Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: sottoilsole    27/07/2017    0 recensioni
Kim Namjoon è solo confuso.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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*questa oneshot la trovate anche su wattpad cercando il profilo @omaesantae
 
Ambrosia
 

L'arte è sulla bocca di tutti ma chi sa realmente apprezzarla? Chi è in grado di condividere i suoi valori? Chi sa carezzare ogni sua intemperia? Chi? Ho una risposta che, con leggero fastidio, invade i miei pensieri. E questa, a sua volta, mi dice che non esiste alcuna reale risposta a queste domande, che nessuno potrebbe cogliere ogni suo aspetto appieno, che ci sarebbe sempre quella virgola, quella parentesi che va a sfumarsi con il resto.

Chiudi gli occhi. Libera la mente. Apprezza ciò che ne verrà fuori. Me lo hanno detto in tanti ma è tra le cose meno facili da fare, da provare e da imitare. Ogni muscolo, ogni ossa e ogni tessuto. Ogni venatura, tutte le arterie. Ogni organo. Tutto di me pare incollarsi al divano, lo sguardo è spento ma non altrove. Semplicemente, ho dormito poco la notte precedente. Viaggio con la testa ma non è la stessa cosa di liberarla. Lo so perché la mia mente è un po' come un boomerang. Sono nato e cresciuto seguendo una rigida istruzione, pagata per insegnarmi la disciplina e ad avere il controllo sulle proprie questioni personali. Suppongo che derivi da questa particolarità il mio modo di fare.

Non basta comprarsi degli acquarelli e il foglio apposito per pomparsi di talento. Non basta possedere una matita 5b e un foglio spolvero per essere un genio del nudo femminile. Non basta aver toccato una volta l'argilla per essere uno scultore. Non basta tenere una penna e rigirarsela tra le dita per potersi considerare un poeta. Suppongo sia il minimo nel massimo. O il massimo nel minimo. È sempre una questione di punti di vista, pronti a giustificarti quando sei tenuto in gabbia.

Ho capito di non essere abbastanza, in qualsiasi cosa del quotidiano e dell'extra. Non va preso come un insulto poiché non è mia intenzione sminuirmi. È solo un pensiero derivato da una contrastante consapevolezza. Sì, sono consapevole dei miei sbagli e dei danni che ne derivano. Sono consapevole della mia fragilità, della mia instabilità. So che ovunque io vada, la persona affianco a me mi starà superando di un passo. So che lì fuori, nel mondo, c'è qualcuno che sa più di me e che chi non sa più di me è solo colui che sa di meno. Dunque, nulla di cui vantarsi.

È una torpida sensazione, quella che provo allo stomaco. Non mi capisco. Non capisco gli altri. Non capisco l'arte. Anzi: credo di essere giunto ad una stazione in cui l'interesse è morto. Perché? Perché non appare più speciale. Perché? Perché è sulla bocca di tutti. Ma è giusto? Cosa c'è di sbagliato nella popolarità? Un profondo stordimento che ti prende da capo a piedi. Ho scelto di non capire. Solo questo.

È sempre Van Gogh a dipingere, nell'ospedale psichiatrico in cui si fece rinchiudere. La moglie di suo fratello aspetta un bambino. E l'artista decide di raffigurare un mandorlo in fiore come trionfo della vita. Io, in tutto questo, rifletto sul cielo azzurro alle spalle dei rami contorti. È così acceso. Possibile un clima del genere? Non ricordo più le belle giornate con il cielo limpido. Potrebbe essere sempre autunno, per me, e non so se Monet apprezzerebbe.

Fa caldo. Fa freddo. Inizio a scrivere e, ogni volta in cui alzo lo sguardo, le lancette sono sempre ad un orario differente. Buon per loro, dunque, significa che la batteria funziona. Però sono ancora sul divano. Foglio bianco. Bianchissimo. C'è solo scritto in alto a destra "10 aprile 2017". L'inchiostro spezza l'armonia del quadro. Sono diventato come Fontana? No, non ancora. Però vorrei. Allora, la pressione che uso per impugnare la penna è aumentata. La punta della biro spezza lo strato sottile di carta. Un Concetto Spaziale! Ci sono riuscito anch'io!

Ho sempre pensato di essere fuori dal comune ma questo mio pensarlo spontaneamente mi contraddice. Dunque, so davvero distinguere ciò che è sano da ciò che non lo è? In realtà, non credo di voler sentir pesare sulle mie spalle tale responsabilità. Qualcuno di diverso da me sarebbe capace di prendere posizione migliore.

Sento di essere appeso, dal soffitto, grazie ad un filo di cotone che è legato scompostamente intorno al mio bacino. Ogni domanda che mi viene posta mi stringe il collo. Fatemi dormire. Non vivo più di così. Scusate.

L'arte è in ogni briciolo di vita. Pare semplice. Ogni cosa è arte, osò dire qualcuno. Allora mi chiedo, un uomo traballente che si slaccia i pantaloni e se li abbassa, con una mano cerca l'equilibrio con l'aiuto del muro, con l'altra si tira fuori l'uccello e piscia; è arte? Una composizione involontaria.

Pensa a qualcuno. Qualsiasi persona, davvero. Allora, subito si forma l'immagine di Yoongi hyung di fronte ai miei occhi. Riesci a vederla? Sì, sì, lo vedo. Funziona? Sì, proseguiamo? Certo, allora, pensa più che puoi a lui. Ad ogni suo dettaglio, ci riesci? Sì, a fatica, sì, ci riesco.

Yoongi hyung ha una piccola e tenue macchia mongolica che colora un lembo della sua pelle nivea. È sul lato destro dell'addome, tra le costole. Lo adoro. La adoro. Vorrei baciarlo. Vorrei baciarla. Lo sto facendo.

«Namjoon ah che stai facendo?».

«Non lo so» rispondo. «Riesci a percepire il mio tocco sulla tua pelle?». Annuisce.

«Sei reale?».

Non voglio aspettare una sua risposta, il timore che possa sparire col vento è così forte che, spinto da un subbuglio di emozioni, tendo le braccia verso il suo corpo e affondo le dita nella poca carne che ricopre il suo bacino. Perché ha ancora la macchia mongolica? Di solito, sparisce quando si è ancora in fasce. Perché gli è rimasta?

Bacio con foga il suo collo. Yoongi hyung. Yoongi hyung. Yoongi hyung. Cos'hai di diverso? Niente, tutto.

Attraverso la strada senza prestarci molta attenzione. Non ci sono macchine. Non rischio nulla. Ho solo un po' freddo.

Dunque, sai dirmi chi è questo "Yoongi hyung"? No. È solo nella tua testa? No, lo giuro. Esiste davvero.

Il cannibalismo autunnale mi pervade lo stomaco. Non riesco a distinguere quelle forme così diverse, aggrovigliate, scure, accese. Grazie Dalì per tutto ciò che hai fatto. T'apprezzo con sincerità.

Sempre più spesso, mi ritrovo a pensare al niente. Vuoto totale. Poi, concependo questo piccolo difetto, che non sopporto, inizio a pensare di non pensare. E, pensando di non pensare, continuo a pensare. E, di nuovo, mi perdo. Penso. Penso di pensare di non pensare. Penso, penso a tantissime cose mentre credo di non pensare. Io, sì, mi illudo di non star pensando. Quando, nella realtà, la mia mente è così affollata di pensieri, che sembrano ronzare ininterrottamente come uno sciame di api impazzito. Un turbine. Un insieme innumerevole di pensieri che si annullano tra di loro. Così tanti, da non coglierne nessuno. Nessun procedimento, nessun svolgimento, nessun coinvolgimento. Nessuna metafora, nessuna mappa. Perso. Sono perso, tra i miei pensieri. E, a tal punto, il vuoto. Non pensare. Almeno, crederci.

Yoongi hyung, vorrei poterti amare. Me lo concedi?

La tua fossetta giugulare è profonda. Le clavicole ben in mostra. Quanto amo tutto questo? Quanto, tu lo sai?

Ti apro le gambe. Sono fatte per me. Tutto di te costruisce quel che son io. Te ne sei mai reso conto? Ci hai mai fatto caso? Probabilmente no, che peccato.

Ti bacio, ti bacio ovunque. Qualsiasi parola e gesto d'amore non riuscirebbe a contenere ciò che provo per te. Che non so esattamente cosa sia, ma qualcosa è, di certo.

Ti penetro. Col mio corpo. Col mio affetto. Ti riempio di fiori, in una fantasia notturna. La mente risplende il sole. Il tè si è rovesciato a terra. Ah, Dio. Quanto sei bravo. Fatti prendere. Diventa mio. Fatti amare. Fatti accettare.

Le costole e le tue anche in evidenza. Stai sparendo. Non farlo, va bene?

Voglio spingere dentro di te ogni mio atomo. Inebriamoci di noi stessi. Diventiamo ciò che non siamo mai riusciti ad essere fino ad ora.
 

«Ho dormito male» dico.

«Perché?».

«Perché non eri vicino a me».

«Ma Namjoon ah, quante volte ti devo ricordare che, anche se non sono fisicamente presente, ti sono affianco, ad ogni modo?».

«Non mi basta». Ecco, svelato il mistero. «Tu devi esserci. Ci devi essere. Mi hai capito?».

Il caffè è caldo. Il sole no. Fa freddo. Il vento fischia. Fa sempre freddo in questo cazzo di mondo! Il tempo è una merda! Vaffanculo! Vaffanculo tutti! Vaffanculo Monet! Non mi piace più l'autunno!

Non ho un problema. Lo vuoi capire? Tutto ciò che può farmi stare bene è racchiuso in te. Perché te ne vai?

Yoongi hyung non si fa vedere da un po' di tempo. Non so come approcciarmi. È andato via. Non mi ha detto niente.

Mi manca la sua macchia mongolica. La sua fossetta giugulare.

Posso prenderti un'ultima volta, nei miei ricordi?

Riesco a vederti a pecorina, davanti a me. Le tue natiche all'aria. La macchia bluastra mi guarda. Sono sporco? Sono sporco. Non mi accusare. Ti prego, davvero. Smettila.

Il mio pene è rigido. Mi masturbo. Si, Yoongi hyung, mi sego quando ti penso. E mi immagino venire sopra la tua schiena. Bagnarti.

Me lo prendi in bocca un'ultima volta? È l'unica cosa che ti chiedo. Dopo, puoi sparire. Ma prendilo tutto. Succhialo.

Più veloce.

Il tempo è mio nemico. Scorre rapidamente. Ho troppe cosa da fare. Non ne faccio alcuna. Passa. È già mattina. Non mi ricordo quando ho chiuso gli occhi. Non ho dormito. Dove sei. Dove sei. Dove sei.

Egon Schiele, ho paura di te. Sei stato tutto ciò che ammiro.

Il dolce far niente diventa amaro.

Dottore. Casa è sporca. Era lui a prendersene cura. Respira. Respira, Namjoon. Apri gli occhi. Trattieni i pensieri. La realtà è diversa da quella che attraversa le tue pupille. Te lo giuro. No, scusi. È che mi manca lui. Solitamente, ho la testa sulle spalle. Non accetto scuse.

«Sai di cosa hai bisogno, ragazzino?».

«No».

«Di dormire. Riposa gli occhi. E tutto il resto».

Non posso. Tremo nel sonno. Faccio gli incubi. Mi divorano.

A piccoli passi, raggiungo la casa in cui ho scoperto vivere Yoongi hyung. Me lo ha detto Hoseok, sotto una specie di tortura silenziosa. È un bel posto. C'è il sole, qui. Solo a casa mia fa freddo? Ma com'è possibile?

«Nam, non ti conviene andare. Perché non mi vuoi dare retta!?».

Busso alla porta. Ti prego, apri. Apri. Nudo, spoglio. O vestito. Ma apri. Ti prego. Ha aperto. Sì, la porta si sta aprendo. È aperta. Ma non c'è Yoongi. Chi è?

«Chi sei?».

«Chi sei tu, semmai».

«Io sono Kim Namjoon».

«Io Park Jimin. Piacere». Fa un inchino.

«Cosa ci fai qui?».

«È casa mia».

«Ma... Qui abita anche un certo Min Yoongi, vero?».

«Sì, sì. È il mio ragazzo. Al momento non è in casa. Vuoi che gli lasci un messaggio da parte tua?».

Vaffanculo. Dovevo ascoltare Hoseok. Inizia a piovere anche qui. Fa freddo anche qui.

«Digli che mi mancano i suoi pompini, per favore».

Park Jimin mi guarda torvo. Poi ride. Cosa cazzo c'è di divertente, in tutto questo?

«Hai ragione. È molto bravo a farli».

Me ne devo andare. Me ne vado. Ma vaffanculo. Davvero, tutti.

Sono sul divano. Fontana non esiste più. Ho fatto a brandelli il foglio. Che giornata di merda.

Mi viene da piangere. E, infatti, piango. Io sono Michelangelo. Ho il permesso di distruggere ciò che ho creato. Pazzo! Nessuno può fermarmi. Mi arrampico sulla Pietà. Che capolavoro! È un delirio di forme.

Allora, io sono Kim Namjoon, delineo il mio io ogni giorno che passa, quindi, volendo potrei seguire le orme di quel pazzo. Sì, sì. Distruggerò me stesso.


 
   
 
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