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Autore: rocchi68    28/07/2017    4 recensioni
Scott ricordava perfettamente cosa aveva detto Chris riguardo quella stagione.
Era stata un fallimento solo perché appartenevano alla vecchia guardia e, quindi, dopo anni a tirare la carretta, erano diventati inutili.
Così si era ritrovato nella fattoria dei suoi genitori a rigirarsi i pollici.
Terminate le superiori, con risultati non proprio invidiabili, piuttosto di rimanersene a casa a sparare contro i topi dalla mattina alla sera, si era lasciato convincere a tentare l’Università.
Rimaneva comunque uno scoglio molto duro da superare: l’estate.
La stagione maledetta che prosciugava le energie di molti, tendeva a svuotarlo tanto da impedirgli di muoversi dal divano.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Si era appena stravaccato sul divano, quando Alberta si era palesata con 3 borse gialle della spesa.
Nonostante il peso extra che gravava sulle sue mani e i suoi sbuffi di rimprovero, lui non si era mosso di un millimetro.
La sua testa era altrove.
Di solito sarebbe scattato sull’attenti nel sapere che la credenza si sarebbe riempita dei suoi biscotti preferiti e a costo di urtare la sorella si sarebbe impossessato del pacchetto color crema e avrebbe iniziato a ingurgitare dolciumi come se non vi fosse un domani.
Quel pomeriggio i cioccolatini di sua madre erano rimasti nella borsa, così come i suoi biscotti alle gocce di cioccolato e come la torta al limone che suo padre e Alberta si dividevano senza discutere.
C’era un chiodo fisso che continuava a pungerlo.
E Scott non sapeva cosa avesse sbagliato.
L’unica cosa di cui era convinto è che Dawn fosse arrabbiata per un motivo incomprensibile.
Fino a qualche giorno prima s’incontravano a metà strada per l’Università, si scambiavano un bacio e si tenevano per mano fino al cancello.
Da lì ognuno prendeva strade diverse, salvo poi rincontrarsi dopo 6 ore e ripetere la cerimonia dell’andata: nuovo bacio e tutto come il solito.
Le solite battute pervertite del rosso si alternavano all’arrossire della fidanzata e così fino a quando non si chiudevano in stanza per studiare.
Era la loro routine.
Erano i loro momenti.
Era la loro felicità.
E questo, per Scott, era tutto.
In quelle ore, però, aveva sbagliato qualcosa.
Lei si era allontanata ed evitava di rispondere ai suoi messaggi.
E questo disinteresse insolito l’aveva spinto nella più totale confusione.
Si svegliava la mattina con l’emicrania e con delle occhiaie molto vistose, si trascinava a scuola, collassava sul suo banco, non ascoltava minimamente i professori, fissava il cancello sulla via del ritorno con tristezza e si stravaccava sul divano, abbandonando lo zaino ai suoi piedi e tenendo il cellulare a portata di mano.
Passavano le ore, i programmi televisivi si alternavano senza sosta, si sedeva per la cena, torturava il cibo che aveva nel piatto, mangiucchiando metà della sua solita razione e tornava sul divano, prima di afflosciarsi sul suo letto a fissare il soffitto nero e a chiedersi cosa avesse sbagliato di preciso.
“Tutto bene fratellino?”
“Alberta…”
“Sei più fiacco in questi giorni o sbaglio?”
“È l’Università a stancarmi.”
“E stanca anche Dawn?”
“Io…”
“Ecco perché non viene più a farci visita: deve essere piuttosto stanca.” Commentò la giovane donna, spegnendo il televisore.
“È impegnata con gli esami.”
“Se lei è impegnata, tu allora stai perdendo tempo.”
“Quando finirai d’infastidirmi?” Chiese il rosso, tirando un calcio al suo zaino.
“Quando mi dirai cosa ti preoccupa.”
“Perché dovrei?”
“Preferisci che sia la mamma a torturarti?” Ironizzò, prendendo il suo cellulare e formulando il numero della donna.
“Dawn è arrabbiata con me.”
“Avrai fatto qualche cazzata.” Sospirò Alberta, riappoggiando il telefonino sul mobile ed evitando di chiamare la madre.
“Nessuna…almeno credo.” Borbottò sconsolato.
“Se non vuole più vederti, forse si è offesa per qualcosa che hai detto.”
“So come farmi perdonare quando dico qualche cazzata.”
“O che hai fatto.” Continuò, gelando la sicurezza del fratellino.
“Non saprei.”
“L’hai tradita?”
“Vorrai scherzare, vero?” Domandò, alterandosi e fissando Alberta con rabbia.
“Non so cosa passi per la testa di Dawn, ma se ti ha beccato con un’altra, posso capirla e ha tutta la mia solidarietà.”
“Io non ho fatto niente.” Scandì con calma.
“Dawn è di tutt’altro avviso.”
“Ma…”
“Sforza il tuo cervellino e pensa agli ultimi giorni: non hai notato niente di diverso in lei?” Tentò, facendogli socchiudere gli occhi e dandogli il tempo di riflettere.
Anche nel sforzarsi non ricordava nulla.
Non aveva sentito niente di anormale nella sua vita.
La sua famiglia continuava a essere allegra e scanzonata come il solito, il suo corso all’Università proseguiva senza intoppi, facendola risultare come una delle allieve più promettenti, e il loro tempo libero era favoloso.
Uscivano insieme, parlavano a lungo, si baciavano e si accarezzavano per delle ore.
L’ultimo campo era quello degli hobby, ma nemmeno qui riusciva a trovare qualcosa.
Lei continuava a meditare, a leggere la sua aura che spesso la faceva imbarazzare e a parlottare con gli animali, rassicurandoli sul suo sguardo.
“Niente.” Soffiò deluso.
“Proprio niente?”
“Farei qualsiasi cosa per stare con lei.”
“Non hai dimenticato nulla?”
“Che cosa vuoi insinuare?” Domandò il rosso, facendola sorridere.
“Noi ragazze vogliamo sentirci dire determinate cose da voi.”
“Del tipo?”
“Le hai mai detto che l’ami?”
“Se non l’amassi, non sarei qui.” Rispose, digrignando i denti.
“Da quanto vi conoscete?”
“E questo che cosa centra?”
“Non puoi rispondere con una domanda.” Ridacchiò Alberta, facendolo annuire.
“Sono passati quasi 3 anni dall’ultimo giorno dei reality di Chris.”
“E non è una data speciale.”
“Una data speciale?” Chiese il rosso visibilmente confuso.
“Perché voi uomini siete così stupidi?”
“Io…”
“Quanti mesi sono passati dalla sera in pasticceria?” Soffiò con calma glaciale, risvegliando i neuroni assopiti del fratello.
 
La pasticceria.
A questo non aveva proprio pensato.
Al primo giorno da quando si erano rincontrati e che avevano ammesso i loro sentimenti.
Era stata quella la scintilla che li aveva fatti innamorare e che continuava ad alimentarsi ogni volta che si stringevano.
Scott, però, non aveva ancora chiuso con il passato.
Fino a quando non le avesse dato un simbolo materiale del suo amore, sarebbe sempre stato destinato a perderla.
Era questo che intendeva dire sua sorella.
Il tempo che era passato.
I mesi che si erano rincorsi per renderli felici.
Era il 23 di luglio quando si erano scontrati e poi baciati.
E oggi era il 23 ottobre.
3 mesi: una specie di anniversario anche se molto più semplice.
E per quante volte avesse detto il classico ti amo, per poi baciarla, lui avvertiva il pericolo di perderla.
Dall’eliminazione brutale di qualche anno prima a quel pomeriggio disteso sul divano, non le aveva consegnato nulla.
Le aveva dato il suo cuore e la sua fiducia, ma non era stato sufficiente.
Non sarebbe stato abbastanza nemmeno se il reality si fosse concluso in modo più proficuo.
E ora capiva di cosa aveva veramente bisogno.
Per lui non era mai stato così lampante, ma per Dawn, nonostante il suo odio per gli oggetti materiali, doveva essere una questione vitale.
“Cazzo…”
“Ci sei arrivato finalmente.”
“3 mesi…non ci avevo fatto caso.”
“Per voi uomini può sembrare una stupidaggine, ma per noi ragazze sentirsi amate e regalate ogni giorno è motivo di assoluta felicità.”
“Devo andare.” Borbottò, scattando in piedi e aprendo il portafoglio in cerca di una serie di banconote.
“Vai e rendila felice.”
“Mi sembra strano che tu sia ancora single Alberta.”
“Che ci vuoi fare: gli uomini hanno dei gusti pessimi.” Sorrise la maggiore, aprendo la borsetta e sventolando davanti agli occhi del fratello un pezzo da 20.
“Non diventerai mai una vecchia zitella.”
“Fila prima che i negozi chiudano.” Ridacchiò, vedendo il fratellino correre fuori di casa, rischiando di urtare il padre che era appena tornato dal suo turno.
L’uomo, nel vedere il figlio correre in quel modo, negò con il capo e si chiese il motivo per cui doveva vivere in un ambiente così strambo che poteva solo peggiorare.
 
Il centro era l’unico luogo che poteva salvarlo.
Erano le 18.
Molte serrande erano già abbassate e altre erano ancora impietosamente sollevate con grande fastidio dei proprietari che a causa di qualche indeciso stavano perdendo minuti preziosi.
Era talmente disperato che approfittò della prima gioielleria che gli era capitata a tiro e da cui uscì come una scheggia in 5 minuti scarsi.
Giratosi intorno e alzato lo sguardo al cielo, riprese a correre verso l’appartamento della fidanzata cui bussò con veemenza.
Si aspettava che ad aprire venisse uno dei suoi genitori.
Se gli fosse toccato il padre, quasi sicuramente avrebbe avuto a che fare con un orso che l’avrebbe sbranato per aver fatto soffrire la sua cucciola.
Con la madre sarebbe stato anche peggio. Avrebbe tirato fuori discorsi su energie negative confluenti in una determinata area e che erano responsabili per l’amnesia che l’aveva colpito.
Gli avrebbe consigliato qualche tisana a base di strane erbe oppure di una qualche radice che si trovava in qualche paese sperduto nel mondo.
Di peggio poteva, se in preda a crisi mistica, mettersi nella posizione più semplice della ginnastica yoga e menzionare vecchi discorsi di uomini pacifici e ligi alla felicità del popolo.
Sì, conoscendo la sfiga degli ultimi periodi, gli sarebbe capitato uno dei 2 oppure entrambi.
In quel caso, mentre veniva sgretolato dall’omone, lei avrebbe ragionato e lottato per assicurare la salvezza del mondo.
Avvolta da un pigiamone rosa, mentre lui fissava lo zerbino, Dawn si era palesata alla porta e l’aveva fissato dal basso.
“Scott?”
“Sei qui.” Si risvegliò, fissandola negli occhi.
“Perché? Dove dovrei essere?”
“Pensavo non mi aprissi più.”
“Non lo farei mai.”
“Meno male.” Borbottò, abbassandosi per baciarla con foga e spingendola all’interno.
Chiusa la porta con un calcio, aveva ripreso a bersagliarla di baci e a stringerla il più possibile.
Dawn era il suo tesoro.
Era il suo bene più prezioso e non l’avrebbe lasciata mai più.
Staccatasi da lei e fissata negli occhi, senza darle tempo di dire nulla, si era inginocchiato, estraendo il pacchettino che aveva comprato qualche minuto prima.
“Scott…”
“Sai che sono un idiota e ti chiedo scusa se non ho capito che avevi bisogno di un regalo per questo nostro anniversario.”
“Io…”
“Non voglio perderti: sei tutto quello che mi resta.” Ammise, versando qualche lacrima.
“Stai piangendo?”
“Tu sei la mia ragazza, ma non avevo capito che avevi bisogno di un regalo per lasciarti alle spalle tutta la storia dei reality.”
“Scott…”
“Sono stato così ottuso che credevo bastasse il mio amore per rassicurarti, ma mi sbagliavo.”
“Perché?”
“Mi piace stare con te, mi piace tutto di te e spero tu possa perdonarmi.”
“Ma tu non hai sbagliato.”
“E allora perché mi hai ignorato in questi ultimi giorni?” Chiese, mentre lei lo invitava a sedersi sul divano del salotto.
“Perché avevo bisogno di tempo.”
“E per cosa? Sei ancora insicura sulla nostra storia?”
“Ero insicura su cosa regalarti.” Borbottò, prendendo da un mobile poco lontano una piccola scatolina avvolta da della carta rossa.
“Anche tu?”
“Non sapevo se i nostri 3 mesi avessero bisogno di un regalo e poi mi sono detta che non voglio lasciarti in giro con qualcuno che potrebbe pensare che tu sia libero.”
“Mi conosci.”
“Io ho fiducia in te, ma non nelle altre.”
“Quali altre? Tu sei l’unica donna per me.”
“Noi ragazze non ci arrendiamo facilmente e una molto testarda sarebbe capace a fare di tutto pur di convincerti del contrario.”
“Forse hai ragione.”
“Avevo bisogno di qualcosa che mi permettesse di dormire la notte.” Riprese, porgendo il suo regalo nelle mani del ragazzo.
“Lo stesso vale per me.”
“Alla fine siamo stati così stupidi da non renderci conto che bastava parlarne per risolvere tutto.”
“Purtroppo noi 2 siamo un po’ scarsi nel comunicare.” Commentò il rosso, concentrandosi sul pacchettino che stava stringendo.
“Forse perché siamo più bravi ad amarci?”
“Perché siamo più bravi a divertirci a letto.” Ironizzò, facendola arrossire.
“Pervertito.”
“Sono felice che tu non sia più arrabbiata con me.”
“Non sono mai stata arrabbiata.”
“Ma…”
“Ero impegnata con il regalo, anche se devo ammettere che è stato molto divertente vedere i tuoi tentativi di farti perdonare.” Sorrise divertita, togliendo le prime striscioline di scotch dalla decorazione che Scott aveva preteso da una stanca commessa.
“Vediamo un po’ cosa hai pensato per me.” Ribatté lui, togliendo la carta che avvolgeva il suo regalo e scoprendo il coperchio della scatola che conteneva un anello.
3 mesi.
Era quello il dono più logico per una coppia che si era formata da poco e che si apprestava a stare insieme per molto tempo.
Dawn, nell’infilare l’anello, si sorprese nel notare che Scott le aveva riservato lo stesso pensiero e sollevata di avere al dito il suo segno d’amore, si accoccolò al suo petto, lasciandogli il compito di carezzarla e di farla sentire amata e protetta.
 



Angolo autore:

Salve cari lettori.
Stranamente aggiorno a un orario più consono e come mi avevo predetto, sarà un capitolo un po' corto.

Ryuk: E siamo al penultimo capitolo...che tristezza.

Suvvia Ryuk non disperare.
Abbiamo altre storie da pubblicare, anche se questa ci resterà nel cuore per diversi motivi.
1. Prima volta che tentiamo con qualcosa di romantico (diciamo al 70%).
2. Serie con un successo oltre le mie aspettative.
3. Partecipazione molto più attiva del solito con consigli e opinioni da parte dei recensori.

Ryuk: La storia che credevamo fosse destinata a ricevere 10 recensioni al massimo, ci ha regalato una gioia doppia.

Ringraziamo Tirene, Face of Fear, Dawn_Scott, Anown per l'appoggio dimostrato.

Ryuk: Sarebbe un sogno se riuscissimo ad arrivare a 30 recensioni su 7 capitoli.

Oro colato, ma come tutti i sogni una volta raccontati, ecco che diventano irraggiungibili.
Sarebbe un bel regalo.
E detto questo (con la speranza che non vi siano errori) vi saluto e vi confermo la pubblicazione dell'ultimo capitolo per martedì.
Alla prossima!
   
 
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