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Autore: Pozzi9    04/08/2017    1 recensioni
-Se vi state chiedendo il significato di questo scritto, ammetto che la domanda possa sporgere spontanea, è il mio ultimo atto. La mia confessione.-
Quando Clarke si ritrova a dover affrontare gravose difficoltà, decide di dare un taglio netto alla sua storia.
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Clarke Griffin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Clarke sa contare

Se vi state chiedendo il significato di questo scritto, ammetto che la domanda possa sporgere spontanea, è il mio ultimo atto. La mia confessione.
Vi concedo che probabilmente molte colpe saranno mie e che alcune giustificazioni possano apparire assurde, ma non voglio lasciare ingiustificato quello che avverrà, non voglio venga additato come l'ultimo atto di una pazza.
Ma partiamo dal principio. Mi sembra più giusto così, no?
Non è mai stato facile per me, con il carattere che mi sono ritrovata, vivere in questo piccolo paesino a ridosso della scogliera, così lontano dalla città. Io che sempre ho voluto conoscere ed apprendere, volevo solo studiare. Ma si sa, non è casa da donne, o almeno cosi la pensa mia madre, vero ma'? Perlomeno papà tentò di mediare, finita la terza iniziò a portarmi libri dalla città per alimentare questo mio desiderio. Furono anni abbastanza felici quelli, purtroppo non durarono.
Arrivò quella che poi venne conosciuta come seconda grande guerra.
Nonostante le difficoltà che mio padre riscontrava a lavoro, mi permise di coltivare anche la mia seconda grande passione: il Disegno. Ricordate come ogni superficie diventasse il mio personale campo  ed ogni matita, pastello, mina, vernice o carboncino la mia arma? Quando per tavolozza avevo solo il mondo...
Mi permise di sopravvivere quando vidi il mio corpo crescere e cambiare così velocemente, quando i miei seni si gonfiarono come il grano seminato a gennaio, superando di molto le coetanee e anche le ragazze di pochi anni più grandi. divenni oggetto di sguardi sia per uomini che per donne; i primi per motivi non molto casti e le seconde per invidia, suppongo. Effettivamente solo due cose mi permisero di sopportare il tutto: fare "arte" e le mie ex migliori amiche, Raven e Lucia. E dire che vi ho sempre considerato come sorelle.
Padre per te accettai anche la decisione di mamma per sposarmi con Marco, con i suoi soldi avresti potuto finalmente tirare un po' il fiato. Non l'ho mai voluto ma per te l'avrei fatto.
Poi, non so se per caso o per fortuna, arrivarono le truppe tedesche che lo caricarono insieme ad altri su dei camion per non fare più ritorno. Di tempo ne è dovuto passare perché qualcosa cambiasse ancora, e nel frattempo ho sempre accettato a testa bassa tutte le tue imposizioni, madre, tutte.
Ti sarai chiesta cosa sarà cambiato negli ultimi anni, cosa mi ha portato a contestare il tuo volere. La risposta è semplice ho conosciuto Alexandra, la mia Lexa.
Ma cosa centra ora quella sergente americana che, con la sua squadra, rispedì le truppe tedesche più a nord, finendo poi per accamparsi qui da noi? Semplicemente mi ha insegnato che solo perché sono donna non devo farmi trattare alla stregua di un oggetto, che la vita può essere qualcosa di più della mera sopravvivenza in cui mi trascinavo quotidianamente e che da temere può esserci solo il destino. Più di tutto mi ha fatto capire che l'amore in ogni sua forma e concezione va accettato a prescindere da tutto, in quanto è il sentimento più forte e puro che si possa riconoscere.
Ricordo di come dopo aver ripulito il paese, si fossero accampati poco lontano e più tardi, al calar del sole, avessero dato una piccola festa con birra e vino che scorrevano per festeggiare l'ormai vicina resa del Duce. Bevvero tutti i soldati tranne lei, ne sono così sicura poiché l'avevo spiata tutto il giorno facendomi tutta via beccare spesse volte ad osservarla. Sembrava una donna severa ma giusta, i commilitoni le portavano gran rispetto.
Il nostro primo incontro nacque, purtroppo, da un esperienza parecchio difficile. Volevo andarla a ringraziare personalmente per l'aiuto che aveva dato al paese, ero così emozionata da indossare anche un vestito più carino del solito. Presi la pessima decisione di aggirare l'accampamento rimanendo defilata rispetto alla festa. Improvvisamente un soldato decisamente ubriaco mi comparse al fianco costringendomi in un cantuccio tentando di fami sua a forza. Fortunatamente, come dopo scoprii, anche lei mi stava tenendo d'occhio e non appena capì che qualcosa non andava venne per salvarmi, prese l'uomo per la collottola e, avvicinandosi, gli soffiò all'orecchio poche ma , evidentemente, sufficienti parole che lo fecero scappare con la coda tra le gambe.
Quando poi posò quei dannati occhi su di me non vi era più alcuna severità, vi si poteva leggere un'infinita dolcezza sommata ad un po' di rammarico. Tutto avvenne però quando notai e poi mi persi in quel verde. Sentì il mondo tremare ed io con lui, il sangue pulsò da un cuore imbizzarrito. Non esisteva più il mio corpo come non esisteva il suo, solo gli occhi, che naufraghi tra loro, dialogavano con quel loro linguaggio che non è dato capire a noi comuni mortali.
Rimanemmo mute a fissarci per diversi minuti finché una forte risata non ci riportò alla realtà e potei così abbassare lo sguardo per pudore. Così facendo potei però notare gli effetti che quella violenza scampata mi aveva comunque lasciato; il vestito era molto sgualcito e rovinato, diversi graffi mi adornavano le braccia e parte del seno era in bella mostra in seguito alla rottura si una spallina. Tentai di coprirmi ancora più in impacciata, inaspettatamente lei si tolse il giacchetto e me lo pose sulle spalle chiudendo i primi bottoni al colletto. Mi offrì poi il braccio e mi accompagnò a casa. La passeggiata fu silenziosa ma non vi fu imbarazzo. Sulla porta ebbe anche l'ardire di chiedermi un incontro il giorno successivo ed io accettai senza remore. Le diedi un bacio sulla guancia ed entrai.
Dopo quel primo incontro turbolento ci vedemmo tutti i giorni finché lei non dovette ripartire con la squadra per avanzare ancora. In quelle ore passate insieme abbiamo parlato di tutto e di niente, ci raccontammo, aprendoci completamente l'una all'altra. Mi racconto della sua vita oltre l'oceano, del suo amore per la poesia e la fotografia; mi parlò del padre, di origini romane, che la costrinse a imparare questa sua lingua d'origine che tanto amava, e di come poi morì per un male incurabile.
Io a mia volta mi aprì parlandole delle nostre tradizioni, dei miei sogni e delle mie paure, della mia arte. Gli contai pure la mia infanzia, di come vivevo, dei miei libri e anche di voi mie care "amiche".
In poco imparai a capirla, compresi i suoi silenzi e le parole non dette, le sue espressioni e soprattutto imparai a conoscere tutte le sfaccettature di quelle iridi verdi che potevano prendere il colore delle foreste e dei prati, degli smeraldi e degli oceani. Tutto di lei mi parlava e presto capii. Capii che il sentimento che aveva per me si stava modificando in qualcosa di meno amichevole, di meno casto; provava qualcosa. La vera domanda era: cosa provavo io? Se prima temevo la risposta, ora posso dirvelo senza remore. Io l'ho Amata. Ci siamo donate ed appartenute, da quel primo bacio alla prima, e purtroppo unica, volta in cui facemmo l'amore. Durò una notte in quella piccola baia che funge da mio pensatoio. La mia Lexa fu dolce ed apprensiva, non mi forzò in nulla permettendomi di dare il ritmo. In quella notte ci donammo reciprocamente corpo, cuore, anima e mente.
La mattina dopo il battaglione dovette partire. Il nostro saluto fu agrodolce, mi rubò un bacio e mi strinse forte a sé, promettendo di tornare a prendermi per tornare a casa con lei, in America.
Mi diede il suo indirizzo di casa per poterle inviare delle lettere e così feci. Le scrissi già il giorno dopo la partenza, sapendo che per sperare in una risposta avrei dovuto attendere parecchio tempo. dovetti attendere quasi tre mesi per ricevere la sua prima missiva; proseguimmo questo scambio finché pochi giorni fa non ricevetti una busta che conteneva un cartoncino su cui qualcuno aveva scritto "I'm sorry" ed un ritaglio di giornale in cui si scriveva che Alexandra Silvestre, la mia dolce e coraggiosa Lexa, era deceduta a seguito di una pallottola ricevuta all'addome, tentando di fermare una rapina.
Il dolore che provo è immenso. Un pezzo della mia anima è morto con lei, e mi dispiace, ma agogno di raggiungerla.
Magari ora non mi troveri a due passi dal baratro se avessi avuto anche solo un po' del vostro sostegno, si mi riferisco a voi due, mia cara Raven e mia cara Lucia, a voi che consideravo come sorelle. Siamo cresciute insieme, ci siamo sempre sostenute e poi, poi quando ho avuto più bisogno di voi, mi avete voltato le spalle. ci siamo sempre giurate di rimanere unite a discapito del mondo, l'ho notato...
Mi avete pugnalato alla schiena quando io sarei sempre stata pronta a dare la vita per voi.
Forse, Lucia, la tua reazione potevo anche prevederla quando vi raccontai della mia piccola americana. So quanto temi le novità, dalle più innocenti alle più eclatanti, e questa notizia, ti concedo, che non si possa prendere così alla leggera ma, a distanza di tutto questo tempo, ancora cambi strada quando mi vedi!? Nemmeno un saluto.
Raven tu mi hai proprio ferito. Io che sempre ho sostenuto tutte le tue fottute minchiate, tu che ti sei sempre vantata di avere una mentalità cos'ì aperta. Mi fai ridere.
Mi ricordo ancora come mi guardaste quando vi dissi tutto. Se Lucia aveva gli occhi inondati di timore, tu, mia "cara" Raven, mi mostravi tanto di quel disprezzo da farmi male, ancora tutto sul cuore lo sento. Mi ricordo come quella sera scappai al mio rifugio per non mostrarvi il mio dolore che fuoriusciva attraverso grosse lacrime. Io che non cercavo comprensione ma solo un po' di compagnia nella mia paura, io che un sentimento così forte ancora adesso non lo so gestire,speravo solo di ricevere un po' d'aiuto da voi; chiedevo tanto?
Nonostante tutto non vi ho ancora rivelato la causa scatenante della mia decisione.
Il dolore che provo alla notizia di Lexa è enorme, ma sono consapevole del fatto che le nostre anime si incontreranno ancora nelle prossime vite, come già hanno fatto in quelle passate.
Per quelle che ora devo considerare a malapena come conoscenti devo dire solo due cose. Io vi perdono per la vostra decisione di scendermi dalle vostre vite, in virtù dell'immenso affetto che ancora provo per voi malgrado tutto. Se mai vorrete ancora la mia compagnia, mi troverete nel vento.
Ma torniamo al catalizzatore delle mia decisione, a ciò che ha fatto sì che queste difficoltà diventassero troppo da sostenere.
Tutto merito tua, madre, non sei felice!?
Lo stesso giorno in cui ricevetti l'ultima lettera mi mettevi al corrente delle tue imposizioni sul mio futuro.
Ti ricordi cosa mi hai detto? Beh io si, parola per parola, tutto.
Sei venuta da me e, nonostante i miei occhi d'acqua, hai parlato del mio destino come se fosse qualcosa di già accaduto, di ineluttabile.
Mi hai detto:"Clarke sei grande. Come me ed altre prima di me onorerai la tradizione, guadagnerai il rispetto e il giudizio, sposerai un uomo più vecchio e più ricco." Di nuovo.
Io ti dissi:"Sai mamma che non siamo tutti uguali, che come l'arte andremmo interpretati in molti modi e che spesso saremmo da interpellare più degli avi! Sappi che io mi rifiuto, non sono una schiava."
Mi dicesti parole dure e pesanti che andarono a colpire un cuore ormai già gravemente danneggiato, il tuo è stato il colpo di grazia.
Seguì un silenzio assordante da cui tu te ne andasti. Buffo o no, mi ricordo il rumore del vento tra i frassini. Che inutile ricordo.
Quindi ora mi ritrovo qui ad osservare il vero volto del mondo con il vento in viso.
Come mi ha insegnato Lexa, May we meet again. Addio.
Buona Strada,
Clarke.
 
 
Dopo aver riletto un ultima volta, Clarke appoggia la lettera sul tavolino sotto un piccolo sasso.
Si trova sul suo terrazzo, solo un basso parapetto la separa  dalla libertà da questa vita.
Non esiste sorriso su quel viso sbattuto dal vento, né sulle labbra né su quegli occhi ocra e zaffiro che osservano l'infinito del tramonto.
Si issa sul bordo, guarda in basso e osserva il tumultuoso mare, pi torna a sollevare lo sguardo. Solo allora la vede, la sua anima. Lexa è venuta a prenderla.
Le porge una mano che Clarke cattura saldamente, ne sente quasi il calore. Solo allora sposa il baricentro oltre, verso il vuoto, verso la fine, sapendo che lei è già pronta a prenderla.
e così sarà, verso la prossima vita.
 
 
All'alba lei non c'era più. Il corpo non venne più ritrovato.
I vecchi del paese contano molte storie sulla sua fine, alcuni pensano sia stata portata dal mare nelle sue profondità per rimanere incorrotta, altri dicono sia diventata vento per congiungersi in eterno con l'amata nell'immensità del cielo. Sia come sia, la si può ancora trovare quando, sulla spiaggia, senti quel dolce canto che proviene dal largo, capace di curare e rasserenare i cuori più provati dalla vita.

 
 
 
 
"E quando rise, e quando finse, e quando lo decise
E quando disse "Sto destino non avrà mai fine"
E quando spinse, quando disse, quando se lo ammise
Aveva gli occhi più tristi del mondo che ho
Piccola dea, piccola schiuma sull'alta marea
Volata via, come un'idea
Piccola foglia portata dal vento sul fondo del ciel
E il vento sa cantare
E ci può raccontare
Le mille storie amare, come, dove e perché
Quando"
Dafne Sa Contare - Murubutu


 
Note
E' il mio primo scritto, siate clementi. Critiche costruttive e consigli sono bene accetti
Ps. se non si foose capito ho preso leggermente spunto dalla canzone"Dafne Sa Contare" di Murubutu
Buona vita
   
 
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