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Autore: Dahu    14/08/2017    0 recensioni
Nati come un esperimento della Guardia Imperiale, i Baschi Neri sono tutti abitanti di un mondo assassino.
Classificati come ferali e considerati selvaggi dagli altri soldati, addestrati come forze speciali per operazioni mordi e fuggi, presto dovranno fare i conti con quello che sono in realtà; ragazzi di diciotto anni con un fucile laser tra le mani e nessuna idea di cosa gli riservi il futuro.
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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-Aurelios!-

La voce di Sirio riscosse il paracadutista, che si alzò faticosamente dal gradino sul quale era seduto assieme al Sottotenente Iathena, per raggiungere l’amico.

Il medico non accennò neppure a seguirlo.

Aurelios si abbassò, camminando curvo, per evitare che qualche gretchin cecchino imbroccasse il colpo della vita proprio con lui, mentre si avvicinava al Caporale, sdraiato nel punto dove pochi minuti prima si era trovato lui stesso.

In prossimità della breccia, il paracadutista si abbassò fino a strisciare e raggiunse l’altro elysiano.

-Allora che v…-

Sirio lo interruppe bruscamente portandosi un dito alle labbra.

I suoni giungevano più chiaramente alle sue orecchie, amplificati dall’elmetto Tipo 5, mentre Aurelios, che aveva lasciato il suo sulle scale, faticava molto di più a distinguerli.

Ciò che appariva evidente era che a meno di cento metri da loro era in corso un furioso scontro a fuoco.

-A te cosa sembra?-

Domandò il graduato.

-Non lo so, sono un paio di fucili laser, non possono mica essere i soccorsi… Sarà qualche gretchin che gioca con le armi catturate, mentre altri sparano a caso, lo sai come sono i verdi…-

Non potevano essere i soccorsi, per spezzare il cordone di orchi che circondavano il complesso sarebbero servite almeno due compagnie, ma per aprirsi la strada e garantire una via di fuga ci sarebbe voluto un intero battaglione.

Sirio annuì e stava per ribattere, quando un nuovo suono gli arrivò distintamente attraverso il fono amplificatore.

-Ascolta! Darn, questa è una darn di Minkan, ne sono sicuro!-

-Una che?-

Il Caporale sbuffò.

-Una Minkan, una mitragliatrice laser leggera Mini Kantrael… Non ce ne sono molte in giro e noi non ne abbiamo neanche una!-

Aurelios parve stupito.

-E tu queste cose come le sai?-

-Le so perché a Camp Martes io seguivo le lezioni, non mi defilavo non visto per appartarmi con la cuoca…-

-E con l’infermiera del plotone F…- Specificò il paracadutista, provocando un sorriso stanco all’amico. –Comunque mi dici che noi non le abbiamo?-

-No, hanno un rateo di fuoco esagerato, se non ci stai attento rischi di dover girare con una carriola per portare le celle d’energia che ti servono… Ed in questo caso direi che l’amico si è fatto fuori una cella intera… Di sicuro non sono elysiani.-

Entrambi si concessero un breve riso sommesso; per i paracadutisti, abituati ad operare dietro le linee nemiche, era importante non sprecare colpi, poiché non sapevano quando avrebbero avuto accesso ai rifornimenti. Ma il doppio senso di Sirio si riferiva alla diceria comune secondo la quale gli elysiani fossero un popolo molto tirchio.

Il Sergente Khrodys arrivò strisciando nella polvere di cemento.

-Allora ragazzi, che darn succede? Gli orchi si ammazzano tra loro?-

Sirio scosse la testa, per quanto il sott’ufficiale non lo potesse vedere, dato che si trovava oltre il corpo disteso di Aurelios.

-Negativo signore, sono guardie imperiali… Abbiamo sentito una Minkan...-

-HA sentito una Minkan, io mi dissocio!-

Scherzò il paracadutista semplice.

-Una Minkan?! Quarta, ne sei sicuro? Quell’arma è obsoleta, non la usa più nessuno e… Darn! Tutti al coperto!-

Un voluminoso fuoco di armi pesanti prese a sferzare la facciata già sfigurata della palazzina, mentre un paio di missili mal tirati piovevano da qualche parte diverse decine di metri oltre il loro rifugio.

La voce del Sergente era incrinata da una vena di paura quando urlò.

-Stanno per attaccare! Tutti qui, pugnali e bombe a mano!-

La palazzina si animò come un formicaio incautamente pestato da un bambino; i paracadutisti che fino ad un momento prima giacevano come morti e quasi invisibili per via della polvere che li aveva ricoperti, balzarono in piedi per accorrere al richiamo del sott’ufficiale.

Sarebbe stata la loro ultima battaglia, poiché non vi era modo di respingere il nemico.

 

Iathena si alzò di scatto, non pensò neppure per un istante a prendere l’elmetto lasciatole accanto da Aurelios. Stavano arrivando.

Sentì una stretta allo stomaco ed un forte senso di nausea, era questa dunque la morte?

Si inginocchiò dietro al riparo offerto da un mozzicone di muro, pochi passi più a sinistra della breccia a guardia della quale erano posti Aurelios, Sirio ed il Sergente.

Il fuoco cessò improvvisamente come era iniziato.

Voleva dire una sola cosa.

-Moriremo tutti vero?-

Domandò senza rivolgersi a nessuno in particolare.

Ma Sirio si alzò, incurante della possibilità di essere colpito da un cecchino, e le posò una mano sulla spalla.

-Se moriremo lo faremo in piedi, come veri figli di Elysia, come veri soldati della Guardia Imperiale, coraggio Sottotenente, regoli l’Accatran su potenza massima e miri alla testa, un colpo un morto, portiamocene dietro quanti possiamo!-

un urlo di approvazione da parte dei paracadutisti fece eco alle sue parole, ma venne immediatamente zittito dalle belluine urla degli orchi che, radunatisi nello spiazzo antistante la palazzina, partivano all’assalto della breccia.

I dodici paracadutisti superstiti si strinsero spalla a spalla e fecero fuoco.

Iathena inquadrò nel mirino una bestia enorme, impugnava una rozza ascia ed una spranga di ferro e correva urlando verso di lei.

Si sforzò di non pensare alle altre decine di mostri che si arrampicavano sulla rampa di detriti, ma la paura non le permetteva di escluderli completamente dalla sua mente.

Sparò sei colpi a massima potenza prima che l’orco cadesse a terra.

Troppi, erano troppi.

-Bomba!-

Gridò Aurelios lanciando con una parabola perfetta l’ultima granata in possesso del plotone.

Un orco che aveva già raggiunto la sommità del cumulo di macerie e si apprestava a calare la sua rozza arma sui paracadutisti, si bloccò in una posa grottesca e lanciò un gorgogliante urlo di dolore quando le schegge gli fecero a brandelli la schiena.

Un altro lo rovesciò in avanti, calpestandolo con i suoi pesanti scarponi per avventarsi sui soldati.

Iathena vide il muso dell’essere, stravolto in un’espressione di ferocia animalesca, a meno i due metri da lei.

Senza neppure pensarci spostò il selettore di tiro su raffica e premette il grilletto senza più rilasciarlo.

Con sua sorpresa l’arma rispose con un secco “click”.

Per fortuna dell’ufficiale medico, tutti i soldati la imitarono e gli ultimi dardi laser contenuti nelle celle fulminarono la creatura, che cadde in avanti costringendo gli elysiani a spostarsi per non essere schiacciati sotto la sua imponente stazza.

Le munizioni erano ormai esaurite ed il Sergente Khrodys estrasse il pugnale, urlando a tutti i presenti.

-è stato un onore combattere con voi!-

Aurelios sfoderò la Makahira, la corta spada ricurva tradizionale di Elysia e ne baciò la lama un’ultima volta, prima di balzare in piedi, un’espressione battagliera sul viso stanco.

Sirio impugnava la Makahira con la destra, mentre nella sinistra reggeva il coltello d’ordinanza, dal retro seghettato.

-Fino all’ultimo paracadutista!- Ringhiò il Caporale Quarta.

Iathena non fece nulla.

Era rimasta impietrita, il fucile laser scarico ancora stretto tra le mani.

Vide i suoi compagni sfoderare le armi bianche, pronti a combattere corpo a corpo, in quella che non sarebbe stata una battaglia, ma un massacro.

Loro erano soldati esperti, ma lei era una ragazzina.

Era la prima volta che le capitava di pensarlo; era stata addestrata certo, ma non era una dura veterana come Aurelios e Sirio. Era un medico nel posto sbagliato.

Un orco sferrò un colpo d’ascia che uccise due uomini, maciullandoli orrendamente e si buttò oltre.

Era talmente lanciato che gli uomini posti a guardia della breccia non poterono fermarlo e lui non parve neppure sentire le ferite inflitte dalle lame ricurve dei due veterani.

Le fu addosso in un attimo e sollevò la sua rozza ascia, già imbrattata di sangue.

Iathena sollevò l’Accatran nel vano tentativo di parare il colpo e chiuse gli occhi.

Qualcosa di caldo le schizzò in faccia, ustionandola.

 

-Una sola scarica ragazzi, poi alla baionetta senza ricaricare, non ne abbiamo il tempo!-

All’ordine del Caporale Slunt fecero eco la voce di otto fucili laser Kantrael Pattern e l’urlo stridente della Minkan di Trulls, che stava consumando una cella intera.

Gli orchi lanciati all’attacco dei paracadutisti furono investiti alle spalle da un imponente fuoco di fucileria che li falcidiò senza pietà.

I vendolandiani non erano certo famosi per fare economia di colpi ed il risultato contro i nemici, ammassati per salire la rampa di detriti, fu devastante.

In un istante il terreno davanti alla palazzina si trasformò in un carnaio di morti ed agonizzanti, mentre i pelleverde, disorientati, si giravano disordinatamente per fare fronte alla nuova minaccia.

Non appena esaurite le celle d’energia, gli esploratori saltarono dal tetto sulla tettoia in lamiera e da qui in strada.

Drake atterrò pesantemente e dovette mettere le mani a terra per non cadere.

Il suo fucile laser ondeggiò attaccato alla bandoliera e sbatté violentemente sull’asfalto, con un suono che non gli piacque per nulla.

Ma non era il momento di pensarci.

I vendolandiani si slanciarono in avanti, ululando di pura ferocia.

Di norma gli uomini temevano la forza bruta delle creature orcoidi e la loro furia, ma su Vendoland gli orchi erano forse le bestie meno pericolose, per cui gli esploratori li affrontarono con passione, desiderosi di sfogare la rabbia per la morte dei loro compagni e la frustrazione per quell’infernale arrancare nella condotta forzata.

L’ordine “baionette” era stato una pura formalità; quasi nessuno aveva scelto quell’arma, i vendolandiani preferivano abbandonare il fucile laser a pendere dalla bandoliera, impugnando con la destra la pistola laser e con la sinistra un’arma bianca.

Per lo più maneggiavano il coltello tradizionale, ma alcuni avevano preferito asce leggere o lunghi machete.

Rak Tay impugnava una lama di trenta centimetri seghettata da entrambi i lati e di un colore bianco giallastro, ricavata dal dente di un coccodrillo marino di Vendoland, che tagliava più dell’acciaio.

Drake puntò la pesante pistola laser contro ad un nemico e sparò.

L’arma, un modello studiato per la realtà di Vendoland, era grossa e sparava a grande potenza, aveva dunque un autonomia molto limitata, considerata anche la sua tendenza a surriscaldarsi, ma su distanze ravvicinate aveva l’effetto di un piccolo cannone.

Dopo quattro colpi, il torace dell’orco esplose come un palloncino, schizzando sangue ed umori tutto attorno.

Lo scout sorrise mentre gli schizzi caldi lo colpivano, era un cacciatore ed aveva il gusto del sangue.

Trulls abbatté due orchi, poi puntò la pistola contro un terzo, ma l’arma aveva esaurito le munizioni.

Il mitragliere era molto alto anche per la sua gente e, con i suoi due metri e venti, sovrastava quasi tutti gli uomini ed anche qualche orco.

Senza rallentare la corsa, il gigante diede una testata in faccia al mostro, che arretrò più per lo stupore che non per il colpo.

Trulls cercò di resistere al dolore al capo che gli si era acceso come un fuoco al contatto con le zanne del mostro e vibrò il suo coltello in un arco laterale che colse il pettorale destro dell’orco.

La pelle di quegli xeno era molto resistente, ma i coltelli vendolandiani erano forgiati per essere taglienti come rasoi ed allo stesso tempo abbastanza pesanti da perforare la scorza chitinosa delle fiere che infestavano il pianeta.

La lama tagliò il muscolo come fosse burro e rimbalzò su di un paio di costole prima di uscire dall’addome, portandosi dietro una buona parte degli intestini del pelleverde.

L’orco indietreggiò urlando di dolore e tentò di calare la sua ascia, ma il coltello di Drake, vibrato a tutta forza, gli si piantò nel cuore, spezzando la sua brutale vita.

Il cacciatore torse la lama e la estrasse, provocando un fiotto di sangue che imbrattò entrambi i soldati, i quali si scambiarono un rapido sguardo d’intesa.

Avevano il viso sconvolto da un’espressione feroce, che metteva in evidenza i canini pronunciati tipici della loro gente.

Il Caporale Slunt infilzò un nemico con la baionetta, battendolo in allungo grazie alla canna del fucile laser e sparò due colpi per staccarne il cadavere dall’arma.

Il calcio del Kantrael si abbatté sul muso di un secondo avversario, che non ebbe il tempo di rispondere poiché la sua testa fu ridotta in poltiglia da due colpi del fucile a pompa maneggiato dal tiratore.

L’uomo ruotò su se stesso e freddò un altro avversario, prima che un colpo d’ascia lo sollevasse letteralmente da terra, facendo ricadere il suo corpo dieci metri più indietro, mentre i suoi organi interni piovevano sull’asfalto, seguendo la traiettoria del volo.

L’orco si voltò verso Rak, ma questi sganciò dalla bandoliera il fucile laser, sul quale aveva montato la baionetta e lo palleggiò un paio di volte nella mano destra, prima di scagliarlo come un giavellotto.

L’arma si piantò nel torace del pelleverde, rimanendovi infissa poiché la lama si era incastrata tra le costole.

Rak balzò in avanti e si lasciò cadere per evitare il colpo circolare menato dal nemico prima di afferrare l’impugnatura del Kantrael.

Il pollice portò il selettore su raffica e l’indice premette il grilletto, liberando una lunga serie di dardi laser.

L’artificiere sperò che il Caporale Slunt non se la prendesse troppo a male se lui gli aveva disubbidito, ricaricando prima di saltare dal tetto, mentre apriva nel torace dell’orco un buco largo quanto un elmetto da fanteria.

Ignorando la pioggia di umori bollenti che lo imbrattava, il vendolandiano scattò in piedi e fece crollare a terra un secondo nemico con una raffica ben diretta, prima di finirlo con una coltellata.

Gli orchi erano stati travolti dall’inaspettato e feroce attacco, ma erano pronti a riorganizzarsi e, in un confronto alla pari, i vendolandiani non avevano alcuna speranza.

Il Caporale Slunt liberò la lama della baionetta dal corpo ancora fremente di un orco e si voltò per controllare la posizione dei propri uomini.

-Avanti! Avanti, non vi fermate, alla palazzina!-

Rak vide un nemico che puntava un grosso mitragliatore e gli sparò due colpi di pistola, facendogli esplodere la testa come un frutto troppo maturo.

Amava quell’arma; i vendolandiani preferivano sparare sempre a massima potenza, difficile dare loro torto visto che arrivavano da un mondo dove dovevano far fronte a mostruose creature armati solo di arco e frecce.

Quando scoprivano la tecnologia laser poi era difficile far loro capire il concetto di sparare a potenza ridotta.

Personalmente Rak non l’aveva mai capito ed uno degli aspetti che preferiva della pistola laser in dotazione al 106° Reggimento era l’assenza del regolatore d’intensità, un inutile orpello secondo quasi tutti i vendolandiani.

 

Iathena riaprì gli occhi e si portò una mano al viso bruciato.

Nella fronte del pelleverde si era aperto un foro circolare e lei realizzò che ciò che l’aveva colpita erano resti di materia cerebrale liquefatta da un dardo laser.

Dovette scartare di lato per non essere travolta dal cadavere del mostro.

Un virulento fuoco di armi laser si stava abbattendo sul nemico.

Lei si avvicinò alla breccia, appena in tempo per vedere una decina di individui balzare giù dal tetto di un edificio di fronte alla palazzina e caricare lanciando urla che non avevano nulla da invidiare a quelle degli orchi.

Erano uomini enormi, si rese conto quando li vide a confronto con i pelleverde, il più basso doveva essere sul metro e ottanta, che per un elysiano era già un’altezza considerevole, ma alcuni dovevano essere sopra i due metri di statura.

Molti erano armati di grossi coltelli a lama larga, armi che le davano l’impressione di essere brutalmente efficienti.

Ne ebbe la conferma quando vide una specie di gigante che sbudellava senza fatica un orco.

I nuovi venuti indossavano la parte toracica di un’armatura carapace, il che li denotava chiaramente come membri di una qualche forza speciale, ma dai bassi ringhi che emettevano sembravano più una banda di selvaggi a caccia.

Iathena si scoprì a pensare che quegli uomini incarnavano esattamente l’idea che da ragazzina si era fatta sentendo le storie sugli orchi.

Il primo della squadra di selvaggi si trovò in corrispondenza della breccia e prese a gesticolare animatamente in direzione dei suoi simili.

-Muovetevi! Tutti dentro!-

Il suo gotico era tanto accentato che lei faticava a capirlo.

L’uomo impugnava fieramente un fucile laser con la baionetta innastata, imbrattato di sangue fino a metà del manicotto ed aveva un’espressione assurdamente feroce, che metteva una certa inquietudine anche tra i paracadutisti.

Improvvisamente la giovane si rese conto che non era per via del viso teso, sporco di sangue e di quella che sembrava nafta, o per le sue dimensioni, era per via delle zanne.

Tutti i nuovi venuti che ora balzavano oltre il riparo offerto dalla postazione dei paracadutisti sfilando ai lati del loro comandante, avevano i quattro canini più sviluppati di quelli della normale anatomia umana che Iathena aveva studiato.

Erano simili a quelli di alcune grandi scimmie che le era capitato di vedere in un video documentario in accademia e, forse in un gesto inconscio, li tenevano snudati in un ringhio, così che le loro bocche apparivano simili a quelle di felini da preda.

Quando anche l’ultimo selvaggio fu al sicuro oltre il muro della palazzina, il loro comandante diede un secco ordine in un gotico troppo rozzo perché lei lo potesse comprendere e tutti fecero partire un’abbondante salva laser verso il basso, convincendo i pelleverde a ritirarsi nella copertura offerta dagli edifici ai lati dello spiazzo.

Alla salva fece eco un virulento quanto inutile fuoco di risposta, dal quale tutti i presenti si sottrassero facilmente sedendosi dietro i mozziconi di muro.

In quel momento un tuono lacerò l’aria, preceduto da un terrificante fischio.

   
 
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