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Autore: Akai Hasu    23/07/2017    1 recensioni
Tratto dal Testo:
"La natura si era ripresa in modo strabiliante da quando il pianeta non era più sotto il controllo degli Umani. Riusciva a percepirlo, era come se la natura stesse parlando e le stesse dicendo che ora andava tutto bene. Però percepiva anche altro. Sentiva ingiustizia e odio verso la loro specie ovunque, e sentiva paura nelle persone più sagge. Gli altri non volevano accettarlo. Pensavano che tutto fosse perfetto, che fossero tutti liberi. Ma nel profondo sapevano che non sarebbe durato."
Non era più accettata la diversità. Doveva prevalere solo una specie.
Ogni altro essere vivente distrutto.
Chiunque fosse anche solo minimamente diverso.
Dove una tirannia era abilmente nascosta da promesse di pace
Pensavano di avercela fatta.
Che fossero morti tutti.
Ma si sbagliavano.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Gwen, Nuovo Personaggio, Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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SETHOLYREM and LYROTHIEM

 

La piccola camera spoglia e disordinata era immersa nel buio, nonostante il sole fosse sorto da tempo. Una piccola figura dormiva rannicchiata tra le coperte, cercando di tenersi al più caldo possibile, tremando, nonostante fosse una calda giornata d’estate.

La finestra era stata completamente chiusa, e da essa non filtrava nemmeno un raggio di sole. Dalle fessure della porta, invece, passava abbastanza luce da poter anche distinguere le ombre dei passanti. Una di esse si fermò di fronte alla porta, e la aprì silenziosamente. Una pendente treccia bionda si distinse nella stanza buia, e lentamente la ragazza si fece spazio nella stanza, facendo attenzione a non far rumore e non calpestare i vari fogli che si trovavano a terra.

Salì sulla scrivania, tirandosi su con l’aiuto del davanzale della finestra, e spalancò le imposte.

Dal letto arrivò un grido lamentoso, ed inseguito la piccola bambina cominciò a dimenarsi.

“Dawn, chiudi la finestra!” disse lei con voce seccata e lamentosa, continuando a muoversi tra le coperte. Dylhes ridacchiò.

“Smettila di fare tante storie, è solo un po’ di sole” esclamò saltando giù dal tavolo da lavoro.

Come risposta, Gwen cominciò a lamentarsi e muoversi più forte, arrivando a cadere giù dal letto, incastrata tra tutte le coperte. A quel punto sospirò e decise di restare immobile.

La maggiore roteò gli occhi con un sorrisetto divertito. Le andò in contro, per poi fermarsi una volta arrivata di fronte a lei e inginocchiarsi al suo livello. Infilò le mani in mezzo al mucchio di coperte, cercando un punto da cui cominciare a srotolarlo, facendo ridere la corvina, che si lamentava del solletico che le faceva.

Dopo una decina di minuti, Gwen venne liberata, e, ancora imbronciata guardava male la sorellastra. Lei, intanto, rifaceva il letto e sistemava la stanza, cercando di ignorare lo sguardo della sorellina puntato su di sé, nonostante l’idea la facesse divertire.

Quando la bionda cominciò a raccogliere i vari fogli, la corvina capì.

“Sta arrivando la Rothetin per la solita storia?” chiese con tono leggermente seccato, sedendosi. Da quel che ricordava, ogni settimana la donna passava una mattina con lei. Solitamente era la domenica, per un motivo che le avevano spiegato, ma che, troppo distratta da altri piccoli dettagli, la ragazza di certo non ricordava. Non aveva mai prestato troppa attenzione a quello che le diceva. Lei la ascoltava e rimaneva in silenzio per buona educazione, e paura, ma nonostante quelle leggende possano essere state interessanti, il tono spassionato e disprezzante della regina le facevano perdere ogni interesse. Non sapeva qual era il suo scopo, in realtà non ci aveva mai pensato, ma da un po’ di tempo, lentamente, mille domande cominciavano a farsi strada nella sua mente. Quando provava a dirle al Rothek o a Dylhes, con suo dispiacere, anche loro la guardavano in modo strano e cominciavano a comportarsi in maniera nervosa. Infondo, la piccola voleva sapere cose che non era in grado di capire.

Però era arrivata ora di cambiare le cose. La principessa aveva fatto una promessa, e, nonostante la bambina non fosse ancora in grado di comprendere tutto, lei decise che era arrivato comunque il tempo per introdurla alla faccenda.

Ed era per questo motivo che la giovane chiese personalmente alla madre di raccontarle la storia del loro popolo. La corvina ne era totalmente all’oscuro, e non poteva di certo dirle chi era senza che lei sapesse cosa significasse.

“Purtroppo sì, piccola mia” le disse, poggiando i fogli sul tavolo e prendendo vari libri “Però devi farmi un favore” appoggiò anch’essi sulla scrivania e li aprì.

“Che cosa devo fare?” chiese, sdraiandosi a pancia in su, ma continuando a guardarla, anche se la vedeva al contrario.

“Prestare attenzione, solo questa volta” esclamò, mettendo i fogli con i bei disegni fatti dalla bimba nei libri, per poi metterli in fondo alla libreria, ben nascosti.

Gwen sbuffò, evidentemente infastidita, mentre osservava la sorella nascondere i suoi disegni. Tra tutte le cose che doveva fare a causa della Regina, quella era quella che capiva di meno. Non capiva perché doveva nascondere i suoi disegni, perché lei non dovesse vederli. Non le sembrava di disegnare cose strane. Principalmente i soggetti erano la luna e Dylhes, non le sembrava niente di… proibito. Ma dopo l’avvenimento di qualche notte fa, Gwen aveva deciso di non farsi più domande sul suo conto.

Non aveva detto a nessuno della ferita che le aveva causato. Ne era stata molto tentata, e forse avrebbe dovuto farlo, ma la paura la bloccava. Avrebbe voluto che qualcuno l’avesse scoperto, ma non c’erano indizi: il sangue versato era sparito come sempre, e la ferita non era così grande da poter essere notata in mezzo ai suoi capelli.

Decise di stare zitta anche questa volta.

“Devo proprio?” domandò annoiata, e con lo stesso tono, lei rispose di sì.

“È molto importante, si tratta della storia del nostro popolo” provò a dirle, per convincerla, riuscendoci in parte.

“Ma… a me non piace come la Rothetin racconta le storie!” esclamò, girandosi a pancia in giù e reggendosi sui gomiti. La bionda ci pensò qualche momento, sedendosi vicino a lei.

“Allora facciamo così: se ascolterai tutta la storia, dopo vengo a raccontartene una io, va bene?” le propose. Alla bimba s'illuminarono gli occhi e abbracciò la sorellastra di scatto, mentre lei sorrideva intenerita dalla piccola.

“Ora devo andare. Tra poco arriverà la Regina, cerca di fare la brava, ok?” le raccomandò, baciandola sulla fronte. Gwen annuì e guardò Dylhes andare via.

 

La Rothetin entrò nella stanza, senza dire niente, e la piccola la aspettava seduta sul letto. Non si salutarono in alcun modo: Gwen si limitava a seguirla con lo sguardo, mentre lei si sedeva su una sedia e apriva il libro dalla copertina dorata che aveva portato.

La corvina non sapeva ancora leggere, né la lingua umana, né il Lyrico, quindi si concentrò sull’immagine che occupava tutta una pagina del libro.

Veniva rappresentato un piccolo laghetto popolato da cigni e anatre. Nel cielo splendeva il sole, che rischiariva tutto il paesaggio. Intorno al lago, c’era un prato verde chiaro, quasi completamente coperto da vari animali, come conigli e cerbiatti. In mezzo al lago, particolarmente illuminata dai raggi del sole, si trovava una ragazza: aveva la pelle rosea e le sue gote erano arrossate, dei lunghi capelli color miele acconciati in modo piuttosto spettinato, i suoi occhi erano castani, indossava un abito corto color rosa pesca ed era scalza. Sembrava stesse ballando, felice e ammirata da tutti gli animali che la circondavano.

Gwen rimase ammaliata da quella ragazza, dall’aspetto così allegro. Trovò che per certi versi assomigliasse molto a Dylhes e i due regnanti.

“Ascoltami Zyria” le disse “ora ti racconterò di nostro popolo, dei Setholyrem.”

 

“La prima Setholyrem nacque dal sole, nel 200 d.S.: il più caldo e brillante dei raggi di sole colpi il Sethyroth, il nostro Lago Sacro, e dal centro nacque la Prima Figlia del Sole. In lei veniva ritratto tutto ciò che il Sole stesso rappresentava. Ogni suo particolare era riconducibile alla grande stella. I suoi capelli erano dello stesso colore dei suoi raggi, e i suoi occhi emanavano lo stesso calore.”

Aveva detto poche parole, ma la bambina voleva già fare molte domande. Prima di ogni cosa, le era venuto il forte impulso di correggerla quando aveva detto la data, e dirle quella umana, ovvero il 1700 d.C., ma si fermò appena in tempo, consapevole che questo l’avrebbe solo fatta arrabbiare.

“Il Sole fu così colpito dalla bellezza della ragazza che aveva creato, che volle farle dei regali, per farle sapere che lui non l’avrebbe mai abbandonata e avrebbe per sempre risieduto nel suo cuore.

In dono le diede le qualità che per il sole erano più importanti: la dolcezza, la gentilezza, l’allegria e l’affidabilità.

La dolce ragazza in poco tempo scoprì le sue abilità. Riusciva a svolgere alla perfezione molte attività umane, come la danza, correre e praticare quelle strane attività che facevano i piccoli umani… come la “pallavolo”. Insomma, la prima Seth eccelleva in qualsiasi cosa avesse a che fare con il movimento.

Oltre a questo, il Sole le aveva donato dei poteri soprannaturali. Lei sentiva i pensieri di qualsiasi cosa avesse vita. Gli umani, gli animali… qualsiasi cosa. Inoltre, nel caso in cui si fosse ferita, sarebbe stato proprio il suo sangue d’oro a guarirla, in qualche minuto.

Il Sole non voleva che la sua preziosa Figlia restasse sola, così creò altre persone come lei.

Andavano tutti d’accordo, e l’amore regnava sovrana in quelle piccole nuove famiglie. In poco tempo si ambientarono alla perfezione tra gli umani: molti dei grandi atleti e ballerini erano in realtà nostri discendenti.

Ovviamente, loro capirono in poco tempo che erano nettamente superiori…”

“E loro?”

La narrazione fu interrotta dalla piccola bambina, che non riusciva più a trattenersi. La Rothetin stava scorrendo le pagine, e Gwen aveva notato una figura simile alla prima Setholyrem. La regina storse il naso e chiuse il libro violentemente.

“Loro sono la feccia del nostro pianeta” esclamò sommessa, lanciandole un’occhiata disprezzante.

“Ma io voglio sapere…!” provò ad insistere la corvina, facendosi piccola tra le spalle appena l’altra si avvicinò.

“Non devi.” Si limitò a dire, per poi andarsene, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Passarono ore, ma Dylhes non era ancora venuta da lei. Gwen stava sfogliando le pagine di un libro, uno di quelli che la sorellastra aveva scordato qualche sera prima. Non sapeva ancora leggere, ma perlomeno riusciva a seguire a storia grazie alle varie immagini. La bionda le aveva detto, tempo fa, che quando sarebbe diventata più grande le avrebbe insegnato a leggere e scrivere, ma il tempo sembrava passare sempre più lentamente, e quel giorno le sembrava non arrivare mai.

Continuava a lanciare un’occhiata alla porta ogni cinque minuti, sperando di vederla aprire o almeno sentire dei passi, ma nulla accadde. Stava cominciando a preoccuparsi, tanto che ogni immagine del libro sembrava presagirle cose terribili. Di solito, non tardava così tanto. Con la mente occupata da pensieri orribili, prese una decisione.

Chiuse il libro e lo ripose sul cuscino, saltò giù dal letto e si diresse verso la scrivania. Aprì un piccolo cassetto, e ne tirò fuori un mantello bianco un po’ rovinato dal tempo. Non aveva mai avuto la necessità di metterlo, ma in quel caso, doveva. Gliel’aveva dato Dawn, nella remota possibilità nella quale qualcuno dovesse vederla, per nasconderla, almeno in parte.

Se lo mise addosso, tirandosi il cappuccio sulla testa, per poi soffermarsi davanti alla porta.

Forse non doveva farlo. Se qualcuno l’avesse scoperta, sarebbe stata in guai seri. La Rothetin sarebbe diventata furiosa, e anche il Rothek e sua figlia sarebbero stati arrabbiati o delusi.

Però, infondo, era davvero preoccupata per Dylhes, e sarebbe stata disposta a correre il rischio, nonostante sapesse che, probabilmente, era stata solo costretta a partecipare a qualche formalità.

Aprì lentamente e senza far rumore la porta, per poi chiudersela alle spalle, col cuore pieno d’ansia. Non era mai uscita dalla sua stanza, e quella sarebbe stata la prima volta che avrebbe visto il castello. Cominciò ad incamminarsi in mezzo alle cameriere, con passo tremolante, guardandosi intorno. Il pavimento era coperto da un tappeto rosso, appesi ai muri bianchi si trovavano numerosi quadri raffiguranti persone che la piccola non conosceva, mentre dal soffitto pendevano lampadari ornati di cristalli.

Le cameriere la guardavano in modo strano, ma non facevano domande. Probabilmente, i due regnanti in passato avranno detto qualcosa, per assicurarsi che nessuno scoprisse che lei era… qualsiasi cosa fosse.

Continuò a camminare, con passo sempre più spedito, fino ad una grande rampa di scale. I gradini erano, anch’essi, coperti da un tappeto rosso, mentre i corrimani erano in legno lucente.

Scese i gradini, prestando molta cautela e non staccando le mani dalla ringhiera, per paura di cadere. Una volta infondo, si rese effettivamente conto di quello che stava facendo. Il panico s'impossessò della sua mente per qualche secondo, mentre lei si guardava intorno sperduta.

Non sarebbe mai dovuta uscire dalla sua stanza, se fosse stata scoperta, le conseguenze sarebbero state molto più gravi di quanto si aspettava all’inizio.

Si girò verso le scale, e salì pochi gradini, per tornare in camera sua, ma una mano si poggiò sulla sua spalla. Si girò urlando, facendo ben attenzione comunque a nascondere il suo viso. Si ritrovò davanti un signore piuttosto anziano, dalla pelle un po’ scura, pochi capelli bianchi in testa ed occhi di un verde molto chiaro. Appena urlò, tolse la mano e arretrò di qualche passo, facendogli sfuggire il bastone di mano.

L’espressione dell’uomo, nonostante tutto, la tranquillizzava. Le infondeva calore e sicurezza. Forse, era questo “l’aspetto dolce e caloroso” di cui le aveva parlato la regina nel racconto. Abbassò lo sguardo imbarazzata per l’urlo che aveva lanciato, e si avvicinò per raccogliere il bastone. Alzando gli occhi verso di lui, glielo porse, con un’espressione mortificata, intenta a dire un tacito “scusa”.

Il vecchio le sorrise, ottenendo un timido sorriso a sua volta.

“Grazie” le disse, prendendolo “tu abiti qua?”

La corvina ci pensò un po’ ed annuì lentamente.

“Allora potresti aiutarmi a trovare il Nostro Rothek? Avrei delle cose di cui parlargli” le chiese, e nonostante la piccola non sapesse dove cercare, acconsentì.

Girò un po’ per la villa, seguita dall’anziano, senza la più pallida idea di dove andare, o di chi fossero tutti quegli uomini dall’aria nobile che li vedevano passare e li guardavano straniti.

Arrivarono in una sala più grande e sontuosa rispetto alle altre, ma esitò prima di entrare: era occupata da uomini e le loro dame in abiti molto eleganti, e sembrava esserci in corso un ricevimento o un ballo.

Rimase a sbirciare, sporgendo la testa da dietro la porta, ma, invece di trovare il Rothek, vide Dylhes in fondo alla sala. Aveva un abito molto più raffinato di quelli che metteva di solito, e sembrava troppo stretto anche per lei. Stava parlando, controvoglia, con un ragazzo che avrà avuto qualche anno in più di lei e che aveva il classico aspetto da Setholyrem, ovvero la pelle abbronzata, gli occhi chiari e i capelli castani.

Gwen si ritrovò molto tentata dal correre incontro a lei ed abbracciarla, ma, appena vide comparire la Rothetin, decise di reprimere quell’istinto. Affianco a lei si trovava suo marito, e stavano discutendo con un altro gruppo di uomini.

“Ecco là il nostro Re… grazie piccola bambina” la ringraziò, ottenendo solo uno sguardo e un sorriso compiaciuto.

Appurato che la sua sorellona stesse bene, fece per tornare nella sua stanza, ma venne nuovamente strattonata violentemente per la spalla. Si girò di scatto, trovandosi davanti il volto furente della Regina.

“Dove credevi di andare?” le chiese sottovoce, ma comunque con un tono molto arrabbiato. Gwen abbassò gli occhi e non aprì bocca, sotto lo sguardo dell’uomo che aveva accompagnato.

“Mia Rothetin, qualche problema?” chiese un terzo uomo, uno di quelli che poco fa stava parlando con lei, avvicinandosi.

La donna sfoggiò tutte le sue abilità per mettere in scena un falso sorriso e un atteggiamento calmo e allegro.

“Niente, mio caro, semplicemente, una delle mie… nuove serve si era persa ed era venuta a chiedere indicazioni” spiegò, stringendo ancora di più la stretta sulla spalla della bambina, inducendola a coprirsi meglio con il mantello.

Ciò, però, non impedì all’ospite di notare un corto ciuffo nero ribelle, che lo fece impensierire. La donna lo guardò, cercando di capire cosa le fosse sfuggito e se lui avesse intuito qualcosa, fino a ché non si accorse di quel dettaglio, e subito cominciò a pensare ad una scusa.

“I capelli neri sono dovuti al fatto che la bambina viene dalle terre di Eketham. Come sa, mio fratello governa quel territorio, trovò questa piccola orfana per strada e io mi offrì per badare a lei” si inventò, mettendo una mano sulla spalla del signore. Lui si convinse e passò oltre.

“A proposito di Eketham, so che il Rothek di Yostham non vuole più avere rapporti commerciali con la capitale…” e così dicendo, se ne andò parlando di politica nuovamente dal Re.

Il vecchio uomo era rimasto tutto il tempo ad osservare la scena, e, essendo più attento ai particolari, non si era di certo fatto scappare certi dettagli della bambina.

“Ah, la Luna- cominciò lui, attirando così l’attenzione della donna- possiamo nasconderla, ma non disfarcene completamente, vero?” finì, con voce così tranquilla che sembrava avesse fatto solo una semplice ed innocua osservazione. La Regina, però, capì a cosa si riferiva.

“Infondo, finché il Sole vive, così sarà anche per lei” aggiunse, guardando Gwen, che li guardava a loro volta senza capire.

“Allora- disse la Rothetin, senza scomporsi- sarà il caso di cominciare a disfarsi di qualche fastidioso Raggio”

Il vecchio finse di non sentire, e si inchinò davanti alla bambina, mentre la regina se ne andava.

“Ricorda questo, piccola mia: ora è giorno, e il sole è lucente più che mai… ma prima o poi arriverà la notte, e sarà in quel momento che la Luna potrà finalmente tornare a brillare”

Gwen lo guardò stranita, per poi scrutare la finestra ed accorgersi che il sole era ormai completamente coperto dalle nuvole, facendola diventare ancora più confusa.

“Cosa… Vuol dire?” chiese con voce sottile, non ottenendo una risposta, ma solo un sorriso.

“È stato bello conoscerti, bambina mia. Mi piacerebbe poterti rivedere, ma… ahimè, non credo che la Nostra Regina abbia gradito conoscere un uomo più furbo dei suoi colleghi.” Si alzò, vedendo la donna tornare da loro con due guardie armate al seguito.

Non fu l’unico a vederlo, infatti tutti i presenti si girarono verso di loro mormorando, e Dylhes corse verso la corvina, tirandola, contro le sue lamentele, lontano dal vecchio ed in mezzo alla folla.

“Dawn, cosa stanno facendo?” chiese alla maggiore. Una delle due guardie costrinse l’anziano ad inginocchiarsi, mentre l’altro armeggiava con un oggetto che la piccola Gwen non aveva mai visto nemmeno in un disegno.

Quell’oggetto, le disse la mattina dopo la sorellastra, era un’arma umana comunemente chiamata “fucile”. Come per i Lyr usassero il fuoco, per i Seth usavano armi umane. Era segno di gran disonore e veniva usata contro i traditori.

Tutti in quella sala, eccetto ovviamente la nostra protagonista, sapevano il significato di quell’arma, così nessuno di loro fece domande e nessuno spiegò perché avessero condannato a morte quell’uomo.

Gwen si guardò intorno, ed in mezzo alle facce che provavano a restare indifferenti, ne vide una che non ci provava affatto. Era una donna, sola, senza accompagnatore o figli, che aveva gli stessi occhi chiari del condannato. Era sull’orlo delle lacrime, stava stringendo i pugni così forte che le sue unghie lasciarono segni sanguinanti sui suoi palmi, e guardava in modo insistente una delle guardie. Egli la pregò con lo sguardo, ma non vedendola cedere, le diede un pugnale, e la donna se ne andò. Nessuno fece niente. Capitava molto spesso.

La piccola Zyria non capiva, ma nel profondo sapeva che nessuno avrebbe mai più visto la figlia di quell’uomo, che amava così tanto suo padre da non voler vivere senza di lui.

Tornò a guardare l’uomo, a cui erano stati bendati gli occhi e legate le mani dietro la schiena. La guardia col fucile la caricò, e la puntò verso di lui.

Quel semplice gesto, nonostante non avesse ancora compreso cosa stesse accadendo, bastò ad inquietare la piccola, che cominciò ad agitarsi. Sbarrò gli occhi, per poi stringere il braccio della sua amica, che nel frattempo si era inchinata vicino a lei e la teneva in un rassicurante abbraccio. Aveva provato ad andare via, ma non c’era modo di muoversi, così come non c’era verso di far chiudere gli occhi alla sua sorellina.

L’uomo non sembrava spaventato, e attendeva la sua ora senza lamentele. Quando la guardia che diede il pugnale alla donna gli chiese se avesse qualcosa da dire, lui si limitò a chiedere alla regina di guardare fuori dalla finestra. Ella lo fece senza rendersene conto, e vide il Sole in procinto di tramontare. Capì il messaggio, e spinta da un moto di rabbia, ordinò con tono acido che si sbrigassero.

L’uomo armato obbedì.

Premette il grilletto, ed un rumore assordante invase la sala, costringendo la maggior parte degli spettatori a tapparsi le orecchie. Gwen aveva lanciato un urlo, ed aveva nascosto il viso tra i capelli di Dylhes non appena aveva visto il sangue dorato finire sul pavimento e sui muri. La bionda, invece, si era limitata a chiudere gli occhi e stringere la piccola, provando a non dimostrarsi scioccata dalla faccenda.

Dopo qualche secondo, cominciando a sentire uno scalpitio di piedi che andava avanti ed indietro,  le due sorellastre si decisero ad aprire gli occhi e voltarsi verso il cadavere.

Era sdraiato a terra, in una pozza dorata, che sembrava star cercando inutilmente di curare quella ferita mortale. Gwen era pietrificata, sentiva di non essere in grado di muoversi o di pronunciare parola. Non riusciva a credere che un uomo che qualche minuto prima stava parlando con lei, non avrebbe più emesso neanche un flebile sospiro.

Non riusciva a credere che un oggetto così piccolo come quel proiettile potesse condurre un uomo alla morte certa.

E soprattutto, non capiva come fossero state delle semplici parole a causare tutto questo. Quel giorno capì perché Dylhes nascondeva i suoi disegni e la pregava di non dir parola, e ne rimase così spaventata che nessuno la sentì parlare per giorni.

Guardò nuovamente quel vecchio uomo, che era stato così gentile con lei, e che era stato ripagato in quel modo.

Il corpo morto venne portato vi da degli uomini vestiti di nero, mentre delle cameriere si accingevano a pulire il posto dal sangue.

Dawn si rialzò, e con tono gentile, prendendola per un braccio, riportò la bambina nella sua stanza.

Si sedette sul letto con lei, e rimase un po’ ad osservarla. La solita vivacità del suo sguardo era sparita, aveva fatto spazio ad occhi vacui che guardavano il sole tramontare dalla finestra, che le ricordava ciò che l’anziano le aveva detto. Una lacrima blu le percorse la guancia, e appena toccò il mento, sparì, così come era arrivata. Ora, se Dylhes avesse visto avrebbe capito che quella bambina era ancora più diversa di quanto pensava e che il Rothek, probabilmente, le stava nascondendo qualcosa. Ma, sfortunatamente, in quel momento la giovane Seth si era girata per prendere un libro, pensando che avrebbe potuto distrarla con una storia.

“Gwen, vorresti che ti leggessi una storia?” provò a chiederle, senza ottenere risposta.

Sfogliò le pagine del libro, fino ad arrivare alla seconda donna che camminava su una superfice d’acqua. Sapeva per certo che la Rothetin non le aveva parlato dei Lyrothiem, quindi avrebbe dovuto farlo lei. Senza aspettare di avere la completa attenzione di Gwen, le mise il libro sulle ginocchia, e lei lo guardò. Vi era rappresentata, stavolta, un paesaggio più grande: c’era sempre uno specchio d’acqua, ma stavolta non si chiudeva come un semplice laghetto, ma lo si vedeva sparire all’orizzonte; davanti ad esso c’era una piccola spiaggia, ed intorno alla spiaggia c’erano alberi, piccoli e grandi, dietro a fiori magnifici. In mezzo a quello che sembrava il mare, si trovava una donna dal portamento elegante. Essa aveva corti e lisci capelli neri, pelle bianca e occhi di un colore indefinito. Indossava un abito lungo, color argento, che le copriva i piedi e finiva in acqua. La donna stava leggendo, illuminata dalla luce della Luna, che rendeva anche il resto del paesaggio più poetico.

“La prima Lyrothiem nacque nel 300 d.S. Si dice che una notte, la Luna fu così lucente, che specchiandosi per sbaglio sulla superficie del mare, il Lyrethim, diede vita ad una creatura, che prese forma proprio da quel riflesso.

Ella sembrava la reincarnazione della luna stessa: pelle bianca come lei, capelli neri come la notte, e occhi scuri, che sembravano di un verde tendente al blu, insomma, quel colore che di notte, le foglie dei salici piangenti hanno.

Appena la vide, si innamorò di ciò che aveva creato. Come il sole per la Setholyrem, decise di farle dei doni. Innanzitutto, le diede delle qualità che sembravano fondamentali: tranquillità, pazienza, creatività e astuzia.

Sfruttando quelle caratteristiche, la Figlia della Luna riuscì a crearsene di nuove, ad esempio, l’intelligenza, che è una delle caratteristiche che non manca a nessun Lyr, e l’eccellere nelle arti umane, come il disegno, la musica e la scrittura.

Orgogliosa della sua creatura, la Luna decise di premiarla nuovamente: la Prima Lyr ottenne così il potere di ascoltare la natura. Non poteva con animali ed umani, ma poteva sentire gli alberi, i fiori, addirittura laghi e oceani. Nessun dono poteva renderla così felice. La natura aveva così tanto da raccontare.

Inoltre, aveva dato anche lei un potere particolare al suo sangue color argento. Sapeva che, nel corso della sua vita, sua Figlia sarebbe corsa incontro a pericoli, e sapeva benissimo che sarebbe stata in grado di curarsi da sola, se si fosse ferita. Così, fece in modo che, appena il sangue fosse stato versato, sarebbe sparito, in modo da poterla rendere difficile da trovare e renderle più facile nascondersi o fuggire.”

Finì di parlare, e notò che Gwen stava pendendo dalle sue labbra. Aveva finito di raccontarle dei Lyr, ma si costrinse a cercare altre cose da dire, per non far tornare la piccola nella sua inespressività.

“Come puoi vedere i Lyr sono quasi l’opposto dei Seth. E ci sono anche altre differenze, che possiamo, ad esempio, trovare nella storia senza che vengano dette.

Prendiamo le loro nascite: i Setholyrem sono nati da un lago, e i Lyrothiem dal mare. Il lago è piccolo e chiuso, e questo significa che i Seth si accontentano delle piccole cose che hanno, mentre il mare è grande e si estende ovunque, e ciò sta a significare che i Lyr cercano sempre di estendere le proprie conoscenze, non accontentandosi mai.

Poi… un altro esempio riguarda il sacrificio. Se un Seth sapesse che un suo caro stesse per morire, morirebbe con lui. un Lyr, invece, si sacrificherebbe al suo posto.

Oh, e le proprietà del sangue. Il sangue oro guarisce le ferite, in modo che possano sempre essere in forma per combattere, e questo indica molta forza. Il sangue argento scompare, permettendo di nascondersi, il ché potrebbe indicare velocità… ma sinceramente, non ne sono sicura”

Si interruppe un attimo, guardando le mani affusolate e le gambe sottili. Sapeva di essere la Seth più lontana dal concetto di “Seth Ideale”, in quanto ad aspetto e carattere, e sua madre non mancava di farglielo notare.

“…ovviamente non erano tutti uguali. Col passare del tempo, entrambi si ambientarono al luogo dove abitavano, prendendo caratteristiche diverse. Ad esempio, dei Lyr so che nacquero bambini con capelli di un biondo così chiaro che sembrava bianco. Dei Seth so di più: a nord sono pallidi e biondi, come me, a sud sono scuri, a est prendono i capelli neri dei Lyr e a ovest sono rossi. Qui, al centro, si avvicinano di più all’aspetto della prima Seth. Ma il carattere rimane sempre lo stesso.” Poi pensò alla regina e all’uomo che cominciò la Grande Guerra, e si accurò di aggiungere un “più o meno”.

 

Probabilmente, se la bambina fosse stata anche solo di qualche anno più grande, avrebbe capito quello che era ormai evidente, ma aveva solo 5 anni, perciò decise di ricordare quelle informazioni senza pensarci troppo.

Alle ultime parole di conforto di Dawn, si addormentò, inconsapevole che il Raggio di Sole morto quel giorno e che l’aveva sconvolta tanto, sarebbe stato un dettaglio insignificante in confronto a quello che sarebbe successo dopo.

ANGOLO ME

EHYLA!

So che è quasi un mese che non pubblico ma… meglio tardi che mai?

Comunque, spero di aver rimediato con un capitolo più lungo dell’altro.

Vi lascio il solito glossario con le parole Lyr, più una piccola precisazione:

Il mondo dei Seth è diviso in 5 parti, ed eccole tutte:

Eketham->Est; Sianeth->Capitale est

Vekarem->Ovest; Rethanes->Capitale Ovest

Nethor->Nord; Yostham->Capitale Nord

Sethod->Sud; Ayefisem->Capitale Sud

Cemymek->Centro; Pymessek-> Capitale Centro (si sta svolgendo tutto qui)

***

Sethyroth->Lago Sacro

Lyrethim->Mare Sacro

Ecco tutto!

Qua ho spiegato le caratteristiche principali dei due popoli… aggiungendo la scena extra dell’uomo, che fa sempre comodo per dimostrare la tirannia/malvagità della Rothetin.

Spero che il capitolo vi piaccia.

-Akai Hasu

   
 
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