Raccontami di Toma
È seduta all’ombra di un albero, un’immagine quasi
eterea, e il suo sguardo è rapito dal libro che sta leggendo. I lunghi capelli
biondi la circondano e l’ampia e soffice gonna nasconde il prato attorno a lei.
Kazuma
le si avvicina lentamente. Non vorrebbe disturbarla, preferirebbe bearsi della
sua serenità, ma sa che hanno del lavoro da svolgere. La dea lo saluta
brevemente e lo invita a sedersi con lei, decisa ad ignorare solo per un altro
po’ i propri doveri. Lui accetta, sapendo che una pausa di pochi minuti non può
farle male, in fondo, e si lascia rilassare dal
calore del sole e dall’aria primaverile che muove le foglie sopra di loro.
Solo pochi attimi dopo, quando la sente ridere appena,
si accorge che il libro che tiene tra le mani non è altro che il diario dei
suoi strumenti divini. E allora lo vede, quel sorriso. Quel sorriso che non le
vedeva da tempo e che a lui mancava terribilmente.
Viina
alza lo sguardo su di lui, chiude il diario sulle proprie gambe, lo custodisce
gelosamente tra le mani, e gli sorride dolcemente.
Ma Kazuma lo vede che ora
quel sorriso nasconde una nota amara e non vorrebbe farla star male, ma se ne
preoccupa. È più forte di lui. Così com’è più forte di lui pensare di essere in
qualche modo causa di quell’amarezza, come, in fondo, è sempre stato.
«Vorrei conoscerli tutti un po’ di più, Kazuma. Ma alcuni sto iniziando a dimenticarmeli»,
confessa, abbassando il capo sulla copertina del diario.
Diario collettivo,
scriveteci quello che valete volete.
Kazuma
distoglie a sua volta lo sguardo, guarda lontano. Vorrebbe che non fosse mai
accaduto nulla, né allora, né pochi giorni prima. Guarda lontano perché è
lontano che vorrebbe che fosse il dolore. Lontano da loro, da lei.
Viina
si sporge verso di lui quel tanto che basta per raggiungere la sua mano e
stringerla nella propria, attirando di nuovo su di sé lo sguardo della sua
unica guida.
«Ti prego, Kazuma. Raccontami
di Toma»
E quella fitta al petto colpisce lei così come ha
colpito lui, che solo in quel momento comprende chi è che la sua Viina sta dimenticando.
Manda giù l’amaro che gli lascia quel nome e fa spazio
alla dolcezza di quella bambina, mentre stringe a sua volta la mano di Viina e le sorride – un sorriso sincero – prima di iniziare
a raccontarle dello strumento divino che aveva le fossette sulle guance e i
lunghi capelli neri, che poteva diventare il coperchio di una pentola e che gli
aveva insegnato ad essere lo strumento che era
diventato, che non si era abbattuta quando Bishamon
lo aveva chiamato con sé perché voleva che lui diventasse qualcuno in grado di
proteggerla.
Angolino dell’Autrice
Scritta
e pubblicata di getto, non avrei mai pensato che la mia prima breve fic su Noragami sarebbe stata
questo, pertanto perdonatemi se è uscita questa cosa e se ho offeso chi adora
questi due personaggi (o tre). Volevo farne una drabble,
qualcosa di sfuggente e doloroso, ma non mi è riuscito. Li adoro terribilmente
e vorrei che questa fic fosse tante cose, eppure non
sarà nulla…
Mi
rimetto alla vostra opinione, sperando abbiate voglia di farmi sapere cosa ne
pensate.
WolfEyes