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Autore: sofimblack    05/09/2017    0 recensioni
Dal II capitolo:
«Vuoi una caramella?»
Lui la guardò con attenzione ancora maggiore. Non si erano mai presentati, non si conoscevano, eppure lei non si era presentata né gli aveva chiesto il suo nome. No, lei gli aveva sorriso offrendogli una caramella. Una caramella. Anche lei studiava le persone, non si era sbagliato, ma aveva l’impressione che i loro studi si muovessero su due piani diversi.
[...]Quando però lei gliela porse, e lui allungò la mano per prenderla, accaddero due cose contemporaneamente.
Si sfiorarono appena, e una lieve scossa attraversò entrambi... probabilmente pure questo è un cliché, eppure tramite quel tocco leggero presero effettivamente la scossa, era decisamente così, non ci si poteva sbagliare.
La seconda cosa fece invece cadere Rae nello sgomento. L’atmosfera, da tranquilla e rilassata, si era fatta per lei tesissima. Una sensazione terribile, sconvolgente e in qualche modo triste la attraversò, velandole per un momento gli occhi di panico. 5 novembre, 5 novembre, 5 novembre.

Cosa sarebbe potuto accadere se Rae, una ragazza molto "intuitiva" e dal passato difficile, avesse incontrato Elle durante il caso Kira? Forse il finale sarebbe stato diverso...
Beh, spero di avervi sufficientemente incuriositi! Buona lettura ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XVIII

 

Le bugie risiedono negli occhi

Agosto


 

R
 

I giorni si susseguivano senza che ci fosse alcun cambiamento, né interno né esterno. Rae non aveva niente da fare e probabilmente avrebbe dovuto sfruttare quelle ultime settimane in Giappone andando in giro, godendosi la città… ed invece se ne stava chiusa in casa, uscendo nel torrido caldo estivo soltanto per comprarsi della birra fresca, cibo o tabacco, e limitandosi a passare le giornate in una sorta di apatia, letteralmente consumando Dookie ed Insomniac. Sapeva che Elle stava collaborando con Yagami sul caso del terzo Kira ma per il resto non aveva idea di ciò che stesse accadendo, e certo lui non si era preoccupato di informarla. Le aveva detto che l'avrebbe coinvolta al momento decisivo delle indagini ma per adesso pareva si fosse dimenticato di lei… era arrivata quasi a rimpiangere la stramba compagnia degli shinigami, che ormai non vedeva da giorni: Rem seguiva le indagini da vicino, vincolata al quaderno - e dunque al terzo Kira - ed interessata unicamente al destino di Misa. Ryuk, dopo averle dato tutte le informazioni che lei gli aveva chiesto riguardo ai quaderni, a Yagami e a qualsiasi cosa le fosse venuta in mente, se ne era andato pure lui, incuriosito da come sarebbe andata a finire la vicenda. Probabilmente in quell’esatto momento se ne stava a fluttuare al Quartier Generale col suo solito ghigno stampato in faccia mentre lei, che dopotutto era il motivo per il quale gli eventi stavano andando in quella determinata direzione, era rinchiusa in quell’appartamento, totalmente all’oscuro di tutto. Era seccante. Ancora una volta dipendeva da Elle e, considerato quant’era scostante - soprattutto adesso -, probabilmente avrebbe dovuto aspettare un bel po’ di tempo prima di essere presa in considerazione. Elle. Quasi le veniva la nausea a pensarci: non faceva altro da giorni, tormentandosi con l’idea di lui… avrebbe voluto svitarsi la testa, appoggiarla su un tavolino ed andare a farsi una bella passeggiata, senza quell’incessante pensiero che la assillava tutto il giorno, impedendole di dormire bene o anche solo di godersi la vita. Ogni singola, fottutissima cosa rimandava a lui. Era costante sottofondo.
Rae si sentiva come una belva feroce costretta in una gabbia minuscola.

 

Fu in quel periodo che conobbe Sachiko.
Era una ragazza un po’ strana ma sempre molto gentile che lavorava nel piccolo supermercato vicino casa sua; erano mesi che Rae ci andava perciò alla fine fu inevitabile scambiarsi qualche parola e da lì fare conoscenza. Doveva essere evidente il suo malessere esistenziale: aveva l’impressione che in realtà Sachiko avesse attaccato bottone con lei solo perché aveva stampata in faccia la classica espressione da cucciolo abbandonato. Rae, sia perché era riservata per natura, sia perché certo non poteva mettersi a raccontare di Elle, di Kira e degli shinigami, non le aveva detto granché su di sé, ma l’altra l’aveva rispettato, riempiendo i suoi silenzi tormentati con aneddoti assurdi e con la sua risata cristallina. Sachiko portava un caschetto di capelli rosa con la frangetta ed aveva un anellino d’argento al naso; Rae aveva avuto sin da subito una sensazione positiva nei suoi confronti. Soprattutto, parlava un inglese decente, il che era una cosa non da poco. Non che fossero grandi amiche, però era una persona piacevole con cui parlare e magari passare qualche ora lontana dai propri pensieri ossessivi.
Ricominciò anche a fumare erba, cosa che non faceva da un bel po’. Sachiko aveva certi amici che la coltivavano e così, tra un discorso e l’altro, si era ritrovata a fumare con lei e alla fine ne aveva comprata un po’. La aiutava a dormire, a scervellarsi di meno, e comunque ormai non doveva più preoccuparsi della reazione di Elle... no?
In realtà, in una piccola ed ignobile parte di se stessa, quasi ci sperava che le dicesse qualcosa, che in realtà stesse continuando ad osservarla e si preoccupasse per lei. Sapeva perfettamente che lui era contrario a qualsiasi cosa alterasse e rallentasse la capacità di ragionare e che se avesse saputo cosa stava facendo si sarebbe arrabbiato. O meglio, se non altro prima sarebbe stato così, ma adesso? Adesso che l’indagine sul caso Kira era al suo apice, adesso che stava attuando il suo piano… perché mai lui avrebbe dovuto interessarsi a lei? Certo, Rae aveva avuto modo di vedere anche il lato più “umano” di Elle, ma in quel momento esisteva solo l’Elle spietato, l’Elle detective, l’Elle che certo non avrebbe perso tempo in cose futili e che si era chiaramente manifestato con quello sguardo a lei estraneo che le dava i brividi.
Quella di Rae era una miserabile, disperata e probabilmente vana richiesta di attenzioni, lo sapeva bene, ma continuava a giustificarsi con se stessa dicendosi che in fondo fumava soltanto perché le andava e perché attutiva le sue percezioni, facendola finalmente rilassare. Ma sotto sotto, nel profondo, si sentiva una vera patetica.

 

Era sera tardi quando bussarono alla porta. Rae, nonostante avesse fumato tutto il pomeriggio, ancora non dormiva, come se le sue premonizioni ormai costantemente appannate le avessero comunque fatto intuire qualcosa, penetrando quella barriera di autodifesa dietro la quale si era barricata. Quasi non poteva crederci. Era lui, lo sapeva ancora prima di alzarsi, ancora prima di andare ad aprire e ritrovarselo davanti. Se ne stava in piedi davanti alla sua porta, una mano che si massaggiava la nuca, i capelli arruffati e le spalle leggermente ricurve, le scarpe calzate a mo’ di ciabatte. Rae sapeva che era sbagliato - c’era in gioco qualcosa di decisamente più importante in ballo! - ma la parte più debole (o forse semplicemente più umana?) di sé non poté fare a meno di gioire almeno un po’: allora la stava ancora tenendo d’occhio! Sapeva anche che sicuramente lui era infuriato con lei eppure non le importava niente, erano passati troppi giorni sbiaditi senza vederlo per preoccuparsi delle conseguenze di quel suo gesto infantile; in quel momento le bastava che lui fosse lì, reale, per lei. E quando lo guardò, quasi timorosa, non trovò il gelo che temeva.
Nei suoi occhi c’era il fuoco.

 

L     

 

Entrò nell’appartamento senza neppure salutarla, come sempre. La sua espressione era sprezzante, indifferente quasi, eppure tutto dentro di lui era caos. Appena l’aveva vista aveva provato una sensazione familiare allo stomaco, come se fosse finalmente tornato a casa dopo un tempo infinito, e si era reso conto di quanto in realtà avesse desiderato rivederla… e sapeva anche che lei lo aveva intuito. Si era lasciato osservare dentro per la durata di uno sguardo ma a lei era sicuramente bastato per capire ciò che gli era passato per la testa. Si biasimò per questa debolezza, anche se aveva capito ormai da tempo che con lei non giocava ad armi pari, con lei non poteva mentire mai.
Ok, basta, non era andato lì per meri sentimentalismi.

«Presumo tu sappia perché sono qui perciò direi di evitare qualsiasi inutile spreco di tempo ed arrivare dritti al punto. Ho bisogno che adesso tu mi dia il Death Note.»

Lei fece un’espressione strana, a metà tra il sorpreso ed il dispiaciuto, per poi cercare di mascherarla subito. Beh, lui non poteva mentire ma lei non era effettivamente in grado di farlo perciò, riflettendoci meglio, quella era in realtà la prima volta che fronteggiava qualcuno ad armi pari.
«Certo, il Death Note. Aspettami qui.»
La osservò sparire in camera sua mentre lui continuava a stare in piedi vicino al divano. Non si sarebbe seduto, quella sarebbe stata una visita breve. E allora perché cavolo era voluto andare lui di persona? Perché non aveva semplicemente delegato a Watari? C’erano cose ben più importanti in gioco, non era da lui perdere tempo così. Stava permettendo a cose futili come le emozioni di interferire in un momento in cui tutta la sua attenzione era richiesta dal piano per incastrare Yagami. Lei tornò nel soggiorno e gli porse in fretta una scatola avvolta in una busta di plastica. La teneva lontana da sé e sembrava avesse voglia di liberarsene alla svelta, e lui ne comprendeva i motivi. Per lei doveva essere stato difficile avere costantemente sotto il naso lo strumento che aveva ucciso suo padre… eppure era una cosa del tutto irrazionale. Era Kira che doveva odiare, colui che aveva emesso la sentenza di morte, non un quaderno che, di per sé, non aveva colpe.
«Ecco qua.»

Rae continuava ad indossare quell’espressione strana e allora, quasi controvoglia, Elle permise a sé stesso di analizzare la situazione, come a giustificare il fatto di essere lì. Si chiese cosa potesse essere accaduto nel periodo in cui non l’aveva osservata… lei non usciva quasi mai, aveva una routine piuttosto precisa. Musica, cibo, sigarette, libri. Eppure… la scrutò, frugandole dentro senza remore o scrupoli, tenendo in mano la scatola col Death Note senza accennare minimamente a muoversi di lì. E allora nei suoi occhi scorse qualcos’altro, qualcosa che sembrava… colpevolezza? Perché mai doveva…? Oh. Era ovvio.
«Mi pareva di averti già detto di non volere che tu facessi uso di alcool o sostanze durante il caso.»
Lei sbuffò, beffarda.
«Beh, ma tanto il caso è ormai concluso, no? Che ti importa?»
Ah-ha. Dunque aveva fatto centro.
«Credevo tu volessi arrivare fino alla fine».
Calmo, serafico. Tagliente.
Lei si adombrò un poco.
«E che differenza fa? Tanto non mi dici nulla comunque…»
Così adesso conosceva pure la causa scatenante. Era stato fin troppo facile.
«Dunque è tutto qui il problema. Hai semplicemente bisogno di attenzioni, non sopporti di essere stata messa da parte. »
Rae spalancò gli occhi, colta in flagrante. Lì per lì pareva decisa a non rispondere ma poi evidentemente il suo orgoglio ebbe la meglio, spingendola a ribattere.
«Hai idea di cosa voglia dire non sapere niente? Di quanto sia frustrante avere solamente un vago sentore di quello che sta succedendo, nonostante sia una cosa terribilmente importante?»
«Sì. Ne ho un’idea decisamente precisa in realtà.»
Lo aveva detto in modo del tutto tranquillo ma lei arrossì, forse rendendosi conto che era così che probabilmente si era sentito lui in tutti quei mesi di mezze frasi ed indizi vaghi da parte sua.
«Beh, io non sono come te.»
«Lo so, e per fortuna. Non voglio che tu sia come me, tu sei…»
Sospirò. Basta giochetti.
«Senti. Sei libera di fare quello che vuoi, ovviamente. Ma preferirei che tu non ti mettessi i bastoni tra le ruote da sola, è una cosa davvero stupida. Devi essere sveglia, cosciente di ciò che pensi, delle percezioni che hai. Sei sufficientemente intelligente da sapere che ignorare le cose è da vigliacchi e non risolve nulla. Alterare la tua mente non risolve nulla.»

 

 

Come riusciva ad essere in grado di irritarla ed al contempo ammutolirla con poche parole? Ogni volta che si vedevano lei provava un insieme di emozioni talmente diverse tra loro che spesso la lasciavano spossata. Sapere che lui non era andato lì per lei l’aveva ferita in un modo del tutto sciocco ed irrazionale. Era il caso Kira quello! C’erano delle persone di mezzo, esseri umani che morivano, anche in quel momento… era necessario che lui dedicasse tutta la sua attenzione alla questione, lei non poteva mettersi a fare i capricci come una bambina. Aveva cercato di camuffare questi suoi pensieri ma lui non c’era cascato neppure per un secondo - non poteva aspettarsi niente di meno - e quando l’aveva smascherata in tutta la sua infantile meschinità si era vergognata immensamente. Eppure era curioso, non sembrava che la stesse giudicando. Semplicemente coglieva ciò che lei era e lo diceva ad alta voce, destabilizzandola, ma (almeno in apparenza) senza realmente biasimare nessuno dei suoi comportamenti, per quanto ignobili. Perché forse, lui la accettava anche così e in realtà si stava semplicemente preoccupando per lei. Perché forse, lui sapeva di non poter condannare certe debolezze umane e perché forse, ma solo forse, anche lui si rendeva conto di possederne alcune. Tutte queste considerazioni però accaddero ad un livello talmente inconscio della sua mente che Rae non ci fece troppo caso.

«Vorrei solo che tu mi rendessi partecipe di ciò che sta succedendo.»
«Ne sei sicura?»

Era tornato al solito tono di voce neutro. A Rae non sfuggiva nessuna delle implicazioni di quella domanda ma nonostante questo sì, era sicura. Anche se ciò voleva dire che sarebbe stata ancora più dura ritornare in Inghilterra. Questa cosa andava a prescindere dai suoi sentimenti, semplicemente ormai voleva concludere la vicenda e farne parte, come era stato fino a quel momento e come era giusto che fosse.

«Sì.»
«Ok. Allora faremo come vuoi tu.»

 

L    

 

La stanza era illuminata da una forte luce artificiale bianca che quasi faceva male agli occhi.
Ovunque telecamere e microfoni nascosti; al centro, un tavolo con due sedie, una di fronte all’altra.
Silenzio. Dopo un po’ l'unica porta incastonata nella parete si aprì: Light Yagami fu scortato dentro e gli fu detto di sedere, per poi essere lasciato solo. Era visibilmente confuso e, sotto l’impietoso sguardo di quella luce asettica, si potevano ancora notare su di lui gli effetti della lunga prigionia, nonostante fossero già passate almeno due settimane… i capelli solitamente lucidi erano spenti e sciupati e sul suo sguardo pesava il tempo trascorso in cella. Elle e Rae lo osservavano con attenzione tramite uno schermo mentre l'altro si sedeva, evidentemente domandandosi cosa fosse tutta quella storia. Sul tavolo davanti a lui, monolitico nella sua presenza, c’era il Death Note.
Aver collaborato con lui al caso del terzo Kira aveva permesso ad Elle di comprendere più a fondo chi fosse senza l'influenza del Death Note e, neppure troppo sorprendentemente, aveva trovato in lui un compagno di indagini efficiente, scaltro e soprattutto con un forte senso di integrità. Vedeva in lui la forte impronta del padre, del tutto assente quando invece era in possesso del Death Note, la qual cosa confermava la sua teoria permettendogli di proseguire con il suo piano.
Elle avvicinò le labbra al microfono collegato alla stanza, mentre Rae lo osservava con gli occhi spalancati, spettatrice silenziosa ma attenta.
«Buonasera Light. Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.»

Yagami sussultò appena quando la sua voce gli invase le orecchie, ma si riprese in fretta.

«Cosa dovrei fare?»
«Tocca il quaderno.»
Si vedeva che era vagamente confuso eppure fece comunque come gli era stato detto. Elle era tesissimo mentre lo osservava avvicinare la mano al Death Note, proteso verso lo schermo e attento a cogliere ogni minima sfumatura e mutamento sul suo volto. E se non avesse funzionato? Non appena la superficie del polpastrello di Yagami toccò quella del quaderno Elle lo vide irrigidirsi appena, restando immobile per qualche secondo come sotto shock, lo sguardo improvvisamente affilato, feroce. La stessa espressione che aveva sempre avuto, prima che dimenticasse tutto… in quel momento Light non aveva potuto dissimulare perché lui stesso non era preparato a quello che sarebbe accaduto e lui, Elle, lo aveva colto con le mani nel sacco. Bingo.
«Bene, adesso allontanati dal quaderno.»

Light cercò con lo sguardo le telecamere, senza però staccarsi dal quaderno. La sua espressione era tornata indecifrabile eppure Elle poteva quasi percepire i pensieri dell’altro. Kira era tornato, Kira era lui. Lo aveva fregato, lo sapevano entrambi, ed un netto sentimento di soddisfazione faceva le fusa nel suo petto.

«Ho detto di allontanarti dal quaderno.»

Riluttante, Light staccò il dito dalla copertina ed il suo sguardo tornò confuso, ogni traccia di crudeltà svanita dagli occhi.

«Cosa…?»

Perfetto. Ogni cosa stava andando secondo i piani. Tutto ciò non costituiva ancora una prova, ma il suo scopo non era di incastrarlo subito bensì di agire con calma, cauto ma inesorabile, stringendo sempre di più Yagami in una sorta di cerchio psicologico che lo avrebbe fatto crollare. Instillargli nel cervello piccole gocce di dubbio.

«Tu sei Kira.»

«Cosa? Kira? Che stai dicendo? Io non sono Kira, lo sai bene, mi fatto liberare perché sono innocente! Inoltre non è possibile che io sia lui, lui uccideva mentre io ero in cella e…»

Elle si prese del tempo per rispondere mentre l’altro dava segni di impazienza, continuando a professare la sua innocenza.

«So che Kira utilizza un quaderno per uccidere, ne ho le prove. Ad essere esatti, utilizza proprio il quaderno che hai davanti.»
“Le prove”. Che bugiardo. Ma lui non poteva saperlo.

«Un quaderno? Cosa signif…»

«L’orologio che hai tenuto al polso tutto questo tempo. Ha uno scomparto segreto?»

Non era molto professionale, lo sapeva, eppure non poteva fare a meno di provare una sorta di perverso divertimento nel confondere Yagami, apparentemente saltando da un argomento all’altro. Rae in tutto ciò non fiatava, assolutamente silenziosa come aveva promesso che sarebbe stata, totalmente assorbita dal confronto tra loro due.

«Sì ma non ci ho mai messo niente…»

«Aprilo.»

Con le mani che tremavano leggermente Light lo aprì. Spalancò gli occhi: dentro c’erano un foglietto ed un ago.

«Devi sapere che quando un proprietario del quaderno rinuncia al suo possesso perde subito tutti i ricordi legati ad esso. Eppure, semmai dovesse entrarci di nuovo in contatto -anche solo con una sua parte, come nel caso di quel foglietto -, ricorderà ogni cosa ad esso legato. Perciò adesso voglio che tu lo tocchi.»

 

 

Y

 

Cosa diavolo stava dicendo? Tendenzialmente Light era rapido nei suoi ragionamenti ma quella situazione lo aveva colto totalmente impreparato. Elle, che ultimamente pareva quasi convinto della sua innocenza, gli stava adesso dicendo che lui era Kira, senza alcun dubbio… ma tutto ciò era impossibile. Certo, qualche volta lo aveva sfiorato il pensiero che uccidere i malvagi per creare un mondo più giusto non fosse una cattiva idea, ma da lì ad uccidere sul serio… c’erano numerose prove della sua innocenza, primo su tutti il fatto che nonostante fosse stato spiato, pedinato e addirittura incarcerato le uccisioni erano continuate, anche quando sarebbe stato impossibile per lui fare alcunché. Inoltre avrebbe sicuramente ricordato di aver ucciso centinaia di persone. Lui non era un serial killer. Eppure all’interno del suo orologio c’era davvero un foglietto... ma forse era tutto un trucco. Magari mentre era stato imprigionato gli avevano messo quel foglietto nell'orologio mentre dormiva e adesso Elle aveva architettato tutto ciò per metterlo alla prova. Era per questo che gli aveva fatto toccare il quaderno? In fondo non era successo assolutamente nulla, era solo uno stupido quaderno… inoltre era ridicolo, uccidere con un pezzo di carta. Forse Elle stava perdendo colpi. Alla fine quasi spazientito toccò il foglietto, sbuffando.

Impossibile definire la sensazione che lo colse, anche se in effetti adesso ricordava di averla già provata solo pochi minuti prima. Riaffiorarono i ricordi tutti insieme, prepotenti, pesanti. Il suo cervello accolse tutte quelle informazioni in pochi secondi, di nuovo. No, no NO! Dannazione, non doveva andare così! Com’era possibile? Come aveva fatto Elle a capire dei Death Note? Maledizione! Non tentò neppure di mascherare l’odio e la frustrazione che provava in quel momento, ormai era lampante che Elle sapeva. Nonostante tutto ancora non conosceva il suo nome, non poteva ucciderlo… e neppure Misa, perché neanche lei era Kira al momento. Rem ancora non aveva fatto il suo ingresso in scena e lei non aveva più gli occhi. Cosa doveva fare? Lo avevano incastrato per davvero? No, non poteva perdere così. Doveva farsi venire in mente qualcosa, ed in fretta. Lui era Kira e quella non sarebbe stata la sua fine.






LO SO LO SO LO SO sono imperdonabile... due mesi!! Sono sparita per DUEMESI!!! Vi chiedo sinceramente scusa, non si fa ._. *mi prostro ai vostri piedi implorando pietà*
Detto ciò... ciao! :) 
Ai lettori che seguono la storia dall'inizio e che adesso stanno leggendo queste parole, dimostrando di aver avuto un'incredibile pazienza (e di nuovo, chiedo perdooono T_T)... BEN RITROVATI <3! Ai lettori nuovi invece... BENVENUTI :D! Mi siete mancati, anche se data la mia lunga assenza può non essere sembrato... eppure, nonostante fossi sparita, mi avete scritto e avete continuato a leggere la mia storia, perciò GRAZIE per il sostegno, siete stati davvero carini e mi ha fatto tanto tanto piacere :') [e un ringraziamento speciale va a _lucibrido_, che nonostante la mia latitanza non ha perso comunque le speranze xD]

Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, credo si veda la differenza dagli ultimi che avevo pubblicato (non solo per la lunghezza ma - spero - anche per i contenuti)... fatemi sapere se vi è piaciuto! Nonostante tutto questa pausa di riflessione mi è servita e sono tornata super ispirata (tant'è che non vedo l'ora di farvi leggere i nuovi capitoli che sto scrivendo ^^) quindi non temete, non sparirò di nuovo, lo prometto! Non posso invece promettervi che sarò super precisa con gli aggiornamenti perché ho pur sempre un sacco di cose da fare... non so per voi ma per me settembre, per quanto bello, è un mese molto impegnativo! Però cercherò di non far passare più di dieci giorni tra una pubblicazione e l'altra, ok? 

Dunque vi saluto e vi mando un mega abbraccio :)
sofimblack

 

  
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