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Autore: sottoilsole    27/07/2017    1 recensioni
Sorprendentemente, Kim Taehyung riesce a leggere tra le righe di ogni gesto e parola di Min Yoongi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rot, rot, rot
 

Sono in alto, altissimo. Impugno i miei pensieri. Mi siedo per terra, a gambe incrociate. Sfido il vento. Soffia con forza ma non mi sposto. Vinco io. Sono forte. Mi alleno quasi ogni giorno. Guardo il cielo. Mi sorride. Ricambio. Abbraccia il palazzo con il suo tepore. Stringe ogni cosa in cui si imbatte, tranne me. Resto solo, come sempre. I suoi colori non riflettono sulla mia pelle pallida. È come se una cupola di vetro mi abbia distanziato dal mondo circostante. Attorno a me, tutto sembra illuminarsi. Ma, dove sono io, una pozza di oscurità resta lì. Non è di compagnia. Non parla, non si muove e non sembra avere intenzione di spostarsi. Anch'io voglio assorbire i colori del tramonto, prendere una bella tintarella, bagnarmi di luce. Mi è vietato, però.

Solo. Non dico una parola. Fa freddo, qui, nella circonferenza delineata dalla nostalgia. Il sole lentamente se ne va, e tornerà solo tra un pugno di ore. A sostituirlo, un paio di nuvole scure, uno strappo di cobalto squarcia ciò che ne rimane dell'arancio precedente e dalle sue frange si dimenano le stelle. Un battito di ciglia e il mondo cambia. Un battito di ciglia e inciampi, il caffè d'asporto, ancora caldo, ti scivola dalle mani e cade a terra, tra i tuoi piedi. Un battito di ciglia e una goccia del colore tanto ricercato di ecoline finisce sul foglio sbagliato, rovinandolo. Un battito di ciglia che corrisponde ad uno rubato al cuore. Un battito di ciglia e, in quella minima frazione di tempo, hai perso tutto ciò che avevi. Ogni cosa che costituiva il tuo essere ti è scivolato dalle mani. Come la cera di una candela, che cola sulla tua mano e s'inoltra tra gli spazi fra le tue dita. Ti scotta ma te ne accorgerai solo dopo, quando ti resterà la scia di rossore sul dorso. Gli eventi ti segnano. Riposano nella tua memoria, sia docilmente che con violenza. Sono pronti a svegliarsi quando meno te lo aspetti. Amano prenderti alla sprovvista, vederti annaspare in un oceano di ansie e paure, lasciarti affogare. Sembra un déjà-vu. Tutti soffriamo, e spesso in simil modo. Siamo convinti che gli altri siano incapaci di capire le nostre emozioni, i nostri dubbi. E invece, tutti passiamo per determinate situazioni, perdiamo varie occasioni, ci facciamo del male da soli, cerchiamo e troviamo un pretesto per soffrire. Ci piace, dopotutto.

Me le guardo a lungo, le mie mani. Non mi sono mai piaciute. Ossute. Paffute. Screpolate. Morbide. Unghie perfette. Unghie mangiucchiate. Nocche sbucciate. Dita lunghe ma anche corte. Goffe. Imprecise. Tremolanti. Decise. Portano con sé tutto ciò che ho vissuto e tutto quel che ho perso. Hanno impugnato cattiveria. Strappato via palazzi interi. Sfiorato il cielo. Coccolato il vuoto.
Non mi piacciono perché non corrispondono a niente di concreto ma solo ad un continuo vacillare tra la risalita e il degrado. Un continuo sali e scendi di sbalzi d'umore, parole urlate e risate malinconiche.
Sono mani che rappresentano tutto ma anche niente. Un'incertezza costante.

E come se potesse rallegrarmi, resto seduto nella medesima posizione per un paio d'ore. Sopra il tetto, scoperto ad ogni pericolo. Così in mostra da potermi convincere di essere a capo del mondo, di sovrastare il resto della popolazione mondiale. La brezza serale mi scompiglia i capelli già disordinati. Arriccio il naso quando una ciocca va a stuzzicarne la punta.
Ci sono solo io, lì. Potrei anche sentirmi davvero un passo avanti rispetto agli altri ma sono, forse purtroppo, consapevole che possa risultare solo illusorio ed io sono stufo. Sono stufo di illudermi, di autoconvincermi che le cose stiano andando per il verso giusto. Di poter rialzarmi quando, stanco, mi lascio cadere. Voglio anzi vedere le cose come stanno. Nonostante possano apparire rudi, tristi o squallide.

L'acqua di una precedente pioggia evapora causando una fitta nebbia che, lentamente, mi raggiunge. E ora, mi pare di essere sospeso nell'aria. Un evento che mi lascia a bocca aperta, non avendo mai vissuto un momento del genere. Un evento che mi fa anche corrugare la fronte confuso. Osservando la distesa di vapore, mi rendo conto di come non si riesca più a scorgere neanche un'insegna luminosa di un qualunque locale. Sono solo io, unica forma di vita, in un oceano bianco. Il brivido iniziale si trasforma in qualcosa di più profondo. Non riesco a muovere un muscolo. Respiro lentamente. Ho paura. Un passo falso e potrei sparire anch'io.
Mi sento solo. Se lo fossi davvero, sarebbe questa la sensazione? Un peso enorme al petto. La testa che gira. In un ipotetico futuro, potrei nuovamente piombare in questa realtà inverosimile?

Dal nulla, lasciandomi stupito, appare la figura familiare di un ragazzo. È Taehyung. Lo riconosco perché sta indossando un cappellino fluo che ha recentemente comprato e che continuerà ad usare finché non si stuferà. Si avvicina lentamente. Un giubbotto pesante gli fascia il busto e le braccia, scaldandolo. Una coperta gli avvolge le spalle. Quando è arrivato davanti a me, intravedo un sorriso affiorare sul suo viso.

Lo guardo confuso, aggrottando le sopracciglia. È solito a non venire mai sul tetto del palazzo in cui abitiamo con i restanti membri del gruppo. È come se lo evitasse. Credo abbia timore delle altezze, ma non ce lo ha mai detto apertamente.
Si siede, anche lui a gambe incrociate, davanti a me. Non dice nulla. Sorride. Mi porge la coperta. Non so se accettarla. Sembra esserci di più, dietro a quel gesto non richiesto. Aspetto che dica qualcosa.

Agita il braccio, sventolando la coperta sotto i miei occhi. "Avanti, accettala" dice. Si comporta come se mi stesse facendo un favore e questo mi da fastidio. Dopo alcuni secondi di silenzio, decide lui di coprirmi con quella coperta pesante. "Non mi ringrazi, Hyung?" continua.

Sospiro. Lo ringrazio, come desidera. "Che ci fai qui?" chiedo allora.

"Sono triste" dice, senza alcun problema. Vorrei chiedergli il motivo ma lui riprende a parlare: "E so che, quando sei triste, tu vieni qua. Quindi pensavo che potremmo semplicemente essere tristi insieme, se ti va bene"

Sbuffo. Non perché mi scoccia la sua presenza. È uno sbuffo divertito. D'altronde, la scena appare un po' comica. "Sicuro di voler restare qui, con me?" Sottolineo "con me". Non sono di molte parole e sarei capace di farlo sentire peggio, senza far niente. "Credo che, stando con gli altri, ti possa tornare il buon umore più facilmente"

Taehyung rotea gli occhi verso il cielo. Con una mano, si spettina con rabbia i capelli. "Non mi interessa degli altri" sbotta. "Voglio solo passare del tempo con te, è così difficile capirlo?" Alza di poco la voce. "Continui ad allontanare tutti, l'ho notato, sai?"

Non riesco a sostenere più il suo sguardo. Ha toccato un tasto dolente. "Forse dovresti smetterla di spiarmi e di arrivare a conclusioni precipitose, senza venirmi a parlare direttamente" gli rispondo.

"È quello che sto facendo adesso. Ammetto che avrei dovuto farlo prima e mi dispiace. Scusami. Ma voglio venirti incontro e, se sei disposto, dovrai aprirti completamente. Non ammetto più segreti, capito Yoongi hyung?" dice, sicuro di sè.

Assottiglio lo sguardo, tornando a posare gli occhi sul suo viso struccato. "Dimmi un po', ti ha mandato Namjoon?" Quel ragazzo non è in grado di affrontare certi argomenti ma, essendo il leader, si sente in dovere di controllare e sistemare ogni questione. Avrebbe almeno potuto inviare Hoseok a fare un sopralluogo. La sua percentuale di simpatia supera di poco quella di Taehyung ma, almeno, non insiste quando non voglio raccontargli di ciò che mi passa per la mente. Restiamo in silenzio. Lo ascoltiamo con rispetto. Taehyung, invece, è invadente e non molla mai.

Serra la mascella. Stringe i pugni. Guarda intorno a noi, anche se la nebbia non permette una gran visione di ciò che ci circonda. "Hyung" mi chiama, anche se la mia attenzione è già dedicata a lui. "Sono io che ho voglia di aiutarti, va bene? Non c'entrano gli altri" Fa una pausa. "Che c'è, preferivi qualcun altro? Per caso, non ti piaccio, Yoongi?"

Mi rattrista il fatto che possa aver preso in considerazione un'opzione così assurda. Prendo un lembo della coperta e mi copro meglio. "Taehyung-ah, sai bene di piacermi, così come sei" Sento il sangue fluire verso le guance. Poso i gomiti sulle ginocchia e mi pizzico leggermente le guance con il pollice e l'indice di entrambe le mani. Non dovrei arrossire. Taehyung mi piace, sì, come persona, come amico. Niente di più, niente di meno. Non c'è motivo per cui sentirsi strani.

Noto le sue mani, grandi e calde, cercare le mie, fredde e tremolanti. Forse dovrei allontanarle e far finta di nulla. Forse dovrei godermi quella carezza, assaggiare ciò che, di segreto, ha da darmi.

È lì. Lo guardo di sottecchi. Il cappello rosa gli copre la fronte, lasciando libere poche ciocche di capelli, dello stesso colore dei suoi occhi, come il miele di castagno. Le sopracciglia folte sono rilassate. I suoi occhi svegli e lucidi riflettono un umore insipido, paragonabile al clima attuale. A causa del freddo, la punta del suo naso, in cui sorge un tenero neo, e le sue guance si sono arrossati. Gli angoli della sua bocca rosata sono rivolti verso il basso. 
Il silenzio tiene in pugno la situazione. Guardandolo, immagino Hoseok. Forse, Taehyung non è così male come avevo pensato. 
Capisco che sta cercando le parole giuste da rivolgermi nel suo sguardo, momentaneamente assente. Un guizzo scompone l'espressione assunta. Ora, si sta mordendo il labbro inferiore.

Volgo lo sguardo verso le mie mani, accolte tra le sue. Non le sposto. Decido di porre fine io a quella insolita atmosfera. "A cosa..." La mia voce risulta roca e tremolante, dopo i minuti cheti. Tossisco, per schiarirla. "A cosa stai pensando?" Gli chiedo.

Taehyung stringe ulteriormente le nostre mani. Scuote il capo. "A te" risponde. Trattengo il fiato, per un po'.
Continua a mordicchiarsi il labbro. Dopo poco, finalmente sceglie di muoversi, come segretamente stavo immaginando. Ruota le mie mani, in modo tale che i palmi siano aperti verso l'alto. Le sue dita affusolate abbracciano il mio polso sinistro, con delicatezza disegna con l'indice piccoli ghirigori invisibili, traducibili in una leggera carezza. Con l'altra mano, invece, si avvicina alla mia destra. La infila lentamente all'interno della manica del mio maglione, abbastanza largo. Affonda le dita nella carne del mio avambraccio sottile. Lo sento sfiorare quelle sporgenze lineari. Da quelle più sottili a quelle più macchiate di dolore, colorate di una tenue malinconia che, a vista d'occhio, muta e sprigiona le sfumature più scure e aspre. Dolcemente, passa le dita sopra i passaggi più freschi, sopra le pennellate di carminio più recenti. È un solletichio triste, che mi impregna di apprensione. Mi pizzicano gli occhi.
Sfila la mano, libera il polso. Mi guarda per un po' poi avvicina entrambe le mani al braccio appena torturato. Afferra gli estremi della manica, alzandoli di poco.

"Posso?" Chiede, insicuro.

Sono indeciso. Vorrei dirgli di no, ma da un'altra parte vorrei lasciarmi andare. "Sì" rispondo dopo.

Lui annuisce. Alza la manica. Mette in mostra la mia pelle al freddo. Mette in mostra le mie insicurezze, il garbuglio d'incisioni che formano una composizione ben poco piacevole da ammirare. Eppure, Taehyung resta lì. Non scappa via. Si sofferma su ogni dettaglio. Poi mi guarda, con gli occhi lucidi. "Sai, lo avevo immaginato. Avevo questo brutto presentimento, ma non volevo impormi troppo riguardo la tua vita privata"

Stringo le labbra, non rispondo. Non me la sento ma poi, non so nemmeno che cosa dire.

"Se le contassi, ti darebbe fastidio?"

, penso. Ma poi scuoto la testa con fare negativo, i capelli mi ricadono sugli occhi e a Taehyung non importa se ho messo su un broncio. Scorre un dito su ogni cicatrice che marca la mia pelle.

"Quindi... Quante sono?" Non risponde.

"Perchè lo stai facendo?" Chiedo ancora.

"Per sapere quante volte hai avuto bisogno di qualcuno e, invece, sei rimasto da solo" risponde. Copre velocemente il mio braccio. Si avvicina a me, fino a far toccare le nostre ginocchia. Allunga le braccia verso i lati del mio collo. Prende gli angoli della coperta posata sulle mie spalle e li tira, avvicinandomi a sé. Anche lui, si sporge verso di me. "Vuoi sapere quante sono, Hyung?" Chiede, sapendo già la risposta. "Troppe. Semplicemente troppe. Io... Non riesco a credere, a tutto questo. Mi dispiace così tanto" Osservo una lacrima perdere l'equilibrio, scivolare sulla sua guancia e agganciarsi sul mento, in bilico. Avvicino un dito e gliela rubo. È così delicata. "Se solo gli altri ed io avessimo..."

Lo fermo, perdendo anche di vista la sua piccola lacrima salata. "Sono ancora in piedi" dico, deciso. "Non parlare come se fossi già morto"

Piega il viso verso il basso. Stringe i pugni. "Hai ragione. Scusami. Io..."

Lo interrompo nuovamente. "Smettila. Voglio essere lasciato stare. Non preoccuparti. Non voglio vederti provare pena, per me..." E, ora, è lui a farmi tacere, in un modo del tutto inaspettato.

Prende il mio viso tra le sue mani, avvicinandolo al suo. Piega leggermente il viso di lato, per non far scontrare i nostri nasi, e schiude le sue labbra. Poggia la fronte sulla mia. Chiude gli occhi. Ha il respiro pesante, a differenza del mio, che è diventato corto in pochi secondi. Si mescolano, si scontrano. Le nostre bocche si sfiorano, in una carezza. Muove dolcemente le labbra sopra le mie.

Si allontana di poco, gli occhi ancora chiusi. "Yoongi hyung" dice, soffiando sulle mie labbra. "Non hai idea di quanto tu sia importante per me. Non posso far finta di nulla, lo capisci?"

Annuisco, anche se non mi può vedere. Non riesco a resistere e, questa volta, sono io a far unire le nostre labbra. Mi mancava, questa sensazione di amore. 
Mentre gli accarezzo le guance, noto che Taehyung sta piangendo. Piange per me. Perché mi vuole bene, se non di più. Perché vuole che non mi faccia più del male. 
Approfondisco il bacio e Taehyung piange più forte. Piange, anche per me. Piange, e non riesce a smettere. Inizia a singhiozzare, mentre continuiamo a baciarci. Poi, quando ci separiamo, sorride. Uno dei sorrisi più tristi che abbia mai visto.

   
 
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