Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Sofyflora98    08/09/2017    2 recensioni
Dal primo capitolo:
"Tutto era iniziato con un cadavere. Un uomo sui cinquanta, vedovo, che faceva una vita abbastanza tranquilla, senza avvenimenti degni di nota. Un bel giorno, di punto in bianco, era morto. L'avevano trovato riverso sui gradini di fronte alla porta di casa. Quando avevano cercato di identificare la causa del decesso, i dottori erano rimasti allibiti. Non c'era una causa. Niente che potesse spiegare come mai un uomo di mezza età perfettamente in salute fosse all'improvviso crollato a terra. Come se tutto il suo organismo si fosse fermato dolcemente, e basta.
Fino a che non colsero sul fatto l'assassino. Quello che fu presto chiarito era che non si trattava di un essere umano. Non del tutto perlomeno. Mangiava e respirava e dormiva. Solo che a volte assorbiva la vita dagli altri."
****
Johnlock
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non fu la luce del sole che filtrava da dietro una tenda a svegliarlo, ma quella delle luci neon che irruppero nella stanza scura quando Mycroft Holmes ebbe spalancato la porta. Colpì gli occhi di John come un’ondata di minuscole lame. Sherlock era già desto, gli occhi imperscrutabili rivolti al soffitto.
Non aveva idea, John, di che ora potesse essere, ma considerato che se ne erano andati in giro per Londra la notte precedente per via del funerale di Trevor, probabilmente era ormai mattina inoltrata, se non addirittura quasi mezzogiorno.
- La polizia è entrata al 221B. – annunciò Mycroft come saluto. La sua voce era grave, non un accenno allo scherno e all’ironia che solitava trasudare da ogni sua parola.
John incespicò nella coperta mentre tentava di alzarsi. Non era sicuro che farsi sorprendere avvinghiato al fratello minore fosse un buon modo per far iniziare la giornata del maggiore degli Holmes, anche se pensava che il minore non avesse problemi in proposito.
Sherlock si sollevò fluidamente, l’espressione indecifrabile. - Perché? - domandò, ma non sembrava che gli importasse particolarmente.
- Sarebbe meglio se te lo spiegassi quando avrai mangiato e ti sarai svegliato del tutto, o almeno quando lo avrà fatto il dottor Watson. -
John aveva da tempo sviluppato una serie di elementi da cui intuire lo stato d’animo degli Holmes o la gravità della situazione. Per esempio, se Sherlock parlava ininterrottamente di sciocchezze quasi di sicuro si annoiava e cercava di fare ricerche su qualsiasi cosa riuscisse a trovare. Se Mycroft chiamava lui invece che il fratello, era perché era preoccupato per questioni che avrebbe definito emotivo-psicologiche.
Se Mycroft era reticente a parlare seduta stante, era successo qualcosa di molto grave.
Holmes fece sloggiare i due dal materasso, e li spinse per un tratto di corridoio fino a condurli in un bagno con l’ordine di rendersi presentabili e poi tornare nel suo ufficio. Fecero il meglio che poterono, ma John ebbe l’impressione che senza il suo aiuto Sherlock probabilmente non sarebbe stato sufficientemente presente da rimettere tutti i vestiti al posto giusto, una volta toltosi il sudore del giorno prima di dosso.
Quando fecero ritorno nell’ufficio nero, Mycroft aveva preso posto dietro alla sua scrivania, che nel frattempo era stata riposizionata dov’era originariamente. Fermo come una statua, pareva che non fosse nemmeno vivo se non fosse stato per lo sbattere delle ciglia. Persino l’espandersi della cassa toracica con il respirare era difficile da vedere.
- Questa mattina, sono entrati nel vostro appartamento con un mandato di perquisizione. – esordì il capo fazione. Sherlock e John si sedettero di fronte a lui, dall’altra parte della scrivania. – Purtroppo non ho informazioni più precise su cosa stessero cercando o se abbiano trovato qualcosa  che interessava loro, ma una mia fonte mi ha fatto sapere che è stato mandato l’ordine dopo la visione di alcune registrazioni. Credo che voi sappiate di che si tratta. – parlava con voce più bassa e calma del solito. Temeva di far perdere il controllo al fratello, forse? C’era in effetti un che di guardingo quando volgevo lo sguardo verso la Libellula.
- Emily Brown. – mormorò Sherlock. – Avevo detto loro di guardare le registrazioni delle videocamere di sicurezza. Non posso immaginare perché questo li abbia spinti ad irrompere al 221B per altra ragione al chiedere consulenza, se non che contenessero qualcosa che mi colleghi all’omicidio. –
- Temo sia molto probabile. Quella ragazza era una Creatura appena formata,  e quindi non registrata nei miei archivi. Il Ragno sta facendo creare Creature in considerevoli quantità, da quando ha fatto sparire il professor Stapleton da Baskerville per il suo lavoro. Ne sono già morte innumerevoli, dopo essere state usate come mercenari, o gettate in prima linea. Gli uomini che hanno finto l’aggressione a Irene Adler quando siete andati a parlare con lei nella sua casa erano tra queste. –
Un istante solo la maschera di Sherlock vacillò, quando fu nominata la Donna. Perlomeno Mycroft ebbe il buonsenso di non fargli notare come il suo dubbio di giudizio le avesse permesso di ingannarli e condurre Victor Trevor alla morte. Doveva bruciare da morire, l’umiliazione di quell’errore. Per non parlare del senso di colpa per aver indirettamente causato l’uccisione dell’unica persona che aveva contato prima che arrivasse Watson. John ne vedeva l’orrore e l’angoscia fremere sotto la maschera. Non avrebbe retto per molto, realizzò. Non questa volta.
Poi, d’improvviso, Sherlock si bloccò. – Noi eravamo fuori, questa notte. Eravamo qui. –
Mycroft si mostrò perplesso. – Per cui? –
- Eravamo presi da… nessuno era a Baker Street. Avrebbe potuto entrare chiunque, mettere qualcosa nell’appartamento e sparire. Se avessero dato alla polizia un motivo per entrare al 221B, e avessero fatto in modo che lo facessero stamattina, allora la Donna non ha che creato una scusa per tenerci tutti fuori. – disse lentamente, con crescente tensione.
- Probabile. – decretò Mycroft. – Ma non… Sherlock! – esclamò.
Il fratello si era alzato in piedi repentinamente, voltando loro le spalle. Tremava visibilmente, ma non come se stesse piangendo. Piuttosto, sembravano brividi di freddo. Si strinse la braccia attorno al corpo, vacillante, il respiro rumoroso e irregolare.
- Me l’aveva detto di non darle il dubbio, di tenerla lontana. – sussurrò flebilmente. – Avrei dovuto dargli retta. –
- No, non cominciare nemmeno. – disse ancora Mycroft a voce alta, e rivolse a John uno sguardo allusivo, come per incitarlo a darsi una mossa e fare qualcosa.
Il dottore si affrettò ad alzarsi anch’esso. – Sorprendentemente devo dare ragione a tuo fratello. – disse al detective, posando le mani sulle sua e cercando di sciogliere quella specie di nodo che aveva stretto attorno a se stesso con le braccia. – Se stai pensando che sia tua la responsabilità della morte di Victor Trevor, toglitelo dalla testa. So come fai quando succedono queste cose: pensi sempre che sia colpa tua. Di solito non ti si può contraddire, ma questa volta… Ehi! Alza gli occhi! –
Ma l’altro era sempre meno disposto a lasciarsi avvicinare, già in procinto di racchiudersi nel suo guscio. Non gliel’avrebbe permesso, non questa volta.
Lo scrollone che gli diede, afferrandolo per il colletto della camicia, non era particolarmente forte, ma servì al suo scopo. Sherlock, infatti, a questo si ritrasse di colpo, stupefatto, e lasciò andare la stretta su se stesso che avrebbe preannunciato l’irraggiungibilità.
- Basta così. – intimò il soldato all’incredulo investigatore. – Non ho alcuna intenzione di stare a guardarti mentre ti addossi la colpa di tutto come tendi spesso a fare. Piangi Trevor per quanto hai bisogno, ma non pensare neanche un momento di prenderti la responsabilità della sua morte. E quando avrai finito, dovrai tornare in te: hai un criminale da ostacolare, non te ne starai chiuso in casa a distruggerti con il pensiero. –
Quando ebbe finito gli venne il dubbio di essere stato eccessivamente severo nel modo di rivolgersi al più giovane. Il dubbio venne cancellato quando vide la lieve (ovviamente lieve) ammirazione nello sguardo di Mycroft e il perplesso stupore in quello del minore.
- Ottimo discorso, dottor Watson. Dovremmo invitarla alle riunioni per far tacere gli altri presenti. – commentò Mycroft con una punta di ironia. – Il che mi spinge a chiederle se le recherebbe disturbo lasciarmi solo con mio fratello per un determinato tempo. Riguardo ai recenti avvenimenti, dobbiamo discutere delle importanti questioni, e sarebbe meglio se rimanessero private. –
Con questo, il dottore fu cacciato dall’ufficio, irritato e infastidito, mentre ripensava per l’ennesima volta al fatto che lui quel giorno di diverso tempo fa aveva solo accettato di avere un coinquilino.
 
I due Holmes rimasero in quell’ufficio per un tempo indefinito, ma John era piuttosto sicuro che poteva essere quantificato in ore. Un paio, più o meno. Un record, da che lui ricordava, di tempo passato assieme dai due, da che li conosceva. In quel tempo, scoprì l’esatto motivo per cui si soleva dire “girarsi i pollici”.
Quando sentì di nuovo la porta aprirsi, con un quieto suono quasi frusciante, soltanto Sherlock ne uscì. Era cambiato, però. Il suo volto era severo, corrucciato.
- Posso sapere cosa vi siete detti, a meno che non sia segreto nazionale? –
- Abbiamo discusso su come… affrontare la situazione. Non posso dire tutti i dettagli, per motivi di sicurezza. Mi dispiace, ma spero che tu capisca che Mycroft in questo caso non sta facendo il misterioso per alterigia. –
John annuì. – Bene. È bello sapere che ogni tanto non si diverte alle nostre spalle. –
- Però, – continuò il detective. – abbiamo delle cose da fare. A Baker Street. –
- A Baker Street c’è la polizia, a quanto pare. – obiettò il medico.
- Dettaglio irrilevante. –
John ringraziò ogni divinità esistente o meno che gli venisse in mente quando, dopo che riuscirono a sgattaiolare discretamente nei pressi di Baker Street, videro che sul momento nessun poliziotto era nei dintorni. Magari avrebbe dovuto ringraziare Mycroft una volta o l’altra per come la loro fortuna tendesse a rivelarsi nei modi più costruttivi.
Grazie alle vaste conoscenze di Sherlock sui mille modi di compiere un crimine, riuscirono ad introdursi di soppiatto nell’appartamento, e John sperò davvero che la polizia misteriosamente assente non decidesse di tornare sul più bello.
Il detective ispezionò rapidamente le varie stanze facendo attenzione a non toccare nulla.
Uscirono dopo solo pochi minuti. Il soldato seguì il più giovane mentre questi si toglieva dalla strada per dirigersi verso stradine e vicoli dimessi e più stretti, dove c’erano meno possibilità di essere visti.
- Sembra che la polizia abbia frugato un po’ in giro. Era tutto spostato. – disse ad un certo punto.
- Io non me ne sarei accorto. –
- Non ne dubito. Non c’era nulla, in giro che potesse tradirmi. Non lascio mai biglietti o altro, e ho sempre il cellulare con me. –
John non lo disse ad alta voce, ma pensò di sicuro che se era così (e credeva che lo fosse) la polizia non poteva per forza aver trovato nulla, e che la loro ispezione fosse stata inutile. Ovviamente Sherlock non era della stessa opinione, dal modo in cui lo guardò, e John si chiese quanto fosse facile leggergli in faccia i pensieri.
- Significa che se hanno trovato qualcosa deve essere stata messa qui di proposito. – spiegò il detective un po’ divertito e un po’ annoiato. Perlomeno, era un buon segno vederlo comportarsi come al solito. – Il fatto che Victor… fosse fuori casa, significa che per un certo numero di ore l’appartamento è rimasto libero. Chiunque avrebbe potuto entrare e lasciare qualcosa tra gli scaffali o in qualche cassetto. –
Camminarono in silenzio per diverso tempo, Watson non avrebbe saputo dire quanto di preciso, sta di fatto che si accorse di conoscere il quartiere grigio e disabitato dove era stato condotto. Era stato lì quando Sherlock l’aveva portato in quel vecchio negozio abbandonato per parlare con il vecchio cieco. Era la zona neutrale.
- Siamo qui per…? –
- Parlare con Empty Stare, se è qui. Se non è qui, gli diamo la caccia: lui ci ha detto di andare a cercare la Donna, voglio verificare se fosse o meno consapevole di cosa sarebbe successo. –
Si avvicinarono all’edificio. – Ho bisogno che tu aspetti qui fuori, per fermarlo se per caso scappa e riesce ad uscire. Puoi farlo? Non è particolarmente forte. –
La Creatura entrò con circospezione, il soldato rimase ad aspettare.
Da fuori sentì il rumore attutito dei passi di un’altra persona. Irregolari, caotici, come se si fosse mosso repentinamente. Non riusciva a capire cosa si stessero dicendo. Sherlock parlava a voce bassa, l’altro aveva solo un filo di quella che John ricordava.
Poi un rumore secco, legno che si spezza, e un clangore.
Pochi secondi dopo i due erano fuori dalla porta, il più vecchio trattenuto per le braccia da Holmes. Quest’ultimo aveva le labbra strette in una smorfia adirata, gli occhi freddi come mai John li aveva visti prima.
Empty Stare si dibatteva nella stretta, ma era evidente che non sarebbe riuscito a scivolare via.
- Non volevo, non volevo farlo. Lo giuro. – balbettava debolmente, le lacrime agli occhi.
- Piuttosto bizzarro il tuo modo di non voler fare le cose. – ribatté Sherlock, senza un velo di pietà né nello sguardo né nelle parole. – John, aiutami a riportarlo dentro. –
Così fece. Trascinarono il vecchio riluttante e spaventato nel negozio polveroso ed angusto, e lo lasciarono cadere su una sedia impagliata che aveva visto giorni migliori. Empty Stare non osava sollevare lo sguardo, la testa china e le mani tremanti. Ogni tanto gli sfuggiva un lieve squittio angosciato.
Sherlock trascinò una specie di poltrona che trovò in fondo al negozio davanti all’altra Creatura, e si sedette imperioso e in attesa. John stava giusto un passo indietro, sconcertato. Non era sicuro di capire cosa stesse succedendo (raramente lo era), e sebbene con gli Holmes era abbastanza normale, avrebbe preferito essere messo a conoscenza di cosa si aspettasse di ottenere Sherlock quando usufruiva del suo aiuto, specialmente nella situazione corrente.
Il vecchio prese a strofinarsi le mani nervosamente, scoccando occhiate rapide al detective che stava ad aspettare, prima di iniziare a parlare con voce concitata e lamentosa.
- D’accordo. Sono stato io. Era già pianificato. – esclamò alzando finalmente lo sguardo. - Il Ragno immaginava che avresti chiesto consiglio a me, per cui mi ha detto che dovevo farvi andare da Irene Adler. –
- E tu dovresti essere neutrale e fuori dai giochi. Traditore. – ribatté Sherlock con sprezzo.
- Mi ha obbligato a farlo! – il tono della Creatura si era fatto disperato. – Mi avrebbe ucciso! Non avevo idea che Victor Trevor sarebbe rimasto coinvolto, non sapevo che si sarebbe presentato da te! –
Sherlock tacque per lunghissimi minuti durante i quali l’altra Creatura si faceva via via più terrorizzata.
Quando John pensò che il vecchio sarebbe scoppiato da un momento all’altro, Sherlock infine parlò.
- Sei fortunato. Ti porterò da Mycroft invece che occuparmi di te personalmente, e lascerò che sia lui a decidere cosa fare con te. –
Era glaciale, come John non l’aveva mai visto, e per tutto il viaggio di ritorno all’edificio dove Mycroft aveva il suo ufficio. C’era una linea dura sulla sua fronte.
Il vecchio Empty Stare non aprì più bocca, e lo stesso fece il detective.
La “consegna” dell’uomo a Mycroft fu quieta e rapida. Sherlock scambiò due parole con il fratello, a voce troppo bassa perché Watson potesse sentire.
Il dottore non riusciva a liberarsi dell’impressione che gli Holmes avessero un piano per una situazione come quella in cui si trovavano. Erano troppo intelligenti per aver sprecato tutti gli anni di tensione tra le fazioni senza aver previsto un’eventualità simile. Ma la cosa non lo faceva sentire meglio, anzi il contrario. Capiva che potesse essere funzionale tenere segrete le loro intenzioni anche a lui, ma un paio di occhiate cupe che gli aveva scoccato il maggiore lo fecero sentire profondamente a disagio e confuso, e pensò che probabilmente quello che si stavano dicendo e che si erano detto ore prima chiusi nell’ufficio non gli sarebbe piaciuto per nulla.
Mycroft fece sparire Empty Stare dalla loro vista in un batter d’occhio, prima di congedarsi.
 
 
- Sospettavi già che il vecchio ti tradisse, oppure…? –
- Non mi sono mai fidato di lui completamente. Ma il fatto che Victor sia stato ucciso dalla Donna lo ha reso ovvio. Avrei dovuto immaginarlo già quando ci ha detto di andare a incontrarla, ma non sono stato attento. –
Il pavimento dell’edificio era tiepido. All’occhio sembrava marmo. Per qualche motivo che non era ben chiaro, si erano seduti sul pavimento, la schiena contro il muro, invece che cercare delle sedie, o qualcosa del genere. Poco importava, probabilmente Sherlock non ci faceva neanche caso da quanto assorto era stato nell’ultimo quarto d’ora.
John raccolse una delle sue mani pallide, che era appoggiata per terra, tra le proprie, riuscendo ad attirare l’attenzione del detective senza parlare per primo. Gli baciò le nocche, una ad una, e sentì il rumore un po’ più forte di Sherlock che tratteneva il respiro.
- Ti amo. – gli disse la Creatura in un mormorio. E la cosa più bella di quelle due parole così brevi era la semplicità con cui le aveva pronunciate. Sembravano quasi un suono unico, senza abbellimenti o scenate melodrammatiche come facevano molte persone che non sapevano realmente cosa stavano dicendo. Solo quello, ed era sufficiente a fargli sentire tutto ciò che c’era dietro. La tenerezza, il desiderio, la fiducia, le preoccupazione e la meraviglia che entrambi provavano per quell’emozione.
- Lo so. Faccio un po’ di fatica a rendermene conto, ma lo so. E non sai quanto mi renda felice. Nonostante tutto.  –
Sherlock sorrise. – Credo di saperlo. –
Gli strinse a sua volta la mano. – John, ho bisogno che tu faccia una cosa. – disse poi, tornando serio.
- Certo, dimmi. – ed eccola lì, quella strana espressione esitante e nervosa che aveva mentre parlava con Mycroft e quest’ultimo lanciava occhiate cupe.
- Sarebbe bene che tu stessi con la signora Hudson per le prossime ventiquattro ore. Avrà bisogno di qualcuno che la protegga se le cose non vanno bene. –
- Protegga da cosa, le Creature? Con le Estensioni e tutto il resto? –
- Se ci spari, moriamo come tutti. Per favore. –
John sospirò. – Ovvio che lo faccio. Ma tu? .
Sherlock esitò prima di rispondere, e anche allora non parve né convinto né sincero. – Ho da sbrigare alcune faccende con Mycroft. Forse abbiamo trovato una soluzione, ma dobbiamo rifinire i dettagli e poi trovare un modo per mettere il tutto in pratica. Dovremo cercare alcune persone. Non ci vorrà moltissimo. Cominceremo tra un paio d’ore. –
- Ed è un segreto, ovviamente. –
- Mi spiace. – e sembrava sincero mentre lo diceva. – Ma è meglio che meno persone possibili conoscano le intenzioni di Mycroft, o rischieremmo di compromettere ogni cosa. –
- Di Mycroft? Non sono anche tue, quindi? –
- Le nostre. Ma l’idea è stata sua. John, ti spiegheremo più tardi, d’accordo? Non abbiamo trovato nulla di migliore, o con più probabilità di riuscita. –
John, come tante altre volte, lasciò perdere e decise di fidarsi, pur convinto che il vero motivo del segreto fosse altro da ciò che diceva Holmes.
 
Non molto dopo ciò, Sherlock lo ricondusse alla stanza dove avevano passato la notte, tenendogli la mano in una presa leggera. Aveva smesso di nuovo di parlare. Non che ce ne fosse bisogno, quando si sedette sul materasso su cui avevano dormito trascinando l’altro uomo con sé e baciandolo languidamente.
Non era così che John aveva immaginato sarebbe stata la prima volta che facevano l’amore. Non su un materasso nell’ufficio di Mycroft (che grazie al cielo doveva essere impegnato a fare qualcosa di importante che lo teneva fuori di lì), non con la morte di un uomo a pesare sul suo compagno. Aveva immaginato un giorno o una sera sereni, senza psicopatici a minacciare la loro vita. Ma Dio, quanto l’aveva desiderato!
Sherlock lo stringeva con le braccia attorno al torso e al collo, lo teneva stretto come se volesse inglobarlo, farlo fondere a se stesso. C’era una sorta di affamata disperazione nel modo in cui gli mordeva le labbra e graffiava la schiena, in cui lo avvolgeva con le gambe e le usava per stringerlo ancora di più.
Era un’esperienza completamente diversa da quelle che aveva avuto con altre persone. Sentiva emozione. Tanta, immensa, che gli faceva tremare la voce e lo obbligava a non interrompere il contatto visivo. Era impensabile distogliere lo sguardo da quello di Sherlock. Si sentiva traboccare di adorazione.
- John… - un sospiro, poco più. Perché c’era malinconia in quel sospiro? Perché c’era quel filo di rassegnazione negli occhi freddi ma colmi d’amore della Creatura?
Un senso di inquietudine, sebbene insignificante se messo a paragone con tutto ciò che stava provando mentre spingeva lentamente nel corpo diafano dell’altro, gli chiuse la gola. C’era qualcosa in quello sguardo, qualcosa di definitivo, che non riusciva a cogliere o che non conosceva, ma sentiva ora più che mai di essere ignaro di qualcosa di importante, qualcosa che rendeva Sherlock così.
Che cosa hai intenzione di fare? Cosa ti turba in tal modo da guardarmi come se fosse l’ultima volta?
Attesero il giorno seguente quasi senza parlare.
 
 
 
 
 
 
 
 
John aveva fatto come gli era stato detto. Era stato con la signora Hudson. Aveva atteso che Sherlock e Mycroft facessero quello che dovevano fare. Aveva atteso con ansia, maledicendosi per non poter fare di più, partecipare, essere utile in qualche modo. Detestando il fatto di essere all’oscuro di tutto. Scervellandosi nel tentativo di capire cosa potesse essere così delicato e importante da dover rimanere segreto in tal modo, e senza riuscirci.
Aveva passato le ore ad ascoltare la donna, leggere, osservare la signora che sferruzzava qualcosa che non aveva ancora preso forma.
Per fortuna l’abitazione della signora Hudson non era perquisita dalla polizia, e potevano rimanerci tranquillamente.
Quando fu passato il mezzogiorno, era decisamente con i nervi a fior di pelle per via della preoccupazione.
Poi, un uomo di Mycroft gli aveva telefonato.
Dottor Watson?
Il coinquilino di Sherlock Holmes?
Mi è stato detto di chiamarla immediatamente.
Mi dispiace di dover dare notizie così funeste.
Il signor Sherlock Holmes è morto. Con lui, anche James Moriarty.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
**********
 
Note:
Sono passati mesi dall’ultimo aggiornamento. Lo so, lo so. Mi dispiace immensamente, ho fatto di tutto per trovare del tempo per scrivere. Purtroppo, gli esami di maturità ed alcune vicende personali piuttosto problematiche me lo hanno rubato senza pietà. Non ho abbandonato, ciononostante, la storia. Non ho idea di quanto mi ci vorrà per finirla, ma finirà, non rimarrà incompleta.
In ogni caso, non dovrebbero rimanere più di due capitoli, ed entrambi non lunghi quanto i precedenti (come questo d’altronde).
Grazie per chi ancora legge questa storia nonostante la negligenza dell’autrice, che cerca sempre scuse per i suoi ritardi.
Kisses
 
Sofyflora98
 
   
 
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