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Autore: xlambertx    06/09/2017    0 recensioni
"La loro storia era stata una fiaba con un cattivo che non poteva essere combattuto e nemmeno sconfitto"
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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A Magnus erano successe tante cose nella sua esistenza immortale. Aveva assistito alla vita di molte persone senza farne parte, era entrato in quella di qualcuno e poi ne era uscito silenziosamente. Per altri era rimasto fino alla fine, fino al loro ultimo respiro. Non si era mai mostrato davvero ai mortali, però. Si era sempre limitato a trattarli il meglio possibile, senza far vedere loro che anche lui poteva essere ferito. E poi, dopo tante belle storie era arrivato lui. La sua favola più bella. Si era catapultato nella sua vita, il suo Alexander, senza chiedergli il permesso. Era entrato in lui con una velocità inaudita. Si era insinuato nella sua anima e aveva trovato un posto nel suo cuore come nessuno prima d'allora, e lì si era accoccolato. Avevano davvero vissuto in una fiaba. Magnus poteva dire di aver ritrovato la voglia di vivere proprio grazie ad Alec. E adesso, senza chiedere il permesso, se ne era andato. Questo era quello a cui pensava mentre finiva di tracciare il pentacolo con cui avrebbe evocato suo padre sul bordo di una scogliera. Pensava a colui che era stato l'ultimo dei suoi amori terreni ma il primo ad avergli chiesto di suggellare la loro unione, pensava al ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri di cui era stato la prima e unica esperienza in tutto. Pensava a suo marito, il padre dei suoi figli. Forse non il padre biologico, si disse Magnus, quello sarebbe stato impossibile, ovviamente. Ma, d'altronde, nemmeno lui avrebbe potuto avere figli, quindi la genetica non era il suo problema principale. Gli mancava, il suo Alec. Gli mancava tanto. Gli mancava l'odore di caffè che la mattina aleggiava nel suo appartamento quando dormivano insieme, gli mancava il modo in cui il ragazzo lo svegliava con dolcezza, o quello in cui si parava sempre davanti a lui, come per proteggerlo, nonostante lo stregone fosse perfettamente in grado di difendersi da solo, gli mancava la sua timidezza e il suo essere eccessivamente pudico, gli mancavano le sue guance che sistematicamente si imporporavano a ogni sua battuta maliziosa. Gli mancavano le piccole cose che il tempo gli aveva portato via. La loro storia era stata una fiaba con un cattivo che non poteva essere combattuto e nemmeno sconfitto. Aveva finito di disegnare segni mistici sulla terra sabbiosa, a quel punto, e aveva iniziato a recitare formule incomprensibili in qualche antica lingua demoniaca. La sua mente si era spostata al modo in cui Alexander entrava in casa dopo una giornata di allenamento, esausto e grondante di sudore, e lo salutava, fermandosi a fissarlo come se fosse la cosa più bella del mondo. Ora pensava ai loro primi appuntamenti, quando ancora si stavano scoprendo a vicenda. "Non mi importa di quelli con cui sei stato" gli aveva detto Alec. "Non mi importa perché ora hai scelto di essere qui con me" aveva concluso. Lo stregone aveva finito anche le formule, ora, e la figura di suo padre iniziava a comparirgli davanti agli occhi, fatta di polvere, ombra e dolore. Pochi secondi dopo Asmodeo, uno dei demoni più potenti dell'Inferno, si stagliava davanti a lui, in tutta la sua grandezza. "Figliolo" aveva esordito. "Cosa devo fare per riavere Alec?" aveva chiesto, senza alcun tipo di preamboli. "Lascia alla morte ciò che appartiene alla morte" gli aveva risposto, altrettanto freddamente, il padre. Nella sua voce non c'era la minima traccia di emozione. Gli ricordò se stesso la prima volta che aveva detto ad Alec che lo amava. "Aku cinta kamu" gli aveva sussurrato. Lo aveva fatto in indonesiano, la sua lingua madre. Lo stava per lasciare. Lo aveva effettivamente lasciato, in quel momento. Era stato solo grazie alla perseveranza di Alec che erano tornati insieme. E ora toccava a lui. Era il suo turno. Sarebbero tornati insieme, e questa volta sarebbe stato merito suo. "La morte non lo merita. Dimmi cosa devo fare per riportarlo qui" aveva ribattuto Magnus. "Tutto ha un prezzo, figliolo, tutto tranne questo. Non è possibile strappare alla morte ciò che le appartiene. L'unica cosa che puoi fare è andare avanti" aveva risposto il demone, spazientito. Magnus non sarebbe mai andato avanti senza sapere di aver tentato qualunque strada. "So che un modo c'è. Non puoi più ingannarmi, padre" aveva insistito lo stregone, testardo. "Credi che se fosse possibile non ti direi come fare? Credi che il tuo dolore mi diverta?" gli aveva chiesto Asmodeo. "" aveva risposto, lapidario, Magnus. "In effetti è così. La tua sofferenza, come quella di chiunque altro, mi nutre e mi rinforza. Ma sono sincero quando dico che non vi è alcuna via per riportare qui il tuo amato" aveva detto il demone, imperativo. "Una vita per una vita. Sono disposto a cederti la mia immortalità" aveva tentato, disperatamente, lo stregone. Il padre aveva scosso la testa. "Non è così che funziona, Magnus. Stai compiendo un'azione avventata per colpa del tuo dolore. Se io accettassi la tua proposta poi te ne pentiresti " aveva spiegato Asmodeo. Magnus aveva scosso la testa a sua volta. Non era il suo dolore a parlare per lui. Non si stava sacrificando per romanticismo. Era disposto a donare la sua vita perché l'aveva già sperperata abbastanza. Aveva vissuto, aveva fatto tutte le esperienze che voleva. Aveva amato e odiato, aveva spezzato alcuni cuori e si era trovato innumerevoli volte con il cuore spezzato, aveva sedotto grazie alla sua magia ed era stato rifiutato. Aveva avuto degli amici. Non poteva chiedere di più, non voleva avere di più. "Prendi la mia vita, padre. E restituisci al mondo quella di Alec. Non merita la sua sorte" aveva proseguito Magnus. Si era già trovato in quella situazione. Era già successo che gli fosse chiesto di donare la sua immortalità. Si era salvato per un pelo. Questa volta, invece, non ci sarebbe stato scampo. Ma lui era pronto. "Sei sicuro che sia quello che lui vorrebbe?" gli chiese Asmodeo, esitante. "Perché sei così restio? Hai sempre voluto la mia anima. Ti sto dicendo che puoi prenderla" insistette Magnus. "Sei mio figlio, Magnus" rispose, semplicemente, il demone. "Sono stato tuo figlio per tutti gli ultimi ottocento anni, e non ti è mai importato. Ora ti sto offrendo tutto ciò che hai sempre voluto da me e tu lo rifiuti. E questo non ha senso!" gridò lo stregone, mentre delle scintille azzurre saettavano intorno alle sue dita. "Devi imparare ad apprezzare ciò che hai, Magnus, perché potresti perderlo all'improvviso. Capisci il vero valore delle cose solo quando non le hai più" mormorò, sottovoce, il principe dell'Inferno. "Ho sempre saputo che Alec valeva più di chiunque altro" sussurrò, distrutto, Magnus. "Non posso riportartelo indietro, Magnus. Non potrò mai farlo. Ma posso permetterti di parlargli un'ultima volta" propose, con un fil di voce, Asmodeo. "Perché lo faresti? Tu non fai mai niente che non ti ripaghi più che abbondantemente dei tuoi sforzi" gli fece notare lo stregone, guardandolo con le lacrime agli occhi. "Oh, tu soffrirai ancora di più. Tutti i miei sforzi saranno risarciti, e io mi sfamerò per un po'. Aspettami qui" disse il demone, aspettando una risposta dal figlio. "Va' al diavolo" sibilò, a denti stretti, Magnus. "Sono stato ieri a casa sua, bara a carte e serve solo Bloody Mary, per il resto è un tipo niente male. Lo prendo per un sì, in ogni caso" ribatté con noncuranza Asmodeo, per poi dileguarsi in una vampata di fuoco. Pochi secondi dopo comparve la figura di un ragazzo alto e vigoroso. Dagli occhi di Magnus iniziarono a sgorgare calde lacrime, mentre si avvicinava ad Alec. Gli appoggiò una mano sulla guancia, accarezzandola con delicatezza, come se il ragazzo fosse fatto di vetro. "Alexander" lo chiamò, sussurrando. "Magnus" rispose il ragazzo, appoggiando la sua mano sopra quella dello stregone. "Dovrei esserci io al tuo posto. Tu dovresti essere a casa a giocare con Raphael e Max" mormorò, con la voce rotta dal pianto. "Va bene così. Magnus, va tutto bene" lo rassicurò Alec, intrecciando le proprie dita con quelle di Magnus. "Non va tutto bene. Non puoi dire che va tutto bene" lo contraddisse lo stregone, scuotendo la testa. "Non piangere, okay? Io starò bene. Noi staremo bene. Solo, ricordati che ti amo. E questo nessuno può portarcelo via" gli sussurrò il ragazzo, asciugandogli le lacrime che gli rigavano il volto. Magnus fece collidere le loro labbra per un secondo, poi Alec si dissolse nel nulla. Lo stregone cadde in ginocchio in mezzo al pentacolo.

Hey Everybody

Vi dirò, pubblicare cose dal telefono è così strano

Anygay, eccoci qua con un'altra cosina depressa, yay

Sì, mi diverto.

Comuuuuunque

Questa one shot è nata, qualche mese fa, come tema e niente, speravo che me lo ritirasse perché mi piaceva come mi era uscito E INVECE NO MA PORCA BRIANA MAI CHE FACCIA UNA COSA GIUSTA QUELLA

lol.

sara, respira.

c:

e niente, as always spero che piaccia anche a voi

see ya soon

alt er love, xx

Sara

 
   
 
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