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Autore: midori_ninjin    09/09/2017    1 recensioni
Era un martedì come tanti altri… un normalissimo martedì sera.
Mi ero messo d’accordo con i soliti amici per vederci a casa mia, data l'aria condizionata e l'assenza dei miei genitori per quei giorni… una tranquilla serata in casa con pochi amici.
Non avrei mai creduto che una bottiglia vuota… un ripostiglio… ed il mio migliore amico avrebbero rivoluzionato la serata… e la mia vita.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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-No!- Esclamai deluso quando vidi fermarsi la verde bottiglia di birra, ormai vuota, di fronte alle scarpe Nike logore di Michele, il mio migliore amico.
 
La cosa era iniziata solo per gioco… ci stavamo annoiando e Lorenza, una mia amica (Dio solo sa perché dato che le sue due uniche buone qualità si trovano poco sotto il collo), aveva proposto quella che forse sarebbe stata l’unica buona idea della sua vita.
 
-Ale perché non giochiamo al gioco della bottiglia?!- Aveva chiesto svuotando la suddetta tutta d'un fiato come solo una vera signora sa fare.
 
Ed era così che io, Michele, Giacomo ed Alberto ci eravamo ritrovati nel seminterrato a gambe incrociate sullo sporco parquet mentre (per motivi che non ero riuscito a comprendere) Lorenza, Giada e Sara cercavano una posizione più comoda sul vecchio e impolverato divano a due piazze dall'orrenda copertura a fiori.
 
Non che questo stonasse con l'arredamento di quella stanza adibita a ricevere tutto ciò che in casa mia non aveva più un utilizzo utile… vecchi peluche… roba da neonato… libri e quaderni usati… e scatoloni di cose ormai dimenticate.
 
Osservai meglio Sara, la fidanzata di Alberto al quale avevo detto.
 
-Invitala tanto più siamo e meglio è- Senza considerare che la sua buona educazione gli avrebbe impedito di rifiutare condannandola così ad una serata con i miei amici.
 
Se ne stava sul bracciolo della poltrona con le gambe strette al petto come se avesse voluto scomparire nel nulla.
Piccolina e con gli occhi enormi coperti da una frangetta che faceva sembrare ancora di più il mio amico Alberto un pedofilo… nonostante avessero la stessa età.
 
Riguardai Michele che soffiava con tutte le sue forze verso la bottiglia cercando di farla spostare anche solo di pochi millimetri verso Giada, mentre questa disinteressata con una mano si aggiustava i riccioli biondi e con l'altra teneva il bordo del vestitino bianco per sistemarselo meglio sulle gambe.
 
-Direi che in questo caso… si rifà- Esclamai passandomi una mano fra i capelli castani zuppi di sudore un po' per il caldo del seminterrato illuminato da una lampadina probabilmente arroventata e un po' per l'ansia… conoscevo bene i miei amici e supplicavo per un po' di compassione.
 
-No! Troppo facile così!- Sorrise maligna Lorenza facendo scoccare la lingua e alzandosi… quella ragazza era un demone nascosto dietro tinti capelli neri, jeans strappati e canotte troppo corte e scollate -Tu hai detto prima il proprietario della casa… bene prenditi le tue responsabilità-
 
-Raga lo sapete che lei non si arrende tanto vale tacere e ficcarsi in quel maledetto ripostiglio- Sospirò Alberto stringendosi fra le spalle.
 
-Dai su fate sta cosa per sette minuti non è mica la fine del mondo… così poi mangiamo qualcosa che sto letteralmente morendo di fame- Lo appoggiò Giacomo sistemandosi i capelli come al solito in quei giorni troppo verdi (a causa di una scommessa finita male).
 
-Figurativamente…- Lo corresse Giada.
 
-Infondo… sono solo sette minuti- Tentennò Michele scompigliandosi i scuri capelli castani quasi neri, lui era quello a volerlo di meno, in quei mesi aveva iniziato a passare sempre più tempo con Giada e sospettavo che avrebbe pagato pur di avere quei sette minuti con lei.
 
-Ci possiamo portare una bottiglia di qualcosa ho dobbiamo morire assiderati?- Chiesi polemico alzandomi in piedi e avvicinandomi al tavolo dove avevano sistemato qualche schifezza e gli alcolici.
 
-Non che ci tenga a te… ma eviterei di ucciderti in casa tua con tutti questi testimoni- Concesse Lorenza Alzandosi.
 
-Che premurosa- Sorrisi prendendo una bottiglia di birra per poi porgere la mano a Michele, ancora seduto in terra, che l'afferrò per tirarsi su prima che tutti ci avvicinassimo alla porta del ripostiglio.
 
Lorenza l'aprì sadicamente allegra mentre io osservavo inorridito quei tre metri per due praticamente completamente occupati da oggetti e cianfrusaglie varie.
 
Entrai per primo cercando di non calpestare nulla di troppo pericoloso per poi girarmi ed osservare Michele che addirittura cercava di evitare qualsiasi cosa fosse sul pavimento (Cosa praticamente impossibile).
 
Eravamo dentro uno di fronte all'altro.
 
Sentii il cigolio della porta… la maniglia girare e poi il rumore della serratura che scattava… chiuso… in trappola.
 
La luce si fece fioca… praticamente inesistente mentre intravedevo lo spiraglio sotto la porta da cui filtrava.
 
-Divertitevi ragazzi- Sentii bisbigliare a Lorenza prima che i suoi passi si allontanassero… da quell'affermazione ci misi un po' a prendere coscienza che con me ci fosse anche Michele.
 
Ci conoscevamo da quando avevamo all'incirca tre anni e avevamo fatto di tutto insieme… il bagno… i pianti… le risate… avevamo deciso addirittura di andare alle stesse superiori.
 
Infatti se mi fossi trovato in quella stessa situazione solo un paio di anni prima ci saremmo divertiti.
Eppure raggiunto il terzo avevamo finito per scegliere due indirizzi diversi… io informatica e lui meccanica.
 
Le nostre classi erano solo a cento metri ed una scalinata di distanza eppure era successo qualcosa che io non riuscivo a comprendere… di colpo avevamo iniziato a vederci di meno… tutte le volte che lo chiamavo per uscire sviava con scuse del tipo.
 
“Devo studiare” (Cosa che lui non faceva più o meno da quando aveva sei anni) Oppure “Giada mi ha chiesto una mano con una cosa”.
 
Ed anche quando ci vedevamo per scuola lui finiva per tagliare corto e tornare di fretta in classe.
 
In poco tempo avevamo smesso di parlare da soli… avevamo iniziato a vederci solo se in gruppo ed anche in quei casi non ci rivolgevamo molto la parola.
 
Quei cento metri ed una scalinata avevano finito per creare un muro che non riuscivo a spiegarmi.
 
-Non mi sento più le gambe- Sospirò Michele appoggiandosi con la schiena alla porta.
 
-Ti puoi sedere… non ti preoccupare di rompere qualcosa tanto qui e tutto da buttare- Gli dissi guardandolo in volto infastidito dai suoi occhi fissi sul pavimento (O su quel poco che si riusciva a intravedere di questo).
 
Quel viso lo conoscevo bene, anche troppo, eppure mi tranquillizzava osservarlo.
Quella mascella pronunciata, le sopracciglia folte… quella destra segnata da una cicatrice… quelle iridi chiare… a volte grigie… a volte verdi… a volte celesti.
 
Interruppe i miei pensieri dicendo.
 
-Ci provo- Prima di far scivolare la schiena contro la porta fino a toccare terra.
 
-Com'è?- Chiesi osservando la sua espressione di dolore.
 
-Se possibile più scomodo del materasso della vecchia Patty-
 
-Oddio te lo ricordi?!- Risi io.
Patrizia era una signora che nei suoi brevi viaggi estivi ci pagava il minimo sindacale per fare gli house-sitter (Cosa che noi sfruttavamo semplicemente per fuggire dalle nostre rispettive famiglie per una settimana e per svuotargli il frigo).
 
-Scherzi?! Io mi sento ancora in colpa per il vaso azzurro- Rise lui alzando i suoi occhi verso di me, cosa che forse non faceva da mesi (Mi chiesi se si ricordasse il mio viso come io ricordavo il suo).
 
-Senti se non si è accorta del fatto che ora è seppellito nel suo giardino… si vede che non ci teneva- Sorrisi appoggiandomi contro il muro e scivolando fino al pavimento sistemando le gambe affianco alle sue.
 
-Già- Interruppe la discussione Michele fissando i suoi occhi su di uno scatolone.
 
Sette minuti… e pensare che ero stato io a contrattare per quei sette minuti.
Alberto aveva insistito per quattro (Probabilmente terrorizzato da ciò che poteva succedere alla fidanzata in quel ripostiglio con uno qualsiasi di noi per dieci minuti)
Ma io ero riuscito ad ottenerne sette ed ora contavo letteralmente i secondi.
 
-Mi passi l'accendino?- Gli chiesi e subito dopo lui lo caccio dalla tasca (con non poca difficoltà vista la posizione) e me lo lanciò, nonostante stessimo a circa un metro di distanza.
 
Osservai l’accendino, gliel'avevo regalato io al suo compleanno dei quindici anni, bianco con la scritta in nero “IL FUMO UCCIDE” sarebbe potuto essere più azzeccato per Michele solo con l'immagine di un tumore stampata sopra (Lui era così… tutte le cose considerate dagli altri inopportune o offensive a lui divertivano).
 
Lo usai per aprire la bottiglia di birra e poi, dato il caldo insopportabile, ne svuotai metà tutta d'un fiato prima di restituirgli l'accendino.
 
-Ne vuoi un sorso- Chiesi porgendogli la bottiglia.
 
-Dio si… sto soffocando- Mi rispose distendendo la mano, stavo per passargliela quando nella mia mente nacque qualcosa a metà fra la perfidia e la rabbia.
 
Ritirai in fretta la mano e dissi.
 
-Una domanda a testa… sincerità assoluta-
 
-Di cosa stai parlano?- Mi chiese lui sollevando un sopracciglio.
 
-Se lo fai ti do la birra- Risposi piuttosto infantile.
 
-Scherzi vero?! Quanti anni hai cinque-
 
-Se non vuoi fa niente me la finisco io- Mi strinsi fra le spalle portandomi la bottiglia alle labbra.
 
-No… no! Ok- Acconsentì in fine sospirando.
 
-Perché…- Provai ad iniziare ma lui mi interruppe.
 
-No… tu hai scelto il gioco io inizio… perché hai invitato Lorenza?- Quella domanda mi sorprese, potendo chiedere qualsiasi cosa imbarazzante o compromettente mi aveva fatto una domanda alla quale avrei risposto senza problemi anche senza essere vincolato da quello stupido gioco.
 
-Dopo che ho inavvertitamente invitato la fidanzata di Alberto ho detto a Giacomo che se voleva poteva portare un amica- Spiegai.
 
-E lui ha invitato Lorenza- Chiese perplesso.
 
-Credo che lei l’abbia pagato per farmi Innervosire- Ammisi stringendomi fra le spalle per poi dire -Ora è il mio turno-
 
-Spara- Mi concesse Michele.
 
Ci riflettei su… erano due le mie opzioni potevo chiedergli qualche cavolata di cui non mi importava minimamente o potevo fargli la domanda che mi tormentava praticamente da un anno.
 
Mi preoccupava il fatto che facendogli quella domanda lui avrebbe potuto allontanarsi ancora di più ma infondo avevo proposto quel gioco solo per riuscire a parlare di quell'assurda situazione e così glielo chiesi.
 
-Perché dal terzo ti sei allontanato?-
 
-Di che stai parlando?!- Domandò scompigliandosi i capelli e abbassando ancora di più lo sguardo fino a fermarlo sulla mano che tamburellava compulsivamente sulla gamba dal lato del muro.
 
-Cazzo Michele da quando avevi sei anni non hai mai saputo mentire quindi non pensare di poterlo fare ora- Sbottai infastidito.
 
-Senti lasciamo stare… dammi quella bottiglia- Mi rispose porgendomi la mano e piantando i suoi occhi nei miei, lo sguardo sicuro e convinto a non cedere.
 
-Oppure?- Chiesi spavaldo prendendo un sorso di birra.
 
-Me la prendo da solo-
 
-Provaci- Dissi con un cenno della testa, poco dopo fu tutto molto veloce.
 
Michele si alzò sulle ginocchia per poi praticamente buttarsi verso di me, una mano a bloccarmi il polso e l'altra a cercare di afferrare la bottiglia che io passai in fretta nell'altra mano.
 
-Piuttosto che dartela me la verso addosso!- Esclamai io tenendola in alto e cercando di nascondere il sorriso che voleva spuntarmi sulle labbra.
 
Quella scena mi ricordava inevitabilmente di quando da ragazzini litigavamo per un giocattolo per poi finire per dimenticarlo e per continuare a rotolarci in terra colpendoci e mordendoci a vicenda.
 
-Dai Ale! Sto morendo di caldo- Supplicava lui come un bambino premendomi un gomito sul petto completamente sopra di me mentre io gli conficcavo un ginocchio nello stomaco per cercare di allontanarlo.
 
-E muori- Risposi non riuscendo più a trattenere la risata che lasciai andare scoppiandogli a ridere praticamente in faccia.
 
Lui mi osservò all'incirca per tre secondi in religioso silenzio prima di seguirmi a ruota.
 
-Ti immagini che diavolo stanno pensando quelli là fuori- Disse fra le risate.
 
-Non lo so… che ci stiamo picchiando o che stiamo scopando- Risposi asciugandomi una lacrima.
 
-Sono stati loro ad insistere- Concluse stringendosi fra le spalle.
 
Poi successe qualcosa di strano.
 
Entrambi smettemmo di ridere e ci calmammo per poi, contemporaneamente, alzare lo sguardo l'uno nella direzione dell'altro.
 
Io l'osservavo alquanto perplesso… non capivo perché non si spostasse da sopra di me ne perché non proferisse parola.
 
Erano passati all'incirca cinque lunghissimi secondi, stavo per dargli la bottiglia, quando lui spostò il gomito dal mio petto e posò una mano sopra la mia spalla.
 
Deglutì… vidi chiaramente il suo pomo d'Adamo salire per poi riscendere.
 
Osservai le sue iridi… e le sue pupille dilatarsi con un’intensità di cui non credevo essere capace mentre cercavo di capire cosa stesse aspettando… ma soprattutto cosa volesse fare.
 
Spostò per un istante lo sguardo in basso a destra, in una zona non ben definita della stanza, per poi riposarlo su di me.
 
Si morse il labbro inferiore.
 
E poi lo fece… si avvicinò… fu veloce.
 
Talmente veloce da permettermi di mentire e dire che lo fu tanto da non darmi la possibilità di reagire in alcun modo… eppure non sono stupido (per quanto sia bravo a fingere con gli altri e con me stesso) in un posto nella mia mente… uno non direttamente collegato con il mio io conscio… l'avevo sospettato quando aveva deglutito… l'avevo capito quando aveva distolto lo sguardo… ne ero stato certo quando si era morso il labbro inferiore.
 
Eppure nell'istante in cui le sue labbra toccarono le mie… la sua bocca tocco la mia… la sua lingua tocco la mia… sembrò non avere senso la necessita di dare la colpa a qualcuno.
 
Sgranai gli occhi e subito dopo li chiusi cercando di concentrarmi senza sapere nemmeno io su cosa…
 
Mi concentrai sulla sua mano che sulla mia spalla era intenta a disegnare tanti piccoli cerchi con l'indice.
 
Mi concentrai sul suo ginocchio che tirò leggermente più su per reggersi meglio e che andò inevitabilmente a frapporsi fra le mie gambe.
 
Mi concentrai sull'altra mano che mi sfiorava lo zigomo con una delicatezza che non era del Michele che a otto anni con un calcio mi aveva fatto saltare un dente per sbaglio.
 
Mi concentrai sulle mie mani… una ancora intenta a reggere la bottiglia di birra ormai dimezzata e l'altra sulla sua spalla in un falso tentativo di allontanarlo.
 
Mi chiesi come fosse possibile riuscirsi a concentrarsi su tutti quei dettagli dato ciò che stava accadendo nella mia bocca…
 
Sentivo chiaramente la sua lingua cercare di insinuarsi sempre più in fondo… era un qualcosa di passionale… stupido… veloce… violento.
 
I suoi denti si soffermavano sulle mie labbra torturandole per poi riprendere ad esplorare la mia bocca.
 
Sentivo il suo odore… un odore che conoscevo fin troppo bene di deodorante misto a sudore ma si era aggiunto una nuova percezione di lui… qualcosa che non avevo mai sentito prima.
 
Sentivo il suo sapore… e sapeva di alcool… nonostante non fosse riuscito a bere quella stramaledetta birra… di sigarette… quelle orribili Marlboro alla menta di cui lui andava pazzo… e stranamente di cioccolato.
 
“Un bacio è un bacio… un qualcosa di incredibilmente piacevole… una volta che hai chiuso gli occhi non importa chi te lo stai dando”
 
Mi ripetevo nella mente cercando di giustificare il fatto che non avevo la minima voglia di allontanarlo.
 
“Anche lui… probabilmente avrà solo trovato un modo per passare il tempo”
 
Mi dicevo cercando di giustificare il fatto che il mio migliore amico, la persona con la quale ero cresciuto, mi stava ficcando la lingua in bocca.
 
“Che si fottano!”
 
Mi arrendevo spostando la mano per afferrare il collo della sua maglietta e portarlo, se possibile, ancora più vicino a me.
 
Mi ero da pochi secondi immerso davvero in quel bacio quando sentii un qualcosa di gelato piombarmi sull'addome per poi allargarsi fino al cavallo dei pantaloni.
 
Allontanai Michele all'istante per poi guardarmi, la mia t-shirt era zuppa fradicia e ci misi qualche secondo per capire che avevo involontariamente aperto la mano in cui tenevo la bottiglia di birra versandomela addosso.
 
Alzai lo sguardo su Michele che se ne stava in ginocchio con il ciuffo castano in disordine, le labbra gonfie e arrossate e lo sguardo piuttosto vacuo.
 
Io che avevo semplicemente seguito l’impeto del momento mi sentivo confuso quindi potevo solo immaginare quello che stesse passando lui… stavo per dire qualcosa (Non so neanche io cosa) quando sentii la serratura scattare e fui accecato dalla luce che invase la stanza appena la porta fu aperta.
 
-Sette minuti finiti!- Esclamò la voce di Lorenza.
 
Io continuai ad osservare Michele come a domandargli cosa dovessimo fare o dire eppure anche lui continuava a fissarmi con lo sguardo perso nel vuoto.
 
-Abbiamo scoperto che non si possono lasciare due ragazzi ed una sola bottiglia di birra- Improvvisai alzandomi in piedi -Guardate come mi sono conciato… Michele questa non te la perdono-
 
-Sei tu che hai iniziato- Tenne il gioco lui alzandosi e uscendo seguito da me.
 
-Solo due idioti come voi potevano finire per litigare in sette minuti e due metri quadri- Rise Giacomo.
 
-Lasciamo perdere… io mi vado un attimo a ripulire e a cambiare… aspettatemi qui e fate pure come se foste a casa vostra- Gli dissi andando verso la porta.
 
-Non me lo faccio ripetere due volte!- Sentii esclamare da Lorenza mentre salivo le scale.
 
 
*Il mio angolino*
Allora… questa credo sia la descrizione di un bacio più lunga che abbia mai fatto… fatemi sapere se rende e cosa ne pensate.
Per il resto leggete se vi piace e lasciate un commento… non vi costa niente e mi accende un sorriso.
midori_ninjin
   
 
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