria non capiva, ma nel profondo sapeva che nessuno avrebbe
mai più
visto la figlia di quell’uomo, che amava così
tanto suo padre da non voler
vivere senza di lui.
Tornò
a guardare l’uomo, a cui erano stati bendati gli occhi e
legate le mani dietro
la schiena. La guardia col fucile la caricò, e la
puntò verso di lui.
Quel
semplice gesto, nonostante non avesse ancora compreso cosa stesse
accadendo,
bastò ad inquietare la piccola, che cominciò ad
agitarsi. Sbarrò gli occhi, per
poi stringere il braccio della sua amica, che nel frattempo si era
inchinata
vicino a lei e la teneva in un rassicurante abbraccio. Aveva provato ad
andare
via, ma non c’era modo di muoversi, così come non
c’era verso di far chiudere
gli occhi alla sua sorellina.
L’uomo
non sembrava spaventato, e attendeva la sua ora senza lamentele. Quando
la
guardia che diede il pugnale alla donna gli chiese se avesse qualcosa
da dire,
lui si limitò a chiedere alla regina di guardare fuori dalla
finestra. Ella lo
fece senza rendersene conto, e vide il Sole in procinto di tramontare.
Capì il
messaggio, e spinta da un moto di rabbia, ordinò con tono
acido che si
sbrigassero.
L’uomo
armato obbedì.
Premette
il grilletto, ed un rumore assordante invase la sala, costringendo la
maggior
parte degli spettatori a tapparsi le orecchie. Gwen aveva lanciato un
urlo, ed
aveva nascosto il viso tra i capelli di Dylhes non appena aveva visto
il sangue
dorato finire sul pavimento e sui muri. La bionda, invece, si era
limitata a
chiudere gli occhi e stringere la piccola, provando a non dimostrarsi
scioccata
dalla faccenda.
Dopo
qualche secondo, cominciando a sentire uno scalpitio di piedi che
andava avanti
ed indietro, le due
sorellastre si
decisero ad aprire gli occhi e voltarsi verso il cadavere.
Era
sdraiato a terra, in una pozza dorata, che sembrava star cercando
inutilmente
di curare quella ferita mortale. Gwen era pietrificata, sentiva di non
essere
in grado di muoversi o di pronunciare parola. Non riusciva a credere
che un
uomo che qualche minuto prima stava parlando con lei, non avrebbe
più emesso
neanche un flebile sospiro.
Non
riusciva a credere che un oggetto così piccolo come quel
proiettile potesse
condurre un uomo alla morte certa.
E
soprattutto, non capiva come fossero state delle semplici parole a
causare tutto
questo. Quel giorno capì perché Dylhes nascondeva
i suoi disegni e la pregava
di non dir parola, e ne rimase così spaventata che nessuno
la sentì parlare per
giorni.
Guardò
nuovamente quel vecchio uomo, che era stato così gentile con
lei, e che era
stato ripagato in quel modo.
Il
corpo morto venne portato vi da degli uomini vestiti di nero, mentre
delle
cameriere si accingevano a pulire il posto dal sangue.
Dawn
si rialzò, e con tono gentile, prendendola per un braccio,
riportò la bambina
nella sua stanza.
Si
sedette sul letto con lei, e rimase un po’ ad osservarla. La
solita vivacità
del suo sguardo era sparita, aveva fatto spazio ad occhi vacui che
guardavano
il sole tramontare dalla finestra, che le ricordava ciò che
l’anziano le aveva
detto. Una lacrima blu le percorse la guancia, e appena
toccò il mento, sparì,
così come era arrivata. Ora, se Dylhes avesse visto avrebbe
capito che quella
bambina era ancora più diversa di quanto pensava e che il
Rothek,
probabilmente, le stava nascondendo qualcosa. Ma, sfortunatamente, in
quel
momento la giovane Seth si era girata per prendere un libro, pensando
che
avrebbe potuto distrarla con una storia.
“Gwen,
vorresti che ti leggessi una storia?” provò a
chiederle, senza ottenere
risposta.
Sfogliò
le pagine del libro, fino ad arrivare alla seconda donna che camminava
su una
superfice d’acqua. Sapeva per certo che la Rothetin non le
aveva parlato dei
Lyrothiem, quindi avrebbe dovuto farlo lei. Senza aspettare di avere la
completa attenzione di Gwen, le mise il libro sulle ginocchia, e lei lo
guardò.
Vi era rappresentata, stavolta, un paesaggio più grande:
c’era sempre uno
specchio d’acqua, ma stavolta non si chiudeva come un
semplice laghetto, ma lo
si vedeva sparire all’orizzonte; davanti ad esso
c’era una piccola spiaggia, ed
intorno alla spiaggia c’erano alberi, piccoli e grandi,
dietro a fiori
magnifici. In mezzo a quello che sembrava il mare, si trovava una donna
dal
portamento elegante. Essa aveva corti e lisci capelli neri, pelle
bianca e
occhi di un colore indefinito. Indossava un abito lungo, color argento,
che le
copriva i piedi e finiva in acqua. La donna stava leggendo, illuminata
dalla
luce della Luna, che rendeva anche il resto del paesaggio
più poetico.
“La
prima Lyrothiem nacque nel 300 d.S. Si dice che una notte, la Luna fu
così
lucente, che specchiandosi per sbaglio sulla superficie del mare, il
Lyrethim,
diede vita ad una creatura, che prese forma proprio da quel riflesso.
Ella
sembrava la reincarnazione della luna stessa: pelle bianca come lei,
capelli
neri come la notte, e occhi scuri, che sembravano di un verde tendente
al blu,
insomma, quel colore che di notte, le foglie dei salici piangenti hanno.
Appena
la vide, si innamorò di ciò che aveva creato.
Come il sole per la Setholyrem,
decise di farle dei doni. Innanzitutto, le diede delle
qualità che sembravano
fondamentali: tranquillità, pazienza, creatività
e astuzia.
Sfruttando
quelle caratteristiche, la Figlia della Luna riuscì a
crearsene di nuove, ad
esempio, l’intelligenza, che è una delle
caratteristiche che non manca a nessun
Lyr, e l’eccellere nelle arti umane, come il disegno, la
musica e la scrittura.
Orgogliosa
della sua creatura, la Luna decise di premiarla nuovamente: la Prima
Lyr
ottenne così il potere di ascoltare
la
natura. Non poteva con animali ed umani, ma poteva sentire gli alberi,
i fiori,
addirittura laghi e oceani. Nessun dono poteva renderla così
felice. La natura
aveva così tanto da raccontare.
Inoltre,
aveva dato anche lei un potere particolare al suo sangue color argento.
Sapeva che,
nel corso della sua vita, sua Figlia sarebbe corsa incontro a pericoli,
e
sapeva benissimo che sarebbe stata in grado di curarsi da sola, se si
fosse
ferita. Così, fece in modo che, appena il sangue fosse stato
versato, sarebbe
sparito, in modo da poterla rendere difficile da trovare e renderle
più facile
nascondersi o fuggire.”
Finì
di parlare, e notò che Gwen stava pendendo dalle sue labbra.
Aveva finito di
raccontarle dei Lyr, ma si costrinse a cercare altre cose da dire, per
non far
tornare la piccola nella sua inespressività.
“Come
puoi vedere i Lyr sono quasi l’opposto dei Seth. E ci sono
anche altre
differenze, che possiamo, ad esempio, trovare nella storia senza che
vengano
dette.
Prendiamo
le loro nascite: i Setholyrem sono nati da un lago, e i Lyrothiem dal
mare. Il
lago è piccolo e chiuso, e questo significa che i Seth si
accontentano delle
piccole cose che hanno, mentre il mare è grande e si estende
ovunque, e ciò sta
a significare che i Lyr cercano sempre di estendere le proprie
conoscenze, non
accontentandosi mai.
Poi…
un altro esempio riguarda il sacrificio. Se un Seth sapesse che un suo
caro
stesse per morire, morirebbe con lui. un Lyr, invece, si
sacrificherebbe al suo
posto.
Oh,
e le proprietà del sangue. Il sangue oro guarisce le ferite,
in modo che
possano sempre essere in forma per combattere, e questo indica molta
forza. Il
sangue argento scompare, permettendo di nascondersi, il ché
potrebbe indicare
velocità… ma sinceramente, non ne sono
sicura”
Si
interruppe un attimo, guardando le mani affusolate e le gambe sottili.
Sapeva
di essere la Seth più lontana dal concetto di
“Seth Ideale”, in quanto ad
aspetto e carattere, e sua madre non mancava di farglielo notare.
“…ovviamente
non erano tutti uguali. Col passare del tempo, entrambi si ambientarono
al
luogo dove abitavano, prendendo caratteristiche diverse. Ad esempio,
dei Lyr so
che nacquero bambini con capelli di un biondo così chiaro
che sembrava bianco.
Dei Seth so di più: a nord sono pallidi e biondi, come me, a
sud sono scuri, a est
prendono i capelli neri dei Lyr e a ovest sono rossi. Qui, al centro,
si
avvicinano di più all’aspetto della prima Seth. Ma
il carattere rimane sempre
lo stesso.” Poi pensò alla regina e
all’uomo che cominciò la Grande Guerra, e
si accurò di aggiungere un “più o
meno”.
Probabilmente,
se la bambina fosse stata anche solo di qualche anno più
grande, avrebbe capito
quello che era ormai evidente, ma aveva solo 5 anni, perciò
decise di ricordare
quelle informazioni senza pensarci troppo.
Alle
ultime parole di conforto di Dawn, si addormentò,
inconsapevole che il Raggio
di Sole morto quel giorno e che l’aveva sconvolta tanto,
sarebbe stato un
dettaglio insignificante in confronto a quello che sarebbe successo
dopo.
ANGOLO
ME
EHYLA!
So
che è quasi
un mese che non pubblico ma… meglio tardi che mai?
Comunque,
spero di aver rimediato con un capitolo più lungo
dell’altro.
Vi
lascio il
solito glossario con le parole Lyr, più una piccola
precisazione:
Il
mondo dei
Seth è diviso in 5 parti, ed eccole tutte:
Eketham->Est;
Sianeth->Capitale est
Vekarem->Ovest;
Rethanes->Capitale Ovest
Nethor->Nord;
Yostham->Capitale Nord
Sethod->Sud;
Ayefisem->Capitale Sud
Cemymek->Centro;
Pymessek-> Capitale Centro
(si sta svolgendo tutto qui)
***
Sethyroth->Lago
Sacro
Lyrethim->Mare
Sacro
Ecco
tutto!
Qua
ho
spiegato le caratteristiche principali dei due popoli…
aggiungendo la scena
extra dell’uomo, che fa sempre comodo per dimostrare la
tirannia/malvagità
della Rothetin.
Spero
che il
capitolo vi piaccia.
-Akai
Hasu