Prologo
Quella notte, il cielo di Parigi non era cosparso di stelle: ospitava
solo una
grande, enorme luna piena, che illuminava di luce lattea il grande
fiume.
Dall’alto del ponte, un gatto nero ne osservava rapito la
superficie,
domandandosi perché sotto quel cielo l’acqua
sembrasse tanto densa e
impenetrabile. Se qualcosa ci fosse per sbaglio finita dentro, la
corrente non
l’avrebbe mai più resa indietro. Quanti segreti
aveva da sempre il compito di
celare agli occhi del mondo, la Senna?
E, forse, quello di essere inghiottito per sempre nelle sue acque
sarebbe stato
il destino più coerente per il minuto oggetto che
l’eroe di Parigi teneva
delicatamente sul palmo della mano. Un semplice orecchino rosso,
così banale da
poter essere difficilmente considerato un gioiello vero e proprio.
Aveva
piuttosto l’aspetto di uno di quei pezzi di plastica
contenuti nelle uova di
Pasqua e spacciati per sorprese, in grado di assumere un qualche valore
solo
agli occhi di un bambino in un giorno di festa.
Quell’orecchino aveva raccolto in sé i sogni
dell’intera Francia, l’aveva
protetta dalle più cupe minacce e aveva alimentato la
fantasia e il senso di
giustizia dei suoi abitanti. La più grande
rivoluzione dopo il 1789,
ridacchiò tra sé e sé.
Ma, prima o poi, il tempo delle avventure e dei sogni giunge al
termine, pensò
Chat Noir. È una regola che vale per tutti.
Anche per noi.
La magia a quel punto svanisce, un pezzo di plastica si spoglia del suo
incanto
e ritorna ad essere un pezzo di plastica.
Nessuno si sarebbe meravigliato al pensiero che il legittimo
proprietario non
si fosse preso la briga di reclamarlo, per quanto poco valeva.
Eppure, sorrise amaramente Adrien Agreste sfilandosi un anello
altrettanto
privo di valore, un tempo esisteva chi avrebbe ucciso, pur di mettere
le mani
su quell’orecchino, sulla Francia e sui suoi sogni.
Il compagno… doveva averlo ancora lei. Ovunque fosse.
Decise di non gettarlo.
Il tempo era ancora fermo.
Nemmeno Fu aveva detto di sapere quando le lancette avrebbero ripreso a
muoversi, ma due piccole anime, immerse nella notte senza stelle,
temevano
quell’istante.
Nel frattempo, il mondo stava cercando di ritrovare il suo equilibrio.
Ogni
cosa stava riprendendo lentamente, a fatica, ma inesorabilmente, il
posto che
le spettava, Adrien lo sapeva.
Meno che una.
Dal balcone che aveva ospitato infinite volte i loro incontri, le loro
chiacchiere – quegli stupidi battibecchi che, anche
nell’anormalità più completa,
conservavano sempre il sapore di familiarità per il quale
tanto li amava -,
…insomma, dal primo posto che aveva considerato casa propria
dal giorno della
scomparsa di Martine, si poteva ammirare sempre una Parigi stupenda.
Quel sentirsi “al posto giusto nel momento giusto”
che Adrien aveva cercato per
una vita intera, l’aveva trovato lì. Sul
balconcino di quel grazioso palazzo.
E dentro quegli occhi.
«Che ne sarà di noi?
»
«Tornerai da tuo padre, avrai il lieto
fine che meriti. »
«E tu-»
La ragazza si fiondò tra le sue braccia, impedendogli di
completare la frase.
Una domanda alla quale non avrebbe mai saputo rispondere.
Lui rispose stringendola a sé con tutte le sue forze. Quelle
spalle minuscole
che stava avvolgendo nel più disperato abbraccio della sua
vita avevano
sorretto il mondo.
«Io sono qui, adesso. Mi senti, Adrien?
»
Il bellissimo giovane si rimangiò una lacrima senza riuscire
a trattenere un
sospiro. Poi, determinato a parlare con un tono quanto più
dignitoso possibile,
si rivolse all’oscurità.
«Era il termine di scadenza, Plagg. Sai cosa vuol dire,
vero?»
Dopo qualche secondo di silenzio, la notte rispose.
«Ngh…»
Due lucciole verdi presero a fluttuargli nervosamente attorno.
«Sono passati tre anni, e chissà quanti ancora ce
ne vorranno per portare via
questa tristezza! Il mio stomaco al solo pensiero…»
«Fermo lì, so dove vuoi arrivare!»
intervenne Adrien simulando quanta più
spensieratezza possibile.
«…non credo di essere abbastanza ricco per
regalarti tutto il Camembert di cui
avresti bisogno per superarla, amico mio.»
Plagg mugugnò qualcosa, irritato, e il suo portatore sorrise.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ad ascoltare il rumore del
corso
d’acqua che fluiva sotto di loro.
«Sai, si respira l’aria una di quelle serate in cui
vegliavamo sulla città
sentendoci i gatti-padroni di Parigi,» notò il
kwami tentando di nascondere la
nostalgia, «ma in realtà… stiamo per
dirci addio, vero?» chiese poi mesto,
abbassando le orecchie e andandosi a posare sulla sua spalla.
Non ne avevano mai parlato esplicitamente, ma sapevano entrambi quale
sarebbe
stata la procedura da seguire al termine dei tre anni di speranza che
Fu aveva
concesso loro.
«Domani mattina restituirò il Miraculous al
Guardiano, e lui, lo sai bene,
saprà prendersi cura di te come io non sarei mai in grado
fare, e com’è giusto
che sia… fin quando il mondo non avrà bisogno di
un nuovo eroe.»
Si guardarono negli occhi senza aggiungere altro: entrambi sapevano
bene che
nessun gatto nero sarebbe mai più comparso di nuovo, senza
una coccinella pronta
a ricreare quanto lui avrebbe distrutto.
«Sei il primo portatore che mi considera un amico, Adrien. E
anche io…»
A quelle parole del kwami, complice la penombra, il giovane si concesse
il
lusso di versare un paio di lacrime, silenziosamente.
Plagg finse di non vedere, e continuò: «Sono certo
che, anche fuori dal tempo
limite, lei tornerà da te. Eravate destinati
dall’inizio, da prima che il
Maestro vi trovasse».
Adrien lo prese sul palmo di una mano, e gli carezzò la
testolina. In tutti
quegli anni Plagg non aveva mai ammesso di apprezzare un certo tipo di
esternazioni affettuose, ma sotto quella luna decise di venire incontro
alle
carezze del giovane, tremolante, nel tentativo di trattenere a stento
qualche
singhiozzo. Ad Adrien sembrò ancora più piccolo
di quanto fosse realmente.
«Lo credo anche io, Plagg. Per questo, contro la mia
razionalità e contro ogni
saggio consiglio, non riesco ad andare avanti. Potrei continuare ad
aspettarla
per sempre, e, anche se non dovessi rivederla mai più, non
riuscirei a
considerare errori gli anni di solitudine trascorsi, o quelli che mi
attendono.
Se è per lei, ogni cosa è la più
giusta. Anche l’attesa, o questa tristezza.»
«Anche io aspetterò con te. Anche se non saremo
più insieme, sarà esattamente
come se lo fossimo.»
Finalmente il ragazzo si aprì in un sorriso vero, di
gratitudine.
Plagg lo percepì e si sentì a sua volta
più leggero. Adrien sapeva
perfettamente cosa intendeva dire l’amico: anche lui
attendeva con amore il
ritorno di qualcuno. Se l’erano ripetuto a vicenda tante
volte, per farsi
coraggio: sperare in compagnia è meglio che farlo da soli. A
sperare da soli
ci si sente pazzi.
E se, o meglio, quando poi un giorno loro
avrebbero fatto
ritorno, allora i due avrebbero condiviso la stessa immensa
felicità, e la loro
pazzia sarebbe stata premiata.
«Sì, ti sento, Marinette.»
Note dell’autrice svitata:
Grazie
per essere giunti fin qui, davvero, sono
felicissima di pubblicare per la prima volta dopo anni
qualcosa… (anche se non
so bene cosa). Essendo trascorso molto tempo dall’ultima
volta che ho scritto
per un pubblico, sono anche piuttosto nervosa. Ammetto di aver avuto
difficoltà
con la stesura di questo capitolo, per quanto breve: ho temuto (a
ragione) di
non sapermi più esprimere in un corretto italiano, e poi le
dita digitavano
furiosamente mentre il cervello non seguiva con altrettanta
rapidità, con il
risultato che non ho la più pallida idea di come sia uscito.
Se notate qualcosa
che non va nel capitolo fatemelo notare, e provvederò a
correggere. Sono qui
per imparare, quindi mi serve il vostro aiuto (^o^)/
Vi dico che, al pensiero di incontrare questi personaggi che tanto
adoro, mi
bollivano dentro troppe emozioni forti. Speriamo bene.
Per quanto riguarda la storia, non so dove tutto questo mi
condurrà, ho
abbozzato le linee generali della trama ma spero che i prossimi
capitoli si
scrivano da soli come questo (magari gradirei più
cooperazione dita-cervello,
però ç_ç). Vi avverto che i tempi di
questi primi capitoli saranno piuttosto lenti
e alternerò i pov in maniera abbastanza disordinata, ma
tentando di seguire una
certa coerenza di trama. Con le long ho pochissima esperienza.
Orsù dunque, Fandom di Miraculous, ammetto di non
conoscerti, ma ho molta
voglia di scoprirti! Aggiornerò il prima possibile!
Sempre grata,
Dearly B.