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Autore: Happy_Pumpkin    03/08/2017    2 recensioni
E' l'ultimo anno delle superiori. Akashi sa che presto lui e gli altri ragazzi della Generazione dei Miracoli dovranno scegliere l'università e, forse, contemplare la possibilità di ritrovarsi di nuovo assieme. Quindi perché non cominciare a fortificare i legami giocando online? E infine... il mare, assieme. Prima degli esami, prima di decidere delle loro rispettive vite.
[AoKuro; shonen-ai fluff e nostalgico]
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Satsuki Momoi, Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tieni. Ho più pazienza di te, posso aspettare.





La signora Wakabayashi da anni era ormai solita ospitare presso il suo ryokan vicino alla spiaggia una clientela abituale che aveva, tendenzialmente, un’età media compresa tra i settanta e gli ottant’anni; insomma, una tranquilla schiera di vecchietti più o meno suoi coetanei che durante il periodo estivo soggiornavano nella tranquilla pensione, alla ricerca di un clima famigliare dalla tradizione giapponese e comodità semplici, adeguate al loro stile di vita.

Però a inizio agosto aveva ricevuto una telefonata – aveva da poco cominciato a usare la mail ma non capiva granché di tutta quella tecnologia, e i suoi ospiti tendenzialmente confermavano di anno in anno – da un signore mai sentito prima che aveva prenotato per ben nove persone, in vista degli ultimi tre giorni dello stesso mese. Ora, dalla voce sembrava anche piuttosto giovane, anche se tra sé e sé la proprietaria del ryokan si era sentita un po’ sciocca a pensarlo, visto che tendenzialmente i ragazzi preferivano andare negli hotel o nei b&b in stile occidentale, magari con il wi-fi e tutte quelle aggiunte tecnologiche che sembravano tanto irrinunciabili.
Quindi si era segnata il cognome, prenotato le tre stanze con la richiesta di poter avere una singola e dotata se possibile di una cuccia per cane – animale che la Signora Wakabayashi adorava, e aveva lasciato perdere l’intera faccenda, trovando comunque piacevole vedere qualche volto nuovo anche se per poco; magari i novelli ospiti avrebbero partecipato volentieri alle chiacchiere vicino al male dei suoi adorati clienti.
Poi, giunse il fatidico giorno.
Keiko Wakabayashi aveva dovuto trattenersi dal sussultare piena di sorpresa quando si era vista davanti non il reparto geriatrico come nelle sue aspettative, bensì un allegro, vitale, colorato gruppo di… ragazzi.
Sì, erano proprio ragazzi. Giovani, ancora non pienamente uomini, amici evidentemente da diverso tempo e assolutamente non stagionati.
Rimase muta dietro il piccolo bancone in legno dove alloggiavano le sue ricevute di carta, l’elenco telefonico, le mappe vetuste della città e dei luoghi da visitare, nonché un gatto portafortuna che poteva ormai annoverarsi decisamente tra i cimeli storici.
“Buongiorno.” La salutò con impostazione educata un giovanotto dai capelli rossicci e lo sguardo… sì, sembrava un gatto.
“Buon… buongiorno.” Rispose la donna, aggiustandosi gli occhiali che le erano caduti leggermente sul naso. Mosse appena la testa per scorgere un tizio talmente alto che per passare dalla porta aveva dovuto piegare la schiena. Gli altri erano in attesa, con le loro valigie alla mano.
“Abbiamo prenotato tre camere sotto Akashi.” Spiegò il ragazzo con quello sguardo vagamente felino.
La signora annuì, pensosa, e scartabellò il suo gigantesco blocco a quadretti con appuntato esattamente quello stesso cognome.
Dall’altra parte Aomine, con il suo borsone nero a tracolla, roteò gli occhi e borbottò guardando Momoi:
“Ma perché accidenti Akashi ha prenotato qui?”
Non che l’atmosfera famigliare gli dispiacesse, anzi, c’erano tendenzialmente meno rompiscatole in giro, però la signora sembrava decisamente fuori dal mondo. Momoi lo rimproverò facendogli segno di fare silenzio, accompagnata da un abbaio convinto di Numero 2, ma non poteva minimamente immaginare che a conti fatti l’anziana albergatrice condividesse le stesse perplessità di Aomine.
In ogni caso la donna tirò un bel sospiro, mostrò un sorriso e si disse massì, un po’ di freschezza giovanile non potrà che dare nuova vita al ryokan.
“Sì, ecco la prenotazione – confermò, facendo poi un inchino – benvenuti. Vi faccio vedere le stanze, ho preparato anche la cuccia per il cagnolino.”
Fu un giro abbastanza breve, perché le camere con i futon non erano grandissime, anche se dotate di yukata, asciugamani e quello che poteva servire per il soggiorno, inoltre erano pulite e gli ambienti tenuti con grande cura. Non a caso Akashi aveva fatto una rigorosa indagine prima di prenotare, ma quello lo tenne per sé, vista la sua natura scrupolosa e organizzatrice.
Non appena la signora concluse e dette le chiavi, assistette suo malgrado al sacrosanto rituale dello stabilire chi stesse in camera con chi. Si sedette dietro il bancone, tranquilla, con in mano la sua rivista settimanale di enigmistica, anche se in realtà fu incuriosita dall’interagire allegro e a tratti irruento dei giovanotti. La ragazza, unica presente, sembrava quasi fare da cuscinetto, probabilmente per il carattere accomodante ma deciso quando serviva.
“Basta che io non stia in camera con Kagami.” Specificò immediatamente Aomine, gettando il borsone ai suoi piedi.
Kagami gli puntò il dito contro: “Ma sentiti! Sei proprio un bastardo! Chi ci vuole stare con te?”
Con fare tranquillo Akashi intervenne: “Forse questi tre giorni potrebbero essere l’occasione adatta per appianare un po’ i vostri conflitti. Quando giocate assieme sembrate abbastanza affiatati, forse potreste replicare anche nella vita sociale… se ne siete in grado.”
Punti sul vivo, sfidati nell’orgoglio, i due ragazzi si guardarono. Aomine incrociò le braccia:
“Se Bakagami è riuscito a combinare qualcosa sul campo magari può tentare anche qui.”
“Ti ricordo che ti ho anche sconfitto, sul campo, quindi forse sei tu a dover valutare cosa riesci a fare nella vita vera!” rimbeccò l’altro, senza mezzi termini.
Borbottarono ancora l’uno contro l’altro, quando Akashi si rivolse a Midorima e Murasakibara:
“Potete tenerli d’occhio voi?”
Murasakibara scrollò le spalle, convinto che tanto avrebbe comunque potuto continuare a mangiare anche frantumando le teste di Kagami e Aomine, ma non disse nulla, mentre Midorima, sistemando accanto alla sua borsa la racchetta da tennis – oggetto fortunato del giorno, osservò inquisitivo:
“Pensavo avresti chiesto a Kuroko.”
Akashi si limitò ad accennare un sorriso: “Lo fa già il resto dell’anno. Direi che si merita anche lui una pausa.”
Gli lanciò un’occhiata, vedendo che era intento assieme a Momoi, arrossita per l’occasione, ad accarezzare Tetsuya 2.
Poi, in contemporanea con Midorima, scrutò Takao che si guardava attorno allegro ed evidentemente impaziente di tuffarsi in acqua, confidando a Kise la genialata di essersi già messo il costume addosso per evitare di perdere tempo.
Shintaro assottigliò le narici e domandò sprezzante:
“Com’è che alla fin fine c’è anche lui?”
“Non eri stato tu a dirmi che proprio in quel periodo aveva le ferie anche dal lavoro part-time? – Midorima, quasi colpevole, fece una leggera smorfia – poi non l’ho ancora rimosso dalla chat.”
Come per dire: poteva non esserci anche lui, visto che andavamo via tutti assieme?
“Sì, suppongo che meriti persino lui di andare da qualche parte.” Borbottò Midorima, deviando lo sguardo.
“Come tutti noi.” Concordò Akashi, mentre spostava lo sguardo su Kise che già si mostrava entusiasta oltre ogni misura di condividere la stanza con Kurokocchi e progettava grandi giochi in spiaggia, nuotate, giri per il paese, senza contare l’acquisto di palloni, angurie, lettini e tutti gli accessori assortiti per garantire una fantastica permanenza estiva.
La signora Wakabayashi in quel quarto d’ora si ritrovò a sorridere, di cuore. Perché era stata travolta dai ricordi della sua giovinezza, del mare, delle nuotate con gli amici e dei falò in spiaggia, la sera, sotto la seria supervisione degli adulti. Provò un senso di nostalgia, non amareggiato dal peso triste e sconfortante della vecchiaia, bensì vagamente dolceamaro di una donna che riveda negli occhi altrui quei momenti e vorrebbe poter far presente a chi li sta vivendo di tenerli cari, perché unici e irripetibili.

***

La giornata seguente in spiaggia si era svolta nel migliore dei modi: gare di nuoto estreme fino a vedere solo più dei puntini rispetto alla riva, palleggi vicino alla risacca con tanto di schiacciate e schizzi d’acqua che portarono Aomine e Kagami a rimbrottarsi a vicenda – “L’hai fatto apposta, ammettilo”, “Certo, come no, eri tu che ti sei schiaffato in direzione della palla, demente!” – il tentativo maldestro di Kise di spaccare un’anguria, fino all’arrivo di Murasakibara che era riuscito a sfondarla con un pugno, dato senza nemmeno troppa convinzione, con il risultato però di spappolarla tutta.
Sulle prime gli anziani sistemati sulla spiaggia di fronte al ryokan, abituati alla calma piatta della loro personale estate fatta di silenzio e tranquillità, cullata dal rumore delle onde, avevano storto un po’ il naso per quell’improvvisa botta di chiasso, colori, gente in costumi dai disegni improbabili, palloni che volavano e urla di guerra. Poi alcuni di loro avevano optato per farsi una partita a shogi, sistemando la scacchiera su un tavolino basso di plastica, capace di resistere alla sabbia e a eventuali colpi accidentali, dato che le ginocchia non erano più quelle di una volta: visto che non era proprio possibile farsi la pennichella pomeridiana, per colpa del chiasso prodotto da quei giovanotti impertinenti, si potevano ugualmente sfruttare quelle ore insonni facendo qualcosa di produttivo. A un certo punto si avvicinarono Akashi e, quasi di riflesso nonostante un viso abbastanza reticente, anche Midorima.
Il primo si permise di suggerire una mossa che avrebbe salvato l’anziano giocatore da una sicura capitolazione, mentre Midorima osservava con le mani dietro la schiena, aggiustandosi ogni tanto gli occhiali e lanciando qualche commento asciutto se vedeva una scelta potenzialmente sbagliata da parte dell’altro contendente. Finirono per sedersi accanto a loro, iniziare a scambiare qualche chiacchiera, mentre ogni tanto Kise si avvicinava e portava anguria spappolata per tutti.
Questo fino a che l’aitante modello venne richiamato da Kagami, che voleva ancora provare a giocare a volano: in realtà, proprio non sopportava l’idea che il vento influisse in maniera così incontrollata su una dannatissima pallina che se ne andava da tutte le parti, quindi stava diventando una questione di principio, questione che invece Aomine aveva già abbandonato, infastidito dal dover correre avanti e indietro per tutta la spiaggia senza uno scopo.
Quest’ultimo infatti si sedette sul telo con le gambe incrociate e prese a guardare Momoi e Kuroko, intenti a costruire castelli di sabbia sempre più complessi, con tanto di mura artigianali, un ponte, un fossato pieno d’acqua che puntualmente veniva prosciugata dalla sabbia avida e stecche di gelato per fare le bandiere.
Con un gomito appoggiato sul ginocchio e la testa sulla mano, pigramente tranquillo li osservava.
“Vuoi fare un torrione anche tu, Aomine-kun?”
Gli domandò Kuroko all’improvviso, sollevando lo sguardo. Senza attendere risposta gli aveva già sporto un secchiello, con tanto di immagini tratte da qualche cartone animato tra le migliaia e migliaia che popolavano il Giappone.
Daiki scrollò le spalle, mentre Murasakibara si allontanava con un suo personale secchiello per fare scorta di gelati che, tanto, con la sua voracità non avrebbero mai fatto in tempo a sciogliersi.
“Wow, che gran divertimento…” borbottò, ma prese l’oggetto in plastica e si alzò in piedi.
“Dai-chan dove vai?” gli domandò Satsuki.
Il ragazzo si portò un pugno al fianco, piegando il gomito, e anziché risponderle esortò l’amico:
“Dai Tetsu, prendi l’altro secchiello. Che castelli volete fare? La sabbia si sta asciugando e il fossato fa schifo.”
Kuroko lo guardò un istante, con gli occhi grandi che non battevano ciglio, poi annuì e afferrò a sua volta il contenitore accanto, anch’esso autografato da immagini di altri anime non meglio specificati. Momoi, sorridendo, li vide correre verso la spiaggia, chinarsi per raccogliere l’acqua e litigare allegramente con la risacca del mare che si ritraeva troppo presto, mentre poco distanti Kise e Kagami per poco non rischiavano di investirli, con l’irruente bisogno di afferrare a tutti i costi quella benedetta pallina che se ne andava sempre per i fatti suoi.
Tornarono, versarono l’acqua e girarono la sabbia finalmente compatta, bagnandosi ancora i piedi, per poi appoggiarsi col costume fradicio sulla spiaggia umida. Con grande professionalità, ma senza mancare della frettolosa curiosità che Aomine metteva in tutte le cose reputate interessanti, Daiki riempì il secchiello e in un unico movimento rovesciò il contenuto accanto a un altro bastione eretto da Kuroko. Lo sollevò dando un colpo forse un po’ troppo secco e dopo qualche secondo si aprì una crepa precisamente a metà, facendo crollare parte dell’altrimenti splendida struttura di sabbia.
“Lasciatelo dire, coi castelli di sabbia fai un po’ schifo, Aomine-kun.”
Questi fece una smorfia:
“Sempre diretto, eh, Testu?”
“Come te.” Commentò Momoi, per poi sorridere, mentre aspergeva sabbia asciutta sulle strutture bagnate così da simulare una sorta di intonaco.
Aomine borbottò qualcosa, anche se sorprese Kuroko intento a sorridere per l’affermazione di Satsuki; nel frattempo giunse Murasakibara che si lanciò di peso sulla sdraio, come se all’improvviso il suo corpo non fosse più in grado di sorreggerlo, per poi iniziare senza indugi a scartare i gelati ammucchiati nel secchiello.
Tutti e tre gli astanti si distrassero a guardare la presenza imponente del ragazzo che, per l’occasione marittima, si era legato indietro i capelli, evento più unico che raro, come se davvero volesse sfidare i gelati a non sciogliersi prima di averli divorati tutti.
In quell’istante si sentì un urlo di Kise, seguito da un ringhio di Kagami che si lanciò con un balzo atletico per intercettare la pallina e spedirla, puntualmente, nel mare, dove venne ribaltata come in una lavatrice.
Kise si bloccò, quando realizzò dove esattamente il suo compagno di volano aveva brutalmente appoggiato il suo piedino non certo da fata.
“Kagami-kun – la voce di Kuroko, impersonale – perché?”
Taiga abbassò lo sguardo e realizzò di aver centrato in pieno la roccaforte di sabbia eretta con così tanta pazienza da Tetsuya e Momoi, con il contributo assolutamente inutile di Aomine.
“Oh, merda.” Fu tutto quello che Kagami riuscì a dire, spostando indietro il piede, come se così facendo magicamente la sabbia e i bastoncini potessero tornare al loro posto.
Momoi si era portata una mano alla bocca e aveva spalancato gli occhi per poi guardare Kuroko, forse più preoccupata che lui ci rimanesse male, piuttosto che per dispiacere nel vedere distrutta la loro opera d’arte.
Aomine ovviamente non perse l’occasione per insultare Kagami ma, prima che potesse farlo, Tetsuya si alzò in piedi, si scrollò la sabbia dai boxer con una compostezza mirabile, prese il secchiello e fissò Kagami con gli occhi immobili su di lui. Dopo un istante gli disse con voce altrettanto composta:
“Kagami-kun sei un uomo morto.”
Poi gli tese il secchiello.
“Ora Kurochin ti schiaccia.” Aggiunse Murasakibara, dopo aver inghiottito in un unico boccone metà gelato.
“Ahiahiahi.” Commentò Kise, avvicinandosi.
Kagami gli puntò un dito contro, afferrando di riflesso l’oggetto in plastica senza capire bene che accidenti dovesse farci: “Tu taci! Sto odiando quella dannatissima pallina!”
“Ehi, mi ritengo personalmente offeso.” Replicò Ryouta, scuotendo la testa.
Persino Aomine rise ma si bloccò immediatamente appena vide lo sguardo serio di Kuroko che annunciò, con il suo solito tono di voce apparentemente pacato:
“Ora, Kagami-kun, ci aiuterai a mettere la sabbia nel secchiello e a trasportare l’acqua quando serve, per rifare il castello. Non tanto per me, quanto per Momoi-san che si è impegnata tanto – fece una pausa riflessiva – e per Aomine-kun, anche se il suo contributo è stato inutile.”
“Grazie tante eh, Testu.” Borbottò l’asso della Too, mentre Satsuki arrossì vistosamente, aggiustandosi l’ampio cappello di paglia senza che ce ne fosse bisogno.
Kagami si limitò a prendere un bel sospiro, annuire e armarsi di forza di volontà, come sempre impressionato dalla determinazione altruistica di Kuroko. Akashi e Midorima, seppur impegnati con gli shogi, avevano assistito alla scena e il primo dei due si lasciò sfuggire:
“E’ quello che avrei fatto io.”
Midorima fece la sua mossa: “Non avevo alcun dubbio, Akashi.”
Quando finalmente la roccaforte venne eretta, più bella e maestosa di prima, con nuovi bastoncini e decorazioni in legno gentilmente offerti da Murasakibara, anche Akashi e Midorima espressero il loro apprezzamento, sebbene quest’ultimo avesse adottato il solito modo scarno e un po’ secco di parlare, mentre Seijuro aveva apprezzato che il fossato fosse direttamente collegato al mare tramite un canale. Insomma, un lavoro di alta ingegneria, anche se nel mezzo era difficile capire chi avesse avuto un’idea per cosa, dato che persino Aomine e Kise avevano dato il loro contributo, non solo di bassa manovalanza.
Quando nel tardo pomeriggio i ragazzi iniziarono a scrollare i teli e prepararsi per rientrare, Akashi propose, dopo aver lanciato un’occhiata ai pochi vecchietti recidivi che, complice la partita entusiasmante a scacchi, erano rimasti:
“Per stasera organizziamo un falò sulla spiaggia.”
Midorima non mancò di notare che come sempre Akashi non usava mai il condizionale nelle sue proposte, dando per scontato che sarebbero state seguite a prescindere. Kise fu il primo a mostrarsi entusiasta all’idea, com’era tipico del suo carattere esuberante e determinato, capace di mettere una carica energica in tutto ciò che faceva; anche gli altri trovarono la prospettiva ottima e abbastanza facile da realizzare, dato che bastava recuperare un po’ di legna secca e qualche pietra da vicino gli scogli per contenere il fuoco. Poi durante la sera il mare aveva sempre un suo fascino speciale, così come erano speciali i racconti e le chiacchiere attorno alle fiamme scoppiettanti, cullate dalla risacca e dalle stelle.
Il gruppetto di amici finì per invitare anche gli anziani ospiti del ryokan che accettarono di buon grado, trovando accattivante la possibilità di fare una serata alternativa che non includesse guardare il solito show televisivo davanti a una tazza di the caldo, nonostante fosse estate e di caldo ne avessero preso già abbastanza.
Quel tardo pomeriggio la padrona dell’albergo contemplò il rientro di quella squadra di giovani allegri che si contendevano la doccia, mentre la ragazza raccomandava loro di lavare i costumi dalla salsedine e teneva al guinzaglio il cagnolino che pareva essersi divertito un mondo, esattamente come loro. Alcuni clienti erano entrati prima di loro, commentando di aver visto la partita di scacchi più entusiasmante di sempre e poi avevano parlato della possibilità di fare un modesto falò, come avevano scorto in altre spiagge le estati scorse. La signora Wakabayashi sorrise, respirando l’odore di salsedine e di anguria dei ragazzi, i quali avevano portato nella sua vita una ventata di giovinezza che negli anni aveva amato così tanto.

***

Le fiamme si sprigionavano nell’aria della sera, emanando un piacevole senso di calore e luce avvolgente che sembrava mangiare le ombre notturne. Il crepitio della legna secca ricordava lo scricchiolio di un vecchio mobile che debba assestarsi, accompagnato dal suono pacato della risacca del mare calmo, come se, senza sole, anch’esso desiderasse andare a dormire dopo una giornata di tempestosa attività.
I ragazzi sorridevano, chiacchieravano e Kagami aveva recuperato assieme a Kise dei chimicissimi marshmallow bianchi, spumosi, grossi il giusto per essere infilzati nei legnetti e fatti dorare al fuoco. Ogni tanto non calibravano le giuste tempistiche, per ritrovarsi dunque una massa di colla zuccherata e bruciacchiata.
Qualche nonnetto li aveva raggiunti, sedendosi sulle loro sedie di tela per poi chiacchierare con i presenti, condividendo qualche dolce o semplicemente il calore del fuoco, piacevole nella sera più fresca e mitigata dalla brezza marina.
Aomine, seduto sopra un telo appoggiato sulla sabbia, le gambe incrociate e una mano con cui tenersi il capo, aveva la sua bacchetta tesa per far rosolare il marshmallow, anche se la sua testa era altrove. Perché era rilassato, come forse non lo era mai stato in quegli anni, nonostante le dormite sul tetto, le lezioni saltate e, in passato, gli allenamenti evitati. Forse per redimersi della sua negligenza nel basket – dovuta alla disperata consapevolezza di essere imbattibile, almeno prima di venire finalmente sconfitto – in quegli ultimi anni aveva lavorato il triplo degli altri, frequentando la palestra quasi ogni sera, un appuntamento fisso al quale non mancava più. Quell’estate poi aveva cominciato anche a studiare come si doveva, minacciato velatamente ma non troppo da Akashi e seguito da Kuroko che, per quanto sembrasse paziente, era letale se Aomine sbagliava qualcosa, si distraeva o non aveva studiato. Considerando poi che a volte accadevano tutte e tre le cose assieme, spesso Daiki si trovava a dover ripetere da capo interi concetti, spremendo al massimo la sua altrimenti volubile capacità di concentrazione.
Però, alla fin fine, era soddisfatto del risultato e c’era la possibilità concreta di non chiudere l’anno in una totale schifezza.
“Hai fatto squagliare il marshmallow, Aomine-kun.”
Quest’ultimo sussultò e si girò, vedendo Kuroko seduto accanto, con il suo dolce zuccheroso che veniva fatto rosolare sul fuoco. Poi Daiki spostò gli occhi sul suo, di marshmallow, ed effettivamente si rese conto che era diventato una massa informe annerita, arrivata a un livello di fusione tale da cominciare a colare. Grugnì con disappunto.
Poi Kuroko gli porse il rametto con il suo dolce:
“Tieni. Ho più pazienza di te, posso aspettare di cuocerne un altro.”
Gli fece un mezzo sorriso, coi capelli che sembravano chiarissimi quando accarezzati dalle fiamme ma scuri se dimenticati dalla luce.
“Dai, mica muoio di fame.” Si schermì.
“Nemmeno io.” Replicò Kuroko, mettendogli più davanti il bastoncino.
Aomine roteò gli occhi, quindi afferrò il tutto e replicò: “Va bene, va bene. Contento ora?”
Kuroko incrociò i piedi, sollevando le ginocchia, e strinse le braccia attorno alle gambe, rimanendo a guardare il fuoco: “Sì, ora sì.”
Suo malgrado Daiki sorrise. Si mangiò il dolce, lasciò che la consistenza troppo zuccherosa, il retrogusto caramellato e la densità spugnosa si mischiassero assieme in bocca, ma tenne metà da parte. La restituì a Kuroko, afferrandola per le dita:
“Toh, aspettiamo di cuocerne un altro.”
Kuroko fissò il marshmallow mezzo mangiato, non esattamente un trionfo di regalo, poi disse molto candidamente: “C’è anche un po’ della tua bava – Aomine fece una smorfia, inarcando un sopracciglio – ma va bene lo stesso. Grazie, Aomine-kun.”
Tetsuya lo prese tra le dita, sentendo la sostanza un po’ appiccicosa, e mangiò la fantomatica metà. Tetsu 2 ricevette a sua volta dei biscotti dati da Momoi che osservò allegra:
“E’ come se vi foste dati un bacio.”
Ridacchiò.
Aomine sgranò gli occhi e gesticolò, in evidente imbarazzo e senso di profondo disagio: “Oi, Satsuki, ma che dannatissimi collegamenti ti vengono in mente?”
Sbottò altro e lei sorrise, trovando sempre adorabilmente buffa l’esagerazione del suo amico d’infanzia. Kuroko lo guardò e commentò con il suo solito fare diretto, asciutto e pacato:
“Non ha tutti i torti. Non sei comunque molto romantico, Aomine-kun. E’ normale che tu non sia fidanzato.”
Kise, che aveva sentito tutto, scoppiò a ridere:
“Se vuoi posso aiutarti a fare conquiste con quei costumi attillati che ti avevo promesso, Aominecchi!”
Aomine esplose: “Oi ma che è, una congiura contro di me? Ficcateli in testa i costumi attillati, tanto è evidentemente piccola, visto il cervello che contiene all’interno.”
Ryota fece una smorfia: “Buh, sei sempre cattivo Aominecchi.”
Risero un po’ tutti, persino Aomine, mentre Akashi a tratti li guardava, a tratti interagiva con i signori. Midorima era troppo occupato a spiegare a Murasakibara che se avesse impilato, schiacciandoli, venti marshmallow tutti insieme per fisica era impossibile che si caramellassero come avrebbe desiderato. Ostinati, nessuno dei due indietreggiò rispetto alla propria posizione.
Poi chiacchierarono di cosa fare l’indomani, ciascuno fingendo di non ricordare che l’ultimo giorno di vacanza sarebbe stato anche il compleanno di Aomine e quest’ultimo, ovviamente, non lo fece presente.
Il fuoco cominciò a estinguersi, per poi venire ravvivato da Kagami che era appena tornato con Takao dopo aver raccolto altra legna secca, proveniente dagli arbusti vicino alla spiaggia, e le chiacchiere spensierate proseguirono per un altro po’.
Aomine scrutò un istante Kuroko, ancora seduto di fianco a lui, nonostante quell’imbarazzante scena del marshmallow. Suppose che forse, forse, quella avrebbe potuto essere una buona occasione per chiedergli cosa desiderasse fare per il futuro. In quell’atmosfera, al mare e vicino alle onde, quella domanda appariva meno importante e più dettata da semplice curiosità.
Era strano esitare, visto che di solito Aomine andava avanti a testa bassa, spesso sbagliando, magari ferendo qualcuno oltre a se stesso, ma quella sera, quell’interrogativo, tutto… era diverso. Da come avrebbe risposto Kuroko, se ne rese conto, molte cose sarebbero cambiate, perché giocare di nuovo nella stessa squadra… beh, Aomine non credeva nemmeno che avrebbe saputo esattamente cosa fare, a quel punto, con Tetsu in campo. In caso contrario forse allora tutto sarebbe rimasto identico, finché i contatti si sarebbero diradati, complici gli studi totalmente diversi, la lontananza, gli impegni e poi il lavoro.
La vita era così, dava e poi toglieva, avvicinava e separava. Come la corrente, come il mare.
Si girò verso di lui. Kuroko, intuitivo, si voltò a sua volta. Gli occhi apparivano quasi malinconici, alla luce del fuoco.
“Tetsu, voglio chiederti una cosa.”
“Dimmi, Aomine-kun.”
Kagami buttò altra legna, una vampa più grande illuminò entrambi.
“Finita la scuola, che…”
Ma Aomine non finì mai la frase.
Kagami aveva esagerato con la legna e il fuoco era arrivato a toccare degli asciugamani, causando un piccolo incendio che, però, ebbe l’effetto di far saltare su Kise e Momoi prima di venire colpiti dagli zampilli.
“Un secchiello, l’acqua!” esclamò Ryota, che si trovò ad afferrare uno dei contenitori in plastica lanciato da Kagami, per sollecitarlo ad aiutarlo.
Ma Akashi sospirò, si alzò in piedi con calma nonostante uno degli asciugamani stesse andando a fuoco, e tolse il secchiello dalle mani evidentemente inesperte di Kagami.
“Shintaro, dammi una mano con l’altro.”
Kagami e Kise si sentirono un po’ scemi quando videro gettare sopra il fuoco della sabbia, scoprendo che in un istante tutto quel clamore si era spento di colpo, soffocato da granelli forse più efficaci dell’acqua stessa.
“Okay, non male.” Commentò Kagami, sinceramente colpito.
Aomine lo afferrò per la canotta, dopo essere saltato su prima di ricordare a sua volta un marshmallow squagliato: “Non male? Ma che ti dice il cervello, Bakagami? E’ un dannato falò sulla spiaggia, non una fucina!”
Si misero a litigare, mentre i vecchietti risero, ringraziando la tempra d’acciaio che aveva permesso loro di non farsi prendere dal panico ed essere vittime di un triplice infarto.
Kuroko sospirò, guardando Aomine perdersi nell’insultare Kagami e controbattere a sua volta, per poi osservare Numero 2 che, passato l’allarme, era tornato ad acciambellarsi su un asciugamano appallottolato.
“Sapremo mai che mi stava per chiedere?”
Tetsuya 2 sollevò un orecchio, poi fece un leggero abbaio e cambiò posizione. Kuroko scrollò le spalle; forse domani, sempre se il piano di Akashi per il compleanno di Aomine avesse lasciato spazio, avrebbe chiesto a Daiki che cosa stesse per dirgli. Anche lui, in fondo, aveva una questione importante da porgli.
Si morse un labbro, dandosi dello stupido: perché doveva ridursi sempre all’ultimo?




Sproloqui di una zucca

Ed eccoci giunti al penultimo capitolo! E' un capitolo di quotidianità, di cose semplici, dalle atmosfere tradizionali, del mare e del Giappone. E pensare che il mare non l'ho ancora visto, né il Giappone T_T Altroché Salgari con l'India XD
Spero che le atmosfere, i dialoghi e le situazioni tra i personaggi possano esservi piaciuti, strappandovi magari un leggero sorriso. Vorrebbe essere anche una riflessione sui ricordi, sulle occasioni mancate e... carpe diem. Cogli l'attimo. Ci credo fermamente, anche se spesso non sono capace di afferrarlo, quell'attimo e me lo lascio sfuggire. Insomma, riesco a essere nostalgica e malinconica anche nel descrivere una giornata al mare lol
Voglio tanto bene a tutti i ragazzi della Generazione dei Miracoli, ma anche coloro che sono entrati nelle loro vite con gli anni.
Alla prossima!
   
 
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