Genitori
Anche se stavano insieme da anni, non avevano mai festeggiato San Valentino. Anzi. Sebbene in molti ancora ci tenessero a reclamare quel giorno come quello degli innamorati, dimostrando così che la vita procedeva nel suo corso, per il mondo intero il 14 febbraio rimaneva il momento del ricordo.
Quell’anno, potendo permettersi finalmente di procrastinare alcuni impegni, il Delegato Athha era riuscito a prenotare due posti su uno degli shuttle diretti su PLANT, non ritenendo opportuno usufruire di un volo di Stato per una questione familiare. E ora era lì, con lo sguardo che vagava su quella distesa di fredde pietre bianche immerse nel verde, su ciascuna delle quali erano stati incisi un nome e due date, simboli di esistenze ormai trascorse. Si sentì tirare gentilmente per la mano, stretta in quella del suo accompagnatore, e subito riprese a camminare con lui lungo il viottolo che avevano imboccato.
Quando si fermarono di nuovo, lo fecero davanti ad una lapide in particolare, la più cara. Eppure vuota, come tutte le altre. Impresse sulla sua superficie vi erano delle lettere che, in sequenza, si leggevano in questo modo: Lenore Zala.
«Mia madre», cominciò Athrun, rompendo il silenzio del dolore di tutti quelli che, come loro, erano andati a rendere omaggio alle anime delle vittime della strage di Junius Seven, «era il centro della nostra famiglia.» Anche se lui tacque, Cagalli rimase in ascolto. «Era dolce, gentile… e molto buona», riprese difatti il giovane.
«Allora le assomigli.»
Sorrise. «No, io ho preso per lo più da mio padre. Nel bene e nel male», riconobbe. «Lui era severo, questo sì, ma non era mai stato l’uomo irragionevole che si è dimostrato negli ultimi momenti della sua vita.» Fece una seconda pausa, come a voler riflettere un’ennesima volta su ciò che per lungo tempo lo aveva intimamente fatto sentire in parte responsabile indiretto della follia dell’ex-Presidente di PLANT: non era riuscito ad aiutarlo. Sensi di colpa ormai remoti che lo avevano già spinto a percorrere la strada sbagliata durante la seconda guerra. «La morte di mia madre aveva sconvolto entrambi, ma, per quanti errori io possa aver commesso dopo l’attacco a Junius Seven, fu mio padre quello che, nonostante l’austera ed impassibile maschera, ne uscì distrutto. Doveva amarla molto.»
Le dita della ragazza, intrecciate alle sue, strinsero piano la presa, e lui si volse a fissarla. Ecco, si disse, in cosa assomigliava soprattutto a Patrick Zala: se Athrun avesse perso Cagalli, con tutta probabilità avrebbe smarrito anche la lucidità mentale, esattamente come era accaduto a lui. Era questo uno dei motivi per cui non era mai riuscito ad odiare davvero la figura paterna che lo aveva cresciuto.
«Almeno… lui teneva alla donna che aveva sposato», mormorò
L’Ammiraglio si mosse per mettersi di fronte a lei, e con la mano libera le posò una carezza sul viso. «Tu e tuo fratello siete molto più simili di quanto pensi», ci tenne a farle sapere.
«Athrun?» Cagalli tornò ad alzare gli occhi dorati su di lui, questa volta con fare incerto. «Noi… saremo dei genitori migliori, vero?»
Lui le fece dono di un bacio tra la frangia bionda. Quindi, chinandosi sulle ginocchia, fece scorrere delicatamente le dita sul profilo arrotondato del ventre di sua moglie. «Assolutamente», rispose con la tenera determinazione di un uomo che sa di attendere la nascita del proprio primogenito. «I nostri figli non piangeranno mai per colpa della nostra fragilità», promise, mentre la sua bocca affondava fra le pieghe dell’abito di Cagalli e lei gli cingeva il capo con il braccio, accettando tacitamente di condividere con Athrun quel solenne giuramento d’amore.
Breve shot di riflessione.
L'ho scritta ieri sera tardi e l'ho ricontrollata stamattina appena sveglia, pertanto spero di aver azzeccato tutti i tempi verbali. XD In caso contrario, me ne scuso e vi invito a farmi notare gli errori. ^^
Shainareth