Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: messy01    05/08/2017    0 recensioni
Melissa fa parte di alcune popolazioni indigene della Germania, vivendo lontana dalla popolazione civilizzata. La guerra tra le varie tribù continua da anni, lasciando molte vittime sulla sua strada, compresa la sua famiglia. Combattuta sulla persona che vuole essere, quella che è, e quella che sta diventando, le rimangono poche persone per cui lottare. Quando un suo amico viene rapito dalla popolazione rivale, Melissa riemerge nella civiltà in cerca di aiuto e in cerca della sua vera identità. Tra atroci sofferenze, deliri, caos e violenza, due poliziotti dell' autostradale di Colonia, Semir Gerkhan e Alex Brandt, si ritroveranno ad aiutarla, e magari sboccierà anche qualche amore.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Semir Gerkan
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 3

Pov. Melissa

Alzai lo sguardo verso il cielo stellato, consapevole in un'altra notte insonne. Avevamo acceso un fuoco davanti al capanno, e con delle coperte che avevo trovato, avevamo fatto dei sacchi a pelo.

Avevamo deciso di dormire all'aperto, in quanto il pavimento del capanno era marcio e dentro era pieno di umidità.

Eravamo a fine settembre, una notte in cui non faceva ne troppo caldo ne troppo freddo.

Rexo era partito poco dopo avere cenato con noi. La carne di cervo abbrustolita a fuoco lento era buona, soprattutto quando Semir ed Alex avevano quasi discusso per decidere come cacciarlo.

Ero seduta con le gambe distese e la schiena appoggiata ad un'albero. Intanto intagliavo il pezzo di legno tra le mie mani.

Ripartimmo all'alba, continuando a camminare in mezzo alla foresta sconfinata, io con la mia spada sempre sguainata.

Passammo così altri quattro giorni, fino ad arrivare ad una pista.

Arrivammo ad un villaggio abbandonato, o almeno così sembrava. Quando capii cosa avevamo davanti, Semir ed Alex decisero di tirare fuori le loro pistole.

-State attenti, potrebbe esserci ancora qualcuno nel villaggio.- disse Semir.

Ma io non lo ascoltai ed avanzai prima di loro.

Un'espressione di orrore si dipinse sul mio volto, sentendomi lo sguardo dei due poliziotti addosso.

I morti erano ovunque. Ovunque mi girassi c'erano dei cadaveri, e non sapevo che direzione prendere non sapendo dove mettere i piedi.

L'odore di sangue annebbiava l'aria, assieme al ronzio delle mosce sopra i corpi.

-Ehi, c'è qualcuno qui. E' vivo.- disse Alex.

Riverso a terra vicino ad Alex, stava un ragazzo con capelli scuri intrecciati accuratamente.

Mi precipitai verso di loro.

-Come ti chiami?- chiesi notando che sanguinava.

Misi una mano sulla ferita all'addome, cercando di fermare l'emoraggia anche se inutilmente.

-Artigas del Popolo degli Alberi. Sono stati gli Skaikru, ragazza del cielo.- rispose lui.

-Perchè?- chiese Semir. -A quale scopo?

Artigas non rispose. Estrasse qualcosa dalla sua tasca e me la mise in mano.

-Che cosa significa?- chiese Alex.

-Non avere paura.-, continuò Artigas ignorando Alex. -La morte non è la fine.

-Chi ti ha detto questa frase? Chi ti ha dato questo oggetto?- chiesi. Artigas iniziò a boccheggiare, mentre il sangue iniziava a uscirli leggermente dalla bocca e gli bagnava le labbra.

-Ai gonplei ste odon.-, con questo disse le sue ultime parole.

-No, non puoi morire!- dissi obbiettando.

Lo sguardo di Artigas, oramai vuoto, era puntato nel mio.

-Yu gonplei ste odon.- disse Semir che sapeva leggermente quella lingua grazie ai trascorsi con mio padre, mentre gli chiudeva gli occhi.

Guardai ancora l'oggetto che mi aveva messo in mano, poi mi alzai, cerando di non far vedere che ero scossa.

-Vado ad accendere il fuoco.- dissi avviandomi all'esterno del villaggio, cercando di non guardare nessuno dei morti.

Una volta trovato un posto abbastanza distante dal massacro, decisi di posizionare lì la legna raccolta qua e là.

Feci una pira di legna disposta verticalmente a vulcano, con il centro libero. Presi un bastoncino e con un altro legato ad una cordicella scorrevole posto in verticale, lavorai il legno finchè dal buco formato non usciva del fumo. Avvicinai così della paglia e ci soffiai sopra. Nel farlo sentii lo sguardo di Alex su di me.

Una volta che la paglia ebbe preso fuoco, la presi e la spostai velocemente al centro del cerchio di legna. Soffiai sopra ancora una volta, così il vulcano di legna prese definitivamente fuoco.

Anche quella sera non riuscii a dormire.

Continuavo a rigirarmi tra le mani l'oggetto che mi aveva dato Artigas, una punta di freccia d'argento con un giglio sopra, simbolo della famiglia Argent.

Il mio fiato caldo formava sbuffi di vapore in quella partcolarmente fredda notte.

Sentii qualcuno svegliarsi, così lo misi via nella tasca del mio giacchino di pelle. Presi la mia spada e iniziai ad aaffilarne la lama.

Alex si alzò e venne nella mia direzione.

-Non dormi?- chiese lui.

-Raramente riesco a dormire.- dissi guardando le fiamme del fuoco.

-C'è un bel cielo stellato non credi?- chiese lui.

-Sì, se vai al fiume qua vicino, puoi vedere il riflesso della luna sull'acqua. E' carina come cosa.

Alex si avviò, mentre le parole di Artigas mi risuonavano nella mente.

"Non avere paura, la morte non è la fine". Quella frase me la diceva sempre mio padre, fino a quando cinque anni prima era stato rapito.

Semir si svegliò anche lui, e venne a sedersi davanti al fuoco, opposto a me.

-Come mai sveglia?- chiese Semir.

-Non riesco a dormire. E' così tutte le notti, raramente capita che io ci riesca.- dissi.

-Sei molto cambiata da quando è scomparso tuo padre. Adesso sei quasi sempre concentrata, una volta eri sempre allegra, sorridevi sempre.- disse Semir toccando dei tasti che non volevo facesse. -Sembra quasi che tu ti sia costruita una corazza. Una gabbia in cui hai rinchiuso te stessa, i tuoi sognie e le tue emozioni in modo da essere forte. Che cosa ti è successo?

-Tu sai della scomparsa di mio padre, di come sia improvvisamente scomparso nel nulla.- dissi seguita da Semir che annuiva.

-Il problema è perchè sia scompaso, giusto?- chiese lui.

-Improvvisamente certamente, ma lui stava cercando il resto della mia famiglia, mia madre, mia sorella e mio fratello. Mia madre era venuta a sapere che lui era scomparso, ma era solo una trappola. Io e mio fratello siamo andati con lei, ma siam stati catturati. Solo allora mio padre è partito per cercarli e da lì è scomparso veramente.

Mi fermai cercando di regolare le mie parole, come avevo sempre fatto.

-Ti prego, continua.- disse lui.

Sentii alle mie spalle come se ci fosse qualcuno che ci osservava, ma era solo un presentimento, così ignorai leggermente la mia gabbia interna e continuai.

-Mia sorella Costia, era legata sentimentalmente a Lexa, la Comandante dei Trikru. Fu rapita dalla Regina di Ghiaccio degli Azgeda, che pensava sapesse i suoi segreti. L'hanno torturata, uccisa e le hanno tagliato la testa, mandandola nel letto della Comandante.- la mia voce era ancora abbastanza normale, mentre le emozioni stavano affiorando.

-E sai che cosa hanno fatto a mio fratello Francis? Prima lo hanno ucciso a sangue freddo davanti ai miei occhi, mentre cercava di difendermi, poi gli hanno tagliato la testa e al suo posto gli hanno cucito quella del suo lupo. E mia madre? Hanno detto di averle tagliato la gola fino all'osso, per poi gettarne il corpo nel fiume.

Una lacrima mi solcò la guancia, ma io la asciugai velocemente.

-Melissa, mi dispiace per quello che hanno fatto alla tua famiglia, ma se c'è ancora qualche possibilità che tuo padre sia vivo, io giuro che ti aiuterò a ritrovarlo, così come ti aiuteremo a trovare Octavia e Lincoln. Melissa, devi capire che questo è un posto fratturato dall'odio e dalla sfiducia, e non hai bisogno di avere quella corazza, che non riesci a mantenere intatta ogni volta che qualcosa ti ricorda i tuoi familiari. Tu sei già forte.

-Io non mi sento così.- obiettai.

-Bhe, invece lo sei. Vedrai che quando lo realizzerai le cose andranno meglio.- disse Semir.

Passammo un attimo di silenzio. Continuavo a guardare le fiamme, sentendo ancora quella presenza dietro di me, negli alberi.

- Ogni notte, quando provo a dormire non faccio altro che pensare a come sono morti.

Sentii dietro di me i passi di Alex provenire dagli alberi.

Mi alzai, riinfilai la mia spada nel fodero e me ne andai, diretta verso il fiume.

Alex, che forse era lui la presenza dietro gli alberi e che quindi aveva sentito tutto, cercò di seguirmi. Semir però lo fremò.

-No, non sta scappando. Ha solo bisogno di spazio. E tempo.

Mi sciacquai il viso con un po' di acqua gelata, consapevole che proprio in quel fiume avevano gettato il corpo di mia madre, che il suo sangue ne aveva tinto le acque color cremisi, e che quindi il suo sangue ora era sia sulla mia faccia, come sulla mia coscienza, come per incolparmi ripetutamente della sua morte.

   
 
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