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Autore: Rivaille_02    28/08/2017    0 recensioni
21 Agosto 2017, Stati Uniti.
Era già da qualche mese che si parlava dell’eclissi totale di sole. Alcuni pensavano che ci sarebbe stata un’apocalisse, altri lo vedevano come un giorno normale dove succedeva qualcosa di interessante. Alfred faceva parte del primo gruppo. Per questo aveva invitato Arthur a casa sua per qualche giorno. Era la persona più importante per lui e se davvero ci fosse stata un’apocalisse voleva passare i suoi ultimi giorni insieme a lui.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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21 Agosto 2017, Stati Uniti.
Era già da qualche mese che si parlava dell’eclissi totale di sole. Alcuni pensavano che ci sarebbe stata un’apocalisse, altri lo vedevano come un giorno normale dove succedeva qualcosa di interessante. Alfred faceva parte del primo gruppo. Per questo aveva invitato Arthur a casa sua per qualche giorno. Era la persona più importante per lui e se davvero ci fosse stata un’apocalisse voleva passare i suoi ultimi giorni insieme a lui.
Erano le sette del mattino e la sveglia suonò facendo svegliare Arthur. La prima cosa che vide subito dopo aver aperto gli occhi fu la mano di Alfred sul suo petto. Girò la testa e vide che stava ancora dormendo. Sorrise spontaneamente per poi scostargli dolcemente la mano per alzarsi. Sarebbe andato a prendersi un caffè in tutta tranquillità siccome Alfred stava dormendo. Appena si mise a sedere, lo sentì lamentarsi.
«Arthur...» lo chiamò nel sonno allungando un braccio. Il ragazzo si girò. «Non lasciarmi...». Sembrava stesse avendo un incubo. L’inglese gli prese la mano. Spostò gli occhi sul suo viso: aveva iniziato a piangere. Si avvicinò e gli diede un bacio sulla fronte.
«Sono qui... non ti lascio» sussurò. L’altro aprì lentamente gli occhi e, nel vederlo, gli saltò letteralmente addosso piangendo. Arthur, dopo averlo miracolosamente calmato, gli chiese cos’avesse sognato. Probabilmente qualcosa riguardo a questa presunta “apocalisse”, pensò.
«Ho sognato la Guerra d’Indipendenza... non so perché...» si mise a sedere a testa bassa. Aveva gli occhi spenti. Era sempre così ogni volta che se la ricordava.
«Che ne dici di prepararmi un bel caffè americano?» gli chiese l’inglese cambiando discorso. Alfred annuì e si diresse in cucina. Si fermò alla porta.
«Non mi lascerai come quella volta, vero, Arthur?». Il ragazzo sospirò per poi sorridergli.
«Certo che no» rispose facendo tranquillizzare l’americano.
Il caffè che preparava Alfred era il migliore secondo Arthur. Come ogni cosa che faceva, insomma. Non lo dava a vedere, ma gli piaceva tutto quel che faceva per lui. Gli piaceva tutto di lui. E soffriva ogni volta che lo vedeva giù di morale.
Una volta raggiunta la cucina, trovò l’americano alle prese con la macchinetta del caffè. Si sedette aspettando la bevanda. L’unico suono che echeggiava nella stanza era quello della macchinetta. I raggi del sole illuminavano la stanza e Alfred sapeva che presto sarebbero scomparsi del tutto. Guardò fuori dalla finestra e vide già molte macchine per strada. Erano ancora le sette del mattino e la gente era già in viaggio per vedere l’eclissi. Abbassò lo sguardo verso il bicchiere e vide che era pieno. Spense quindi la macchinetta e lo portò ad Arthur. Questi lo guardò per un po’, poi si decise a berlo.
«Senti Alfred, ma questa cosa dell’apocalisse te l’ha detta il tuo amico alieno o te la sei inventata?» gli chiese tutto ad un tratto. «Comunque il caffè era buono» gli sorrise.
«Tony non mi ha detto nulla riguardo l’eclissi. Sono in molti che lo credono, tutto qui» rispose riponendo il bicchiere nel lavandino.
«E ovviamente tu fai parte di quelli che ci credono...» sbuffò l’inglese. «Sei proprio senza speranze».
«Secondo te non succederà niente, Arthur?» gli chiese guardandolo. L’altro ridacchiò.
«Cosa dovrebbe succedere, scusa? Ce ne sono state altre in passato e guarda caso siamo ancora vivi» spiegò appoggiando una mano sul tavolo. L’americano si limitò a sorridere. Arthur arrossì. «P-perché diamine non rispondi?! Dannazione...» abbassò la testa imbarazzato. L’altro si mise a ridere. «E non ridere!!».
Mezz’ora dopo presero la macchina per raggiungere il luogo dove potevano guardare l’eclissi. Qualche minuto più tardi, Arthur si girò e vide che nei sedili posteriori c’era una busta e un cestino da picnic. Domandò ad Alfred cosa ci fosse dentro, anche perché l’eclissi doveva essere alle nove del mattino e non c’era motivo di portare del cibo.
«Nel cesto c’è del cibo» rispose tranquillamente mentre guidava.
«Non sono le solite schifezze americane, vero?».
«Il cioccolato non è una schifezza! Dopo ti faccio mangiare una barretta. Lo vuoi con le nocciole o senza?» gli chiese facendo irritare l’inglese.
«Non lo voglio» disse secco.
«Lo sapevo, per questo ho preparato anche altro».
«Cosa c’è nell’altra busta?» domandò aprendo il finestrino. C’era un bel venticello fresco che non faceva sentire tanto il caldo.
«Ci sono quegli occhiali speciali per osservare l’eclissi» rispose Alfred. Arthur lo guardò spalancando gli occhi.
«Una busta per due paia di occhiali?!».
«Ci sono anche due giacche».
«Siamo a fine agosto, idiota» tornò a guardare fuori dal finestrino. Stavano uscendo dalla città. L’inglese si chiese dove avrebbero dovuto osservare l’eclissi. I ritrovi erano tutti in luoghi abitati, nelle piscine dei palazzi, al mare. Forse stavano andando lì. Era strano però. Al mare non erano presenti tanti lampioni, anche se c’era un po’ più di vento e non dovevano sopportare il caldo. I suoi pensieri furono interrotti dalla risata dell’americano.
«L’idiota sarai tu, Arthur! Ho letto che durante l’eclissi si abbasserà la temperatura... non so bene di quanto, ma per sicurezza ho portato le giacche» spiegò buttando un occhio sul ragazzo per vedere se la cosa lo irritava. Infatti si girò verso di lui e gli disse di non dargli dell’idiota. Dopo qualche minuto di silenzio, Arthur gli chiese dove stessero andando. «Al mare» rispose lui come se fosse la cosa più ovvia al mondo. Forse lo era, siccome l’inglese iniziava a sentire la brezza marina. Prese il telefono per vedere se gli avevano inviato qualche messaggio. Appena lesse “20 nuovi messaggi da 2 conversazioni” gli venne una voglia tremenda di buttare il cellulare fuori dal finestrino. Aprì Whatsapp per vedere chi fosse: quindici messaggi erano del gruppo dell’assemblea mondiale, gli altri cinque erano di Feliciano. Aprì prima quelli dell’italiano per vedere cosa volesse.
“Ciao Arthur! Sai, qui in Italia non si vedrà l’eclissi... volevo chiederti se potevi fare delle foto così da mandarmele! Per favore~”. Questo era il primo messaggio. Gli altri tre erano scritti in un italiano che Arthur non riuscì a comprendere. Pensò che fosse uno dei tanti dialetti presenti nella nazione o che l’amico di Alfred si fosse in qualche modo impossessato del telefono e iniziato a scrivere cose a caso. Infine c’era un messaggio vocale.
«Alfred, Feli mi ha inviato un messaggio vocale. Hai delle cuffie?» gli chiese stranamente tranquillo.
«Macché cuffie! Fallo partire che voglio sentirlo anch’io! Mi manca Feli che parla in inglese» rise l’americano. L’inglese fece quel che aveva detto. All’inizio si sentì l’italiano parlare in perfetto inglese, poi una lingua sconosciuta. Alfred rideva da quanto era strana. Ad un certo punto si sentì Feliciano implorare il fratello di parlare in inglese. «Sentiamo l’inglese di Romano!» esclamò divertito l’americano. Era un misto di italiano e inglese. Del tipo: “I don’t parlo inglese ma you have to fare ‘ste dannate foto per my fratello, dannazione”. I due scoppiarono a ridere: Romano non sapeva una parola di inglese. «Dov’è Matthew quando serve?».
«Non lo so, ma anche nel gruppo dell’assemblea mondiale ci stanno chiedendo le foto...» sbuffò Arthur. Alfred gli fece cenno di toglierlo, quindi se lo mise in tasca.
Dopo un po’, finalmente arrivarono al mare. Si sistemarono in mezzo ad alcune persone che erano emozionate per l’eclissi. L’inglese si guardò attorno: non c’erano tante persone, né tantomeno lampioni. Tirò la maglia all’americano.
«Non ci sono lampioni qui e mi hai detto che sarà buio totale per un po’... perché non siamo andati in città?» gli chiese preoccupato.
«Hai paura?» scherzò. Il ragazzo arrossì subito.
«Ma che dici?! È che mi sembrava strano che tu mi portassi in un posto dove non ci sarà illuminazione per chissà quanto...» gli strinse la manica abbassando lo sguardo.
«Non posso dirtelo» disse sorridendo. «Fra qualche minuto inizierà l’eclissi, mettiti gli occhiali» lo avvertì prendendo i due paia di occhiali speciali dandone uno ad Arthur. Una volta indossati, guardarono verso il sole: l’eclissi stava iniziando. Afred strinse la mano del ragazzo, che arrossì al solo tocco. «Quindi per te non ci sarà alcuna apocalisse?» gli chiese tutto a un tratto.
«Sono tutte sciocchezze. Possibile che credi sempre alle cose più strane?» rise l’inglese per poi tornare a guardare quella grande stella che presto sarebbe stata coperta da un satellite addirittura più piccolo della terra, ovvero la luna. Si annoiò poco dopo dieci minuti. «Quanto ci mette?» chiese al vento appoggiando la testa sulla spalla dell’americano.
«Non mettere fretta, Arthur... questi potranno essere i nostri ultimi minuti di vita. È meglio goderceli, non credi?» gli accarezzò dolcemente i capelli e guardò il suo viso. Al contrario di quello che potesse sembrare, era rilassato. Come se stesse bene stando così vicino ad Alfred. Gli scostò i capelli dalla fronte e gliela baciò. Subito l’inglese arrossì abbassando la testa. Iniziò a fare buio, come se il sole dovesse tramontare. La luna lo aveva fatto quasi scomparire. Mancava un piccolo spicchio che sarebbe svanito in poco tempo. «La fine si avvicina, eh?».
«Alfred, sono solo sciocchezze» gli ricordò l’inglese senza staccare gli occhi dal fenomeno.
«Se davvero dovesse verificarsi quest’apocalisse, c’è una cosa che ho sempre voluto dirti» iniziò.
«Non accadrà niente, ma dimmi». La luna aveva ormai coperto completamente il sole. Alfred si tirò il ragazzo a sé facendo avvicinare i loro visi.
«Ti amo» gli sussurrò per poi baciarlo. Era completamente buio, non c’era segno di illuminazione. Nessuno li avrebbe visti. Il bacio durò poco, giusto il tempo per far capire ad Arthur cosa fosse appena successo. Ci fu un silenzio tombale per due minuti e quaranta secondi. Due minuti e quaranta secondi di completo buio. Due minuti e quaranta secondi di puro imbarazzo da parte dei due ragazzi. Due minuti e quaranta secondi di paura per chi credeva nell’apocalisse. Due minuti e quaranta secondi di assoluta meraviglia per chi, invece, non ci credeva. Dopo quel lasso di tempo, la luna iniziò a spostarsi dal sole facendolo di nuovo splendere agli occhi degli umani. Alfred riuscì a vedere il viso imbarazzato di Arthur.
«N-non è successo niente, h-hai visto, idiota?» gli disse abbassando la testa.
«Qualcosa è successo invece» ribattè l’americano. L’inglese lo guardò confuso mentre l’altro gli sorrideva. «Hai ricambiato il bacio, quindi...» il ragazzo non gli diede il tempo di finire la frase che gli fece segno di stare zitto. Alfred si mise a ridere stringendolo a sé. Era felice che non ci sia stata alcuna apocalisse. Poteva rimanere per chissà quanti altri anni con Arthur. Si sentì l’uomo più fortunato al mondo in quel momento.
   
 
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