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Autore: Colpa delle stelle    26/07/2017    0 recensioni
Hanno vinto i giochi. Sono entrate nei cuori dei capitolini. Sono diventate famose. E sono sopravvissute. Ma quella era solo una delle tante battaglie.
La vita le ha messe di fronte a nuove prove e l'edizione della memoria le reclama, trascinandole in un nuovo vortice di pericolo e di sangue.
Chi dice che l'amore regali solo gioie? E che gli insegnamenti ricevuti da bambini siano davvero giusti?
Per quanto ferma nei suoi ideali, Lucinda arriverà a mettere in dubbio tutto quello in cui credeva e sarà difficile recuperare la certezza nelle sue scelte.
Incredibilmente alle sue aspettative invece, Camille è sopravvissuta ed è tornata nel Distretto 11, ma l'ultima cosa che le riserva il destino è proprio la pace che lei tanto desidera.
E Felicity, che aveva promesso di essere forte, sempre, capirà che davanti a certi tipi di dolore sarà complicato ritrovare il coraggio di alzarsi in piedi senza spezzarsi.
Gli Hunger Games ricominciano. Per cosa vale la pena combattere davvero?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The power of the elements'
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The power of the elements - Il sacrificio del fuoco




 

• La parata •




Il mondo è pieno di cose tragiche o comiche,
eroiche o bizzarre o sorprendenti,
e coloro che non sanno interessarsi allo spettacolo che offre
perdono uno dei privilegi offerti dalla vita.
Bertrand Russell
, la conquista della felicità, 1930

 

Gli alloggi riservati ai tributi di quella edizione della memoria erano cambiati rispetto a quelli che li avevano accolti l'anno scorso. Camille passò una mano sul copriletto beige con espressione distratta e lo accarezzò tutto, fino a sedersi e coricarsi sui cuscini. Aveva poco tempo da dedicare solo a se stessa, aveva poco tempo per pensare e per sfogarsi. In pubblico, davanti agli occhi di Diagon City e del fratello, non poteva permettersi di mostrare paura o qualsiasi altro sentimento diverso dalla determinazione. Sarebbe morta, se sarebbe rimasta quella che era. Quell'anno doveva impegnarsi per davvero.
Vedere il viso di Omar che si affacciò dalla soglia della porta le riportò a galla un unico, doloroso ricordo, che le serrò la gola. Da quando era tornata a casa, dopo gli Hunger Games, Omar le aveva portato la colazione a letto. Tutte le mattine. Vedere che teneva un vassoio in mano anche quella volta, non fu per niente facile da digerire.
- Jessamine ha detto che abbiamo pochi minuti per mangiare, prima di prepararci – le comunicò, poggiando il vassoio sulle coperte e sedendosi vicino a lei. - Stasera ceneremo solo dopo la sfilata e potrebbe venirci fame. -
Gli occhi di Camille indugiarono per qualche secondo sul vassoio, ma poi si spostarono, coraggiosi, e incontrarono quelli di Omar, scoprendoli fermi e risoluti.
- Mi avevi perdonato – ricordò, mordendosi un labbro. - Non mi perdonerei mai di averti perso ancora. Per colpa mia. -
Lo sguardo del fratello si ammorbidì all'istante e non le diede tempo di aggiungere altro. La strinse nelle braccia e le accarezzò i capelli.
- Non mi avevi perso prima – precisò Omar. - E non mi perderai nemmeno adesso. -
Le braccia di Camille rimasero inerti lungo i suoi fianchi per un bel po', il tempo necessario di assorbire quell'abbraccio e di relegarlo nel fondo della memoria. Poi si scostò e gli mise le mani sulle spalle. I suoi occhi non tradivano alcuna emozione ed erano talmente scuri che ad Omar parve quasi di riuscire a specchiarvisi dentro.
- Stiamo uniti e vinceremo. - affermò, ignorando le sue proteste. - Lasciamo che scelga il destino chi deve tornare a casa. -
Omar annuì, seppur titubante, e le porse il panino che giaceva sul piatto.
- Mangia adesso. -
Camille lo prese e ne morsicò un boccone grosso, per poi ingoiarlo intero. Sorrise, perché insieme a Omar non poteva pensare di essere triste.

 

 

Dietro alle quinte della sfilata, lo spettacolo era incredibile. Non c'era un motivo che spiegasse cosa stava succedendo, ma tutti i tributi, senza alcuna esclusione, si stavano davvero divertendo: la ragazza del Distretto 3 schioccava le dita in continuazione e faceva partire scintille talmente alte che arrivavano a toccare il soffitto, il ragazzo del Distretto 6 parlava con la sua compagna e intanto faceva volteggiare in aria uno strano cappello, che non sembrava andargli troppo a genio.
Felicity camminava rasente al muro e per poco non rovesciò il bicchiere di caffè che aveva in mano quando si rese conto che la parete vicino a lei era in realtà una persona. Il Tributo del distretto 8 si staccò dal muro e ritornò al colore originario. Le fece nel contempo un cenno di saluto, che Felicity però ignorò. Lo superò a grandi passi e ritorno al suo carro. Porse il bicchiere di caffè ad Aric e si appoggiò con le braccia al carro, sbuffando.
- Quindi è questo il caffè? - domandò Aric, poggiando appena le labbra sul bicchiere.
Felicity annuì e gli regalo un piccolo sorriso.
- C'era anche al Distretto 1, lo ricordo, ma non lo davano mai ai bambini. - confessò, trangugiandolo tutto d'un sorso.
Inizialmente rabbrividì e fece una smorfia, ma poi inghiottì e sorrise.
- Ti piace? - domandò Felicity, curiosa.
Aric annuì, poi rimase in silenzio per un attimo, studiando la compagna.
- Tua zia mi ha detto di salutarti. - confessò alla fine, studiando attentamente la sua reazione.
Felicity sollevò la testa di scattò e spalancò gli occhi.
- L'ho incontrata tre anni fa e abbiamo condiviso lo stesso corridoio per un bel po'. - spiegò Aric, chiudendo gli occhi, come a voler ricordarsi meglio. - Avevo circa vent'anni ed ero lì dentro da dieci anni. Lei era nella cella vicino alla mia e ci è rimasta finché non l'hanno portata in prigione. Da lì è riuscita a scappare e... Beh, la storia poi la conosci già. -
- Per quanto tempo sei rimasto nel campo? - domandò Felicity, deglutendo. Parlare del futuro che avrebbe potuto aspettarla e che per il momento aveva scampato, le metteva addosso un certo senso di disagio.
- Sono rimasto nel campo del Distretto 1 per tre anni – le raccontò Aric, mantenendo intatto il sorriso sulle sue labbra. - Poi mi hanno scortato al campo del Distretto 12. Avevo tredici anni e ci sono rimasto fino a ieri. -
- Dieci anni. - indovinò Felicity, incredula.
Era tanto tempo. Troppo, per un bambino di soli dieci anni.
- Ora ho vent'anni e mi sembra di vedere il mondo per la prima volta. - confessò Aric, sfiorando con una mano il bordo del carro. - Morire in quell'arena non mi spaventa poi così tanto. Credo che tutto sia meglio che tornare là dentro. -
Felicity gli appoggiò una mano sulla spalla e gliela strinse, in un gesto di conforto.
- Ti aiuterò a goderti questo momento fino alla fine. - gli promise, sorridendo a sua volta.
Aric annuì.
- Ma sarai tu a vincere. - le ricordò. - Abbiamo già deciso tutto. -
Felicity sospirò e lascio ricadere il braccio sulla maniglia del carro.
- Lo so. -
 

 

Rivedere Crystal era stato un bel regalo, l'unico momento di piacere che avevano vissuto Lucinda e Joey quel giorno. Lei non aveva ancora visto Nick e si guardava intorno in continuazione, nella speranza di incrociarlo da qualche parte. Lui invece vedeva Camille dappertutto, ma stava ben attento a non guardarla direttamente o a non farsi scoprire mentre la osservava di nascosto, con la coda dell'occhio.
- Sei il mio mentore. - gli ricordò allora Lucinda, scuotendolo dalle sue riflessioni. - Dammi un consiglio sulla mia entrata in scena. -
- Ti adorano. - osservò lui, sorridendo beffardo. - Sei una degli ultimi Invincibili, sei una Favorita e una strega. Sei il modello di guerriera invincibile e inarrestabile. -
- Questo non mi permetteva di ignorare i consigli di Caleb, l'anno scorso. - commentò Lucinda, nascondendo una smorfia di fastidio.
Joey allora sospirò e le mise una mano sulla spalla.
- Non sorridere, ma guardali sempre dritti negli occhi. Non abbassare mai lo sguardo, nemmeno davanti al presidente. Saluta solo lui. Nessun altro si merita la tua attenzione. -
- Una gran maleducata, insomma. -
Moss Grengrass comparve dietro di loro all'improvviso, fasciato nella sua tuta nera elasticizzata.
Joey lo osservò, indeciso, ma ci pensò Lucinda ad accoglierlo nel modo giusto.
- Dici che è meglio un inchino? - domandò, ironica, prendendo i lembi della sua gonna e piegandosi verso di lui.
- Assolutamente no! - esclamò Moss, invitandola a rialzarsi. - Sarebbe uno spreco nascondere un viso così bello. -
Non ottenne la reazione sperata. Il sopracciglio di Lucinda scattò verso l'alto, conferendo al suo viso una strana espressione, a metà tra l'incredulità e il fastidio, mentre Joey incrociò le braccia al petto e scosse la testa.
- Certo che dove vado io, ci sei sempre tu. - si intromise Nick, comparendo in quel momento e fronteggiando Moss. - Com'è possibile? -
- Concedimi di contraddirti. - replicò Moss, tornando a sorridere. - Sono arrivato prima io. -
- E te ne andrai per primo. -
I due si fissarono in un silenzio ostile per un po' e nessuno fece niente per interromperlo. Dal canto suo, il cuore di Lucinda non appena era apparso Nick aveva fatto una capriola e proprio non si decideva a rallentare e a calmare il battito.
Ci fu il gong per la chiamata dei tributi, che iniziarono subito a salire sui carri, e apparve anche Hewie vicino a loro, che li esortò a muoversi.
- Avrete tempo dopo di picchiarvi per una ragazza – li ammonì, spingendo da parte Nick. - Ora muoviamoci. -
Moss fece spallucce e si incamminò verso il suo carro.
- Dopo penso che andrò a salutare Camille – confessò, fingendosi pensieroso. - Devo pur conoscere i membri della mia alleanza, giusto? -
Ignorò l'occhiataccia di Joey e raggiunse una volta per tutte la sua compagnia di Distretto, appena davanti a loro.
- Ricordami chi l'ha voluto con noi. - sibilò Joey, stringendo i pugni.
- Proprio tu. - intervenne prontamente Lucinda, prendendolo di spalle e spostandolo.
Joey la seguì, mentre saliva sul carro, e si fermò dalla parte di Hewie, per dare le ultime dritte anche a lui.
- Probabilmente, ogni coppia avrà un asso della manica, che sfrutterà come presentazione. - fece notare loro Joey, indicando prima l'anonima tuta nera di Moss e poi le gabbie coperte da un telo sui lati del carro del Distretto 10. - Non siate da meno. -
Hewie sbatté un pugno sul carro e Lucinda annuì.
Lo spettacolo andava a cominciare.

 

 

La parata si aprì con i tributi del Distretto 1, fermi immobili sul loro carro e perfettamente in equilibrio. Dapprima il pubblico non capì perché i due ragazzi non si tenessero alle apposite maniglie, ma non appena appoggiarono le mani, capirono il perché. Un sottile vero dorato si aprì dai loro palmi e scese ad avvolgere tutto il carro, ricoprendolo di un bagliore talmente forte, che molti capitolini dovettero coprirsi gli occhi, perdendo così l'entrata dei tributi del Distretto 2. Correvano ai lati del carro, esibendosi in capriole in aria e in giri della morte, scambiandosi anche di posizione l'uno con l'altra, ma senza mai toccarsi o aiutarsi a vicenda. Erano agili e incredibilmente scattanti. Un piacere per gli occhi del pubblico, che non si aspettava niente di meglio. Finché una saetta non colpì proprio il piede della ragazza del Distretto 2, costringendola ad un atterraggio di fortuna mentre stava eseguendo l'ennesima capriola.
Moss le fece “ciao” con la mano e subito dopo le mandò un bacio di scuse in punta di dita. La ragazza dovette contare sui suoi incredibili riflessi per abbassarsi in tempo e schivare il raggio di elettricità che era partito dalla sua mano e che era andato a schiantarsi contro il lato del loro carro. Anna, la ragazza del 3, non riuscì a trattenere un sorriso di scherno, prima di puntare la mano verso l'alto e lasciar partire l'ennesima scarica, con il chiaro intento di colpire il soffitto e magari trasformarla in chissà quale incantesimo di grande effetto. Non ci riuscì. Una barriera d'acqua impedì al fulmine di toccare il soffitto proprio all'ultimo secondo, inglobandolo invece in una sfera di acqua e trattenendolo al suo interno. Il fulmine si contorceva contro le barriere per uscire, ma così non faceva che rendere ancora più grandiosa l'opera di Lucinda e di Hewie.
Le sfide dei tributi si susseguirono, una dopo l'altra, tutte con il chiaro intento di rendere indimenticabili le proprie abilità e mettere in ombra invece quelli degli altri. Il tornado di Alexander e della sua compagna di Distretto rivelò i due tributi del Distretto 8, che si erano resi invisibili grazie alle loro capacità. I poteri di Omar aprirono il pavimento e crearono montagne di terra talmente alte che consentirono a Camille di saltarci sopra, con grazia ed energia al tempo stesso, e di liberare quella colomba che si era impigliata in un faro di luce e non riusciva più a muoversi. Il Distretto 12 fu l'unico a non organizzare un incantesimo in un errore del Distretto precedente; Felicity da una parte ed Aric dall'altra, facevano in modo che il fuoco che le loro ruote sprigionavano rimanesse attaccato al terreno, senza mai estinguersi.
Una volta che i carri si fermarono davanti al presidente, gli incantesimi cessarono, ma il fuoco non si spense. Lucinda rese omaggio al presidente con un cenno, come le era stato ordinato, e Snow sembrò apprezzarlo. Sorrise davanti allo sguardo di sfida di Felicity e all'indifferenza di Camille.
Era solo il primo giorno, ma il divertimento e l'adrenalina rasentavano già le stelle.

 


Angolo d'autrice:
Signori e signore, questa non è un'esercitazione. Ripeto, non è un'esercitazione.
Sono davvero io, in carne ed ossa. Non sto nemmeno qui ad elencarvi i motivi che mi hanno costretto a rimandare la mia pubblicazione di ben DUE anni *corre a nascondersi in un angolino*, mi dedico unicamente alle scuse. Mi spiace davvero tanto di aver abbandonato per così tanto tempo questa storia, a cui tengo davvero tantissimo, e di aver abbandonato tutti voi lettori.
Sono tornata però, ben decisa a pubblicare tutti i capitoli.
Con la speranza che i vecchi lettori torneranno a leggere e che, perché no, magari se ne aggiungano di nuovi, vi invito fortemente a farmi sapere cosa ne pensate.
A presto, finalmente!
Colpa delle stelle

   
 
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