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Autore: Stregatta_Khan88    10/09/2017    0 recensioni
Diana Tosi è una scrittrice squattrinata. Gabrio Rossato, in arte "Chef Russel" è noto cuoco da strada della televisione. Le loro vite presto s'incroceranno... Un colpo di fulmine, due arti diverse quanto simili. Un biglietto da visita che l'autrice manda ad un suo idolo, con la speranza di poterlo incontrare, un giorno..
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Diana non era mai stata il genere di ragazza che seguiva un uomo in una camera d'albergo, dove c'era un invitante letto a due piazze, dopo solo tre giorni che lo conosceva, dopo solo il primo bacio.

Ma Russel faceva l'eccezione!

Con lui sembrava tutto diverso. Con Russel aveva paura ma, allo stesso tempo, invece che fermarla quel timore la spingeva sempre più nell'abbraccio dell'ignoto. Quella paura non bloccava il suo desiderio di buttarsi a capofitto nelle tenebre che forgiavano i suoi occhi.

Via certi penieri! Sciò!

Sedette in silenzio sul bordo del letto, i pugni stretti sulle ginocchia e gli occhi inchiodati su Russel. Ricordò improvvisamente le parole di Stefania: "Non ci vedrei nulla di male se tu scegliessi di scrivere un romanzo rosa, non è il genere a fare uno scrittore”

Con i suoi gesti, le sue semplici movenze, Diana avrebbe potuto riempire pagine e pagina A4 di descrizioni. I loro guardi s'incontrarono.

No, non è il momento di pensare ai libri.

Russel mise la mano sul tappo della bottiglia di birra, senza staccare l'attenzione da Diana. La birra sibilò e lui abbandonò il tappo sulla specchiera della stanza. Diana deglutì sorridendo tesa.

«Come fai senza apribottiglie? Lo hai fatto anche in una puntata...».

«So' 'na forza della natura».

«Hai le mani d'amianto?».

«Solo tecnica» ammiccò porgendo la birra a Diana, che non rifiutò un sorso voracemente, quasi sperasse che i pochi gradi di una “Peroni” la aiutassero ad essere più spigliata.

Mirò alla stanza d'hotel di Russel, aspettandosi più disordine da un tipo che sembrava rude come lui, ma da quell'osservazione capì tanto di lui.

Solo apparenza quei modi rozzi.

Solo un'immagine televisiva, tutta scena.

Mangiava ogni cosa con le mani, rifiutando categoricamente le posate, ma nella sua vita l'ordine, non troppo sottile ma nel giusto, non mancava.

Schiarì la voce ammettendo:

«Sei più ordinato di me».

«Me piace fa' er zozzo in altre occasioni».

A Diana si azzerò la salivazione in una frazione di secondo. «Quali occasioni?».

Prendendole il mento con le dita, Russel le alzò la testa e le sfilò lentamente gli occhiali, indossando la maschera più ardita che lei avesse mai visto.

«Quanno se magna, cosa pensavi?».

«Nulla, nulla!» Farfugliò Diana. A volte quelle occhiate le facevano ipotizzare che Russel potesse schiacciarle la testa come una nocciolina.

«Zozzerie?» La provocò tagliente, con l'espressione mista tra il divertito ed il perfido. Forse c'era anche dell'altro che tentava di restare nascosto dietro quel sorrisetto, ma Russel non si curava affatto di ciò; a differenza di Diana, non gli importava di nascondere quel che provava, quei pensieri che gli frullavano insistentemente in testa.

Quanto pericolosi potevano essere?

Che cosa vuoi farmi, ora?

Non riuscì a pronunciare quelle parole, che restarono bloccate nella sua gola.

Mi serve un miracolo! Sto impazzendo, forse?

Era brama che tingeva quello sguardo tenebroso, perennemente tinto dallo spirito della sfida o incrinato dallo stupore in televisione, ma così lo aveva visto e da tanta gente, incollata allo schermo, sicuramente era stato visto.

Ma Diana sentiva di essere la sola, in quel momento, ad avere il privilegio di vedere quel volto tanto diverso da quello conosciuto dall'Italia, quegli occhi carichi di improvviso desiderio, infatuati, leggermente meschini, affascinati da... lei?

«Gabrio...» iniziò a tremare.

Lui si chinò più vicino al suo viso arrossato dalla vergogna, per incontrare quelle iridi indaco, prendendole il capo tra le mani. Per lei sarebbe stato impossibile guardare altrove.

«Sei la prima che mi sta facendo sperimentare cosa sia il colpo di fulmine, Dia'».

«Perchè?».

«Non c'è perchè! Te vojio dal primo istante! Non so cosa sei riuscita a fare, mi hai stregato, forse».

«Ho... scritto di streghe, ma non sono una strega».

«Magari hai acquisito qualche potere scrivendo... O semplicemente lo sei: scrivendo si fanno magie».

«Anche cucinando si fanno magie».

Ridacchiando Gabrio la fece alzare, tenendola per i fianchi. Diana sentiva di essere ormai schiava di quello sguardo ed a quel punto chiuse gli occhi.

«A cucinare le cose si mangiano, a scrivere le cose rimangono. Saprai meglio di me che la parola scritta possiede un'enorme potere».

Diana annuì senza guardare, rabbrividendo soltanto al tocco di Russel, quando aprì la zip della sua felpa e sfiorò la sua pelle, toccando con tatto leggero la piuma sul suo petto. Le prese una mano e lei tornò a guardare, in tempo per vederlo posarsela sul cuore, mentre scioglieva il grembiule dalla vita. La mise esattamente all'altezza del bottone più alto della casacca nera, occhieggiando in silenzio Diana. Lei si guardò con la felpa aperta, il reggiseno nero di pizzo in bella mostra.

Si rese conto che Russel lo stava guardando, ma non osava allungare le mani. Capì solo che cosa voleva che facesse lei: iniziò a slacciargli i bottoni della casacca.

Diana non ricordava di aver mai fatto l'amore allo stesso livello, ma la situazione era decisamente più eccitante. Slacciò tutti i bottoni ed aprì la casacca, guardò il suo corpo tatuato, forgiato dal faticoso sport che aveva praticato, il suo petto si alzava e si abbassava seguendo il ritmo del respiro concitato. Aveva quel genere di corpo che Diana adorava, con quella traccia di peluria. Seguì il profilo del suo torace con le mani, facendogli scivolare via la casacca, spingendosi a baciare il suo petto. Russel gettò la testa indietro, tirando forte il respiro per non gemere e nel mentre sfilò la felpa di Diana.

A quel punto Russel si fece più aggressivo: le strinse le natiche con entrambe le mani e la baciò, affondando la lingua nella sua bocca. Una mano la spostò sulla sua schiena per slacciarle il reggiseno, con l'altra le alzò una gamba spingendosi contro con il bacino. Diana mugolò contro le sue labbra, aggrappandosi alle sue spalle, quasi con disperazione, ritrovandosi poi spinta sul letto, Russel salito a cavalcioni sopra di lei le slacciò i jeans ed in un unico movimento glieli tolse con gli slip. Fu istintivo coprirsi il volto: era nuda davanti a lui.

«Diana, sei mia» le prese delicatamente le mani, spostandole, le sussurrò: «Lasciati guardare».

«Gabrio io... io...», non sapeva cosa dire, le mancavano le parole, la logicità dei suoi pensieri era andata completamente a farsi fottere. Le mani di Gabrio frugarono su tutto il suo corpo, superficialmente e più a fondo, ed anche le sue labbra, la sua lingua...

Cosa volevo dire? Gabrio io... Oh, al diavolo! Pensò Diana gemendo, ansimando, stringendo il copriletto con tanta forza da farsi quasi male, ma nemmeno se ne accorse, presa dall'estasi del piacere, un piacere mai provato così intenso, incontrollato e che si spandeva umido sul letto.

Gabrio slacciò i pantaloni, Diana si rese conto di quanto fosse eccitato, nonostante il suo autocontrollo. Penetrò il corpo di Diana lentamente, fino in fondo, avvolgendosi la vita con una gamba di lei, l'altra libera Diana la sfregò sul suo polpaccio tatuato, seguendo il ritmo delle sue spinte, lente e profonde che le provocavano inesorabili orgasmi ai quali era impossibile fuggire.

Il loro ansimare si fondeva in un unico respiro, le loro mani intrecciate, i corpi avvinghiati, quasi fossero stati un unico essere, i loro occhi che si specchiavano a vicenda gli uni negli altri.

Tralasciando le sensazioni fisiche, Diana avrebbe potuto scrivere un intero libro soltanto per parlare delle emozioni che stava provando in quell'istante, sentimenti che viaggiavano sulla stessa lunghezza d'onda, nessuno di loro si contrastava.

Ma perchè scriverlo?

La cosa più bella era vivere quel momento, era sentire quel calore tanto intenso che la colmava come non era mai stata colmata prima da qualcuno. Mai si sarebbe aspettata che una simile beatitudine l'avrebbe provata proprio con Russel, proprio con lui, del quale Diana non faceva altro che pronunciare il nome tra un sospiro e l'altro, con quella sensazione di pienezza che le stava donando.

Non c'era nulla di diverso in quel rapporto, niente di estremo, sadico o pazzo, eppure quel piacere era una cosa del tutto nuova. A che servivano le follie se dipendeva dalla persona che possedeva in quel momento?

A Russel bastava poco per far perdere ogni minimo granello di ragione a Diana. Lo guardava con gli occhi annebbiati e tutto il resto sembrava perdere ogni significato. Come era arrivata fino a quel punto? Dove si trovava prima? Niente! Nulla contava più! C'era solo quel respiro caldo sul volto, quei baci dolci e voraci sulla pelle, le mani di Diana seguivano il profilo della sua schiena, sfiorando l'intricato disegno dei tatuaggi.

Ed in lei, Russel incontrò quell'ardore che mai era riuscito a trovare, al pari delle fiamme della più infernale delle cucine ma, se si fosse scottato allora, non avrebbe avuto l'istinto di allontanarsi. No, sarebbe entrato sempre più a fondo in quel fuoco vivo, acceso, che ansimando chiamava il suo nome. La guardò dall'alto, puntandosi con le braccia, le sue mani stringevano i polsi di Diana con delicata violenza, tanto leggera da sembrare la carezza di un alito di vento tiepido.

Si fermò fissandola intensamente e lei non mise di contorcersi, mordendosi il labbro ad occhi socchiusi. La lasciò fare, mirando in silenzio quel suo modo di mordersi la bocca, leggendo il suo nome sul suo labiale, implorato, bramato. Si chinò a baciare quelle labbra, lasciando che soffiasse i gemiti nella sua bocca, inarcando la schiena verso di lui, quasi volesse fondere il corpo al suo e lui... l'avrebbe accolta senza ripensamenti.

«Oh, Diana,quanto sei bella».

Lei sorrise, voltando il capo con un risolino imbarazzato. La baciò sul collo, il profumo dei suoi capelli lo inebriava al punto da desiderare di non lasciarla più. La strinse a sé, baciò le sue labbra ancora a lungo per poi restare appoggiato alla sua spalla. Diana si sentiva il corpo che fremeva leggermente, mentre fissava il soffitto con la vista ancora annebbiata, il respiro affannato ed un senso di completezza mai testato prima nella sua esistenza.

Certi appagamenti li aveva ricevuti soltanto dai suoi libri, dalla soddisfazione di vedere la sua opera pubblicata e letta dagli altri. Ma quel momento lo volle egoisticamente soltanto per sé, quel benessere che percepiva accanto a lui lo desiderava per sempre soltanto per sé.

Russel le si distese accanto, su un fianco. Anche Diana si sistemò nella stessa posizione, perdendosi ancora nei suoi occhi, in quello sguardo che era capace di dire tutto, senza bisogno di pronunciare una sola sillaba.

«Gabrio...»

«Verrai a Roma?».

«Certo che verrò, fosse l'ultima cosa che faccio».

Le sorrise spostandole i capelli dietro l'orecchio. Un altro brivido la scosse al contatto delle sue mani. Russel rimase a studiare curiosamente lo strano tatuaggio che Diana aveva sulla natica, glielo sfiorò, ricordando il volto di un animale, forse un felino, ma tracciato in arte tribale era difficile distinguerlo.

«Un gatto?» Chiese.

«Il mio guardiano spirituale» ammiccò.

Ridacchiando Russel asserì: «Non hai solo scritto di sciamani, qualcosa me fa pensare che te senti un po' sciamana, o sbaglio?».

Sorridendo Diana si accucciò più stretta a lui, che l'accolse tra le braccia. In un mormorio affermò: «Un po' sono magica, ma ora mi limito ad essere l'amante dello Chef...».

«Solo amante?».

Lo sbirciò perplessa, sul punto di chiedere il perchè di quell'affermazione ma non ebbe modo di farlo: Russel la baciò ancora, trascinandola di nuovo in un vortice di emozioni e sensazioni che non avevano né tempo né spazio, come un fantasy ambientato in un regno immaginario ed i protagonisti erano soltanto loro due.

Che senso avrebbe avuto scrivere qualcosa di quegli istanti? La cosa più bella era viverli senza pensieri, senza alcun motivo di pentirsi. 

   
 
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