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Autore: Gelatin    14/08/2017    2 recensioni
[Snow King!AU] [Sebastian/Ciel]
Nell'immenso castello del Sovrano dei Ghiacci, il giovane Ciel tenta di sopraffare la crescente attrazione che l'ha spinto a seguire il demone, lasciandosi il suo passato e i suoi cari alle spalle.
Sebastian lo istruisce alle arti magiche, è un insegnante paziente, affascinante e spaventosamente potente, che non si esime dal tentare il ragazzo coi suoi modi carezzevoli.
Sullo sfondo di un luogo perennemente immerso nella neve, inconsapevole di tutto, Elizabeth si mette in cammino, alla ricerca della persona che ha già voltato le spalle al sole.
Dal testo:
''Tu tremi'' sentenziò l'uomo, abbandonando l'enorme, candida slitta. Lo prese per i fianchi e lo adagiò accanto a sé, avvolgendolo nella voluminosa pelliccia.
Il ragazzino rabbrividì.
L'individuo lo fissò lungamente, poi si chinò su di lui, sfiorando la sua bocca in un bacio delicato, e Ciel non sentì più freddo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Crows in Snow

 

Elizabeth, quattordici anni, due perfette codine a tenere in ordine la massa di boccoli biondi e un paio di entusiastici occhi verdi, aveva fino a quel momento affrontato la vita con la tipica esuberanza giovanile che la contraddistingueva dalla nascita.

Nessuno era mai stato privato delle sue espressioni gioiose, che sembravano portare il sole anche nel mezzo della tempesta, o delle sue dolci parole. Era ben voluta da tutti: dai suoi famigliari più stretti, dai compagni di giochi e perfino dalle vecchiette che si limitavano a scorgerla correre lungo la via principale durante la bella stagione.

Per questo fu terribile quando l'ombra calò su di lei, privando la città della sua letizia.

Dal giorno in cui Ciel era scomparso, non era stata più la stessa.

I suoi sorrisi si erano trasformati in ghigni incrinati, le sue parole sembravano essere state inabissate dalla tristezza stessa e la sua risata era sparita col giovane, probabilmente morto oltre le porte della città, nella foresta, e già divorato fino alle ossa dagli animali che la popolavano.

Nonostante tentasse con tutta se stessa di essere ragionevole, le era proprio impossibile credervi: rifiutava la morte di Ciel come se non vi fossero altre verità oltre l'irremovibile convinzione che l'animava. Il ragazzo doveva essere ancora vivo.

Elizabeth se lo sentiva sotto la pelle, era una percezione mai provata in precedenza alla quale, eppure, si affidava ciecamente, guidata da una forza ascetica.

Fu con questa certezza che, quando la neve si sciolse e la primavera riscaldò il clima, Lizzy indossò le graziose scarpette rosse regalatele quel Natale e si diresse al fiume, sedendosi sulla sua sponda e piangendo silenziosamente.

Attorno a lei la neve si era sciolta, lasciando il verde smeraldino dell'erba facesse da culla ai fiori variopinti, smossi adagio dal vento gentile; il cielo, disseminato di qualche vaporosa nube, quel mattino era straordinariamente terso, e guardandolo a Lizzy ricordò un po' di Ciel.

''Se solo sapessi dove ti trovi, farei di tutto per riportarti indietro.'' singhiozzò, prendendosi la testa tra le mani.

Prima ancora di scomparire, il giovane era cambiato, non poteva negarlo.

Il ragazzino spensierato con cui era cresciuta, il suo amato amico, era diventato d'improvviso distaccato e schivo, una sorta di relitto umano stanco, abbandonato a un altrettanto stremato tormento.

Aveva smesso di giocare con lei e di ridere insieme, si era richiuso in camera senza neppure affacciarsi alla finestra per chiacchierare sul loro roseto com'erano soliti fare.

Se c'era qualcuno a cui era pesato maggiormente quel cambiamento era lei: Elizabeth si era sentita estremamente sola, tuttavia quella solitudine era di gran lunga più sopportabile della lacerante perdita a cui era sottoposta adesso.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverlo.

Si sporse sulla superficie tersa dell'acqua per guardare il proprio riflesso pallido, segnato dalle innumerevoli notti insonni trascorse a pensare a Ciel, a rigirarsi nel letto incapace di dormire.

Per una frazione di secondo, intravide qualcosa d'indistinto poco al di sotto del pelo dell'acqua, simile a due occhi, le cui pupille allungate, abominevoli, parevano scrutarla dal vermiglio dell'inferno stesso.

Trasalì, alzandosi con troppa fretta; il tacco della sua scarpina s'incastrò in una rientranza del terreno ed Elizabeth cadde nel fiume con un tonfo sordo, trascinata via dalla corrente.

Sebastian distolse l'attenzione dall'immenso specchio ai suoi piedi per puntarsi sul ragazzino appena entrato nel salone.

La figura di una certa fanciulla era già sparita a una velocità che nessun occhio umano avrebbe mai potuto cogliere, così Ciel incedette senza fare troppe domande, mirando ostinatamente al pavimento.

''Finito di studiare?'' chiese, ricevendo un cenno d'assenso.

Il demone si decise a spezzare la propria immobilità, impettito difronte al trono, per andare incontro al ragazzo, il quale si era fermato, indeciso, a una manciata di passi da lui.

Lo fronteggiò, dilettandosi nel vederlo tentare di schivare il suo sguardo senza però riuscire a evitare di alzare gli occhi al suo viso, come faceva spesso, in una maniera così deliziosamente vulnerabile da compiacerlo mutamente.

L'animo di quell'umano, incontaminato, spensierato e radioso, era stato ciò ad averlo interessato; ma anche adesso, dopo aver reso di ghiaccio il suo cuore ed estirpato qualunque sentimento positivo in lui -per i suoi affetti, per il mondo al di fuori del suo castello-, serbava un ché di estremamente attraente che non sapeva spiegarsi.

Il suo orgoglio ostentato, forse, tra i suoi tanti difetti, era quello che il demone apprezzava maggiormente.

Ne aveva fatto il proprio pupillo per la mente brillante e per un certo portamento che, dopo secoli di esperienza, era capace di discernere con una sola occhiata, ciononostante, si diceva, non si sarebbe spinto tanto lontano solo per quello.

''Molto bene'' lo blandì, ghermendo le sue spalle minute ''Possiamo fare un po' di pratica, adesso.''

Ciel sembrò restio, ma non osò obiettare, seguendolo al centro del salone.

Il demone si guardò intorno, poi alzò una mano e si sforzò quel minimo indispensabile per far sì il calice accanto al trono tagliasse l'aria fino a incontrarsi con la sua presa.

Sposto l'oggetto, colmo di vino, tra loro, lasciando il ragazzo l'osservasse con un misto di curiosità e trepidazione.

''Inizieremo con qualcosa di semplice'' annunciò ''Congelare un liquido è l'incantesimo più facile tra tutti, alla portata di un bambino''

E così dicendo sfiorò appena il bordo della coppa con la punta delle dita, facendo solidificare la bevanda all'istante.

Ciel si agitò nervosamente sul posto.

''Devi solo concentrarti'' lo spronò il Sovrano.

Lentamente, il ragazzino portò le piccole mani ai lati del calice -il suo contenuto nuovamente liquido- e serrò le palpebre, cercando di rammentare le lezioni del demone riguardo all'aggregazione del proprio potere in una determinata parte del corpo.

Provò e riprovò.

Sentiva un vago formicolio lungo braccia e gambe, eppure, non appena questo sembrava protendersi alle sue dita, svaniva improvvisamente, lasciandolo sconfitto e stanco.

Seguirono numerosi, inutili tentativi.

Sebastian sbuffò.

''Non ti concentri abbastanza'' disse, sovrapponendo le mani alle sue; percepì la presa del ragazzino tentennare ''Respira profondamente, non distrarti''

Si fece più vicino al giovane, carezzando col fiato l'incavo del suo collo; il debole calore che ancora si librava dalla sua pelle era travolgente, e dovette far leva su buona dose del proprio autocontrollo per non affondare i canini nella sua carne tenera e privarlo di quell'ultimo frammento di umanità.

Lo sentì inspirare sonoramente.

''Bene, ora permetti al tuo potere di scorrere fino al calice. Focalizzati sul vino, figurati il ghiaccio che si avventa sulla sua superficie e ne prende possesso, senza esitazione, plasmando la materia secondo il proprio desiderio'' sussurrò. Nell'atto, si era avvicinato ulteriormente, e ora le sue labbra sfioravano l'orecchio del fanciullo ad ogni parola ''Immagina il gelo che si chiude su di lui, non lasciandogli alcuna possibilità di salvezza.''

A quella frase il potere di Ciel affluì celere, con la peculiare impetuosità dei principianti: il Sovrano poté sentirlo fremere sotto la sua presa, tendendosi e infine librandosi tra loro, raffreddando l'aria già gelida.

Osservò la chioma del giovane oscillare, una flebile, pallida luce circondarlo: le sue vesti si spalancarono, come invase da un vento invisibile, e per un istante tale forza crebbe tanto drasticamente da spingere il Sovrano a prepararsi a intervenire. Prima che potesse farlo, tuttavia, l'immobilità tornò ad avvolgere il ragazzino, silente.

Questi aprì un occhio, incerto; Sebastian gli sorrise rassicurante.

''Bravissimo.''

Ciel fissò la coppa gelata.

Il vino adesso era uno spesso blocco di un cremisi annacquato.

''Sono stato io a farlo?''

''Chi altri?''

''Non credevo ci sarei riuscito...''

''Oh, suvvia'' sbuffò il Sovrano ''Sono io il tuo insegnante, è ovvio ce l'avresti fatta.''

Il ragazzo non aggiunse più nulla, rimase solo a fissare trasognato il frutto dei suoi sforzi. Il carminio di quel vino era l'unica tinta a spezzare il monocolore dell'intero castello, da quando ne avesse memoria; era riuscito a ritrovarlo solamente nelle magnifiche iridi di Sebastian e nei suoi più celati ricordi.

Delle più svariate gradazioni di rosso erano le rose che zia Francis e zia Angelina gli avevano permesso di piantare insieme alle loro erbe aromatiche. Lì, invece, nello sfiancante abbandono, non cresceva nessun fiore, la vita stessa era annientata dal gelo, cosicché la solitudine regnava sovrana alla stregua del demone.

Ciel s'incupì e Sebastian non mancò di notarlo.

''Cosa t'impensierisce?''

Il ragazzino lo guardò titubante, torcendosi le dita.

''Sei sempre stato qui da solo?'' si decise a porre la domanda che gli vorticava in testa da settimane. Nella dimora non c'erano né servitori né cameriere: tutto era costantemente immerso in una quiete paurosamente innaturale, agghiacciante, che lo rendeva quasi paranoico.

Costretto all'angoscia di quel palazzo funereo, aveva ricercato la vita con ostinazione particolare: ma neanche oltre le grandi vetrate era mai riuscito a scorgere qualcosa di diverso dalla neve.

Neve, neve ovunque.

Neve che continuava a scendere dalla volta senza sosta, neve che non aveva lasciato spazio alla primavera.

Era estenuante.

''Da che io abbia memoria sì.'' rispose Sebastian, sottraendolo ai suoi pensieri.

''È per questo che mi hai preso con te? Ti sentivi solo?''

''La solitudine è un'emozione tipicamente umana, noi demoni non siamo fatti per instaurare legami. Oserei dire di averti condotto qui per noia: insopportabile, snervante noia. Inoltre, è da decisamente troppo tempo che tengo le mie arti per me soltanto; trasmetterle a un umano mi è sembrata un'esperienza piuttosto interessante'' spiegò, accigliandosi al vedere il tormento campeggiare sul volto di Ciel ''Che succede? C'è qualcosa che non ti piace, qui dentro?''

''Non è questo...'' iniziò incerto ''Semplicemente, il sole arriva a malapena a rischiarare questo posto e la vita rifugge il tuo castello alla stregua della luce: non ci sono né persone né altre creature viventi, nemmeno un fiore riesce a sbocciare in tanta desolazione.''

Il Sovrano gli rivolse una lunga occhiata, poi gli si avvicinò, congiungendo le mani.

Ciel ricambiò lo sguardo, stupito e curioso.

Quando Sebastian schiuse nuovamente i palmi, tra di essi c'era qualcosa.

Una rosa di ghiaccio, trasparente e meravigliosa, polarizzava l'esiguo chiarore del salone nei suoi petali affilati, rilucendo come un diamante; non una singola imperfezione ne rovinava la superficie immacolata, rasentando la stessa perfezione del demone che l'aveva realizzata.

Sebastian gliela porse e il ragazzo l'accetto con cautela, affascinato.

''È stupenda...'' sussurrò inconsapevolmente, dando voce ai suoi pensieri.

''Non soltanto. I fiori appassiscono, muoiono come tutte le altre creature viventi, ma questo non lo farà, conserverà la sua bellezza per sempre. È ciò a rendere tanto magnifico il ghiaccio: è capace di preservare qualunque cosa avvolga, di conferire l'immortalità che neppure Dio è capace di donare.

Capisci, Ciel? Io ti sto offrendo l'eternità.''

Il ragazzo gli gettò un'occhiata sorpresa, non sapendo cosa dire.

Boccheggiò molteplici volte poi, incapace di trovare una risposta adeguata, si limitò a tacere, riportando l'attenzione alla rosa di ghiaccio.

Anche il Sovrano rimase in silenzio, ma Ciel poté sentire il suo sguardo studiarlo a lungo prima di decidersi a voltarsi e ad abbandonare il salone. Il ragazzo ammirò le sue spalle ampie ondeggiare dietro al grande mantello di pelliccia mentre si allontanava con la sua tipica andatura ferina.

Quando nessun altro suono infranse la stasi dell'atmosfera -eccezion fatta per il suo respiro accelerato-, osò riconcedere gli occhi al fiore che scintillava nella sua presa: lo contemplò in estasi poi, quasi non potendone fare a meno, lo avvicinò al proprio viso, poggiando le labbra sulla sua gelida superficie.

Fu un bacio rapido, leggero come quelli che il demone gli aveva elargito al loro primo incontro, giusto il tempo di ricercare parte dell'essenza di Sebastian nella meraviglia da lui creata. Se la strinse al petto e imboccò la stessa direzione del demone, diretto alla propria stanza.

L'unico dettaglio a sfuggire alla sua mente annebbiata fu un insolito, stonante battito di troppo dietro al punto in cui la rosa posava.

 


Warning! Don't feed the author!
Bentrovati miei piccoli marshmallow colorati!
Mille grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e anche a tutti i lettori silenziosi! Vi adoro!
Ho deciso aggiornerò un capitolo alla settimana: la fanfiction non sarà troppo lunga e io sono incredibilmente lenta a scrivere, non me ne vogliate.
E niente, credo di aver detto tutto (?)
Grazie ancora a coloro che sono arrivati fin qui!
Au revoir!
   
 
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