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Autore: parabatouis    03/08/2017    1 recensioni
«L'oscurità metteva in risalto le pupille da gatto di Magnus e Alec non poteva fare a meno di buttarci l'occhio di tanto in tanto, incuriosito. Sperava che non lo notasse. Così come sperava che non notasse il modo in cui osservava i capelli, le unghie, la barba incolta, gli angoli della mascella, gli zigomi, i vestiti, il glitter che gli illuminava le ciglia e la matita che gli ombrava lo sguardo.
Ripose lo sguardo sul pianoforte.»
Malec || MagnusXAlec
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi di Alec scintillarono. Azzurri contro il legno scuro del pianoforte che il ragazzo stava fissando ormai da alcuni minuti. Le dita, affusolate ma callose per l’uso frequente di armi da taglio, scorrevano veloci sui tasti, producendo un’insolita ma candida melodia.
“Non pensavo sapessi suonare il pianoforte”
Una voce pacata ma squillante fece breccia nel silenzio della grande sala di musica, facendosi spazio nella ripetitiva melodia. Alec non smise di suonare né distolse lo sguardo dallo strumento, emettendo un sussurro simile ad un “Infatti non so farlo”.
Alec sapeva bene che quella era l’unica stanza in cui nessuno entrava mai, a parte Jace. Ma lui era uscito e Alec aveva bisogno di stare da solo, di riflettere. Ecco perché era lì, pigiando i tasti di avorio solo per distrarsi. Come se volesse usare le note per creare un ritmo che potesse mettere in ordine i suoi pensieri, dar loro un filo logico, così come un metronomo porta sul tempo giusto un musicista sbadato.
“Anzi, direi che mi è totalmente estraneo tutto ciò” continuò lo Shadowhunter, indicando con un gesto la tastiera davanti a sé. Fu allora che alzò lo sguardo e ne incrociò un altro. Due occhi molto più caldi dei suoi, di un giallo scuro, tendente al verde, che avrebbe cozzato con l’azzurro in tanti altri casi, ma non in quel momento. In quel momento sembravano una pietra di ambra bagnata dall’oceano, immersa nella fresca corrente. Ma una pietra di tale minerale non apparteneva al mare, alla spiaggia. Erano una coppia strana, rara, forse sbagliata.. così come uno Shadowhunter e uno stregone.
“Magnus Bane?”
“In carne ed ossa!” sorrise l’altro “E vestiti, mi sembrava appropriato non presentarmi nudo”
Il cacciatore soffocò una risata.
“Beh, sì, in effetti i miei genitori non gradiscono il nudismo”
“O gli stregoni”
“Ah, intuisco che hai avuto il piacere di incontrare i Lightwood”
Entrambi ridacchiavano ma sapevano che c’era molto più che una punta di verità. Non che Maryse o Robert odiassero i Nascosti ma i loro rapporti erano, come dire, complicati.
“Cosa ci fai qui?”
Lo stregone si era avvicinato, poggiando un braccio sulla coda del grande pianoforte al centro della stanza. Le tende chiuse non lasciavano trasparire molto se non un filo di luce che illuminava direttamente i tasti dello strumento. L’oscurità metteva in risalto le pupille da gatto di Magnus e Alec non poteva fare a meno di buttarci l’occhio di tanto in tanto, incuriosito. Sperava che non lo notasse. Così come sperava che non notasse il modo in cui osservava i capelli, le unghie, la barba incolta, gli angoli della mascella, gli zigomi, i vestiti, il glitter che gli illuminava le ciglia e la matita che gli ombrava lo sguardo.
Ripose lo sguardo sul pianoforte. Improvvisamente sentiva caldo, il logoro maglione nero che indossava gli sembrava troppo stretto adesso.
“Il Conclave pensa che i miei impegni non siano abbastanza importanti da impedirmi di accorrere all’Istituto per bazzecole. Magnus dovresti aprire un portale per Idris, Magnus dovresti fare questo, Magnus dovresti fare quello”, agitava velocemente le mani mentre parlava. Dalle dita si sprigionavano delicate fiamme blu, o forse viola. “Però pagano e io dovrò pur sopravvivere”
Rise e si fermò un attimo.
“Poi ho seguito la scia della musica come Pollicino”
Alec sorrise, guardandosi intorno, ancora incapace di tornare a guardare l’altro negli occhi.
“E’ Jace il musicista della famiglia” disse poi, dopo qualche attimo di silenzio.
“Infatti pensavo di trovare lui venendo qui”
Quella frase pesò. Alec chiuse gli occhi per un secondo impercettibile, mordendosi il labbro inferiore. Si sentì come quella volta in cui una freccia tirata male gli aveva tagliato il bicipite, facendolo sanguinare. Una ferita laterale, appena accennata, ma che bruciava tantissimo.
“Mi spiace di averti deluso” fu la frase che uscì dalle labbra del giovane, più aspra di quanto egli stesso pensava.
Era sempre la solita solfa. Come quando avevano sconfitto un demone Shax e tutti si erano congratulati con Jace. O quando erano diventati finalmente Parabatai e tutti rivelavano ad Alec quanto avrebbero voluto essere al suo posto, ma nessuno il contrario. O come ogni volta in cui Jace era riempito di complimenti, così che il suo ego potesse gonfiarsi, la sua stima aumentare.
Come era giusto che fosse, si disse.
Dovrei volere questo e di più per lui, pensò.
Ma non era invidia, non era odio. Era qualcosa di diverso che neanche Alec, per quanto ci provasse, riusciva a comprendere.

“Deludermi? Nah” rispose Magnus, con un gesto blando della mano e una smorfia sul viso “Non è la miglior compagnia che io conosca. E conosco tante persone”
Alec rise, sentendosi in colpa il secondo dopo e improvvisamente il peso gli scomparve dal petto.
“Alexander, giusto?”
Alec annuì per poi correggerlo.
 “Alec in realtà”
Magnus gli sorrise in risposta e, prima che potesse parlare, sentì un urlo provenire dall’inizio del corridoio.
“Alec! Alec, dove sei?”
La voce di Maryse riempiva l’ala dell’edificio, arrivando precisa e forte nella stanza dove si trovavano i due.
“Hanno bisogno di me”
Stavolta fu Magnus ad annuire.
“Vai. A-” iniziò ma Alec aveva già lasciato la stanza, annullando di corsa la distanza tra lui e sua madre.
“A presto” finì lo stregone, sebbene nessuno potesse sentirlo “Dannati Nephilim, sempre di corsa”
Scosse la testa e lasciò la stanza, dirigendosi verso l’uscita, non poco deluso.
 
Due settimane dopo

Magnus passeggiava per Brooklyn, calpestando distrattamente l’asfalto. Era perso nei suoi pensieri e spesso, forse troppo spesso, questi erano abitati solo ed unicamente da Alec. Lui: alto, dal fisico slanciato, i capelli neri, arruffati che gli scendevano sulla fronte e facevano da cornice alle iridi celesti. Gli occhi più puri e sinceri che Magnus avesse visto. E ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che appartenessero ad uno Shadowhunters e, come se questo non bastasse, ad un Lightwood!
Da generazioni il tratto famoso dei Lightwood erano gli occhi azzurri, forse da sempre. Ma erano spesso freddi, usati come sinonimo di potere, di esagerata bellezza. Alec era diverso, diverso da loro, diverso dalle persone che lo circondavano.
Era nato per essere uno Shadowhunter ma allo stesso tempo era così umano. Così gentile e altruista, con l’animo da leader ma non dittatore. Magnus ne aveva conosciuti pochi così e nessuno era un Lightwood.
Mentre camminava, più tra i suoi pensieri che sul marciapiede, udì un rumore. Poi un altro. Si girò di scatto ma vide solo una massa indefinita tagliargli la strada. Strinse il pugno per poi riaprirlo e rivelare una fiamma blu che gli riempiva il palmo, circondandolo di scintille.
Quando la figura si fermò lo stregone capì che aveva davanti a sé un demone Shax, pur non essendo altrettanto sicuro del motivo della sua visita.
Il demone tentò di avvicinarsi ma Magnus riuscì a respingerlo. Il mostro non si arrese. Provò ripetutamente ad attaccarlo e, nonostante le difese dell’altro, riuscì a colpirlo sulla spalla, mandandolo al tappeto. Lo stregone gli si avvicinò velocemente, colpendolo prima con un pugno poi con la magia, ma il demone ebbe di nuovo la meglio, riuscendo a gettarlo al suolo. Magnus si sentiva terribilmente stanco e, proprio mentre cercava di racimolare energia, un dardo colpì il demone, facendogli emettere un fastidioso e prolungato lamento. Lo stregone ebbe solo il tempo di mettersi seduto mentre il demone si sgretolava davanti ai suoi occhi, una lama conficcata al centro del ventre.
Quando l’uomo alzò lo sguardo, gli parve di avere una visione. Davanti a sé si stagliava la figura dei suoi pensieri, proprio come lo stava immaginando, ma ancora più bello, per quanto fosse possibile.
“Alexander?”
Lo Shadowhunter gli porse la mano, aiutandolo ad alzarsi.
“Stai bene?”
Magnus annuì, sollevandosi velocemente per poi crollare tra le braccia dell’altro ragazzo.
“Penso che mi abbia colpito e-” emise un leggero gemito, stringendosi la spalla. Alec lo resse, tenendolo in piedi.
“Ti riporto a casa” affermò, circondandosi il collo con il suo braccio, grato che l’abitazione fosse vicina.

Alec aprì la porta e accompagnò Magnus al divano, adagiandolo più dolcemente che potè, evitando di toccargli la spalla. Non era una ferita grave ma il combattimento, seppur breve, aveva stancato lo stregone, colto impreparato. Magnus si sedette, rilassandosi, mentre l’altro si allontanava verso la cucina per prendere dell’acqua.
Pochi minuti dopo lo stregone si sentiva già meglio e, con un veloce movimento delle dita, si curò la spalla. Alec se ne stava seduto in silenzio sull’altra parte del divano e lo guardava massaggiarsi la spalla.
“Tutto bene?”
Magnus gli sorrise semplicemente.
“Grazie, Alexander, non dovevi”
“Ci hai aiutati parecchie volte, era il minimo” disse, con un’espressione sincera e dolce che sembrò scaldare il cuore dello stregone per alcuni secondi.
“Ora devo andare però”
Magnus si sentì di nuovo sopraffatto da una sensazione di rabba e delusione. Per la seconda volta era solo con Alec e lui scappava. Non che volesse fare qualcosa con Alec, ovviamente. Perché avrebbe dovuto interessarsi ad uno Shadowhunter? Da pazzi. No, non voleva niente da quel ragazzo. Era così, no? Non voleva niente. Ne era certo. Ne era certo?
“Certo, Shadowhunter”
Il più basso si alzò dal divano e condusse l’altro verso la porta, dove si trovarono faccia a faccia.
Magnus era, per la prima volta in forse 400 anni, completamente senza parole. Più guardava quelle macchie color azzurro pastello più loro sembravano catturare il suo sguardo, intrappolandolo. Quando riuscì a distogliere lo sguardo lo portò alle sue guance e scoprì che si erano colorate di un delicato rosa. Sorrise.
Aveva una voglia matta di baciarlo ma sapeva anche che non poteva. Non poteva.

Tre giorni dopo

Le nocche di Alec bruciavano ma il ragazzo non sembrava allontanarsi dal sacco. Pugno dopo pugno, il dolore sembrava andare via, nel frangente in cui le nocche calde toccavano la similpelle fredda, e poi tornare, più forte di prima.
Tentava di concentrarsi sull’avversario che aveva di fronte ma non ci riusciva. Tutto lo riportava alla serata in cui aveva salvato Magnus Bane. Il suo sorriso, il modo in cui lo aveva ringraziato. Continuava a pensare alla sua mano sul braccio, mentre gli apriva la porta. Lo smalto nero che aveva notato quando Magnus lo aveva sfiorato per caso, le dita lunghe e curate che gli avevano leggermente accarezzato l’avambraccio. Le sue erano ben diverse, meno curate, più rovinate dagli allenamenti. Ma intrecciate a quelle dello stregone, immaginò, sarebbero state perfette.
Scacciò l’ultimo pensiero con un ennesimo pugno. Si staccò dal sacco per scoprire che aveva le mani insanguinate, facendo una smorfia. Si diresse al bagno per sciacquarsi le mani e fasciarle, muovendosi quasi come fosse comandato, senza porre attenzione ai suoi movimenti. La mente era da tutt’altra parte, in una casa arredata con gusto di Brooklyn.
Si guardò un’ultima volta allo specchio e poi, come se il lavandino scottasse, staccò le mani dalla ceramica e scappò via. Si diresse di corsa fuori dall’Istituto.
“Alec?” la voce confusa di Isabelle gli arrivò lievemente alle orecchie, come un sussurro. In realtà lei aveva quasi urlato, preoccupata, ma a lui non interessava granchè in quel momento.

Magnus sentì picchiare forte sulla sua porta. Sorpreso guardò l’orologio, non aspettava nessun ospite. Ma fu ancora più sorpreso quando scoprì, sulla soglia, Alec Lightwood in tuta nera, sudato, con i capelli appiccicati alla fronte e l’affanno di chi ha corso.
“Alexander?”
Ma l’altro non rispose, aveva gli occhi fissi su di lui. Sembrava una statua.
Per un secondo Magnus temette il peggio.
“Hai corso fin qui? E’ tutto okay?”
Alec lo guardava ancora negli occhi, fece un lungo respiro e gli mise una mano sulla guancia. Un secondo dopo lo stava baciando.
Magnus non riusciva a muoversi, bloccato dallo stupore, e dopo qualche istante l’altro si allontanò.
Nei suoi occhi si vedeva chiaramente un velo di preoccupazione, si stava sicuramente già chiedendo se avesse sbagliato, se avesse frainteso tutto, se avesse rovinato qualcosa.
Fu allora che Magnus sorrise e prese il volto di Alec tra le mani, baciandolo. Fu un bacio dolce, senza malizia, che durò per molti secondi. Magnus aveva quasi annullato la differenza di altezza, alzandosi sulle punte. Le mani di Alec erano sui adesso, una gli accarezzava piano la schiena. Un dito di Magnus si intrecciò ai capelli di Alec prima che fosse lo stesso stregone a sciogliere il bacio e allontanarsi leggermente dall’altro.

“Oh, Alexander” sussurrò “Sei davvero diverso”
 
 

Eeee salve!
Interrompo la mia immensa pausa dalla scrittura con questo. Non ho idea di cosa sia. Avevo voglia di scrivere, mi sono messa in pari con la serie tv e //dovevo// scrivere di Alec, mi mancava così tanto.
Spero vi piaccia, in ogni caso aspetto commenti (anche negativi), recensioni e magari stelline.
Baci
  • Mars
  
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