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Autore: _laragazzadicarta_    12/08/2017    8 recensioni
Ты опять к нему, а я тону во лжи (Sei di nuovo da lui, ed io affogo nelle bugie).
Dal testo:
Le nude spalle larghe decorate da profonde cicatrici di una guerra che non sarebbe mai terminata, una guerra contro il mondo e se stesso. La schiena appoggiata alla costosa testata in mogano del letto e le braccia al petto, il volto imperscrutabile chiuso in un cipiglio maldestro: gli occhi di un bambino intimorito racchiusi nei lineamenti duri di un uomo solo cresciuto troppo in fretta. Lei gli dava le spalle, rannicchiata con le ginocchia al petto, uno scricciolo chiuso tra le grandi mani del predatore, tentava di dimenticare l’onta del tradimento in un piccolo angolo freddo del materasso.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Неверная: Unfaithful.

Link canzone:https://youtu.be/HdH3F4kICLw

Ты ко мне приходишь, смотришь на часы (Vieni da me, guardi l’orologio).
Мимо пролетают подъезда этажи (Sorvoli [con l’ascensore] i piani¹).
Ты опять к нему, а я тону во лжи (Sei di nuovo da lui, ed io affogo nelle bugie).
Провожаешь взглядом, рука в моей руке (Dici addio con lo sguardo, la tua mano tra le mie mani).
След твоей помады остался на щеке (Il segno del tuo rossetto rimane sulla guancia).
Ты опять к нему, а я стою в огне (Tu di nuovo da lui, mentre io sto alla finestra).
И что мне делать, я не знаю (Cosa devo fare, non lo so).
[…]
Время по секундам капает в окне (Il tempo per secondi gocciola alla finestra).
Я в пустой кровати, мысли о тебе (Sono in un letto vuoto, i pensieri rivolti a te).
[…]
С тобой и без тебя я не живу (Con te e senza te io non vivo).
И сам не понимаю, почему тебя люблю (Io stesso non capisco, perché ti amo).
Неверная, неверная, ты зачем опять ко мне пришла? (Infedele, Infedele, perché sei venuta di nuovo da me?)
Я твои обманы этой ночью не прощу (Questa notte non ti chiedo di abbracciarmi).
Неверная, неверная, что со мною делает она? (Infedele, Infedele, che cosa mi sta facendo?)
Я не доверяю ей, но не любить я не могу (Non le credo, ma non amarla non posso).


Le nude spalle larghe decorate da profonde cicatrici di una guerra che non sarebbe mai terminata, una guerra contro il mondo e se stesso. La schiena appoggiata alla costosa testata in mogano del letto e le braccia al petto, il volto imperscrutabile chiuso in un cipiglio maldestro: gli occhi di un bambino intimorito racchiusi nei lineamenti duri di un uomo solo cresciuto troppo in fretta. Lei gli dava le spalle, rannicchiata con le ginocchia al petto, uno scricciolo chiuso tra le grandi mani del predatore, tentava di dimenticare l’onta del tradimento in un piccolo angolo freddo del materasso. Vegeta aveva condiviso il letto con diverse aliene, inutile negarlo, eppure nessuna poteva essere nemmeno lontanamente paragonata a quella terrestre dai colori esotici e completamente diversi da quei colori che popolavano il suo pianeta natale, Vegeta-Sei. Le donne con cui aveva giaciuto, dopo l’amplesso, abbandonavano l’indole umana per tramutarsi in polipi invadenti che si appropriavano senza permesso di ogni angolo del suo corpo con i loro tentacoli pericolosi, lei no. Lei era diversa, si allontanava, voleva rimanere chiusa con se stessa, dimenticarsi di lui, di loro, dei peccati commessi, del mondo che li circondava. Le unghie affondate nei bicipiti ossuti, come se volesse punirsi per il troppo spazio occupato in quel letto che avrebbe dovuto essere estraneo. Non pretendeva niente: né spazio, né tempo, né abbracci amorevoli che ti confortano durante la notte. Rimaneva sempre lì cercando di continuare a vivere da sola. A Vegeta piaceva guardarla, vederla cedere ai più bassi istinti per poi rinnegarli ed affogare di nuovo nel suo freddo cinismo. Bulma aveva lo sguardo rivolto costantemente al grande orologio sul muro di fronte a loro, vedeva i secondi scorrere lentamente davanti a sè attendendo, o forse cercando di capire quale fosse, l’attimo esatto per abbandonare quel freddo letto che continuava ad ardere la sua pelle nuda. Il Saiyan sentì improvvisamente i battiti del cuore della terrestre accelerare, stava per alzarsi. Sapeva bene ciò cosa significava, se ne sarebbe andata, sarebbe tornata da quell’altro, il suo fidanzato. Sapeva che fosse ridicolo pensare una cosa del genere, ma ogni volta che lei tornava dall’altro, dal lombrico come lo chiamava lui, era lui quello che si sentiva quello tradito, nonostante fosse evidentemente il contrario.
Bulma, dopo aver constatato che fossero le otto di sera, si mise a sedere portandosi il lenzuolo al petto continuando a dare le spalle a Vegeta, come se incontrare quegli occhi scuri che la scrutavano silenziosamente alla luce del tramonto avrebbe reso impossibile l’atto che stava per compiere. Era tardi, aveva meno di mezz’ora per rivestirsi e raggiungere la casa di Yamcha. Attese ancora un istante prima di sussurrare: «Questa deve essere l’ultima volta che succede». Lo ripeteva ogni volta ed ogni volta tornava inesorabilmente a crogiolarsi in quel letto peccaminoso, per Vegeta fu impossibile soffocare un ghigno maligno davanti a quell’evidenza. Un senso di nausea la assalì, stava tradendo Yamcha e soprattutto se stessa. Infedele, sì lo era. Inesorabilmente persa ed incapace di ritrovare la retta via. Si chinò a raccogliere i suoi indumenti sparsi alla rinfusa sul pavimento durante quella passione malsana che l’aveva investita solo poche ore prima per l’ennesima volta. Com’era cominciata? Come un gioco: lui cercava un divertente passatempo da alternare agli allenamenti e lei di fuggire dalla sua relazione datata e noiosa con l’eterno fidanzato. Si rivestì silenziosamente senza mai voltarsi, lui la guardava: più lei si vestiva e più lui voleva strapparle di dosso quei pezzi sgualciti di stoffa. Senza nemmeno salutarlo si diresse verso l’uscita della camera. Soddisfatto della frustrazione della turchina, il principe la seguì con passo felino per poi appoggiarsi, a braccia conserte, allo stipe della porta.
Bulma premette il tasto per richiamare l’ascensore, voleva scomparire al più presto dietro quella scatola metallica, benché consapevole che lo spettro del Saiyan l’avrebbe seguita ovunque fosse andata, aveva il suo sapore addosso e nemmeno l’acido folico l’avrebbe mai cancellato. L’ascensore si aprì ed un brivido gelido le percorse la schiena, Vegeta le aveva afferrato il polso reclamando un ultimo bacio per sancire il patto di eterna dannazione. Non avrebbe avuto le sue labbra, non di nuovo, si promise Bulma lasciando il segno del suo rossetto sfocato sulla guancia dell’uomo. Sorpreso da quella debole ribellione, Vegeta lasciò la presa sul polso di Bulma e le porte automatiche dell’ascensore si richiusero. Vegeta lasciò scivolare la testa all’indietro sfiorando con il palmo della mano la guancia dove Bulma lo aveva lasciato e sentendo su di essa ancora il suo famelico contatto. Tornò in camera e si affacciò alla finestra giusto in tempo per vedere la terrestre correre e rifugiarsi nella sua Cadillac scarlatta dopo aver rivolto un ultimo sguardo al Rolex annodato al polso sottile. Una lunga notte attendeva entrambi: lei si sarebbe stretta alle braccia di quell’altro, lui sarebbe annegato tra le menzogne di un amore clandestino.

Cosa fare? Faceva freddo, troppo, per riuscire a dormire, soprattutto in un letto vuoto. Le ginocchia al petto in una vaga imitazione della posizione che era solita tenere la turchina e lo sguardo perso verso la finestra antistante dove avevano preso a gocciolare i primi segni della tempesta. I pensieri dell’uomo avevano un’unica direzione: lei. Cosa stava facendo lei in quel momento? Lo stava tradendo, sicuramente. Tradire chi, però? Non si può tradire qualcuno che consideri solo un trastullo divertente, un valido amante, certo, ma un inaffidabile compagno di vita. Certo, questo era quello che lui pensava che lei pensasse. Quanto stava diventando complicato questo ragionamento, si trovò a rimproverarsi Vegeta. Si passò furiosamente le mani tra i folti capelli corvini tentando di scacciare, invano, l’immagine di quella volgare terrestre stretta al lombrico dalla sua testa. La verità però era una sola: lui non riusciva a vivere né con lei né soprattutto senza di lei. Cosa gli stava facendo quella maledetta strega? Se solo gli avesse dato una possibilità, non cento come ne aveva concesse al lombrico, una sola, lui avrebbe mandato tutto al diavolo e si sarebbe concesso anima e corpo a lei.
Che sciocchezze. Aveva deciso: si sarebbe vestito e sarebbe andato alla Gravity Room. Doveva esorcizzare quei pensieri, cancellarli dalla sua mente, estorcerli alla radice se necessario, doveva fingere che lei non fosse mai entrata nella sua vita, rovinando ogni suo sconclusionato equilibrio.

Stava per uscire dalla sua camera quando, inaspettatamente, la porta si aprì davanti a sé. Bulma aveva lo sguardo basso, continuava a chiudersi nel suo fragile guscio di carta.
«Ti devo parlare» disse seria la turchina sbattendo in delicatamente la borsa sul cassettone di fronte al letto ancora sfatto. Vegeta la seguì a braccia conserte ed aspramente le chiese: «Non avevi forse detto che non saresti più venuta, donna?».
Donna. La Donna. L'Unica Donna di cui si fosse premurato d’imparare il nome, per quanto non fosse solito pronunciarlo, perlomeno in sua presenza. In realtà di notte, quando era solo o lei dormiva, si era sorpreso più volte a pensare di pronunciarlo, bloccandosi puntualmente per paura di sciuparlo.
La turchina estrasse un oggetto, apparentemente cilindrico con qualche rigonfiamento, dalla borsa e lo sbatté con odio accanto alla borsa.
«Che significa? Che cos’è?» chiese confuso l’uomo afferrando l’oggetto sconosciuto goffamente, «Due tacchette» fu la risposta secca della donna, spesso dimenticava che quegli oggetti tanto familiari ai terrestri erano totalmente sconosciuti a quell’uomo. Bulma sospirò portandosi una mano al fianco e l’altra alla fronte.
«Senti, le cose ci sono sfuggite di mano» tentò di intavolare la donna lasciando l'uomo ancora più confuso.
«Non voglio nulla da te, okay? Sapevo fin dall’inizio che non sarebbe stata una cosa seria, non sarebbe mai dovuta iniziare questa…cosa» continuò deglutendo rumorosamente, ogni parola risuonò come una pugnalata allo sterno. La gola improvvisamente si strinse provocandole un groppo impossibile da mandare giù, presto sarebbero arrivate anche le lacrime, ne era certa.
«Cosa diavolo stai dicendo?» sbottò l’uomo esasperato da quelle parole non dette. Vegeta odiava quei silenzi eloquenti, gli piacevano le cose dirette.
«Aspetto un bambino» disse Bulma mordendosi il labbro inferiore «…è tuo, con Yamcha ho sempre usato precauzioni».
Precauzioni. Bulma rise beffarda, sarebbe dovuto essere il contrario, era tutto sbagliato. Le precauzioni avrebbe dovuto usarle con Vegeta, era lui il suo “amante”, l'amante della sgualdrina. Sgualdrina, si, era così che si sentiva quando andava a letto con…Yamcha.
Vegeta rimase in silenzio, il volto più pensieroso del solito. Bulma pensò di strisciare fuori dall’appartamento, era stato sicuramente un errore venire. Nella mente di Vegeta si fecero largo tutte le notti, tutti gli attimi, tutti i litigi con Bulma e solo in quel momento si rese conto che lei, al contrario di come faceva con il lombrico, non lo aveva mai abbracciato. Gli diede fastidio che quel ridicolo terrestre avesse qualcosa della sua Bulma che lui non aveva. Forse Bulma aveva paura che un gesto così intimo lo infastidisse, forse se chiunque altro lo avesse fatto si sarebbe trovato con un arto mancante, ma non lei, non le avrebbe mai fatto male d'altronde. Un attimo di follia forse e le braccia di Vegeta si mossero goffamente verso i fianchi larghi di Bulma stringendola a sé come una seconda pelle. Faceva freddo quella notte, eppure Vegeta si sentì avvampare come divorato dalle fiamme dell'Inferno. Forse sarebbe davvero finito all'Inferno un giorno, o forse ci era già stato, ma se l'Inferno somigliava anche vagamente al candore delle braccia di Bulma sarebbe stato felice di restarvi in eterno.
«Bulma…»


¹ Su questa frase ha avuto problemi perfino mia madre che è madrelingua. Ah.
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Angolo della Vit:
Queste volta vi propongo qualcosa di diverso, complice la vacanza in Ucraina e l'amore di mia sorella per Max Barskih. La traduzione della canzone è mia visto che non ne ho trovate, se ci sono errori perdonatemi! Diverso? Perché diverso, direte. In primo luogo è una one-shot e non scrivo one-shot da diverso tempo, nonostante siano il genere che preferisco di più leggere. In secondo luogo è una song-fic e quindi ho cercato di combinare le due cose che amo di più: scrivere ed ascoltare musica. Ma soprattutto, molti si sono cimentati a descrivere i sentimenti di Bulma durante i primi tempi della sua relazione con Vegeta, ma pochi hanno descritto i sentimenti di Vegeta. Il mio Vegeta potrebbe sembrare OOC, ma io non credo, il principe è così silenzioso che quanti di noi possono dire quali siano davvero i suoi sentimenti? E poi io credo che Vegeta, nell’intimità, sia abbastanza timido, certamente ne è testimone il fatto che arrossisce di continuo :B. Questo è il mio motivo per non aggiungere l’avvertenza OOC. Spero vi sia piaciuta questa mia storiella!
Vit
   
 
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