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Autore: mrsgreenleaf    13/09/2017    0 recensioni
“«Ti ucciderò con le mie mani, Regina dei Boschi», gridò dall'alto con un sorriso compiaciuto dipinto in volto.
Rose si rialzò in piedi di scatto, e sollevò su di lei uno sguardo di fuoco.
«Sono nata su questa Terra per distruggere il male. Ho fatto una promessa, e nessuno può cancellarmi. Io risorgerò sempre.»”
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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“Though your heart
is far too young to realize
the unimaginable light
you hold inside.”
Uno stormo di Corvi Imperiali si alzò in volo da un arbusto di more, perforando il cielo azzurro con le loro figure scure.
Il sole le scaldò le ossa gelate e i muscoli intorpiditi. Era piacevolmente tiepido, quel giorno, ma come sempre l'aria intorno a Erebor era fresca di neve.
Socchiuse gli occhi ai dolci raggi di primavera e allargò le braccia per circondare l'immensità che si stendeva di fronte a lei. Amava sentire la brezza smuoverle i capelli e passarle fra le dita.
Nonostante fosse nata e cresciuta a Erebor, la parte elfica di sua madre si faceva sentire ogni giorno. Un frammento del suo cuore pretendeva di sentire il sole sulla pelle, cercava la libertà del vento.
Era da sempre abituata al buio e all'umidità all'interno della montagna, ma aveva anche bisogno di sciogliere i capelli da quelle mille treccine, di cogliere le sue rose bianche e di sentirne il profumo impregnato sulle mani.
Non era fatta per vivere all'aria aperta, selvaggia, ma nemmeno sapeva restare prigioniera tra fredde mura di roccia e marmo. E suo padre l'amava anche per questo.
Di sua madre, invece, Rose non ricordava quasi niente. Nella sua mente c'erano solo immagini sbiadite e confuse.
Sapeva che il suo nome era Aratië, un'elfa di nobili discendenze del reame di re Thranduil, e che dopo la sua morte suo padre non aveva messo gli occhi su nessun'altra. Aveva amato Thráin ed i suoi figli più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Per un'alleanza più solida e duratura, infatti, Erebor, Boscoverde e Dale cercavano di seguire l'ideologia della città di Ost-in-Edhil, capitale dell'antica regione dell'Eregion, dove i Noldor e i Nani di Moria vivevano insieme nella prosperità e nell'amicizia. Era stato re Oropher a introdurre quel sistema anche nel suo regno, e il figlio ne seguiva le orme.
Quando osservava le foglie brillanti degli alberi dalla finestra della sua camera a volte le tornava in mente il colore delle sue iridi verdi, occhi che lei aveva ereditato, al contrario di Thorin, Frerin e Dís, che avevano tutti quegli occhi sereni e azzurri come zaffiri, gli stessi di Thráin e Thrór prima di lui.
Si ricordava di quanto calmo e dolce fosse il suo sguardo, eppure nemmeno i suoi fratelli ricordavano il suono della sua voce, i tratti del suo volto o il colore dei suoi capelli.
Si sussurrava che suo padre avesse fatto sparire il suo unico ritratto, ma nessuno di loro aveva mai osato fare domande. C'era semplicemente stato troppo dolore per riportarlo a galla.
Dís era nata da poco più di dieci giorni, ed Erebor era in festa per la nascita della piccola principessa.
Rose era solo una bambina, così come lo erano Thorin e Frerin, quando sua madre avvertì i primi dolori al ventre.
Dopo varie visite, Gróin, l'esperto di medicina, concluse a malincuore che si trattava di una grave infezione dell'utero, molto frequente in qualsiasi razza dopo il parto.
Nonostante i guaritori cercassero di alleviare il più possibile la sua angoscia, per sua madre non c'era stato niente da fare.
Smise di mangiare, perse l'appetito, perse ogni sorriso. Il suo viso divenne scavato e bianco come il letto in cui era costretta a stare, attendendo la fine di quel supplizio. A volte la sentivano delirare nel cuore della notte attraverso il muro che divideva le loro camere.
Morì dopo quasi venti giorni, tra fitte continue alla testa e al cuore, brividi, una febbre devastante.
Con il tempo sfumò anche il ricordo di quel fantasma agonizzante. Ora di lei le restava soltanto una lapide nera come la morte.
Rose alzò il mento alla volta celeste, cercando di scacciare via quei pensieri. Fu in quel momento che le sue orecchie catturarono delle voci, provenienti da dietro un muretto di sassi.
Si avvicinò ad esso e sbirciò oltre: come sospettava, era Balin, seduto per terra a gambe incrociate con un grosso libro davanti a lui, e un semicerchio di bambini che pendevano dalle sue labbra.
Quando si accorsero di lei fecero tutti per alzarsi mormorando rispettosamente «principessa Heszun…», ma Rose li bloccò con un gesto della mano. «No, vi prego, restate comodi».
Balin sorrise vedendola sedersi tra i bambini, e si rimise a raccontare.
Non sopportava vedere la gente che si inchinava a lei. Se aveva un titolo e una corona in testa non significava necessariamente che era superiore a qualcuno. Non aveva fatto mai nulla per meritarselo, al contrario di Thorin e Frerin per le loro trionfanti battute di caccia.
E Dís con i suoi ricami per le guardie, ovviamente.
Rose storceva il naso ogni volta che vedeva sia i merletti della sorella che le carcasse degli animali esposte come trofei.
«Quindi per quale motivo gli Istari sono qui?»
Fu solo per la voce di una bambina dai lunghi boccoli biondi che Rose si rese conto di non aver ascoltato una sola frase. Ma in fondo Balin le aveva sempre raccontato favole e leggende per farla addormentare, forse era normale che non facesse più tanto caso alle sue parole...
«Loro sono i protettori delle Guardiane» rispose Balin con il tono dolce che riservava ai bambini. «Ogni stregone custodisce la profezia segreta che riguarda ciascuna delle Regine. E il loro sommo compito è guidarle sulla strada della luce».
Finalmente capì di cosa si stava parlando: aveva passato l'infanzia ascoltando Balin che parlava della Leggenda delle Guardiane. A volte trovava divertente come da piccola anche lei ci credeva fermamente.
«E se non ci riescono?» intervenne un altro bimbo più grande.
Balin cambiò improvvisamente espressione. «Beh, ragazzo mio... bisogna pregare che succeda soltanto ad una» mormorò. Rose lo conosceva abbastanza bene da poter affermare che aveva il timore di portare sventura nel pronunciare certe frasi ad alta voce.
Ci fu un tremito generale tra i bambini, che si guardarono tra loro terrorizzati.
«Ma è solo una leggenda» cercò di rassicurarli Rose, «una leggenda diffusa molto tempo fa negli accampamenti, durante la Guerra D'Ira. Secondo molti è una storiella inventata dai generali per cercare di dare un po' di speranza ai soldati...»
Alzò lo sguardo sul volto di Balin per un attimo e potè leggere tutto il suo disaccordo.
«Secondo altri, invece, questa non è leggenda ma pura verità... e io non sono affatto scettico al riguardo» aggiunse lui come per punzecchiarla.
I piccoli ricominciarono a borbottare fra di loro.
Rose allungò curiosamente gli occhi sul libro aperto; due pagine dai bordi giallastri incorniciavano un disegno consunto dal tempo.
Rappresentava quattro donne in piedi su una collina di luce bianca, l'infinità di una notte stellata alle loro spalle e i due magnifici alberi di Valinor ai lati.
Le loro chiome erano coperte da veli di petali di rose e le prime tre avevano una corona dorata a cingere le loro fronti. Incastonate nel centro c'erano una pietra splendente di fuoco, una che pareva contenere un turbine d'aria e la terza racchiudeva l'oceano.
Rose le riconobbe subito: erano i Silmaril, le gemme magiche di Fëanor, per le quali molti del suo popolo e dei suoi stessi figli erano morti.
«I gioielli saranno ritrovati, un giorno» le aveva detto spesso Balin come conclusione della storia, «perché saranno le Regine a riportarli alla luce».
Rose guardò l'ultima: non indossava nessuna corona, né tantomeno un quarto Silmaril. Sulle sue braccia dei rami di piante si arrampicavano intrecciandosi tra loro. I volti delle altre tre erano austeri e privi di espressione, dai tratti severi e tutti pressoché identici, a simboleggiare che nessuna al mondo era stata riconosciuta come una delle prescelte e pertanto non ne si conosceva l'identità.
La donna senza corona era l'unica che sorrideva. Capì che si trattava della Regina dei Boschi, la Guardiana della Terra, poiché tutti gli altri elementi appartengono ad essa.
Laurelin risplendeva d'oro al suo fianco, mentre Telperion era stato disegnato dall'altra parte, vicino alla prima, luccicante di polvere d'argento.
«Quando la Fiamma Imperitura ridarà vita ai loro spiriti e le colmerà del potere che i Valar hanno concesso loro, spero solo di essere ancora vivo per dimostrare che ti sbagliavi» disse Balin con un sorriso.
Gli occhi di tutti i bambini si spalancarono rilucendo di meraviglia.
«Ma che cos'è la Fiamma Imperitura?» domandò qualcuno dopo qualche istante.
Rose distolse lo sguardo dall'illustrazione, scosse il capo e si unì alla risata di Balin.
   
 
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