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Autore: ToscaSam    13/09/2017    0 recensioni
Death Note fanfiction.
Tutti conoscono ben poco dell passato di L.
Nessuno ha mai raccontato la storia di quella ragazza dai capelli rossi che giocava a tennis dentro un campo protetto da una rete verde.
Storia dei cinque anni passati in Inghilterra da un L adolescente, quando il peggiore dei mali non era Kira, ma quel brufolo rosso spuntato sulla fronte.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Erald passò davanti al campo da tennis anche il giorno seguente.
Non si trattava propriamente di un capriccio, in realtà: doveva passare di lì per raggiungere il parcheggio dove Mr Wammy l'aspettava.
Alle tre del pomeriggio in punto, le sue lezioni finivano; Erald usciva in fretta dall'edificio, ignorando qualunque contatto sociale e sfrecciava verso il grande parcheggio a pochi metri più in là.
Difficile mentire a sé stesso, pensò Erald, il giorno seguente a quella visione fugace. Non c'era nient'altro che aspettasse quanto il rintocco del campanile, per uscire di corsa e vedere se la fiamma di capelli rossi fosse ancora nel campo da tennis.
La sorpresa più grande, fu lo scoprire che, in effetti, c'era.
Tum-tum, tum-tum.
La pallina batteva contro il muro. Il cuore di Erald batteva al ritmo di essa, per la corsa appena conclusa. Si era lasciato qualunque altra persona alle spalle.
Era il momento più appagante di tutta la giornata: i capelli rossi, così rossi da scintillare al sole.
Rimase distante, sperando che lei non lo vedesse. Era l'ultima cosa che desiderasse; avrebbe fatto la figura dell'idiota. Quella mattina, oltretutto aveva notato sulla sua fronte, un brufolo rosso, decisamente indesiderato.
Sempre ascoltando i battiti della pallina gialla, Erald si accorse di aver pensato una cosa davvero insolita: non gli era mai capitato di fare caso a un dettaglio come un brufolo, nella sua persona. Per lo meno, un dettaglio del genere non era mai stata una prerogativa per decidere o meno di parlare con qualcuno.
Si sentì piuttosto stranito dall'aver associato un inestetismo alla socializzazione. Che diavolo c'entravano l'uno con l'altra?
Anche ammettendo che, finché fosse stato lì, lo sgradevole puntino rosso potesse essere causa di isolamento da parte delle altre persone, com'è che Erald ci aveva pensato solo adesso? Era stato tutta la mattina in compagnia di una classe di esseri umani. Perché non si era fatto lo stesso problema con loro?
La ragazza dette un colpo troppo forte di racchetta e la pallina rimbalzò di conseguenza: dopo una sbandata sul muro, sfrecciò di nuovo verso la rete.
Erald si affrettò a coprire la fronte con la folta capigliatura corvina. Sperò che il brufolo fosse coperto.
La ragazza si chinò, poi si rialzò con la pallina in mano e lo vide.
Erald rimase impietrito.
Questa volta si era fermato molto più distante del giorno precedente: nessuno avrebbe iniziato una conversazione da quella distanza. Meno male, pensò. Non aveva proprio idea di cosa dire alla sconosciuta, né voleva farsi vedere.
Lei non si mosse per qualche secondo, poi si voltò e tornò a giocare. Forse non l'aveva riconosciuto.
 
Nei giorni che seguirono, Erald passò metà del tempo della mattinata a pensare a ciò che l'aspettava per le tre del pomeriggio. Le lezioni erano così semplici che si sarebbe annoiato a morte, se non avesse volto l'immaginazione alla ragazza coi capelli rossi.
Che male c'è? Pensava. Non aveva mai fatto nulla di normale per la sua età. Aveva quindici anni e non aveva mai fatto festa a scuola, non aveva nemmeno mai frequentato una vera scuola, né aveva praticato uno sport o avuto una cerchia di amici.
Che c'era di male ad immaginarsi amico di quella ragazza a giocare a tennis? Buffo, però. Non ci si vedeva a fare sport.
Era un ragazzo smilzo, alto e dinoccolato, eppure … correre non era una delle sue attività preferite.
Erano passate due settimane da quando si era fermato per la prima volta ad osservare la giovane tennista.
Quel giorno, passando, non la vide.
Tum-tum, tum-tum, tum-tum.
Ecco la pallina che martellava, pensò Erald. Eppure non c'era nessuno a giocare a tennis.
Il rimbombo continuava, continuava.
Mentre si guardava intorno, frastornato, scoprì di essere lui stesso a produrre quel rumore. Era il suo cuore che batteva, a ritmo accelerato.
 
« Ti va una coca?»
disse una voce dolce alle sue spalle.
Il frenetico tum-tum fu incontrollabile.
Erald si voltò, pallido, con faccia colpevole.
Lei era lì, nella sua tenuta sportiva, appoggiata ad un alto faggio. L'ombra dell'albero la faceva sembrare castana; per questo non l'aveva riconosciuta, passando.
La racchetta e la pallina se ne stavano appoggiate al tronco, mentre fra le sue mani, c'erano due bottigliette in vetro di Coca Cola.
Erald non seppe che dire.
La ragazza rise:
« E dai! Sono due settimane che ti fermi a guardare. Presentiamoci, almeno» .
Era molto carina e anche educata. Parlava con un marcato accento londinese.
Siccome Erald pareva ancora una statua di gesso, la ragazza gli si avvicinò, offrendogli la bibita.
« Mi chiamo Ulla. Un nome da nonna, eh? Infatti è proprio il nome di mia nonna»
Si stava sforzando di essere simpatica … e ci riusciva.
Erald sentì le sue guance distendersi in un sorriso beato.
« Io mi chiamo Erald. Erald Coyle»
accettò la bibita, pur sapendo che il signor Wammy doveva essere lì al parcheggio ad aspettarlo.
« E allora Erald? Che giri da queste parti tutti i giorni?»
chiese Ulla, disinvolta, sedendosi su una radice del faggio.
Erald si accovacciò accanto a lei, appoggiandosi sui propri talloni e stringendosi le ginocchia con le braccia.
« Tono a casa dall'università. Dalla Hudson. È a due passi da qui»
« L'università? Wow! Ma quanti anni hai?»
« Quindici» ammise Erald; poi aggiunse, in risposta agli occhi interrogativi di Ulla: «sono un tipo abbastanza bravo».
« Wow!» ripeté lei.
Bevvero entrambi un sorso di Coca Cola, poi Erald si accorse di non averle fatto alcuna domanda; era scortese?
« Tu quanti anni hai?»
« Quattordici»
« E come mai giochi a tennis tutti i giorni?»
Ulla si sistemò i capelli rossi dietro un orecchio.
« C'è il campionato Under 18 degli amatori, questo giugno. Mi piace giocare a tennis e vorrei vincere» rispose semplicemente.
Una risposta molto ragionevole, convenne Erald.
« Comunque credo che tuo padre ti stia aspettando in macchina. Mi sta squadrando dal finestrino …pensi che non avrei dovuto fermarti?»
Disse Ulla, un po' preoccupata, con lo sguardo rivolto al parcheggio che si estendeva dietro il faggio.
Erald la guardò con la testa piegata di lato:
« Mio padre? … oh! Il signor Wammy. Ehm … lui non è mio padre. Comunque si, dovrei andare»
« Mi dispiace! Ti ho importunato?»
« No!» rispose Erald con voce un po' troppo alta.
« No ...» ripeté più gentilmente. Poi aggiunse: «ciao».
« A domani» disse Ulla.
Quella promessa lo accompagnò durante tutto il tragitto in macchina e non l'abbandonò per tutta la sera.
  
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