Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Tinkerbell92    06/08/2017    0 recensioni
Circa dieci anni prima dell'incontro tra Kagome e Inuyasha, la duchessina danese Freya Stormarn viene promessa in sposa contro la propria volontà al cugino Duncan.
Incapace di accettare la situazione, Freya decide di fuggire, prendendo denaro e qualche gingillo dalla stanza della defunta nonna, la quale era sospettata di praticare arti magiche e stregoneria.
Uno dei gingilli, infatti, si rivela capace di trasportare le persone in luoghi lontani nel giro di una manciata di secondi e, dopo averlo inavvertitamente attivato, Freya si ritrova in Giappone, sola e confusa.
Tra incontri con singolari personaggi, sfide pericolose e inquietanti versi di una misteriosa profezia, la ragazza intraprenderà un viaggio alla ricerca di un modo per tornare a casa, compiendo un importante percorso di crescita interiore che la trasformerà da ragazzina viziata, impulsiva e irresponsabile a donna matura, indipendente e sicura di sé.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Squadra dei Sette
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A Swan Song
Image and video hosting by TinyPic




La furia cieca negli occhi della minuta creatura sembrava essersi spenta del tutto. Yori non aveva mollato la presa sul suo braccio, ma, probabilmente, anche l’avesse lasciata andare non avrebbe corso alcun rischio.
La strana ragazzina si morse il labbro, battendo le palpebre per asciugare gli occhi lucidi. Abbassò quindi lo sguardo, sospirando un paio di volte prima di rispondere.
- Mio marito… mio marito mi ha ridotta così…
Reika scosse la testa con un sorriso amaro, per nulla sorpresa dalla rivelazione; Freya, al contrario, si portò la mano alla bocca, inorridita.
- Come può un marito fare una cosa simile alla propria moglie?- esclamò la duchessina sconvolta. – Perché avrebbe…
- Sono cose che accadono più spesso di quanto immagini, principessa, il mondo è un posto crudele – la interruppe la secondogenita di Sasaki Shigen in tono piatto, per poi rivolgersi alla prigioniera sfregiata. – Per quanto ti riguarda… sono la prima ad averne fin sopra i capelli degli abusi che subiscono le spose e in generale di questo schifo di società fallocentrica, ma uccidere o squarciare le bocche delle persone che incontri non ti rende migliore di chi per primo ti ha fatto del male.
- Tu non hai idea di quello che ho passato! – ringhiò la creatura con fare stizzito. – Non sai quello che mi è successo, quindi…
- Perché non ce lo racconti, allora? – intervenne Yori, calmando le acque. – Ci spostiamo dalla strada, ci sediamo o se vuoi restiamo in piedi… e ci spieghi cosa ti ha portato a tutto questo.
Seguirono diversi istanti di silenzio, poi, la ragazzina indicò con un cenno della testa il masso su cui poco prima era seduta Freya: - Se davvero vi interessa sapere… forse vi conviene sedervi. E’ una storia piuttosto lunga…
- Cedo volentieri il posto alla principessa – rispose Reika, con un sorrisetto. Freya decise di non replicare; mise da parte l’orgoglio e si accomodò nuovamente sulla grossa roccia levigata. L’attendeva un lungo viaggio, quindi avrebbe approfittato di qualsiasi occasione per riposare le gambe.
- Il mio nome è Midori Mizutawa. O meglio, lo era quando la mia vita andava per il verso giusto – cominciò la giovane dalla bocca squarciata. – Venni al mondo dodici anni dopo la prima dei miei tre fratelli, e, alcuni mesi dopo, i miei genitori morirono mentre attraversavano a cavallo un pericoloso sentiero di montagna. In seguito a questo incidente, io e i miei fratelli fummo costretti a trasferirci dal Sud in queste zone, dove l’anziana zia di mia madre si prese cura di noi per una quindicina d’anni. Quando morì, ci lasciò in eredità la sua casa e tutti i suoi beni, confidando in un comportamento corretto da parte di tutti e quattro. Sfortunatamente, le cose andarono diversamente da come si era immaginata: i miei due fratelli, Hirotoki e Isaru, gemelli tra loro, erano irresponsabili e incapaci di gestire il denaro, mentre mia sorella Keiko, seppur di animo nobile, era nata con problemi mentali che la screditavano agli occhi di qualsiasi conoscente. Non fu difficile per Hirotoki e Isaru sbarazzarsi di lei: fecero in modo che diventasse ufficialmente la Matta del Villaggio e, fingendo misericordia nei suoi confronti, la spedirono al tempio perché diventasse sacerdotessa e rimanesse lontana dai loro affari il più possibile. Un bel modo per ringraziarla di essersi presa cura di tutti noi insieme alla zia.
Per quanto mi riguarda, fui lasciata in pace per circa un anno in seguito alla morte della zia, fino a quando il denaro lasciato in eredità non cominciò a scarseggiare, scialacquato dai capricci dei miei fratelli. Isaru, nel frattempo, si era sposato e, non appena sua moglie restò incinta, cominciò a sentire l’acqua alla gola, così provò ad escogitare un piano con Hirotoki per guadagnare una somma consistente, o perlomeno sufficiente al mantenimento della famiglia. Trovarono presto il modo: il feudatario Masahiro Kobayashi aveva promesso enormi ricchezze a chiunque avesse trovato una moglie al suo più potente e devoto samurai, Kojiro Imagawa. Servivano precisi requisiti per essere scelte: egli aveva chiesto una donna giovane, docile, obbediente, ben educata, istruita ma non troppo e, cosa più importante, di bellezza stupefacente.
- In poche parole – interruppe Reika con un sorriso ironico. – Stava cercando un cane con l’aspetto di una ragazza bellissima.
- Praticamente sì – borbottò Midori, riprendendo il racconto. – Per grande fortuna dei miei fratelli (e per mia somma sventura) rispondevo a tutte quelle caratteristiche. Ero considerata la più bella del mio villaggio e mi avevano cresciuta secondo i rigidi dogmi della società. Apprendevo le cose in fretta, ma non mi era stato permesso di raggiungere un certo livello di cultura. “Nessun uomo vuole una moglie troppo intelligente” mi ripetevano spesso i miei fratelli e mia zia.
Mi presentarono ad Imagawa ed egli ci mise molto poco a compiere la sua scelta: decise di sposarmi entro la fine del mese e Masahiro Kobayashi ricompensò lautamente i famigliari che mi erano rimasti.
Naturalmente, a me non piaceva quella situazione: il mio futuro sposo aveva già trent’anni, il suo atteggiamento era rude e non sembrava nemmeno particolarmente colto, tuttavia non osavo fiatare, ero convinta che fosse mio dovere obbedire e permettere alla mia famiglia di arricchirsi.
“Ne abbiamo bisogno” mi disse Hirotoki, il giorno delle mie nozze. “Pensa ai tuoi cari fratelli, pensa alla moglie di Isaru e al bambino che porta in grembo! E’ anche tuo nipote, in questo modo gli stai regalando un futuro dignitoso. Non hai idea di quanto tu sia preziosa per noi e di quanto significhi tutto questo per la nostra famiglia. I nostri genitori e la nostra povera sorella pazza sarebbero così fieri di te!”
Le sue parole mi convinsero, stavo facendo la cosa giusta. Mi prodigai perciò con tutta me stessa per essere una buona moglie e soddisfare ogni desiderio del mio sposo. Per un certo periodo di tempo riuscii persino a convincermi di amarlo.
Tutto andò per il meglio durante i primi mesi, mi sembrava così naturale obbedire, parlare solo se interpellata e concedere il mio corpo senza provare desiderio, ignorando il dolore e il disagio che ciò mi provocava. Poi, una sera, durante una delle tante cene al feudo, un cortigiano ubriaco cominciò a decantare la mia bellezza in modo indecoroso. Mio marito non replicò in quel momento, anzi, rimase silenzioso per tutto il resto della serata. Quando tornammo a casa, si limitò a fissarmi per alcuni secondi, poi andò in camera da letto, borbottando qualcosa. Fu l’inizio della fine.
Nei giorni che seguirono, Imagawa controllò scrupolosamente ogni mio singolo movimento, espressioni facciali incluse, in particolare quando mi trovavo in presenza di altri uomini. Soppesava con fare ossessivo qualsiasi parola o complimento mi venisse rivolto, s’indispettiva se mi azzardavo a guardare un uomo negli occhi e aveva preso il vizio, la sera, di sfogare la sua frustrazione violentandomi regolarmente. Mi gettava a faccia in giù sul letto, mi teneva ferma premendo le mani sulla mia schiena, quasi togliendomi il respiro, e violava con ferocia la mia intimità, a volte facendomi sanguinare. Non osavo nemmeno gridare, avevo paura che si arrabbiasse e mi facesse ancora più male; quando finiva, mi asciugavo le lacrime in fretta: a volte fingeva di non notarle, altre invece mi diceva “Che hai da piangere? Dovresti essere felice che tuo marito scopi con te, significa che sei ancora bella.”
In quelle condizioni riuscii a sopravvivere al primo anno di matrimonio, fino a quando, la sera del suo compleanno, Imagawa, che ormai al feudo era secondo solo a Kobaysahi, decise di dare una festa, invitando perfino i miei fratelli. Ricordo che, prima di unirmi ai festeggiamenti, osservai a lungo la mia immagine riflessa allo specchio: fu l’ultima volta che vidi il mio bel viso tutto intero.
Alla festa, come al solito, molti sguardi si posarono su di me e, nonostante Imagawa non dicesse nulla, riuscivo benissimo a percepire il suo stato d’animo. Quando Kobayashi si avvicinò, rivolgendomi un complimento, d’istinto gli sorrisi. Mi sembrò una cosa naturale: eravamo stati spesso suoi ospiti a cena, lo conoscevo ormai da un anno ed aveva sempre avuto un occhio di riguardo per mio marito. Era un uomo anziano e gentile, che male c’era nel rivolgergli un sorriso?
Quando si allontanò, mi sentii afferrare per i capelli e trascinare fuori dalla sala. Nessuno dei presenti mosse un dito per aiutarmi. Mio marito mi condusse nella stanza accanto e mi gettò a terra, sbraitando. Era fuori di sé ma non ne capivo il motivo.
“Adesso sorridi ad un altro uomo, puttana?” gridò. “Quanto ti piace pavoneggiarti e attirare su di te le fantasie degli uomini? Sei soltanto una schifosa meretrice! Gli altri nobili si fanno beffa di me perché ho una moglie infedele! Ma adesso vedremo chi avrà ancora il coraggio di guardarti e trovarti bella!”
Sguainò la propria spada e, prima che riuscissi a muovere un muscolo, calò la lama sulla mia bocca, squarciandomi il volto da un orecchio all’altro. Il dolore fu così intenso da farmi svenire quasi all’istante, non prima però di avvertire il sapore del sangue e la voce di mio marito che diceva “Ti piace tanto sorridere, eh, puttana? Adesso sorridi!”
Rimasi sospesa in un buio oblio per un lasso di tempo che parve infinito. Poi cominciai pian piano a provare diverse indecifrabili sensazioni: credevo di essere morta, eppure riuscivo ad avvertire una nuova forza vitale in me, anzi, diverse forze vitali. Quando ripresi conoscenza, la prima cosa che vidi fu il volto della mia amata sorella che sorrideva. Non ci volle molto prima che mi venisse fornito un dettagliato riassunto delle ore precedenti: Hirotoki e Isaru avevano udito le mie grida ed erano corsi a cercarmi; mi avevano trovata in fin di vita e completamente ricoperta di sangue, così, senza farsi scoprire, mi avevano presa e portata al tempio, sperando di potermi salvare in qualche modo. Il capo delle sacerdotesse aveva fama di essere una guaritrice miracolosa, ma, purtroppo, quella sera aveva dovuto assentarsi per una questione urgente. Fu allora che Keiko decise di optare per una mossa disperata ma tempestiva: l’uso della Magia degli Spiriti. Quello che nessuno nella nostra famiglia sapeva era che Keiko aveva ereditato il sangue di strega da una nostra lontanissima antenata.
-La Magia degli Spiriti? - ripeté Freya stupita. – Che significa?
- Una strega o uno stregone capaci di utilizzare una simile arte ottiene il proprio potere direttamente dal Mondo del Morti – spiegò Yori. – Questo potere è molto raro e considerato oscuro dalla società, ecco perché chi lo possiede tende a nasconderlo.
- Sono come… dei medium?
- Una cosa del genere – rispose Reika, per poi voltarsi verso la Kuchisake-Onna. – E quindi tua sorella sarebbe riuscita a salvarti all’ultimo ricorrendo alla Magia degli Spiriti? Oppure sei morta e ti ha riportata in vita? Anche se quest’ultima ipotesi mi pare piuttosto irrealistica…
Midori scosse la testa: - Non sono morta, anche se ci sono andata vicinissima. Keiko mi ha curata trasferendo dentro di me l’essenza di tre spiriti. Non sono anime senzienti, o meglio, non conservano alcuna identità, ma mi forniscono una fonte di energia spirituale illimitata e talvolta mi proteggono da attacchi esterni. Chiaramente, tutto ciò ha avuto ulteriori ripercussioni sul mio fisico, a partire dalle strisce rosse che si sono formate sui miei capelli, ma l’importante è che mi ha anche permesso di vivere e vendicarmi.
- Degli abitanti del villaggio e del feudo? – domandò Freya con tono leggermente accusatorio. – Perché?
La ragazzina sfregiata le lanciò un’occhiata terribile: - Perché? Quei miserabili non hanno mai provato un minimo di empatia nei miei confronti! Quand’ero ancora troppo debole per alzarmi dal letto, i miei fratelli mi portavano notizie dall’esterno: nessuno, nemmeno quelli che credevo miei amici avevano speso una parola gentile per me. Tutti pensavano che la colpa fosse mia, che fossi soltanto una puttanella arrivista che amava farsi ammirare. Secondo loro, il gesto di mio marito era stato pienamente comprensibile. Erano convinti che mi avesse uccisa e che avesse dato il mio corpo in pasto ai cani. Dissi a Hirotoki e Isaru di confermare questa versione, non volevo più farmi vedere, non dopo essermi guardata allo specchio e aver visto cosa ne era stato del mio bellissimo viso. Presto, però, capii che quello che volevo non era nascondermi, ma farla pagare a tutti quanti. Quelli che avevano approvato la barbarie che mi era stata inflitta non avevano colpe minori del mio aguzzino. Ecco perché ormai da un anno attendo nascosta in questo sentiero, aspettando che qualcuno abbia la sfortuna di incontrarmi.
Per qualche istante calò il silenzio, obbiettato solo dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Freya abbassò lo sguardo, sconvolta dal raccapricciante racconto: sapeva che il mondo non era rose e fiori come le avevano fatto credere da piccola, ma mai avrebbe immaginato esistessero situazioni analoghe a quella di Midori: persone, donne in particolare, maltrattate, usate come oggetti, distrutte dalla violenza altrui e incolpate invece che difese.
Era orribile, era… sbagliato. Nessuna buona anima meritava di patire sofferenze simili.
In quel momento avrebbe voluto tornare indietro nel tempo, incontrare Midori quando ancora subiva in silenzio le angherie del marito-padrone e abbracciarla, giusto per non farla sentire sola.
Si asciugò una lacrima di nascosto, mentre Reika interrompeva il silenzio con una domanda: - Midori… tuo marito, o quello che era tuo marito, è ancora vivo?
La diciottenne alzò un sopracciglio con aria confusa: - Perché me lo chiedi?
- Rispondi e basta: è ancora in circolazione?
Midori sospirò, dilatando le narici per reprimere la rabbia: - Sì, il bastardo è ancora vivo. E da un anno dirige il feudo che prima era di Kobayashi. Ecco perché ora si chiama “Feudo di Imagawa”. Il vecchio feudatario aveva già da tempo deciso di fare uno strappo alla regola e nominarlo suo successore, nonostante fosse un samurai e non condividesse con lui alcun legame sanguigno. A dire il vero, dopo il mio presunto omicidio, Kobayashi aveva avuto dei ripensamenti, a giudicare da quello che avevano sentito i miei fratelli, ma sfortunatamente si ammalò e non riuscì a modificare in tempo e pubblicamente la propria decisione. Il porco adesso ha qualcosa come tre mogli-concubine e un vasto terreno da amministrare, mentre io sono qui a marcire in questi boschi, incapace di placare la mia sete di vendetta e…
- Beh, direi che il problema è evidente – osservò Yori. – La tua sete forse si placherà quando la farai pagare alla mano che ti colpì.
La giovane creatura aggrottò la fronte, rivolgendo alle tre ragazze uno sguardo perplesso. Reika sorrise appena: - Quello che intendiamo è: non hai mai pensato di vendicarti colpendo tuo marito, al posto di gente che neanche conosci?
- Effettivamente, è la cosa più sensata… – annuì Freya.
Midori rimase in silenzio per qualche istante, poi sospirò, mordendosi le labbra. Nel suo sguardo si poteva scorgere un fuoco impetuoso contenuto però in una piccola e spessa barriera di metallo.
All’improvviso, cadde sulle proprie ginocchia, cominciando a singhiozzare. Era l’ultima cosa che la danese si sarebbe aspettata.
Reika si inginocchiò di fronte a lei, le portò le dita sotto il mento e la costrinse con delicatezza ad alzare la testa, in modo da potersi guardare negli occhi.
- In realtà ci hai già pensato più volte, vero? – sussurrò la guerriera dai capelli azzurri. La ragazzina annuì, battendo con forza le palpebre.
- Qual è il problema, Midori? Perché non riesci ad affrontarlo? Hai ancora paura di lui?
La Kuchisake Onna scosse la testa: - No… non è di lui che ho paura…
- E allora cos’è che ti frena?
- Io… - la voce della piccola si ridusse ad un sibilio. – Io non voglio tornare in quel posto… è lì che la mia vita è finita… non posso tornare in un luogo che mi ricordi costantemente chi ero, com’era il mio aspetto… e che mi faccia rivivere tutto quello che ho subito… non… non posso, non voglio… non ce la faccio ad affrontarlo…
Reika aprì la bocca per rispondere, ma questa volta fu Freya a prendere la parola. Si alzò dal masso su cui era seduta e prese posto accanto alla giovane dai capelli striati.
- So cosa vuol dire avere paura di un luogo e dei ricordi che esso contiene. Io non ho vissuto una situazione terribile come la tua, ma due anni fa ho perso mia nonna e da allora, fino a ieri, non ho avuto il coraggio di entrare nella sua stanza.
Midori la fissò pensierosa, sempre scoraggiata ma incuriosita: - Eri molto legata a tua nonna?
La duchessina mandò giù a fatica il groppo alla gola e d’istinto portò la mano nel sacchetto appeso alla cinta, stringendo forte la piccola semisfera.
- La amavo più di me stessa. Lei… beh, io l’ho sempre avuta come punto di riferimento, si è comportata con me da madre molto più della mia vera madre. E ti giuro che l’idea di entrare nella sua stanza e rivedere le sue cosa sapendo che lei non c’è era… era insostenibile. Però alla fine l’ho fatto, anche se è stato difficile.
“E mi ha cacciata in questo casino” concluse pensando tra sé e sé.
Midori parve riflettere sulle sue parole, anche se si leggeva ancora un’ombra di dubbio nei suoi occhi grigi.
- E’ soltanto un luogo – continuò la bionda. – Anche se pieno di ricordi dolorosi. Solo un luogo, non un mostro né una barriera insormontabile.
- Sei capace di fare grandi discorsi, principessa, mi sorprendi!
La danese si voltò indispettita, ma frenò la lingua non appena si rese conto del modo in cui Reika la stava fissando: nonostante il tono leggermente ironico, non c’era alcuna traccia di reale irrisione nei suoi occhi, anzi, pareva quasi piacevolmente sorpresa. Il pensiero la portò ad arrossire.
- Quindi dovrei andare da mio marito e ucciderlo – osservò Midori, interrompendo i viaggi mentali della duchessina. – Non nego di aver sognato a lungo questo momento, ma resta il fatto che, nonostante il supporto delle tre anime che contengo, non penso di riuscire ad intrufolarmi, superare senza problemi le guardie e raggiungerlo per sconfiggerlo in combattimento. Io sono sola e lui è stato un samurai esperto.
- Una volta eri sola – la corresse la secondogenita di Sasaki Shigen. – Adesso no.
- Vuoi dire che la accompagneremo? – domandò Freya dubbiosa.
La guerriera si alzò in piedi, sfiorando il proprio anello tagliente: - Una piccola deviazione non potrà influire troppo pesantemente sul nostro viaggio. E poi mi prudono le mani dalla voglia di farla pagare a un essere orribile e dannoso come Imagawa.
- E come pensi di fare? – replicò Midori. - Quattro donne contro un intero feudo?
- Beh, ci sono sette uomini che conosciamo che riescono a piegare feudi molto più grandi e potenti di quello di Imagawa – disse Yori con un sorrisetto.
“E io non avrei alcuna difficoltà contro almeno quattro di loro” pensò, senza però osare esporre ad alta voce un simile vanto.
- E poi- continuò Reika. – Non c’è bisogno di entrare nel feudo sferrando un attacco frontale. Ci sono un sacco di modi per agire in una simile situazione. E, a differenza di quello che vuol farci credere la società in cui viviamo, essere donna a volte può rivelarsi maledettamente vantaggioso.
- Cos’hai in mente? – chiese Freya con uno strano presentimento. Il sorriso scaltro della guerriera si allargò quasi sadicamente.
- Innanzitutto, ci farebbe comodo un’esca…




***
Angolo dell’Autrice: Sono riuscita a scrivere questo capitolo, anche se è stato un parto perché odio i capitoli di passaggio (anche se non mi è pesato troppo scrivere la storia di Midori).
Spero che per voi non sia stato noioso, nel prossimo ci sarà sicuramente molta più azione.
Grazie mille per aver letto,
Tinkerbell92
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Tinkerbell92