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Autore: Arwen297    31/07/2017    4 recensioni
[ SEGUITO DI "IL VENTO DELLA LIBERTA']
Presente la coppia Seiya x Michiru
Sono passati 13 lunghi anni da quando Haruka è partita per gli USA nel tentativo di salvare la famiglia dalla rabbia della famiglia Kaioh, la sua carriera ha preso il volo e ormai è famosa nell'ambito delle corse. Il suo rientro in territorio nipponico per la laurea della sorella Usagi le donerà un incontro sperato per tutto il tempo passato lontana da casa.
Michiru ha una carriera ormai solida a fianco di suo marito, Seiya, con il quale si esibisce in concerti di musica moderna senza abbandonare le sue composizioni classiche.
Le due si troveranno a fare i conti con il loro passato e i loro sentimenti più forti e prorompenti che mai, entrambe ne usciranno cambiate e segnate e anche per Seiya non si prospetta nulla di buono, entrambe dovranno lottare per trovare la loro felicità.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
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Note dell'autrice: Non ho nulla da dire in realtà su questo capitolo, tranne che sia stato di difficilissima stesura per me, vi avviso che per certi versi è pesante per i suoi contenuti. Il brano che suonano Haruka e Michiru in questo capitolo potete trovarlo su Youtube a questo link nella versione cover per violino e pianoforte. Vi consiglio di ascoltarlo prima di iniziare a leggere. Detto questo vi auguro buona lettura.

 

Capitolo 7: Mura che crollano parte 1

 

C'era questa cosa, tra lei e la vita, una questione irrisolta

La teneva lontana dalle cose che amava di più, quasi volesse

testare la sua sincerità, la sua forza.

Ma tutti le dicevano che era una ragazza forte.
Nessuno avrebbe mai potuto asserire il contrario. Aveva affrontato prove che avrebbero fatto uscire di testa chiunque.

Lei non era uscita di testa. Era un po' morta dentro, ma non aveva importanza, perché lei era forte.

Quindi non aveva bisogno di nessuno a detta degli altri, e lei quasi ci credeva.

Quasi, perché ogni tanto si lasciava sfuggire una lacrima per qualcuno,

un “ho bisogno di te” , ma puntuale la vita la rimetteva in riga: non doveva essere viva, doveva essere forte.”

cit.

 

Quella notte non era riuscita a dormire molto bene, Michiru si era addormentata poco dopo tra le sue braccia esausta della giornata.

Lei, invece, era rimasta a pensare in compagnia della luce della luna che filtrava attraverso le tende.

In qualche modo il pallore candido del satellite terrestre le infondeva sempre una dolcissima tranquillità. E quella notte ne aveva avuto davvero bisogno. Aveva ripensato e ripensato alla risposta brusca che aveva dato alla violinista senza volerlo, era arrivata alla conclusione che forse era meglio parlarle di tutto.

Osservava nervosa i fogli che teneva stretti da quel pomeriggio, si era sdraiata sul letto nel tentativo di dormire circa tre ore, ma aveva fallito miseramente. Fissava senza leggere, ora, quei spartiti che non vedevano la luce del sole da quando suo padre era morto. Li aveva custoditi accuratamente in un cassetto del mobile della sala poco lontano dal pianoforte, in realtà non aveva mai avuto coraggio di rimettersi a suonare: lo aveva promesso a se stessa, a suo padre, il giorno del suo funerale; forse, però, era il momento di ritornare ad accarezzare i tasti bianchi e neri di quello stesso strumento che toccava da bambina.

Sapeva che l'altra dopo le prove sarebbe andata in ospedale da Nari e successivamente a togliere la fasciatura al polso. Sarebbe stata dunque in grado di suonare. Dal canto suo, quel mattino, si era offerta di andare a casa sua per prenderle qualche ricambio di abiti per quei pochi giorni e l'istinto le aveva consigliato di prendere anche il violino. Aveva girato per un po' prima di trovarlo, ma alla fine era riuscita nel suo intento in quella casa sconosciuta. Aveva dovuto mantenere un autocontrollo fuori dal comune nel vedere le foto che ritraevano la musicista con il marito, sapendo tutto ciò che vi era dietro.

Sospirò pesantemente ancora indecisa sul da farsi, controllò l'ora sulla sveglia. Erano quasi le diciotto, di li a poco sarebbe dovuta tornare.

Ma era realmente pronta ad affrontare ciò che aveva intenzione di fare? Poi proprio con la violinista? Il respiro accelerato dalla preoccupazione. Era davvero arrivato il momento di superare il blocco totale che aveva nei confronti della musica? Fece un respiro profondo per tentare di darsi un po' di contegno.

Alle sue orecchie arrivò improvvisamente il suono del citofono. Eccoci, ci siamo, dunque. Strinse nervosamente i fogli nella mano sinistra e si alzò diretta all'ingresso.

 

Quella giornata era stata davvero pesante, prima le lezioni con Usagi, poi in ospedale con Nari per seguire l'evolversi della situazione e infine in clinica per se stessa e il suo polso. Per fortuna sembrava essere tornato tutto a posto e la fasciatura le era stata tolta, l'ortopedico che l'aveva seguita le aveva consigliato di riprendere l'attività musicale gradualmente per non sforzare i tendini e non avere dolori particolarmente forti. Lei tuttavia aveva una gran voglia di suonare, di solito scaricava le emozioni attraverso le note e in quel momento il suo violino le mancava tremendamente.

Uscì dall'ascensore e trovò la porta di casa di Tenou già accostata in attesa del suo arrivo, lei però pareva non essere nelle immediate vicinanze.

«Permesso?». Chiese più per abitudine che altro, visto il rapporto di conoscenza che c'era tra loro due.

«Sono qui in sala entra pure». La voce della bionda le arrivò alle orecchie, si affrettò ad entrare e a chiudere dietro di se la porta dell'appartamento prima di dirigersi verso il punto da cui l'aveva sentita rispondere.

La trovò seduta al pianoforte con degli spartiti davanti a se, non pensava che l'altra suonasse ancora; non aveva nemmeno idea che sapesse suonarlo quel pianoforte. La guardò con occhi interrogativi in cerca di una spiegazione.

«Michiru... volevo chiederti se hai voglia di suonare qualcosa con me... Se te la senti non ti sentire obbligata». Disse con la voce nervosa, abbassando lo sguardo senza incrociare quello dell'altra musicista.

«Si certo che mi va, stavo pensando proprio poco fa che avevo voglia di suonare..ho il violino a casa però». Sospirò al pensiero.

«Stamattina mi sono permessa di cercarlo nel tuo appartamento, immaginavo che avresti avuto voglia di suonare qualcosa, è parecchio che non accarezzi le corde». Le sorrise.

Kaioh la guardò stupita, come faceva a sapere che avrebbe voluto suonare prima di subito? Forse perché anche la bionda era una musicista?

Cercò con lo sguardo la custodia del suo strumento all'interno della stanza e la trovò accuratamente appoggiata sul divano, si mosse dunque nella sua direzione e quando fu li vicino vi si sedette accanto per stare più comoda.

«Mi serve solo una decina di minuti per accordarlo è tanto che non suona, sarà sicuramente da sistemare». Disse, facendo scorrere prima la cerniera e poi aprendo il contenitore. Il suo amore di una vita comparve sotto i suoi occhi. Lo prese delicatamente in mano, agganciò il poggia-spalla nella posizione corretta, poi lo mise in verticale sulle sue gambe e iniziò a pizzicare quasi dispettosa le corde.

Sistemò la corda del Sol agendo sul pirolo corrispondente, come era abitudine, era sempre lei quella che perdeva l'accordatura più facilmente. Poi passò al Re, al La e al Mi agendo questa volta sui tiracantini in basso. Infine appoggiò il violino sul divano e sfilò dal sostegno l'arco per tenderne i crini.

La pianista osservò tutta la scena, rimanendo quasi estasiata dall'amore che traspariva da quei gesti nei confronti del proprio strumento. Anche lei un tempo nei confronti del pianoforte era così. Entrambe erano più simili all'altra di quanto avrebbe mai pensato. La osservò alzarsi tenendo il violino con la mano sinistra appoggiata sul manico a schiacciare le corde poco sotto la chiocciola. L'arco appeso a un dito della stessa mano lasciato alzato.

«Sono pronta, che brano avevi intenzione di suonare?». La sentì chiedere curiosa mentre volgeva lo sguardo agli spartiti che aveva tirato fuori.

«Kiss the rain di Yiruma, la versione per violino e pianoforte..ho già gli spartiti, li ho da anni e anni». Le spiegò. «E' un brano cui tengo molto». Il cuore perse un battito.

«Si la conosco». Si limitò a dire lei, avvicinandosi al pianoforte in modo da poter leggere bene gli spartiti. «Quando vuoi sono pronta».

La bionda annuì, poi tirò un sospiro profondo per cercare di rilassarsi nella speranza di non avere reazioni incontrollate a sentire nuovamente nelle orecchie quel brano ormai appartenente al suo passato più doloroso.

«Pronta?». Chiese, poggiando i suoi occhi verdi all'inizio del foglio. Doveva cercare di stare il più tranquilla possibile, sentì le mani tremarle leggermente. La sua fermezza che da sempre la contraddistingueva sembrava vacillare pericolosamente verso una meta a lei sconosciuta. Tirò l'ennesimo respiro profondo prima di schiacciare il tasto corrispondente alla prima nota e sentire nello stesso istante la dolce melodia del violino unirsi a lei quasi a confortarla e sorreggerla.

Il respirò le aumentò improvvisamente nel percorrere quei fogli su cui tanto si era impegnata da piccola insieme al padre. Quante volte si era arrabbiata perché non riusciva a compiere nel migliore dei modi alcuni passaggi? Quante lacrime aveva versato su quel pianoforte? Con accanto la presenza di lui che continuava comunque a spronarla ad andare avanti e non arrendersi alla prima difficoltà incontrata su quello strumento tanto amato da entrambi.

Nella sua mente passarono ricordi legati a quella musica, mentre il violino di Michiru prendeva il sopravvento passando da accompagnamento a solista. Le note sembravano guidarla in un viaggio veloce nel passato, sentì chiaro salirle il nodo in gola; un magone fortissimo non appena la sua mente toccò l'ultimo periodo. La malattia di suo padre, la morte di suo fratello. Il giorno in cui il sangue del suo stesso sangue l'aveva lasciata per la seconda volta senza poter tornare indietro.

Haruka cazzo! Non puoi metterti a piangere come una donnicciola. Pensò poco convinta verso se stessa. Non stava per piangere vero? Piangere non era contemplabile nel suo quadro caratteriale, non se lo permetteva. Tutte stronzate Haruka! La voce della sua coscienza emerse nuovamente.

La vista le si appannò, con lei il respiro si alterò improvvisamente, oscurando in parte il pentagramma e rendendole difficile suonare il brano correttamente. Lo sforzo che le toccò fare per arrivare alla fine della melodia senza piantare tutto li e scappare lontano da Michiru per non farsi vedere in quelle condizioni fu enorme. Avrebbe voluto chiudersi in camera e lasciarla li, sapeva tuttavia che non era la strada giusta da compiere: aveva deciso di suonare questo brano con lei proprio per spiegarle tutto. Per aver un punto da cui poter partire, non poteva andarsene ora. Il caldo vibrato prodotto dalla violinista risuonò qualche secondo in più delle note sprigionate dai tasti in avorio. Poi calò il silenzio per qualche istante prima che delle lacrime copiose iniziassero a uscire dai suoi occhi. Il dolore riportato in superficie era talmente tanto da impedirle quasi di respirare.

«Haruka, cosa succede?». La voce della violinista arrivò preoccupata alle sue orecchie, strinse il pugno nel tentativo vano di controllarsi. Si alzò di scatto quasi innervosita nel non saper controllare le emozioni che stavano emergendo e si allontanò dal pianoforte in favore del divano davanti al quale rimase in piedi. La mano chiusa e tremante.

Si limitò a fissare Michiru senza parlarle, incatenando gli occhi nei suoi sperando che lei capisse. Capisse in parte cosa stava succedendo o quanto meno facesse domande mirate a far uscire tutto ciò che aveva dentro, da sola non sarebbe mai riuscita.

«Parlami, non posso aiutarti altrimenti, che cosa succede?». Non sapeva come comportarsi difronte a una reazione del genere per un brano. Cosa prendeva alla bionda? Perché una reazione così strana e incontrollata? Decise di compiere qualche passo verso di lei, sperando di non spingerla a indietreggiare o cambiare proprio stanza. Cosa poteva averla turbata così tanto? Significava così tante cose quel brano per Haruka da suscitarle una reazione del genere? Ripensò senza sapere il perché alla conversazione del giorno prima, a quando le aveva chiesto se aveva qualcuno che stava male e alla sua reazione troppo brusca per appartenere a una persona che non era stata ferita in tal senso. «Ti ricorda una persona che non c'è più questo brano, vero?». Azzardò dunque. Senza sapere cosa aspettarsi in risposta.

La pianista rimase immobile per qualche instante, le lacrime le rigavano il viso senza sosta, il corpo tremante e la paura di pronunciare la risposta a quella domanda. Cosa cazzo mi prende.. cosa mi sta succedendo? É una cazzo di domanda, lo stimolo che aspettavo. Fanculo Haruka! Fanculo!

«Michi... io...». Si bloccò qualche istante. «Si proprio così». Rispose, cercando di essere il più convincente possibile.

«Chi era questa persona, Ruka?». Domandò titubante, con la paura di suscitare una reazione uguale alla sera prima o addirittura peggiore, non sapeva proprio cosa avrebbe ottenuto in cambio in quel momento così delicato; la bionda non sembrava proprio incline a raccontare qualcosa che riguardava la sua sfera intima più profonda. Eppure improvvisamente si era accorta di quanto in realtà soffrisse in silenzio, quei suoi occhi verdi dicevano tutto. Fece qualche passo verso Tenoh, indecisa sul da farsi. A istinto l'avrebbe voluta abbracciare, ma non sapeva se era giusto, visti i pugni contratti e il tremolio che poteva percepire.

«Era mio padre Michiru». Disse dopo quella che le parve un'eternità. E si sentì improvvisamente debole, le gambe più molle del necessario. Un nodo allo stomaco percepito come un peso che quasi non le permetteva di respirare, le mancava l'aria. Si lasciò crollare a terra in ginocchio. Le lacrime che uscirono ancora più copiose, spinte dalla rottura della diga che aveva eretto in tutti quegli anni per non sentire il dolore. Tutte le sensazioni che aveva sentito i giorni dopo la morte dell'uomo le aveva chiuse in un cassetto in un punto recondito della sua coscienza. Dando vita a un Haruka totalmente diversa da quella che era stata fino a quel momento, dando vita a una versione di se forte al punto giusto da proteggere la fragilità e il dolore dovuto alla perdita. Forte a tal punto da non riuscire più a legarsi con qualcuno, ad amare qualcuno. Poi improvvisamente era arrivata Michiru, il tempo di un miraggio senza la possibilità di amarla. La vita l'aveva richiamata subito, lei non poteva amare nessuno, era stata costretta a migrare in America proprio per allontanarsi da lei. L'amore era solo qualcosa creato per soffrire dentro, morire ogni volta. Eppure con la violinista era stato diverso, fin dall'inizio.

Proprio quest'ultima, vedendola crollare in terra si decise ad avvicinarsi e abbassarsi a al suo livello, si appoggiò sulle sue ginocchia proprio davanti all'altra, allungò la sua mano destra a toccarle dolcemente il viso per farle alzare lo sguardo.

«Ehi..». Le disse dolcemente, avvicinandosi ancora un po': ora le loro gambe si toccavano.

«Scusami Michiru.. ma fa troppo male, mi sento tremendamente male. Non hai idea di come mi sto sentendo mi sembra di impazzire per tutto questo dolore». Un singhiozzo interruppe ciò che voleva dirle, guardò il pavimento alla sua sinistra e lo colpì con un pugno. Odiava farsi vedere così debole davanti agli altri, lei era quella forte. Quella che tutti invidiavano. «Sapevo che sarebbe stata dura tornare a suonare proprio quel brano, ma non pensavo.. non pensavo che sarebbe stato così...non pensavo... ». Sentì improvvisamente le braccia dell'altra intorno al collo e il suo corpo vicino al suo compatibilmente con la posizione in cui entrambe erano; non poté fare a meno di sgranare gli occhi dalla sorpresa, era raro che qualcuno l'abbracciasse. Nessuno mai lo faceva, era sempre lei ad abbracciare gli altri. Lei non ne aveva bisogno, o almeno questo pensava.

«Non scusarti, non serve.. hai bisogno di sfogarti con qualcuno. Io sono qui.. parla,urla, versa le tue lacrime.. tira pugni sul pavimento se serve! Ma sono qui. Rimarrò qui fino a quando non avrai finito». La sentì mormorare dolcemente al suo orecchio. L'abbracciò debolmente facendo passare le sue braccia intorno ai fianchi.

«Mio padre e mio fratello gemello Michi, sono morti a pochi mesi l'uno dall'altra». Continuò a parlarle nascondendosi nella sua spalla. «Mi sono trovata senza punti di riferimento, completamente persa..e il mio cuore di musicista quasi del tutto in frantumi. Non hai idea di cosa ho passato gli anni immediatamente successivi, mi sono rifugiata nelle corse clandestine, nell'alcol e nel sesso come se tutto ciò potesse aiutarmi. Ho dovuto rinunciare al pianoforte per sostituire mio fratello nelle corse non clandestine, sono state fatte carte false per permettermi di correre..ma sono morta dentro Michi, ho perso le persone che più amavo tutte insieme. Poi sei arrivata tu e ho perso anche te anni fa... e ora eccoti qua..di nuovo». Tremò per le emozioni. «E non so nemmeno se questa volta il destino mi permetterà di rimanerti accanto o deciderà per me come ha sempre fatto. Non so nemmeno se sono destinata ad amare o a soffrire sempre per le persone a cui tengo». Tirò su con il naso.

«Non dire queste cose, sei destinata a essere felice anche tu Haruka. Non deve per forza andare sempre tutto male, se il passato non è dei migliori c'è il futuro a cui pensare e senz'altro andrà meglio. Non precluderti nuove strade in anticipo solo per paura che possa finire tutto o per paura di soffrire, il passato è passato. Devi imparare a gestirlo e non farti influenzare». Michiru la strinse più forte ancora: non avrebbe mai immaginato che dietro quello sguardo spavaldo, da schiaffi alle volte, si celava un'anima così tormentata.

«Non è facile...non è facile per nulla». Si sentì stringere più forte, senza una risposta a parole. Sentiva gli occhi bruciarle, aveva davvero pianto così tanto in pochissimo tempo?

«Non ho mai detto che sia semplice affrontare queste cose, dico solo che puoi riuscirci, sei sempre in tempo a entrare nel panorama musicale come sognavi da piccola. Mi sembra che lo sai suonare molto più che bene...devi smetterla di vedere tutto negativo». Sentire parole del genere uscire dalla propria bocca la sorprese e non poco: lei per prima tendeva a vedere tutto negativo dopo il periodo passato anni addietro. Non riusciva proprio a trovare il lato bello nelle cose, adolescenza e infanzia le erano andate a bagno affogate tra la severità dei suoi genitori e l'impatto di Tenoh sulla sua vita.

«Quando hai esperienze così negative alle spalle è difficile vedere qualcosa di positivo». Rispose secca, non riusciva proprio a concepire l'arrivo di qualcosa di bello nel suo futuro senza aver paura di perderlo dopo qualche istante.

«Ti capisco più di quanto immagini, anche se non ho avuto le tue stesse identiche esperienze Ruka». Si allontanò per guardarla meglio. «Per questo ti dico che puoi riuscire a venirne fuori e a gestire tutto il dolore e il tormento che hai dentro, ci vorrà tempo e tanto impegno da parte tua ma ci riuscirai. Anche se è difficile e quasi impossibile ai tuoi occhi. E se vuoi io vicina a te ci sarò sempre in un modo o nell'altro». Le sorrise.

«Vedi Michiru, per come sono fatta sono anche combattuta tra il tenerti vicina in un qualsiasi modo e l'allontanarti per non distruggerti; perché questo faccio io con le persone che amo le distruggo.. mio padre, mio fratello e probabilmente anni fa anche tu! Sei sparita dalle scene musicali non so per quanti mesi dopo che sono partita...bene non ti ho fatto, in caso contrario avresti continuato a suonare come se nulla fosse accaduto. Io faccio questo Michi, io le distruggo le persone. Le distruggo come distruggo me stessa ogni volta che accade, ti ricordi l'incidente? E' stata colpa mia e potevi non essere più qui, anche tu!». Si morse il labbro per frenare le lacrime che sentiva salire nuovamente a bagnarle gli occhi, aveva già pianto troppo per i suoi canoni, doveva darsi un contegno.

«Quell'incidente non è stato colpa tua ma di chi ci aveva inseguite per chissà quale motivo che non mi è mai stato chiaro, quindi direi proprio che non è tua la colpa. Ma di quei pazzi che ci vennero addosso». Replicò immediatamente, si non era decisamente colpa sua.

«Se tu non eri con me, non avresti corso questo pericolo, io le persone le metto in pericolo e basta... e non hai idea di quanto vorrei poterlo non fare». Rispose lei.

«Ma non dire sciocchezze Haruka, non le metti in pericolo tu ma gli altri, e succederebbe comunque se in cielo decidono così».

La motociclista si limitò ad annuire rimanendo immersa nei suoi pensieri, la donna vicina a lei aveva ragione a parlarle così, nonostante ciò era più forte di lei, non riusciva a vederla diversamente da quell'idea ormai radicata tantissimo nella sua mente. Era la portatrice in carne e ossa della sfiga. Non poteva definirsi in altri modi, anzi stranamente a Usagi e sua madre non erano ancora successe cose gravi, altrimenti sarebbero state la conferma della sua teoria. Perché si, doveva essere per forza così. Si alzò appena per sedersi sul divano, si appoggiò con la schiena e buttò indietro la testa ad occhi chiusi nel tentativo di rilassarsi.

Sentì poco dopo i movimenti di Michiru, la sua presenza al suo fianco e il viso sulla sua spalla.

«Se vuoi parlarne ancora io sono qua, non ti fare problemi». La sentì dire e sorrise lievemente, forse era la prima persona in vita sua che sentiva una sincera preoccupazione nei suoi confronti da parte di un'altra persona. Nemmeno sua madre era mai stata così al di fuori delle raccomandazioni telefoniche prima di ogni gara.

«Lo so grazie». Mormorò in risposta, ma non aveva più nulla da dire, si era già aperta a sufficienza rispetto a quanto era chiusa e criptica solitamente. Poteva dedicarsi ad altro ora. «Cosa preferisci per cena?».

«Un po' di pasta andrà benissimo, ma se mi dici dove trovare le cose cucino io, credo che tu abbia bisogno di rilassarti un poco». Rispose Michiru.

«Le pentole sopra il lavandino, la pasta in basso, affianco al frigo trovi sughi e altre cose, vedi un po' cosa ti ispira a me va bene tutto». Alzò leggermente la testa per guardarla prima di farla cadere nuovamente in modo plateale all'indietro.

 

Il suo sguardo percorse le forme della violinista mentre finiva di lavare i piatti che avevano sporcato quella sera, con sua sorpresa l'altra era riuscita a mettere su una cenetta niente male con quello che aveva trovato in casa.

Avendo scoperto la presenza di una scatola di preparato per del budino al cioccolato che le aveva portato Usagi, con annessa presenza di latte in frigo, aveva fatto anche del dolce e per velocizzarne il raffreddamento aveva messo le coppette nel congelatore.

I suoi occhi verdi si posarono sul fondo schiena dell'altra, perfetto. Per non parlare dei fianchi poco più sopra e del resto del corpo; si alzò per raggiungerla vicino al mobile e la abbracciò da dietro facendo aderire il suo corpo a quello di lei, il viso nell'incavo del collo mentre la osservava riporre le ultime cose.

«Grazie per prima, hai avuto la pazienza di ascoltarmi e alla fine sono poco più di un'estranea per te». Intuì un piccolo sorriso sulle labbra della violinista.

«Mi ha fatto piacere, siamo estranee per modo di dire, qualcosa abbiamo pur sempre condiviso». Captò solamente dopo aver finito la frase il probabile doppio senso che ne sarebbe uscito fuori.

«Mh..». Fu la leggera risposta che arrivò dalla bionda impegnata a lasciarle qualche bacio su collo e spalle. «Hai voglia di rilassarci un po' nel letto? Con la tv in camera potremmo guardarci qualcosa». Provò a proporle, avrebbe voluto volentieri fare altro, soprattutto dopo quello che era successo in circa un'ora, ma non voleva sforzarla anche se sembrava apprezzare di buon grado le piccole attenzioni che le aveva riservato in quei pochi secondi.

«Direi che è una buona idea, sono anche stanca giornata piena stare nel letto davanti alla televisione è la cosa migliore che si possa fare per me in questo momento, se mi liberi da te mi vado a mettere il pigiama e ci sono». Si volse a guardarla prima di darle un bacio sulla guancia e sciogliersi dall'abbraccio.

Una ventina di minuti più tardi erano entrambe sul letto, il condizionatore acceso, Michiru seduta tra le gambe di Haruka nonostante il caldo.

«Hai idea di cosa guardare?Per favore non cose eccessivamente da donne, qualcosa che vada bene a entrambe, non ti costringo a vedere macchine e moto ma abbi pietà di me». Brontolò passandole il telecomando da dietro. «E... Michi». La chiamò per richiamarne l'attenzione, lei si girò a guardarla e aprì le braccia a invito per appoggiarsi contro di lei se avesse voluto. Richiesta che fu presa positivamente in considerazione dalla violinista che si spostò leggermente più indietro per stare comodamente contro di lei.

«Potremmo vedere se c'è qualche film, ma per i film scegli pure tu Haruka io non ho preferenze mi vanno bene anche gli Horror o gli Splatter». Le disse mettendole il telecomando tra le mani. Le osservò attentamente percorrendone le linee affusolate, tipiche da pianista, non aveva mai notato quanto fossero perfette. «Sai che hai delle mani praticamente perfette a proporzioni?».

«Sei proprio un'artista, ma cosa pensavi, che non le avessi? Per fare certi giochini che ti piacciono tanto, devono essere perfette per forza». Rispose cercando di non ridere per l'allusione che le aveva appena lanciato. La sentì sospirare e la immaginò alzare gli occhi al cielo in segno di muto disdegno. «Di che non è vero, ieri sera eri un gemito continuo». Le arrivò in una frazione di secondo un pugno sulla mano senza l'accompagnamento di nessuna parola. Rise piano a quella reazione, avrebbe voluto vederla in faccia. Sicuramente era arrossita violentemente.

Iniziò a cercare un film che potesse piacere a entrambe, senza ottenere risultati. Si allungò quindi leggermente in direzione del comodino e afferrò il telecomando di Sky per risolvere immediatamente il problema. «Hunger Games può andarti bene?».

«Si va benissimo». Rispose subito, cercando di dissimulare l'imbarazzo dovuto all'allusione di poco prima, decise comunque di non dare troppo peso a quelle frasi e si sistemò più comodamente possibile contro la bionda. Aveva il respiro molto più tranquillo, ora, rispetto a quando si era voluta sedere sul divano. Sperava tanto che quella crisi di pianto fosse passata, non la conosceva ancora abbastanza bene ma, vederla così fragile e vulnerabile, le aveva provocato una stretta al cuore.

 

Haruka fissava la televisione senza vederne in realtà le immagini, la mente che vagava a un pensiero fisso: la cartellina gialla contenente la verità di tanti anni prima, era il momento opportuno per tirarla fuori e fargliela leggere? O meglio lasciare spazio al mattino dopo?

Il mattino dopo era già domenica e Michiru sarebbe dovuta tornare a casa al massimo al Lunedì mattina. Questo voleva dire rovinare l'ultima giornata che potevano passare totalmente insieme prima di tornare a malincuore, almeno dal suo punto di vista, alle loro vite. Non sapeva nemmeno se aveva fatto bene a permetterle di avvicinarsi così, troppo presa dalle paure.

La sua attenzione fu catturata dalla sua mano spostata da Michiru sul bordo dei cortissimi pantaloncini che indossava per la notte insieme a una canottiera nera e aderente. «Uhm?». Mormorò in cerca di spiegazioni, anche se l'invito che le stava rivolgendo la musicista era fin troppo chiaro.

«A pensarci bene i giochini di ieri sera, non sono stati affatto male». Si sentì dire, il viso di lei girato in direzione del proprio, un brivido provocato da quelle parole e la voglia di farla sua che aveva fin dalla cucina che si ripresentò prorompente.

«Kaioh mi sorprendi piacevolmente». Le mormorò all'orecchio prima di morderlo, una mano a stringerle il seno, l'altra che passava subito sotto gli shorts a contatto dell'intimità di lei. Passò a rivolgere le attenzioni al collo, mordicchiandolo e baciandolo più volte, la mano sul seno che si era spostata per passare sotto la maglietta alla ricerca dei seni già appuntiti.

«Michiru guardami». Le disse con voce bassa e leggermente roca, i suoi occhi si piantarono in quelli blu oceano.

Le loro labbra si unirono per permettere alle rispettive lingue di incontrarsi e danzare insieme.

Le sfuggì un gemito nel momento esatto in cui, insieme all'incontro delle loro bocche sentì la bionda farsi spazio in lei con le dita, nonostante la presenza della stoffa che rendeva tutto più complicato. Si inarcò appena per facilitarne il compito, mentre l'altra le torturava i seni stringendoli appena.

«Uhm, non avrei mai pensato fossi già così pronta». La voce di Haruka le arrivò all'orecchio. Provocandole un ulteriore brivido che andò a concentrarsi proprio nel basso ventre. «Quasi quasi potrei aumentare un po' il ritmo». La sentì agire dentro di lei esattamente come le aveva annunciato. Il suo respiro aumento esponenzialmente seguendo il ritmo della mano della motociclista, contrasse leggermente le gambe intorno alla mano accorgendosi che non avrebbe resistito ancora per molto.

«Vieni per me, mia dolce violinista». Le disse ancora, prima di aumentare ancora il ritmo e sentire la tensione di pochi istanti prima sciogliersi in un apprezzamento vocale dell'altra. Sorrise soddisfatta diminuendo pian piano il ritmo prima di uscire da lei e darle un bacio tra i capelli.

Restò abbracciata alla sua sirenetta il tempo di farla riprendere da quel contatto così intimo e così veloce.

Poi le fece capire che doveva alzarsi, chiedendole spazio, si diresse dunque di nuovo in sala, verso il baule dove custodiva gelosamente tutti gli spartiti del pianoforte di suo padre, ma anche suoi, sotto i quali sapeva di aver nascosto molti anni prima la cartellina contenente tutte le scoperte fatte dalle indagini, compresi i biglietti dell'aereo fatti a nome suo ma pagati dalla famiglia Kaioh.

La trovò proprio dove ricordava di averla messa, si alzò e richiuse il baule e torno dall'altra, seduta a gambe incrociate sul letto.

«Michi.. ti va di guardarla ora insieme a me?». Le chiese sottovoce, non sapendo bene che reazione aspettarsi dall'altra.

Vide l'attenzione di lei spostarsi sul suo viso e poi su ciò che teneva tra le mani, la vide fare un sospiro profondo come a prendere coraggio e la vide anche annuire silenziosamente nella sua direzione.

Allora lei si mosse verso il letto e le porse il plico di fogli accuratamente conservati, poi si sedette nuovamente dietro di lei a gambe incrociate e decise di abbracciarla, decise che era meglio così visti i contenuti che avrebbe trovato al suo interno.

Michiru osservò la cartellina, da una parte aveva paura di ciò che in essa era contenuto, dall'altra era curiosa di tutto ciò che avrebbe potuto scoprire sui suoi genitori.

Sospirò profondamente per la seconda volta, tolse l'elastico e infine la aprì rivelando il suo contenuto.

 

 

 

   
 
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