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Autore: Recchan8    20/08/2017    0 recensioni
Questa è la storia di un primo amore adolescenziale, di un'estate trascorsa tra amicizie e incomprensioni.
Questa è la storia di Fabiola, Silvia, Flavia, Tiberio e Virgilio: cinque ragazzi, un unico filo conduttore.
Questa è la storia dell'Estate dell'Imperatore.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Quando Virgilio mi disse che avrebbe chiesto a Tiberio di darmi una mano col latino, non ci credevo davvero; sia per il fatto che il bel biondo appariva troppo preso da Flavia e dalla nostra messinscena per ricordarsene, sia perché Tiberio non mi sembrava un tipo disposto a fare quel genere di cose. Eppure dovetti ricredermi quando la mattina seguente lo trovai a gironzolare nell'orto di casa mia. Indossava una maglietta bianca, un paio di jeans neri piuttosto stretti, e le stesse scarpe che portava il giorno che lo vidi la prima volta. Dal momento che portare dei jeans lunghi in piena estate non gli sembrava abbastanza insolito, in testa si era messo un fazzoletto azzurro a mo' di contadina.
Tornai in casa e lanciai un'occhiata interrogativa a mia nonna.
-"Che succede?"- mi domandò mentre asciugava le tazze della colazione.
-"Che succede?"- ripetei. -"C'è Tiberio nell'orto! Quando è entrato?"-.
-"Tiberio? E chi sarebbe?"-. Si asciugò le mani al grembiule e uscì in veranda. Tornò poco dopo con la fronte corrugata. -"Ah, quel Tiberio. Sinceramente non lo so, probabilmente l'ha fatto entrare tuo nonno. E' un problema?"-.
-"Oh... No, credo di no"- risposi esitando. -"Lo... conosci?"- le domandai lanciando un'occhiata alle mie spalle.
Mia nonna alzò le spalle, tornò al lavandino e riprese il suo lavoro.
-"Che aspetti? Vai, non credo sia qui per controllare le nostre piante. Certo però che è davvero bizzarro quel ragazzo... Oh be', lo è sempre stato. Mi sorprende il fatto che sia venuto fin qua con me e tuo nonno in casa. Non è un individuo molto... sociale"-.
Sospirai e uscii in veranda. Tiberio aveva appena finito di passare in rassegna i pomodori e si stava apprestando a controllare le zucchine quando io tossii leggermente per richiamare la sua attenzione. Alzò lo sguardo verso di me restando impassibile. I suoi occhi gialli erano in contrasto con l'azzurro del fazzoletto che aveva in testa. Riabbassò lo sguardo e salì i pochi scalini che portavano alla veranda.
-"Buongiorno"- gli dissi.
-"Ricevi solo ciò che dai"-.
Lo guardai male.
-"Come, scusa?"-.
-"Ricevi solo ciò che dai"- ripeté.
Alzai un sopracciglio e storsi la bocca in una smorfia.
-"Ricordatelo"- aggiunse picchiettandosi un indice alla tempia.
Si diresse al tavolo di legno e si sedette. Lo seguii e mi fermai con le mani sui fianchi di fronte a lui.
-"Di grazia, messere, come mai è qui?"- domandai prendendolo platealmente in giro.
Tiberio mi puntò addosso i suoi occhi da gatto e mi sorrise.
-"Per il latino"- rispose semplicemente.
Trattenni il respiro per un attimo e poi espirai chiudendo gli occhi. Allora Virgilio glielo aveva chiesto davvero, ed evidentemente Tiberio aveva acconsentito. Probabilmente non aveva niente di meglio da fare; non vedevo altra risposta alla sua presenza.
-"Oh, ecco..."- iniziai un po' a disagio.
-"Che aspetti? Vai a prendere il quaderno, il libro, le versioni se non sono sul libro, l'astuccio, il vocabolario..."- disse contando sulle dita ogni oggetto che elencava. -"Quante sono le versioni? Non so se mi staranno tutte sulla punta delle dita..."-.
Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa. Entrai in casa per andare a prendere la lezione quando scorsi le occhiate che mia nonna lanciava a Tiberio. Tornai sui miei passi e mi chinai su Tiberio avvicinando le mie labbra al suo orecchio.
-"Se fossi in te mi leverei il fazzoletto dalla testa"-.
-"Perché?"-.
-"Sai, c'è mia nonna in casa e diciamo che hai un aspetto alquanto... insolito"- spiegai.
-"Ah sì? Per me fa lo stesso, non mi importa"-.
Sospirai e rientrai in casa. Quando tornai in veranda vidi il fazzoletto azzurro legato al suo polso sinistro. Sul polso destro, invece, spiccava ancora il polsino rosso del giorno prima.

 

 

-"E' della seconda declinazione, non della prima"-.
Guardai schifata il nome sulla versione.
-"Ma ha la terminazione in -a, come può essere di seconda?!"- esclamai esasperata.
Tiberio sospirò e mi chiese di dirgli la seconda declinazione.
-"Bene, ora declinami donum"-.
Alzai gli occhi al cielo e cominciai. Arrivata al plurale mi bloccai; Tiberio aveva gli occhi abbassati sulla versione ma stava sorridendo.
-"E'... plurale. Neutro plurale"-.
-"Ci siamo arrivati!"-.
Borbottando parole incomprensibili persino per me stessa, continuai con la traduzione. La maledetta (la professoressa, ovviamente) mi aveva riempita di versioni d'autore e ne avevo fin sopra i capelli delle opinioni politiche di Cicerone, degli auto-elogi di Cesare e dei discorsi senza senso di Aristotele e compagnia bella. Presa da un improvviso attacco di rabbia mista a esasperazione, bucai il foglio del quaderno con la penna e la lanciai sul tavolo; si andò a incastrare in uno dei solchi tra le assi di legno. Tiberio mi guardò malissimo.
-"Basta"- proclamai lapidaria.
-"Siamo solo a metà"- ribatté Tiberio recuperando la penna.
Me la porse e dopo un attimo di esitazione la presi.
-"Non ne posso più, continuiamo più tardi"- proposi.
-"Non se ne parla nemmeno. Devi finirla"- ribatté.
-"E' estate, ho tutto il tempo che voglio"-.
-"A settembre hai gli esami, e il tempo vola"-.
-"E' la prima volta che ti vedo così determinato. Che ti succede?"- lo punzecchiai.
-"Mi piace il latino e odio le persone che lasciano le cose a metà"-.
Mi rivolse un'occhiata talmente dura e fredda che mi fece raggelare il sangue nelle vene nonostante i trenta gradi esterni. Abbassai lo sguardo un po' a disagio, presi la penna in mano e, rassegnata, continuai con la traduzione.
Mezz'ora dopo avevamo concluso il nostro lavoro.
-"Sei più dura di quanto pensassi"- disse Tiberio massaggiandosi una guancia con aria distratta.
Chiusi il vocabolario e lo guardai di traverso.
-"Non è vero"-.
-"Sì invece"-.
Si alzò in piedi e si avviò verso le scale. Mi rivolse un'ultima occhiata e poi, senza salutare, se ne andò prima che io potessi aggiungere o chiedere altro.
"Tipico di lui" pensai, e cominciai a riportare in camera il materiale di latino. Quando tornai in veranda trovai Virgilio seduto al tavolo. Cos'era, uno scambio di persone in stile mago Casanova?
-"Seriamente, vi divertite?"- domandai un po' scocciata.
Il biondo mi sorrise e mi fece segno di sedersi accanto a lui. Obbedii e lui mi appoggiò la testa sulla spalla.
-"Virgo...?"-.
-"E' un lavoro che dovresti fare tu, io sono più alto di te. Così mi verrà il torcicollo"-.
-"Sì, ma..."- boccheggiai.
Mi prese una mano e cominciò ad accarezzarmela.
-"Latino? Tutto bene?"-.
Stavo diventando rossa. Oh, se lo stavo diventando. Sentivo il rossore salirmi sulle guance e raggiungere l'attaccatura dei capelli. Cercai di ribellarmi ma non ci riuscii; tutte le membra del mio corpo adoravano la situazione in cui mi trovavo.
-"Sei così carina quando arrossisci..."-.
-"M-M-Ma..."- balbettai.
In quel momento pensai di morire. Eravamo troppo vicini, riuscivo a sentire il suo profumo; le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie...
Poi sentii una voce provenire dalla strada e capii tutto.
L'incantesimo si infranse e la morsa al petto si sciolse.
-"Virgilio... Non farlo mai più"- sussurrai, con il viso ancora fra le sue mani.
Virgilio lasciò la presa, si scostò un poco e cercò di trattenere le risate. Io nel frattempo iniziai a diventare rossa. Di indignazione.
-"Scusami, ma faceva parte del patto, no?"-.
-"Ho capito, ma almeno avvisami prima! Solo perché hai visto Flavia che stava camminando davanti a casa mia non hai il diritto di piombarmi in casa..."-.
-"Veranda"- mi interruppe asciugandosi le lacrime.
-"Quel che è, fa sempre parte di casa mia! Non hai il diritto di piombarmi in casa e di fare certe cose!"-.
Liquidò la faccenda con un gesto della mano e mi puntò addosso un paio di occhi castani.
-"Non sta servendo a niente. Mi guarda come fa sempre, si comporta come sempre, mi parla come sempre... Ma perché?"- disse portandosi le mani alla testa.
Andai a sedermi di fronte a lui e, mio malgrado, sorrisi per la sua stupidità. O ingenuità.
-"Virgo, è ovvio che non sia cambiato niente. Non è nemmeno un giorno che stiamo inscenando questa farsa. Che cosa pensavi, che ti si gettasse subito tra le braccia?"-.
-"Non è così che funziona, giovanotto, cosa credi?"-.
Mi girai di scatto per vedere mia nonna sulla soglia mentre si asciugava le mani al grembiule. Le scoccai un'occhiataccia che lei mi rimandò indietro.
-"Un altro? Bambina mia, in questa casa stanno circolando troppi ragazzi!"- mi disse con una finta aria severa.
-"Ma nonna...!"-.
-"Non pensavo proprio che avresti chiesto aiuto a Fabiola; attento a non abusare troppo della sua bontà d'animo!"- lo ammonì. -"Virgilio caro, Flavia è un osso duro, non sarà facile come credevi"-.
Il ragazzo incurvò le labbra all'ingiù e sospirò rumorosamente.
-"Ma io la amo!"-.
-"Ma, ma, ma!"- lo scimmiottò. -"Se davvero la ami, va' da lei e diglielo. E' la cosa migliore da fare"-. Detto ciò tornò alle sue faccende domestiche blaterando qualcosa tra se stessa.
-"Ma tu guarda, sa pure di questa storia"- commentai scuotendo la testa. -"Però non ha tutti i torti, eh..."-.
Virgilio mi guardò male e in tutta furia si alzò. Fece per andarsene, ci ripensò e mi puntò addosso un indice.
-"Il nostro patto è ancora valido. Se tra quattro giorni non ci saranno segni di cambiamenti... Mi dichiarerò. Apertamente. Faccia a faccia"-.
Lo guardai sbalordita mentre scendeva le scale e si chiudeva il cancelletto alle spalle. Come mai questa improvvisa smania d'azione?
Senza troppi complimenti attraversai di corsa la terrazza dei nonni di Silvia e mi affacciai sulla strada.
-"Ne sei sicuro?! Mi sembra un po' affrettata come soluzione!"- gli urlai dietro.
-"Sicurissimo!"- mi rispose senza fermarsi.
-"E se poi te ne penti? Se il vostro rapporto..."-.
-"Fabiola!"-.
Venni interrotta da Flavia, che notai si stava sbracciando sotto di me per farsi vedere. Nonostante la lontananza sentii Virgilio imprecare e allontanarsi a grandi passi.
Permaloso il ragazzo!

 

 

Presa dall'esasperazione, quella sera tradussi due versioni di Cornelio Nepote.
Misi nell'astuccio la penna e seppellii la faccia nel quaderno.
Pensandoci bene, non sapevo per quanto tempo avrei potuto reggere la farsa inscenata con Virgilio; a lungo andare avrebbe potuto far male a me e non a lui, visti i precedenti del pomeriggio. Ormai era chiaro: Virgo aveva occhi soltanto per Flavia. E se io mi fossi innamorata di lui? Sarei stata destinata a soffrire, anche se non in eterno, ovviamente. Il fatto poi che Flavia non desse segni di gelosia non aiutava le cose, forse le peggiorava: Virgilio si innervosiva sempre di più e il suo comportamento nei miei confronti avrebbe sfiorato l'idiozia delle telenovelas argentine.
Sospirai, spostai il quaderno e appoggiai la fronte sul libro di latino.
"Flavia, di' a Virgo che lo ami e fa' in modo che io possa riposare in pace".
Impossibile, Flavia era cotta di Tiberio.
"Flavia, di' a Virgo che ami Tiberio e fa' in modo che io possa riposare in pace".
Pace? Quale pace? Ricevuta una simile batosta, Virgilio sarebbe corso da me in lacrime e si sarebbe ucciso sotto i miei occhi.
Mi alzai di scatto e andai in veranda a dare un'occhiata all'orto. Bene, nessuna traccia di alberi. Sospirai di sollievo eliminando il pensiero del suicidio tramite l'impiccagione e mio nonno, seduto in veranda a leggere, mi guardò di sottecchi. Tornai in casa e sostituii il libro col vocabolario.
Silvia. Silvia si era tirata subito fuori dalla faccenda, e mi aveva anche consigliato di fare lo stesso. Maledetta me che non le avevo dato retta! E Tiberio? Tiberio se ne stava nel suo, sempre e comunque.
Forse mi stavo facendo troppe paranoie.
-"Come mai stasera fai i compiti?"- mi domandò mio nonno dalla veranda.
-"Perché sì"- risposi senza alzarmi dal vocabolario.
-"C'è qualcosa che ti affligge?"- chiese girando la pagina del libro che stava leggendo.
-"Mi sono invischiata in un problema più grosso di me"-.
-"Virgilio e Flavia?"-.
Alzai la testa e lo guardai stupita. Mio nonno, essendo uomo, non è mai stato uno in grado di capire certe cose solo guardando le persone. Spostai perciò lo sguardo su mia nonna che mi rivolse un'alzata di spalle per poi tornare al suo lavoro all'uncinetto.
-"Quanto chiacchieri, nonna!"- dissi alzando gli occhi al cielo.
Soffocò una risata e fece finta di non avermi sentita.
-"Lasciali perdere. Lascia che le cose seguano il loro corso"- disse mio nonno. -"Non perdere tempo inutilmente"-.
-"Perdere tempo?"-.
-"Tu devi studiare, mica fare da tramite a due ragazzetti o organizzare complotti"-.
Sospirai per l'ennesima volta, raccolsi la mia roba e la rimisi nella valigia sotto il letto.
-"Anche perché poi, a settembre...!"-.
Chiusi la porta e mi ci appoggiai. Digrignai i denti pensando agli esami a settembre, al caldo dell'aula e alla paura di sbagliare la prova. Mi riscossi, guardai l'orologio e decisi che era abbastanza tardi per continuare a tradurre. Al diavolo Virgilio e i suoi problemi, al diavolo Flavia, e al diavolo il latino. Mi misi in pigiama e andai a chiudere la finestra, quando vidi nel vicolo di sotto Tiberio. Lui si accorse di me e alzò lo sguardo. Restammo in silenzio a guardarci per due minuti buoni.
-"Al diavolo anche te!"- sbottai, e chiusi la finestra con un tonfo sonoro.

 

 

 

   
 
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